Chapter XIV - Deep Clear
[consiglio la lettura di Deep Clear, seguito di Kodomo No Omocha, per comprendere al 100% il capitolo. In ogni caso ho omesso abbastanza particolari per rendere la lettura comprensibile a tutti]
~5 anni dopo~
Sana, 25 anni.
C'erano momenti nella mia vita in cui niente e nessuno riusciva a ferirmi.
Momenti in cui pensavo che un finto sorriso potesse aiutarmi, salvandomi dalle conseguenze.
Ma non fu questo il caso.
Non quando tenevo tra le mani un test di gravidanza.
Il mondo mi cadde addosso.
Ero incinta.
In realtà lo sospettavo da un po', era impercettibile ma avevo preso peso, mi veniva quasi sempre da vomitare e avevo così tanti sbalzi d'umore che stavo impazzendo.
Mi sedetti nella tavoletta del gabinetto, rischiando quasi di piangere.
Mi sentivo sconvolta, felice, terribilmente confusa.
Io non sapevo come fare, avevo così tanti film da fare, come potevo dare a mio figlio tutto l'impegno necessario.
Eppure, ci sarei riuscita.
Perché stavo per diventare mamma.
Non c'era cosa che desiderassi di più.
«Sana, sei in casa?» urlò Akito dalla soglia della porta.
Non risposi, restai congelata dalla paura nel gabinetto.
Come l'avrebbe presa?
La cosa mi terrorizzava.
Io e Akito ci eravamo sposati tre anni prima, appena laureati, lui adesso era un perfetto osteopata e agopuntore mentre io avevo ripreso successo nel mondo dello spettacolo e avevo aperto un piccolo studio per consulenze psicologiche.
«Sanaaa» urlò ancora il biondo, camminando per casa.
Abitavamo insieme da ormai quattro anni e quella casa era il nostro piccolo rifugio dal mondo.
Quando aprì di scatto la porta e mi guardò, sbiancò di colpo «che hai tra le mani?» disse solo, la voce strozzata.
Il cuore iniziò a battermi forte mentre per la prima volta nella mia vita ebbi paura di Akito.
Stetti zitta e mi alzai in piedi, posando il test di gravidanza sul lavandino.
Lui lo fissò, bianco in viso, e poi fissò me.
Lo sguardo serio e duro «devi abortire» urlò poi, facendomi rabbrividire.
Mi misi subito sulla difensiva, urlando a mia volta «non esiste Akito, scordatelo. Io terrò questo bambino» lui si irrigidì nuovamente.
Girandosi dal lato opposto e passandosi una mano sul viso «Sana se non abortisci, me ne vado» mi minacciò poi.
Io scossi ancora la testa, intestardita «fai come vuoi, lo dissi a Gomi sei anni fa. Non posso obbligarti a diventare padre ma io terrò questo bambino» Akito mi fu subito addosso, prendendomi per le spalle e avvicinandosi al mio viso.
Lo fissai per nulla intimorita «non lo capisci che partorendo, morirai?» mi urlò poi, disperato.
Lo scansai, prendendogli il viso tra le mani e appoggiando la mia fronte alla sua.
Akito aveva sempre avuto paura, si era sempre preso colpe che non gli appartenevano ma non poteva avere paura che potessi morire.
Non quando sognavo di avere una famiglia con lui «Akito, non morirò. Smettila di avere così tanta paura» gli dissi, sorridendogli appena e fissandolo negli occhi lucidi.
Lui non si mosse, mi fissò soltanto, togliendo le mie mani dal suo viso e avvicinandosi alla porta «se terrai questo bambino, noi divorzieremo» e sbattendo furiosamente la porta del bagno, uscì.
Non avrei mai e poi mai abortito, per nulla al mondo.
Niente e nessuno avrebbe potuto farmi cambiare idea, nemmeno lui.
Akito se ne andò di casa l'ora dopo.
Aveva riempito un borsone ed era uscito senza degnarmi di uno sguardo.
Non lo seguì, ne lo pregai di restare.
Aveva fatto la sua scelta ed io la mia, evidentemente doveva andare così.
Era inutile piangermi addosso, dovevo rivedermi adesso, non ero più solo io.
Mi toccai la pancia in un gesto involontario, sorridendo leggermente «un bambino eh..» e non c'era parola più bella da sentire.
***
~9 mesi dopo~
La notizia della mia gravidanza fu accolta molto bene da tutti, a discapito dei miei pensieri.
Rei scoppiò a piangere, sottolineando come la sua bambina fosse cresciuta mentre mia madre accolse la notizia annunciando una piccola festicciola.
Hisae e Gomi ne furono entusiasti, il piccolo Shinichi, che ormai aveva quasi cinque anni, chiedeva spesso a sua madre se avessi mangiato qualcosa per avere la pancia così rotonda.
Aya era rimasta incinta quasi nel mio stesso periodo ed era un vero inferno.
Tsuyoshi non la abbandonò, questo, a discapito delle mie aspettative, mi fece malissimo.
Aya poteva contare su suo marito, io ero sola.
Akito era tornato a stare da suo padre, io ero ritornata a casa da mia madre.
Veniva a trovarmi spesso, soprattutto per sapere come stessi ma tutte le volte fissava la pancia e ritornava tutto come prima.
Nel frattempo io lavoravo senza sosta, avevo in programma un film di spie per questo motivo, mesi fa, Rei mi aveva accompagnata in una bellissima agenzia dove avevo conosciuto la signorina Otoki.
Era una ragazza niente male, un pochino rigida ma molto gentile e cordiale.
Erano mesi che mi aiutava a scendere nel personaggio, in realtà fu perfino capace a captare la presenza di mio figlio senza che io glielo dicessi.
Fino al nono mese la mia gravidanza fu impercettibile, avevo l'utero gonfio e all'indietro.
Adesso invece la pancia era in bella vista e finalmente potevo prendermi una pausa dal lavoro, soprattutto da un punto di vista estetico.
Non avevo in programma nessun film dove la protagonista fosse incinta.
Comunque la signorina Otoki mi aiutò molto a scendere nel personaggio da spia e la consideravo un'amica.
All'inizio, come ho detto, mi sembrava abbastanza rigida e seria ma adesso mi sembrava molto più felice e gentile delle volte precedenti .
Glielo dissi apertamente, vedendola avvampare «ah, ci sono stati aggiornamenti con il signor Yota?» il signor Yota era il suo simpaticissimo collega, avevo trovato subito feeling con lui.
Mi somigliava molto, era esuberante, allegro e un ragazzo dal cuore d'oro, all'inizio pensavo che la signorina Otoki e lui stessero insieme.
Presi un bel due di picche ma la mia previsione si era avverata senza che facessi nulla.
Sorrisi vittoriosa «non so come sia successo ma ci siamo innamorati» mi rispose lei, questo mi rese così felice che pensai di aver trasmesso la felicità a mia figlia.
Avete sentito bene, era una femminuccia.
Eppure aveva la stoffa per diventare una bravissima calciatrice da quanti calci al giorno mi dava.
Otoki di fronte a me sbiancò, guardandomi preoccupata «Sana, dobbiamo andare subito in ospedale» la guardai scioccata, pensai di avere un'enorme punto interrogativo in testa perché la fissai come se avesse sei occhi.
Io la rassicurai subito «tranquilla, sono stata ieri in ospedale, è tutto ok» dissi solo mentre lei scuoteva la testa da un lato all'altro.
Si era così intestardita che mi mise paura «signorina Sana, io...io ho una sorta di energia speciale, come riuscire a capire gli stati d'animo delle persone, il battito del loro cuore e in questo momento il battito della bimba è molto debole» io la fissai perplessa, credevo davvero alle sue parole ma pensai che la bambina stesse dormendo.
Seguì comunque il suo consiglio, dirigendomi subito in ospedale dove il dottore si rese conto che la bimba era incastrata nel cordone ombelicale.
Nemmeno il tempo di ringraziare Otoki che mi si aprirono le acque, fu una sensazione terribile e per la prima volta nella mia vita ebbi seriamente paura.
Paura di non farcela, di non rivedere Akito, di non far nascere mia figlia.
Avrei partorito con due settimane di anticipo.
Nessuno dei miei amici poteva essere presente: Hisae era partita con Gomi e Shinichi, Aya non poteva venire in stato di gravidanza e sicuramente non avrei chiamato Tsuyoshi.
L'unica persona che avrei voluto al mio fianco era Akito ma sapevo che non sarebbe venuto.
Sdraiata in barella appoggiai le mani sul mio grembo «comunque dovesse andare va bene lo stesso perché la mamma ti ama da prima che tu venissi al mondo, lei si è impegnata con tutta sé stessa per farti nascere» Otoki mi guardò confusa poi corse fuori, probabilmente per andare a chiamare mia madre.
Furono le otto ore più brutte della mia vita, spingevo, piangevo e spingevo ma la piccolina non aveva intenzione di uscire.
Man mano che spingevo sentivo sempre le forze venirmi meno, gli occhi pesanti e una sensazione di vomito «signora Hayama, forza, spinga, non può svenire adesso» ma io non gli ascoltavo più, inclinai la testa di lato, l'istinto di chiudere gli occhi.
Mi sentivo soffocare, stavo malissimo «signora Hayama» sentì ancora prima di vedere Akito appoggiato al vetro della sala operatoria.
Lui era lì, era venuto.
Guardarlo negli occhi distrutti, lucidi, fu come averlo davvero davanti e sentirlo parlare.
Akito non parlava ma io lo sentivo.
Lo sentivo urlare di non mollare, di farmi forza, non potevo morire o sarebbe morto anche lui.
Ed io volevo vivere.
Vivere con lui e con la mia bambina.
Fu come se fossi rinata di nuovo, spinsi un'ultima volta, decisa e dolorante quando finalmente la piccola uscì fuori.
Cacciai un urlo così forte che mi sentirono anche da fuori.
Piansi di gioia, la mia bambina era nata «somiglia tanto al papà» fu la prima cosa che esclamai.
Il cuore mi scoppiava dalla gioia, non aveva importanza quanto avessi sofferto, non c'era cosa più bella di poter vedere la propria creatura viva e sana.
Akito entrò subito dopo, aveva gli occhi lucidi e la prima cosa che fece fu venirmi incontro.
Mi circondò il collo con un braccio e mi sorresse la testa, io lo guardai ancora emozionata e con i battiti a mille.
Non importava niente, sapevo che Akito ancora mi amasse, come amava quella bimba.
Dovevo tutto ad Otoki, l'avrei ringraziata dopo «sono contenta che tu sia qui» gli dissi stanca.
Lui mi sorrise, appoggiando la sua fronte alla mia «non c'è nessun altro posto dove dovrei stare.»
~capitolo corretto il 25-02-2024~
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