Chapter X - Pride and Prejudice

Mi scostai da Akito dopo alcuni secondi, guardandolo confusa e con le labbra gonfie e doloranti.

Non che comunque mi sia lamentata, mi mancava Akito, così come i suoi baci, ma mi ero letteralmente ributtata tra le sue braccia dopo due settimane di pianti e bamboline voodo contro di lui «hai dimenticato il braccialetto a casa mia» fu la prima cosa che gli dissi.

Lui allentò la presa sui miei fianchi e mi guardò confuso, sicuramente divenni rossa dalla vergogna perché non erano quelle le parole che volevo dirgli ma sperai che non lo notasse «no scusami, dopo una limonata del genere, sai dirmi solo del braccialetto?»

Spalancai la bocca e mi divincolai nella sua presa, allontanandomi furibonda «ucciditi per favore! Pensavo fosse importante, come fai a rovinare tutti i momenti romantici?» Quasi mi maledì mentalmente per aver evitato di non portarmi il mio bellissimo martellino di gomma perché sarebbe servito.

Akito mi guardò sconvolto, per poi aprire le labbra nel suo solito ghigno, che odiavo da morire «oggi mi hai augurato la morte per due volte, devo sentirmi onorato?» sfoderai il mio terzo dito, lisciandomi la
gonna e dandogli le spalle «io torno dentro.»

Affermai decisa, non guardandolo negli occhi e sentendo subito i suoi passi; risi sotto i baffi, ritrovandomelo subito davanti in tutta la sua altezza. Non riuscì più a trattenermi e gli scoppiai a ridere in faccia, lui mi guardò ancora più confuso «scusami, mi ero dimenticata di quanto tu fossi sottone» affermai, alludendo a come mi avesse seguita subito come un cagnolino.

Non che mi dispiacesse, Akito sapeva essere così orgoglioso che a volte mi ricordava il temperamento austero di Mr. Darcy.

Beh, effettivamente la mia prima cotta era stata proprio lui; non mi meravigliavo affatto se, adesso, davanti a me, si trovasse un ragazzo che avrebbe fatto di tutto per la persona che amava.

Mi si sciolse il cuore e prima che potesse rispondermi, furibondo, alle parole che avevo pronunciato prima, mi alzai sulle punte -si, nemmeno le zeppe potevano combattere la mia altezza in confronto alla sua-, e lo baciai dolcemente.

Lui, malgrado la rabbia momentanea, ricambiò il bacio come se fosse ossigeno e non potei far a meno di pensare a quanto riuscissi a stare bene solo con la sua presenza «wow Sana, da quando sei così scioccamente ma piacevolmente intrepida e bipolare?»

Scoppiai a ridere ancora più forte, avrei voluto che questo momento non finisse mai perché quando saremmo rientrati sarebbe ritornato tutto alla normalità.

Akito mi mancava e anche moltissimo, però, dopo tutto quello che era successo, non sapevo se lui se la sentisse di ritornare con me.

Io ero molto sicura di quello che volevo, probabilmente potevo sembrare autolesionista ma Akito risultava il mio veleno e il mio antidoto «da sempre» affermai decisa.

Lo guardai ancora e ancora, come a studiarlo prima di un addio imminente «cosa succederà ora?» gli chiesi con le lacrime agli occhi.

Akito stava per aprire bocca ma, come la nostra solita sfortuna, ecco che Tsu e Aya fecero il loro ingresso, facendoci allontanare come se avessimo toccato lava ardente.

Divenni immediatamente rossa e portai le braccia dietro la schiena, come se fossi stata scoperta.

La prima a proferire parola fu la mia migliore amica che scoppiò a ridere «perché fate i timidi ragazzi, pensate che nessuno abbia sentito e visto nulla?» si scambiò un'occhiata con il ragazzo di fianco a lei, che si sistemò gli occhiali «a dir la verità, abbiamo tutti sentito e visto tutto.»

Pensai che sarei esplosa da un momento all'altro per quanto divenni rossa e abbassai la testa.

Come al loro solito, non erano riusciti a farsi i fatti loro.

Akito si grattò la testa e ringhiò sommessamente «voglio morire per davvero» affermò e non potei non dargli ragione. 

***

La serata continuò un pò turbolenta, per la prima volta, dopo tanto tempo, Aya e Tsuyoshi avevano litigato.

Non so se effettivamente fu un bene o meno, li avevo sempre visti come la coppia perfetta che non poteva permettersi di sgarrare e litigare per stupidaggini. 

Il tutto era iniziato perché Mami, ubriaca, aveva passato un bicchiere ad Aya dicendole che fosse semplicemente succo alla fragola, sottolineando quanto fosse analcolico.

La ragazza l'aveva bevuto tutto d'un fiato e se n'era innamorata, bevendone in grosse quantità.

Tsuyoshi non l'aveva presa bene e mentre lei ubriaca cercava di spiegargli tutto, lui l'aveva mandata al diavolo.

Era stata una scena divertente, fin quando Aya non era collassata a terra e Tsuyoshi aveva iniziato a sbraitare alla ricerca del 118.

Fuka era stata tutta la serata incollata al suo ragazzo, erano molto carini e si vedeva quanto lui tenesse a lei.

Era delicato e attento ad ogni minimo movimento, alla ciocca di capelli dietro l'orecchio, ai baci nelle labbra e ai movimenti mentre danzavano.

Mi rendeva felice vederli ma mi sembravano Aya e Tsuyoshi quando non litigavano, vomitevoli per intenderci.

Io ero rimasta sola ad aspettare Akito, seduta in una piccola poltroncina, sorseggiando un pò d'acqua fresca.

Ne avevo le palle piene di quella serata.

Il biondino era al piano di sopra a fare da cupido a Hisae e Gomi, quest'ultimo si era categoricamente scagliato contro di me e non voleva vedermi.

Non avevo capito il motivo fin a quando non l'avevo visto sfogarsi contro il muro della porta della stanza di Hisae.

Lei non voleva vederlo e aveva affermato che avrebbe abortito il giorno successivo.

Avevo guardato Akito, che mi aveva tranquillizzata con lo sguardo, facendomi cenno di aspettarmi al piano di sotto.

Il problema era che odiavo il piano di sotto, troppe luci, troppa puzza di sudore, troppo...troppo.

Ed io non ne potevo più, avevo semplicemente bisogno di parlare con Akito e chiedergli cos'avesse significato tutto.

Cos'avesse significato quel ti amo detto al vento e quei baci rubati nel terrazzino.

Invece dovevo stare seduta come una sciocca ad aspettarlo mentre al piano di sopra, una mia cara amica, voleva mettere al rischio la sua vita e quella della creatura che portava in grembo.

Lisciai con le dita il bicchiere, fissandolo annoiata e alzai lo sguardo alla ricerca di Akito.

Quando lo vidi mi si illuminarono gli occhi.

Si guardava intorno con gli occhi stanchi e mi si strinse il cuore ma ero felice che fosse giunto il momento di tornare a casa.

Mi alzai in piedi e gli feci cenno con la mano, urlando il suo nome, come se questo servisse a sovrastare la musica assordante e house che rimbombava ovunque.

Lui, comunque, sembrò vedermi, mi fissò per alcuni secondi e poi si fece spazio tra la folla, avanzando verso di me.

Appena arrivò mi si illuminarono gli occhi, lui se ne accorse perché sorrise stanco ma felice «andiamo a casa» e non c'era cosa al mondo più bella di sentirlo dire dalla persona di cui eri follemente innamorata.

***

Calma Sana.

Queste erano le parole che mi stavo ripetendo come un mantra da quando avevo seguito Akito per tutto il tragitto fino alla moto, senza proferire parola.

In realtà mi stavo mordendo la lingua perché avevo una voglia matta di sapere come fosse finita tra i due neo-genitori ma, vedendolo in quello stato, non me la sentivo di chiedergli maggiori informazioni.

Non me la sentivo ma questo non includeva il fatto che, appena sarei scesa dalla sua moto e lui destabilizzato mentalmente, non lo avrei soffocato di domande.

In ogni caso, c'era stato troppo silenzio, un silenzio molto inquietante; almeno per noi, che ogni scusa era buona per litigare o per flirtare.

Il legame più forte che avevo da sempre era quello con Akito e non me ne vergognavo a dirlo, proprio come aveva detto lui, non mi sarei vista con qualcuno che non fosse lui «ehi, idiota, siamo arrivati» affermò d'un tratto facendomi allentare la presa sul suo bacino e alzare di poco la testa.

Ah, eravamo già arrivati.

Scesi abilmente dalla moto, evitando di fare la figuraccia del casco di poche ore prima e me lo misi nel polso.

Era pesantuccio.

Calò nuovamente il silenzio, lasciando spazio all'imbarazzo.

Si, all'imbarazzo, perché non avevo la benché minima idea di come comportarmi con lui.

Avrei dovuto salutarlo con un bacio? Un saluto veloce? Una stretta di mano, magari?

Akito si era imbambolato fissando casa mia ed io a fissarlo a mia volta.

Mi schiarì la voce, portando nuovamente la sua attenzione su di me.

Mi fissò intensamente e quasi non mi sentì nuda sotto il suo sguardo «vorrei parlarti» affermai decisa e quasi mi meravigliai di me stessa e dal coraggio che non credevo di possedere «ti ho fatto una domanda, prima che ci interrompessero.»

Lui mi guardò ancora e sentì qualcosa dentro di me spezzarsi, avevo paura, avevo paura che se ne andasse nuovamente.

Anche perché quella sembrava la serata dei pazzi bipolari che litigavano per sciocchezze «non so darti una risposta.» Affermò, con tutta la freddezza di questo mondo, eppure non ci credetti.

No, non mi andava bene, un'ora prima aveva urlato di amarmi e quella dopo invece mi allontanava nuovamente «non esiste, non è così, smettila. L'hai detto anche tu, smettila di essere così orgoglioso ed egoista e cresci» gli porsi il casco con tutta la brutalità che potesse mai contraddistinguermi e aspettai una risposta.

Lui vacillò un attimo ma restò fermo nei suoi passi «ti ho detto che andava bene anche vederti felice con un altro ma prima, vedendo come un legame si spezza con semplicità, mi sono riscosso. Dammi dell'egoista ma io preferisco chiamarla prudenza, resterò sempre fedele a quelli che sono i miei principi morali ma sono sempre più redento all'incoscienza che il pericolo possa nuocere la mia felicità, la tua felicità» il mio cuore perse un battito e quasi non pensai di trovarmi davanti il protagonista del mio libro preferito.

Avevo prestato Orgoglio e Pregiudizio ad Akito mesi prima e lui se n'era follemente innamorato, parlava quasi sempre per citazioni date dal libro e si offendeva quando qualcuno non le captava.

Quasi come fosse automatico, gli risposi furibonda «non puoi, per amore di una persona, mutare la sostanza dei principi e dell'integrità morale, come non puoi cercare di convincerti, o di convincere me, che l'egoismo è prudenza, e l'incoscienza del pericolo una garanzia di felicità. Quindi smettila, smettila di non credere fermamente ai tuoi o ai miei sentimenti, non sono fatta di pietra Akito, te l'ho detto, non riesco a stare dietro i tuoi continui sbalzi d'umore. Ti ho amato, ti amo e ti amerò, accetto tutto quello che ti rende Akito ma ti supplico, non vivere nella tua asocialità e aprimi il tuo cuore» grandi lacrime solcarono le mie guance, prima che il ragazzo di fronte a me mi prendesse per i fianchi e mi abbracciasse di slancio.

Mi strinse forte e ricambiai la stretta come se ne avessi bisogno per vivere «ho amato la ragazzina esuberante che mi ha liberato dall'odio che avevo per il mondo e per me stesso, amo la ragazza che sa tenermi testa e mi accetta per come sono e amerò la donna che mi renderà felice ogni giorno della mia vita. Ma lo sai Sana, ho questa costante paura di perderti che preferisco allontanarti io stesso che pensare che potresti essere tu stessa ad odiarmi e ad allontanarti ed io allora morirei, non riuscirei più a vivere» gli accarezzai la testa e sentì il suo respiro pesante sul mio collo «non è forse l'asocialità la vera essenza dell'amore?» scossi la testa divertita e mi staccai da lui, guardandolo negli occhi «non dovevo prestarti quel libro» affermai e lui mi sorrise «l'unico libro che mi hai prestato che rileggerei mille volte» lo guardai scioccata «ti ho prestato anche Anna Karenina, Percy Jackson e Harry Potter, posso capire che magari il genere storico non fa per te, ma almeno il fantasy per l'amor di Zeus!»

Lui scoppiò a ridere, baciandomi la fronte «il punto, piccola tassorosso, è che ho bisogno di sapere se vuoi ricominciare nuovamente per la terza volta consecutiva» scossi la testa «le stai contando?» lui annuì.

Sorrisi a trentadue denti e lo baciai «lo sai che ricomincerei con te mille volte»  lui aggrottò le sopracciglia «addirittura. In ogni caso, hai programmi per la serata?»

Lo guardai accigliata perché sapevo già che la risposta non gli sarebbe piaciuta, mi allontanai da lui, ballando sui talloni e mettendo le mani dietro la schiena.

Lui sembrò capire e mi guardò con uno sguardo senza speranze «beh.. in realtà sto facendo un rewatch di Sailor Moon, sono già a Sailor Moon SuperS, Akito sono alla penultima stagione devo assolutamente finirla entro domani mattina» lui mi guardò sconsolato «ma domani è Lunedì!» «A chi importa» sbottai e lo vidi sospirare «mi avrai fatto guardare Sailor Moon almeno due volte in otto mesi, Sana, non sei normale» lo fulminai con lo sguardo «senti, non è colpa mia se preferisci David Gnomo» lui aprì la bocca, sconcertato «ammetto che David Gnomo è molto carino, tutti quelli gnomi mi ricordano te ma il mio preferito in assoluto rimane Lady Oscar, almeno si apprende qualcosa, quell'ambientazione storica» sbattei le palpebre un paio di volte, sorvolando sulla questione David Gnomo «ti piace Lady Oscar per l'ambientazione storica e hai ripudiato Anna Karenina?»

Comunque la discussione morì lì perché scoppiammo entrambi a ridere. Quando smettemmo, Akito si rivolse a me «ti va di venire con me a scuola, domani?»

Io mi grattai il naso e gli sorrisi «in realtà volevo chiederti se ti piacerebbe rimanere per guardare Sailor Moon con me e la mia scatola di pop corn» lui mi guardò con tutto l'amore del mondo, posando i caschi dentro la moto e riguardandomi «non c'era bisogno di chiederlo.»

~Capitolo corretto il 22/11/20~

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