Chapter IX- We come back

La festa di Hisae dopotutto stava procedendo bene, col tempo mi stavo pian piano abituando alla rottura con Akito.

Più che altro i primi giorni erano stati quelli più complicati, nonostante fossero passate appena due settimane, per me quel prendersi una "pausa" era una vita.

Le pause non esistevano, non sono mai esistite e mai esisteranno. Sono solo stupide scuse per spiegare all'altro la mancanza di fiducia reciproca.

Perché la verità, per quanto facesse male, era quella.

Io e Akito eravamo troppo immaturi per fidarci l'uno dell'altro: io avevo sempre dato per scontato il fatto che lui non mi avesse mai lasciata, che sarebbe stato per sempre con me.

Nella mia mente l'idea di Akito con un'altra ragazza non esisteva, per il semplice fatto che entrambi ci prendevamo cura dell'altra fin da piccoli.

Ma per quanto potessimo tenere l'una all'altra, non ci fidavamo ciecamente.

Se io mi fossi realmente fidata di lui, l'avrei lasciato parlare, senza scendere a conclusioni affrettate ma non era stato così.

Avevo deciso di chiudermi in me stessa, di ibernarmi nei miei stessi sentimenti feriti, di non voler ascoltare la sua versione ma solo quella dei miei occhi.

E mi maledivo ogni giorno.

Col tempo, la rabbia aveva dato libero accesso alla disperazione e la disperazione mi aveva portata al rimorso.

Se l'avessi ascoltato, non saremmo stati cosi.

Perché io sapevo, sapevo che Akito fosse l'altra metà della mia mela, non potrei mai vedermi con qualcun altro. E per quanto il mio pensiero possa sembrare disperato, era la pura e semplice verità.

Ognuno conosce i suoi sentimenti, quelli più profondi, lontani da tutto, più intimi.

Il tempo porta la consapevolezza, la consapevolezza porta a prendere visione di quelle che sono le tue emozioni.

Ed io sapevo che Akito era quello giusto per me, lo era sempre stato e sempre lo sarà.

Dopotutto, me lo stava dimostrando anche adesso.

"Finalmente, questa storia va avanti dalle elementari. Tutti a dirvi di mettervi insieme" queste erano le parole che ci ripeteva sempre Tsu, parole che mi fecero sorridere, un pensiero onesto e sincero.

Non ero mai stata sola, i miei amici c'erano sempre stati, così come la mia famiglia, per quanto stramba possa essere.

In realtà, ero una ragazza molto fortunata, solo che non me ne rendevo conto.

Spostai lo sguardo verso la sala, fissando Akito parlare animatamente con Gomi, stava ridendo a crepapelle.

Lo fissai con l'amore negli occhi, in lui vedevo una risata vera e sincera, niente a che vedere con lo sguardo duro e ostile delle elementari.

Quando il suo sguardo si spostò sul mio, mi sorrise, un sorriso vero e sincero.

Mi sentì le guance a fuoco ma non distolsi mai lo sguardo.

Alle elementari eravamo dei semplici bambini ma fu quando lo sfidai che iniziò tutto.

La prima carezza nel gazebo, la prima martellata in testa, il primo bacio.

Alle medie eravamo dei ragazzini ma questo non ci aveva mai allontanati, ci siamo stati sempre l'uno per l'altra. Il primo club di Karate, i primi veri pianti, la paura di perderlo sul serio, il secondo bacio.

Akito era stato tutte le mie prime e seconde volte, non ci sarebbe mai stato nessuno che avesse potuto, in qualche modo, sostituirlo.

Ma adesso era tutto diverso, dovevamo quasi compiere vent'anni, eravamo adulti.

Quasi stentavo a crederci, invece era tutto vero.

Mi sembrava ancora di essere nei banchi di scuola elementare a litigare con Akito o con quelle verifiche che non capivo mai, invece eccomi qui, all'università

"Il tuo cervello di gallina è arrivato fino all'università" la voce di Akito mi arrivò come se stesse realmente parlando con me.

Sorrisi a quelle parole, per quanto fastidio potesse darmi, non me l'avrebbe mai dato più di quanto mi dessi fastidio da sola.

Ricordai quella volta al nostro primo appuntamento, mi aveva buttato tutto lo zucchero filato in faccia.

Abbiamo litigato come due bambini, facendo spettacolo ai passanti.

Sorrisi ad Akito che continuava a fissarmi, un sorriso pieno di ricordi e felicità.

Forse ero pronta a staccare "la pausa", ero pronta a ricominciare da zero.

Akito mi fece l'occhiolino, prima di rispondere a Gomi.

Solo con quel gesto mi sciolse, fissai l'orecchino che portava all'orecchio destro, dicendomi mentalmente di dovergli assolutamente regalargliene uno nuovo.

Stavo per alzarmi e dirigermi verso di lui, quando Hisae si mise davanti a me.

Iniziò a ridacchiare velocemente e a toccarmi le spalle «Sanaaa, amica miaa, hai bevuto?» disse, ridendo tutta.

La guardai torva, prendendola per le spalle «qualche bicchiere, perché?» in realtà tenevo abbastanza bene l'alcol e quindi non mi preouccupavo molto, non potevo dire lo stesso di lei.

Mi fissò quasi piangendo «stai ridendo da sola e stai girando tutta» rispose, poi iniziò a girarsi, indicando il tavolo di Akito e Gomi.

Il mio cuore perse un battito, poi Hisae indicò i ragazzi «tu sei fortunata, il tuo biondino non ti ha tolto gli occhi di dosso per tutta la serata. Io invece? Ho fatto questa festa apposta per poter dire una cosa importantissima a Gomi che potrebbe cambiare le sorti della nostra relazione e lui invece, cosa fa? Sta con i suoi amici» scoppiò in lacrime e mi abbracciò di slancio.

Persi quasi l'equilibrio, se non ci fosse stata Fuka a sorreggermi da dietro, ma anche lei non mi sembrava tanto sobria, poiché perse l'equilibro al mio posto «dannazione ragazze ma che avete?» urlai.

C'era un frastuono assurdo, così tanto che era difficile comprendersi da cinque centimentri di distanza «perché non cerchiamo qualche bel ragazzo e andiamo a ballare?» urlò Mami, sovrastando la musica.

Mami era così diversa dall'elementari, sempre alla costante ricerca di uomini diversi.

Hisae sogghignò mentre Fuka rispose «mi dispiace, io ho già il ragazzo» poi sorrise, Hisae rise e una puzza di alcol mi arrivò dritto alle narici «uguale per me ma un bel ragazzo con cui farlo ingelosire non sarebbe male» alzai gli occhi al cielo e la tenni ferma.

Hisae si divincolò «dai Sana e tu? Dovresti sapere che significa avere il cuore spezzato» la fulminai con lo sguardo, non poteva minimamente paragonare la mia situazione alla sua «non vengo, non mi va di ballare. E in ogni caso, Gomi è innamorato follemente di te, cosa penserebbe a vederti con un altro ragazzo?» Hisae si calmò, rilassando i muscoli e guardandomi in faccia.

Era pallida «devo vomitare» disse, prima di vomitare lo schifo a terra.

«Che schifo» urlò Mami mentre Fuka si diresse a prendere un tovagliolo e un bicchiere d'acqua.

Nessuno intorno a noi, si rese conto di nulla, erano tutti troppo ubriachi e intenti a ballare per farlo, sorressi i capelli di Hisae che non smetteva di piangere «sono incinta» piagnucolò tra i singhiozzi.

Mi si formò un nodo in gola mentre lei non la smetteva di vomitare tutto.

Mi sentì a pezzi per lei «vado a cercare Gomi» dissi mentre Hisae si alzò per prendermi un braccio «e se mi lasciasse?» Le accarezzai la testa «mi assicurerò personalmente di fargli rimpiangere di essere nato. Ma non è il caso di Gomi» lei annuì.

La lasciai nelle mani di Fuka e mi diressi verso Akito, il cuore mi batteva all'impazzata, avrei voluto anche parlare con lui dopo.

Gomi mi lanciò un'occhiataccia, che ricambiai prontamente.

Che stronzo.

Akito si girò verso di me, guardandomi.

Non lo guardai minimamente «Gomi, sarà meglio che alzi quel tuo culetto e venissi con me» avevo la gola secca e le mani sudate.

I due ragazzi mi guardarono storti, più Akito che Gomi in realtà «c'entra Hisae» sospirai e mi massaggiai le tempie.

A sentire quelle parole si alzò di scatto, seguito da Akito, il suo sguardo preoccupato si posò sul mio «che le è successo» stetti zitta e guardai Akito «è con Fuka in questo momento, in bagno, raggiungila immediatamente. Tu invece resti qua» ordinai.

Gomi iniziò a correre e, presa da un momento di coraggio, presi il polso di Akito «accompagnami a prendere qualcosa o potrei vomitarti addosso.»

***

Akito mi seguì a ruota e non fece domande, lo ringraziai per questo e lo fissai di sfuggita, mettendomi, insieme a lui, in disparte e a braccia conserte.

Da quella angolazione potevo benissimo vedere gli occhi ambrati confusi e la faccia corrucciata.

Era ancora bello, nonostante non avesse più quei candidi lineamenti da bambino di cui mi ero follemente innamorata «Hisae è incinta» buttai tutto d'un fiato, come se non riuscissi più a tenere quel segreto.

In realtà era così, avevo bisogno di parlarne con lui. Akito spalancò gli occhi e si portò la mano ai capelli, come faceva sempre quando era nervoso, e se li scompigliò tutti.

"Addio al gel" pensai.

Akito fece un passo in avanti e mi misi immediatamente davanti a lui, a braccia spalancate «dove credi di andare?» Lui mi ignorò categoricamente, prendendomi per i fianchi e spostandomi di lato.

Riprese a camminare ed io gli fui subito dietro, nonostante le zeppe altissime, che odiavo, mi rimisi davanti a lui e gli misi le mani sul petto.

Quasi non sussultò a quel contatto.

Beh, effettivamente non ci sfioravamo in modo intimo da una vita ma non credevo che avesse la cintura di castità «Akito, lasciali soli» lui abbassò lo sguardo su di me e quasi maledissi la mia famiglia per avermi procreata come una nana.

Mi morsi il labbro inferiore per mantenere saldi i miei nervi e non saltargli addosso in 0,5 secondi, mi facevo pena da sola, anni di orgoglio buttati per Akito.

Che caduta di stile.

Comunque il suo silenzio mi fece sentire vittoriosa per cinque secondi e sottolineo cinque secondi visto che, il signorino, mi dileguò con un "ok" svogliato e poi mi alzò in aria, prendendomi come un sacco di patate.

Mi ritrovai con il sedere in aria e una presa ferrea con un braccio «sei dimagrita?» Mi irrigidì, cercando di abbassarmi la gonna sul sedere.

Lui se ne accorse perché mi mise una mano sulle natiche, coprendole.

Arrossì, rossa dall'imbarazzo e scalciai per colpirlo in faccia ma, ovviamente, calciai l'aria «no troglodita e ora mettimi giù» piagnucolai ma, da copione, non mi ascoltò.

Si guardò intorno e si leccò le labbra «il bagno delle signore?» Fissai la sua schiena a testa in giù e inarcai un sopracciglio «capisco che da quante volte ti abbiano colpito ormai non comprendi più il tuo sesso ma mi sembra esagerato.»

Come risposta ricevetti una finta caduta che mi fece passare tutta la mia vita davanti «muori, per favore» ringhiai rivolta verso il suo sorriso sghembo.

***

Dopo aver spiegato a mister cretino la strada per il bagno, ci ritrovammo subito Fuka davanti la porta.

Ancora a testa in giù la guardai stranita, insieme al biondino «mi ha chiamato il mio ragazzo da Osaka! Dice che sta venendo qui» urlò tutta contenta.

Akito portò l'altro braccio alla mia vita per prendermi e mettermi a terra.

Lo fissai in cagnesco, gliel'avrei fatta pagare.

«Una sola domanda» iniziai «come si chiama il fortunato?» o vorrei dire lo "sfortunato" ma questo non potevo certo dirlo ad alta voce.

Prima che Fuka potesse parlare, Akito alzò un dito «no, qua le domande le faccio io. Cosa ci fai davanti il bagno? E Mami? Aya? Hisae?» Fuka fece spallucce e si rivolse a me «Takaishi»  urlò contenta «Takaishi Yuta» Akito mi guardò scioccato ma continuai a ignorarlo.

«Quindi si chiama Takaishi....» che nome strano.. «Stiamo seriamente parlando di un ragazzo insignificante, quando Hisae e Gomi non si trovano?» Fuka alzò gli occhi al cielo e accolse a braccia aperte Tsuyoshi e Aya «mamma mia Sana, fai star zitto il tuo ragazzo, non lo sopporto!»

Mi battei la mano in fronte prima di tirlarle qualche cazzotto, il mio ragazzo!

Ma magari!

«Scusami, sarei io a parlare a sproposito?» Tsu si fece avanti, lasciando la mano ad Aya e si mise tra i due ragazzi che si linciavano a vicenda «su su, buoni» di risposta si beccò uno "stai zitto" che avrebbe folgorato anche Zeus.

Gomi fece la sua uscita dal bagno delle signore e, in situazioni normali, sarei scoppiata a ridere.

Mi avvicinai a lui sotto lo sguardo attento di tutti «come sta?» Gomi mi fece un cenno con la testa, il che mi fece capire che stava meglio «ha solo bisogno di un pò di tempo sola» sbottò gelido e poi andò via.

Lo guardai andarsene senza dire una parola e poi io e Akito ci guardammo preoccupati, gli sussurrai un "vai" e lui annuì con la testa, inseguendo il suo migliore amico.

«AAAA» sbottò Fuka verso me e i due piccioncini, non solo mi ritrovavo un'amica pazza ma anche insensibile «Fuka che cos'è successo, mi hai reso sorda.»
«Takaishi è qui» urlò entusiasta mentre Tsuyoshi scappava via e Aya entrava in bagno, probabilmente per andare da Hisae.

Cercai di seguirla a ruota ma Fuka mi fermò prontamente «ah, ferma qua, mi farai compagnia» urlò.

«È c'è bisogno di urlare?» mi lamentai, massaggiandomi le tempie, oh signore, che serata lunga.

Fuka prese il telefono in mano dopo vari squilli «AAAAA.»
«Che c'è ancora?» Era tutta matta.
«TAKAISHI È QUI!!» Ma che gioia...
«Ho capito...» Sbuffai.

Fuka mi guardò con quasi le lacrime agli occhi «NO, INTENDO QUI FUORI» urlò ancora.

Aya e Hisae uscirono dal bagno ed io mi affrettai a raggiungerle, ignorando gli strilli di Fuka «come stai?» lei scosse la testa «preferisco non parlarne adesso» quasi pianse e mi si strinse il cuore a vederla così.

Cercai di sdrammatizzare la situazione «beh, abbiamo l'onore di conoscere Takaishi Yuta e Mami è non so dove con non so chi!» Loro mi guardano confuse, ignorando il discorso "Mami" «e chi sarebbe questo ragazzo?» chiese Hisae «il ragazzo di Fuka» lei scoppiò a ridere «oh poveretto» ci misi un po' a non scoppiare a ridere anch'io.

Ci girammo nel momento in cui Fuka tornò a braccetto con un ragazzo alto, moro e dagli occhi castani «vi presento Takaishi, vorrei presentarlo anche ai ragazzi ma non mi sembra il momento.»

«Piacere Sana» salutai amichevolmente, lui ricambiò la stretta «Takaishi» socchiusi gli occhi «oh credimi, lo so, lo sappiamo, Fuka ci ha parlato così tanto di te da farci venire la nausea.. così tanto che metà di noi sono finiti in ospedale.»

«SANA»
«Che c'è?»
«NON DEVI DIRGLI QUESTE COSE!»

E addio sincerità..

***

Quando uscì fuori nel piccolo terrazzino a prendere una boccata d'aria, quasi mi sentì rinascere.

Odiavo la confusione, odiavo le feste e odiavo i litigi.

Mi appoggiai annoiata alla ringhiera, fissando di sfuggita la luna pallida e le poche stelle in cielo.

Ecco come mi sentivo, una piccola stella insignificante, nascosta dalla tenue luce dei lampioni e coperta dalla luna.

Per quanto fossi popolare per il mio ex lavoro, non mi sentivo realmente al centro dell'attenzione di qualcuno.

Non che lo volessi ma sembrava come se tutti i miei amici si stessero allontanando o avessero consapevolezza di ciò che avrebbero fatto in futuro.

Gomi e Hisae diventeranno presto genitori.
Fuka e il suo ragazzo andranno a vivere insieme.
E i piccioncini convivono già da due anni.

E poi c'ero io, io che non sapevo ancora allacciarmi nemmeno le scarpe senza inciampare.

Mi sentivo soffocare, troppe responsabilità e troppi punti interrogativi.

Sospirai, chiudendo gli occhi e godendo della flebile brezza autunnale «ci voleva un po' d'aria» dissi, inspirando l'aria pulita.

Niente confusione, nessuno che vomitava, nessuno che si arrabbiava, nessuno che flirtava, nessuno che ballava e nessuno che si ubriacava.

Pace e tranquillità «le signorine non dovrebbero girare sole» o forse no.

Mi girai prontamente e mi ritrovai Akito a pochi metri di distanza, lo sguardo disinvolto, una mano in tasca e la fatidica Merit sempre in bocca.

Odiavo quando fumava, era un vizio che non ero riuscita a togliergli.

Si avvicinò a me e si appoggiò con le spalle alla ringhiera.

Lo ignorai, ritornando a fissare il cielo con il naso rosso e gli occhi stanchi dalla serata «hai un bel profilo» mormorò Akito, inspirando una grossa boccata di fumo e buttandolo fuori poco dopo.

Storsi il naso e sorrisi un pochino ma non gli risposi, mi godetti semplicemente quel silenzio.

Akito fumava tranquillamente e, quando buttò fuori l'ultimo tiro, spense le sigarette e la buttò a terra "ingrato, per colpa tua il mondo sta cadendo a pezzi" pensai ma non dissi comunque nulla.

Lui si mise nella mia stessa posizione, congiungendo le mani e inspirando profondamente «Gomi non è pronto a diventare padre ma le ha promesso di pensarci su. Hanno litigato ma sappiamo tutti che in realtà è felicissimo di accogliere la creatura nata dal suo amore per Hisae e che tornerà strisciando da lei» sorrisi sincera.

«Hai ragione.» Dissi poi.
«Si amano tanto, non è così?» annuì semplicemente e lo stomaco mi si chiuse in una morsa.

Akito si girò di fianco e mi fissò serio «perché non ti sei fatta viva per undici giorni?» Non mi girai a guardarlo «non pensavo ti importasse» notai un fascio di delusione nei suoi occhi che scomparve subito, lasciando il posto al solito sguardo glaciale «significa che non mi conosci.»

Mi torturai le mani e sentì tutto il mio corpo pizzicare, avrei voluto perdonarlo ma mi resi conto che io e lui eravamo semplicemente tossici l'uno per l'altra.

Non facevamo altro che prenderci, lasciarci, prenderci, lasciarci, ci facevamo semplicemente del male.

E nonostante cercassi da una serata di dirgli tutto ciò che non avevo fatto quindici giorni prima, capì che non ero pronta.

Sorrisi tirata «è da una serata che penso a te con indosso questa maledetta camicia nera» dissi di getto, in preda al panico.

Akito ghignò e si sporse verso di me «lo so benissimo che ancora mi pensi» mi si strinse il cuore e deglutì «semplicemente le hai sempre odiate» lui fece spallucce «ed è così ma mia sorella ha insistito e sai com'è fatta...»

Scoppiai a ridergli in faccia, inclinando la testa «che hai da ridere?» Scossi la testa «niente niente, solo che Akito e camicia nella stessa frase...»
«Che vorresti dire?»
«Che non potrete mai andare d'accordo» buttai scherzosamente.

«Ah, allora come me e te» Akito sgranò gli occhi nel momento in cui finì di parlare ed io smisi di ridere.

Mi guardò con uno sguardo disperato ed io lo fissai con uno sguardo accusatorio «può darsi» buttai acida.

Mi spostai dalla ringhiera e da lui e girai i tacchi, andando verso l'interno.

Akito mi fu subito dietro e, prima che potessi dire qualcosa, mi urlò contro «Sana, sai che non era quello che volevo dire» mi girai prontamente, spostandomi i capelli di lato e guardandolo con lo sguardo più velenoso che avessi mai potuto rivolgergli «ah no? E cosa intendevi allora?»

Lui ringhiò e poi si leccò le labbra, scompigliandosi i capelli e aprendo le braccia «cosa vuoi sentirti dire? Dimmelo Sana, dimmi cosa vuoi sentirti dire e te lo dirò.»

Mi mancò il fiato e sentì il venticello nei miei capelli.

Avevo così tante cosa da dirgli, da chiedergli, così tante cose che avrei pensato mi dicesse ma mai avrei immaginato che intonasse quelle parole.

Perché chiedermi questo significava che, dopo anni, non riusciva ad approcciarsi con me.

Lo guardai con le lacrime agli occhi «per quanto io ti possa amare, per quanto ti possa desiderare, per quanto sento di appartenerti, so che stare insieme significherebbe farci star male. E ti amo così tanto che preferirei vederti da lontano che saperti vicino e vederci sempre pugnalarci a vicenda» spostai lo sguardo verso di lui «e ti amo così tanto che farei pazzie ma vederti trattarmi come se non fosse successo nulla e il secondo dopo insultarmi flirtando come facevamo anni fa, mi uccide, Akito. Non so cosa vuoi, la domanda che ti faccio io è questa. Tu cosa vorresti che facessi? Sarei ritornata da te la sera stessa in cui ti ho cacciato. Eppure in quindici giorni non ti sei chiesto del perché ho spento il telefono, del perché fossi sparita dalla circolazione» sospirai «va bene così, lo accetto ma ti prego di lasciarmi andare. Vai avanti, trova qualcuno migliore di me.»

Lui mi fissò con uno sguardo così duro e privo di emozioni che quasi pensai di star parlando con una pietra.

Lo stomaco mi si chiude in una morsa, respirai affannosamente, mettendomi a nudo davanti a lui.

Quando parlò, le parole arrivarono come tamburi dolorosi nelle mie orecchie «hai finito?» Urlò.

Lo fissai confusa e annuì con la testa.

Lui fece due passi avanti e i capelli gli scompigliarono il viso «Sana, mi va bene così. Se per te noi siamo tossici a vicenda, mi va bene così. Magari lo siamo sul serio, le mie relazioni sociali sono sempre state tossiche ma io non potrei mai e poi mai immaginarmi con qualcun'altra che non sia tu. Mi va bene anche sposarmi con te ed essere cacciato di casa una, due, dieci, trenta volte perché è questo che ci fortifica. Per quanto io mi sforzi, non riesco a mandarti al diavolo e andare avanti perché so che saresti l'unica che potrei mai amare. Saresti l'unica per cui ucciderei e farei le peggiori cose al mondo. E se per te non va bene, ok, ti guarderò sposata, tra le braccia di qualcuno che non sia io con figli non miei e mi va bene così, purché tu sia felice. Ma ti prego, non venirmi a dire di trovare qualcun'altra perché significa che dopo anni non conosci un cazz0 di me.»

Inspirai profondamente. Mi veniva quasi da piangere, la verità è che avrei volentieri accettato il fatto di essere tossica per lui e altrettanto, solo non volevo rovinargli la vita.

Lo guardai con tutto l'amore del mondo mentre lui si grattava la testa esausto, era diverso dall'ultima volta che l'avevo visto.

Aveva le spalle leggermente più larghe, due borse sotto gli occhi e un nuovo braccialetto. Gli sorrisi e mentre pronunciai le ultime parole per dirgli addio, mi si spezzò il cuore «forse è così, forse non ti conosco bene come credo.»

Prima che potessi anche solo girarmi e rientrare in casa, lui mi fu addosso, baciandomi con tristezza.

Magari in quel bacio c'erano cose non dette, bugie nascoste e forse era un bacio d'addio ma fu il più bello di tutti «mi dispiace» mormorai «non pensavo davvero quelle cose, almeno, non del tutto» Akito mi accarezzò la guancia e mi morsi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere dalla gioia «dio...non fare così che mi fai impazzire» lo guardai confusa, soprattutto per il trash della frase, ma lui catturò nuovamente le mie labbra.

«Ti amo» mormorò dopo, facendomi perdere un battito.

Mi staccai confusa e lo guardai con gli occhi sbarrati «cosa?» urlai «hai capito bene, è imbarazzante ripeterlo» scoppiai a ridere, buttandogli le braccia al collo e abbracciandolo fortissimo «suvvia, mi hai appena fatto una dichiarazione d'amore degna di Hollywood» lui borbottò qualcosa e poi mi sorrise «e comunque, guarda che noi siamo andati sempre d'accordo» inarcai un sopracciglio «dovrei ricordarti del coltellino e dei tuoi istinti suicidi?» lui contorse le labbra «vabbè, ancora non ti conoscevo bene e poi, quando ci siamo conosciuti, siamo sempre stati pseudo fidanzati. Su ammettilo, sapevi già dalla prima volta che mi hai lanciato contro qualche banco che mi avresti sposato» alzai gli occhi al cielo, visibilmente divertita «tecnicamente non lo siamo ancora» lui alzò le spalle «hai detto bene, ancora.»

Forse Akito poteva non essere la Stella più bella e luminosa dell'universo o la grande Luna maestosa.

Ma per me, lui era il Sole.

Ed io era la Terra.

E sappiamo tutti che la Terra non può vivere senza il Sole.

Per me lui era la stessa cosa.

Era lui ad illuminare le mie giornate, a spronarmi, a farmi sentire amata.

Lui era il Sole caldo che brillava su di me, sulla piccola Terra.

E la Terra aveva bisogno del sole per sentirsi protetta e amata.

~Capitolo corretto il 3/11/2020~

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