Risultati Prima Prova

Scusandomi per il ritardo nella pubblicazione, ecco a voi i risultati della prima prova, suddivisi per gruppo di appartenenza e giudice.

- GRUPPO AWEN, Giudice Koira:

"I funerali del senatore", di demetra_min:

1) GRAMMATICA E STILE: 5/5

La grammatica è ineccepibile. Non ho nulla da segnalare, a parte, nella sintassi, qualche subordinata relativa non delimitata dalle virgole. Riguardo allo stile, la lettura de "I funerali del senatore" procede scorrevole e risulta piacevole, senza mai annoiare. I periodi sono prevalentemente brevi e d'impatto, di comprensione immediata. Demetra non ama i fronzoli (inutili) quando scrive, è evidente. E la sua scelta stilistica, che definirei "fallaciana" (non fallace, attenzione), si rivela più che azzeccata. Leggendo la sua creazione sul relativismo culturale, non ho potuto fare a meno di ripensare a Camus e al suo "straniero", ma anche ad autori più recenti, sulla falsariga di Saramago.
Insomma, un 5 più che meritato.

2) ORIGINALITA': 3/5

La storia pecca senza dubbio di scarsa originalità. Sono molte le culture in cui il rito funebre è celebrato come un momento di festa e vige l'usanza di salutare l'anima del defunto con gioia e ilarità, anziché con dolore e rammarico. Basti pensare al brunch americano, che fa direttamente seguito al funerale, o al modo peculiare e tipico in cui è vissuto il momento della morte presso varie tribù africane. Persino il riferimento agli abiti sfarzosi e colorati degli invitati alla cerimonia suona come un déjà vu e déjà entendu (non è un mistero che il nero non equivalga universalmente al colore del lutto). Nell'intreccio che ha costruito Demetra, tuttavia, spicca senza dubbio come elemento più interessante l'usanza (pregiudizievole) di ricordare del vivo i difetti e raccontare gli aneddoti più negativi. Lo scopo? Evitare che cambi idea e decida di tornare indietro, rimanendo intrappolato in un limbo atemporale senza uscita. Un'usanza che diviene inevitabile fonte di scaramanzia fra i membri della società, che quasi temono una possibile persecuzione dell'anima non trapassata.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 5/5

Sulla coerenza, come sulla grammatica e lo stile, nulla da eccepire. Vi chiedevamo di ribaltare un'usanza, o di inventarne una nuova, se abbastanza coraggiosi, ed è quello che Demetra ha fatto. Assolutamente coerente, insomma. Ineccepibile è anche la descrizione del contesto sociale che si è plasmato attorno a quell'usanza: l'autrice, attraverso il punto di vista del giudice Bellarosa (l'unico personaggio, a eccezione di D'Altoborgo, di cui venga svelato il nome durante tutto il racconto), mostra il modo in cui la collettività ha reagito alla nuova norma sociale. L'idea di salutare i defunti mettendone in risalto i difetti, anziché i pregi, suscita perplessità a una prima, razionale analisi, perplessità che lascia presto il posto a una passiva accettazione, espressione di un'altrettanto passiva - e quasi apatica - necessità di adattamento. Quasi apatica, appunto, come svelato dalle riflessioni - intime, nascoste - di Bellarosa, che durante la narrazione arriva persino a interrogarsi (sempre fra sé e sé, perché "una domanda del genere sarebbe sembrata fuori luogo") sull'ineluttabilità della legge fisica della gravità ("Il giudice osservava il pulviscolo sospeso e d'un tratto si ritrovò a domandarsi come mai la legge della fisica che lui ben conosceva non attirasse al suolo quei minuscoli granellini (...)"), ineluttabilità che fa di essa, in contrasto con le norme socio-culturali, una legge certa. Assoluta, in un mondo governato dalla relatività e bisognoso di solidi punti di riferimento.

4) SVILUPPO: 4/5

Mi aspettavo di più, e per questo non posso dare il voto più alto in questa sezione. La narrazione scorre veloce, dinamica, questo è certo, ma "I funerali del senatore" promette di essere più una strada a scorrimento veloce che una via senza uscita. Leggendo la storia di Demetra si ha l'impressione di stare col fiato sospeso, in trepidante (e vana) attesa di un plot twist finale. Plot twist che manca. Ed è per questo che, giunti alle ultime righe, lì dove ti aspetti, quasi desideri, un evento che ribalti tutte le certezze consolidatesi nelle pagine precedenti, si rimane inevitabilmente delusi.
Molto interessante è invece, come già anticipato, la scelta di dare un nome solo a due personaggi: D'Altoborgo, il defunto senatore, e il giudice Bellarosa.

Off-topic: c'è un motivo per cui entrambi i cognomi sono composti da un nome e da un aggettivo o è un caso? E chiamare il fantomatico Stato in cui è ambientata la narrazione "Repubblica di S." vuole forse essere un riferimento alla storica Repubblica di Salò?

TOTALE: 17/20

- GRUPPO WUIVRE, Giudice M4rtyPerl4:

"Chiamami col mio nome", di Stardust-99:

1) GRAMMATICA E STILE: 3/5

Un momento. Prima di cominciare, voglio chiederti: il titolo è un rimando a "Chiamami col tuo nome"? E, se sì, hai visto il film? HAI LETTO IL LIBRO? Perfetto, ho finito. Cominciamo. Partiamo dalla grammatica. La punteggiatura, a parte quelle virgolette che a mio parere sono esteticamente inguardabili (ma non preoccuparti, per un periodo le ho usate anche io, poi è arrivato Enzo Miccio a strigliarmi), non ha nulla per cui essere rivista. Hai un uso arbitrario -per non dire quasi assente, in realtà- delle virgole attorno ai dialoghi, questo è innegabile. Cerca di fare caso a come vengono gestite nei romanzi che leggi. Per esempio, non ricordo dove, nel testo, hai usato una struttura di questo genere: "Avanti, usciamo!" gridò Genoveffa "Siamo in ritardo!" Ora, quel "gridò Genoveffa" è una sorta di inciso, ed è sia più funzionale sia più gradevole all'occhio ricostruire il tutto come: "Avanti, usciamo!", gridò Genoveffa, "Siamo in ritardo!" Ma è un qualcosa che puoi estrapolare tranquillamente da un'osservazione accurata dei libri che leggi. Poi, la questione del "beh". La grafia corretta sarebbe be'​, in quanto altro non è se non il troncamento di "bene". "Beh" andrebbe usato come una sorta di esclamazione onomatopeica, un verso, quali i nostri "Meh" un po' seccati che articoliamo nella vita di tutti i giorni. Altro punto è il complemento di vocazione. A dir la verità, inizialmente ho pensato sapessi usarlo, e forse nel caso in cui hai mancato la virgola eri semplicemente distratta, ma comunque mi vedo costretta a ribadirlo: quando all’interno di una battuta si richiama
l’attenzione di un personaggio sfruttandone il nome, bisogna che esso sia preceduto e
seguito da una virgola.
Ah, quasi dimenticavo. In un passaggio del testo scrivi “Stupito è una parola inadeguata
[...]”. Io metterei in evidenza il soggetto, scriverei “Stupito” o Stupito, stessa cosa poco più
avanti nel corso del racconto, quando usi un costrutto simile. Ora, invece, passiamo allo stile. Seppur a parer mio abbia bisogno di tempo per maturare, possiede già diverse caratteristiche che lo contraddistinguono. Una che spicca è l'ironia. Riesci facilmente a strappare un sorriso al lettore anche quando i personaggi non sono proprio nel mood​ adatto, ma non lo fai in maniera forzata, o del tutto fuori contesto. Sei delicata. La narrazione, poi, non è né troppo lenta né frettolosa, e ho apprezzato l'introduzione distaccata dal nucleo della trama: buttarsi a capofitto nell'azione non è sempre la scelta migliore, quindi brava! Non ho notato un'applicazione particolare di figure retoriche e simili, perciò un consiglio che posso darti è quello di diluire le descrizioni; a volte sembra quasi che tu stia stilando un elenco di azioni e/o informazioni, mentre condire il testo di metafore e similitudini (se ben dosate, ovvio) serve spesso a calare meglio nell'atmosfera chi sta leggendo.

2) ORIGINALITÀ: 5/5

Be', qui ho veramente molto meno da dire. L'idea in sé e per sé è geniale. Davvero. Una di quelle che mi fa pensare: "Diamine, avrei voluto pensarci io!" Diciamo che i veri "problemi" li ho riscontrati nello sviluppo della trama, per cui scelgo di tagliare corto in questa parte. Ne parleremo più avanti.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 4/5

Potrei dire: "Alla faccia!" e scuotermi di dosso metà del lavoro, ma qualcosa bisogna aggiungere. Innanzitutto, il fulcro della traccia c'è, assolutamente. Hai creato un principio base per una società del tutto diversa dalla nostra e ne hai abbozzato (purtroppo solo abbozzato) il comportamento in relazione a esso. Secondo me, avresti dovuto prenderti più calma e più spazio, e saresti comunque rientrata benissimo nel limite di parole concesso. Il dettaglio dell'esilio, del monte Innominato, era una cosa che faceva davvero venire i brividi, ma l'atmosfera era solo tratteggiata. Io avrei inserito un bel confronto a più voci, coinvolgendo anche altri oltre a lil e il futuro Gabriel. E poi, per evidenziare ancora di più come il tuo mondo funziona in relazione al suo principio cardine, avresti potuto includere anche altri contesti, diversi da quello scolastico o familiare: che so, un salto al supermercato, un giro al parco, cose di questo genere insomma, tutte situazioni che avrebbero permesso a te di instaurare un confronto aperto con la società che hai costruito e a noi di entrare più a fondo nella sua mentalità.

4) SVILUPPO: 3,5/5

Ecco, tutti i punti appena affrontati vanno ripresi qui. È fondamentale che uno stile di scrittura fluido e sintetico come il tuo non vada poi a influire sullo sviluppo del racconto, determinandone una resa superficiale. Leggendo, ho avuto come l'impressione che alcune cose fossero ancora "nuclei di idee", non so se mi spiego. Il fatto è, secondo me, che hai sviluppato una trama talmente originale e interessante che quel che ti serviva era solo più tempo e più spazio per esplicitare al meglio il suo potenziale. Certo, l'essere concisi può essere uno stile di vita, una scelta stilistica anzi, ma secondo me qua si possono fare grandi (anzi, lunghe) cose senza per forza finire con l'essere barbosi. Io volevo più dettagli, accidenti! Lasciamelo dire! Ma il finale è una ciliegina, quindi sono comunque contenta. Ti rinnovo i miei complimenti.

TOTALE: 15,5/20

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"Rosso", di TheManiae:

1) GRAMMATICA E STILE: 3,5/5

Orbene, cominciamo. Dunque, sullo stile non ho molto da dire. Per quanto io debba sforzarmi di essere un giudice oggettivo, non posso che ammettere di amare il tuo modo di raccontare. Sai dosare perfettamente momenti lenti e momenti carichi di tensione, descrizioni e azioni, dialoghi e riflessioni. Non fai un uso virtuosistico della lingua o delle figure retoriche, cosa che apprezzo infinitamente; metafore e similitudini sono, anzi, bilanciate a dovere, come gli ingredienti di una ricetta. Quando hai parlato della corsa di Gabriel all'inizio, descrivendo i suoi piedi come "due figure sfocate" (se non erro), mi hai piacevolmente colpita. Un'immagine semplice ed efficace, che penso di non aver mai letto prima d'ora (perché non ci ho pensato prima io? Mannaggia!) Questo per quanto riguardava lo stile. Passando alla grammatica, invece, devo farti qualche appunto. Primo fra tutti: il benedetto complemento di vocazione! Quando in un dialogo ci si rivolge a qualcuno, ci vuole la virgola prima e dopo il nome (esempio tratto dal testo: "Attento Gabriel" occorre che diventi "Attento, Gabriel".) Una nota personale concerne un "tale" che io reputo del tutto fuori luogo. Purtroppo "tale" è già di per sé una parola che non gradisco, perché parecchi ne abusano con la convinzione che dia un tono più alto a ciò che scrivono. Quando dici, durante il combattimento fra Gabriel e Markus, "approfittando di tale momento", fidati di me: togli quel "tale" e lascia semplicemente "approfittando del momento". Alleggerire le frasi quando possibile è sempre la scelta migliore, secondo me. Ah, poi a un certo punto hai usato "resistere" come fosse un verbo transitivo. Ho pensato potesse essere un errore di distrazione, purtroppo, però, devo comunque tenerne conto. Inoltre, ho notato che metti la maiuscola dopo i due punti: non è necessario. Anzi, l'uso corretto prevede la minuscola, mentre la maiuscola dovrebbe essere adottata solo in caso di una battuta da parte di un personaggio o di una citazione. Per il resto, la punteggiatura è perfetta e l'unico consiglio che mi rimane da darti è quello di rileggere il testo per intero in modo da porre rimedio ad alcuni refusi.

2) ORIGINALITÀ: 4/5

Qui ho davvero poco da dire. Di solito non amo il fantasy puro, quello fatto di draghi e cavalieri, ma tu mi hai tenuta attaccata alla storia fino all'ultima parola. La leggenda dei Manti Rossi mi rimarrà impressa per un bel po' di tempo, così come l'intero retroscena di Alexius. Caspita, è un personaggio dalla sincerità disarmante. Credo di essermene innamorata. Perdonami se non riesco ad articolare altro, ma sono incantata se ci ripenso. Davvero complimenti.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 5/5

Che Zeus ti fulmini, all'inizio mi hai fatto davvero preoccupare! Sembravi così coinvolto (o coinvolta? Perdonami, non so se tu sia un ragazzo o una ragazza xD) dalla narrazione fantastica, che già pensavo ti saresti dimenticato della traccia. E invece! La scelta di affrontare il tema da tre punti di vista differenti è stata assolutamente calzante. Nel tuo universo, sono tutti così presi dall'ammirazione che provano nei confronti dei Manti Rossi, tutti così affascinati dall'idea di entrare nella loro schiera, che pochi (vedi Gabriel, ma forse perché è ancora piccolo) pensano a quanto possa essere dura. Tutti gridano, suonano, festeggiano, cantano e ballano in mezzo alle strade, ma intanto ci sono cuori grondanti di lacrime, animi pavidi costretti a farsi grandi e grossi davanti agli occhi affilati degli altri cortigiani. Un mondo amaro. Il tuo modo di affrontare la traccia mi ha lasciato con un gradevole senso di appagamento, perché proprio non me l'aspettavo. Ti avevo sottovalutato in partenza e sono stata sinceramente felice di ricredermi.

4) SVILUPPO: 5/5

Sei partito bene, hai continuato alla grande e hai terminato in bellezza. Non mi hai annoiato neppure per un secondo (il che, intendiamoci, è davvero molto difficile considerando che io ho spesso e volentieri una soglia dell'attenzione molto bassa.) La scelta di dividere il racconto in tre "microstorie" può facilitare il lavoro così come, per una penna poco allenata, può renderlo ancora più complesso. La tua bravura si è palesata nella decisione di sfruttare un singolo elemento (i Manti Rossi) come filo conduttore, di modo da non perdere mai di vista il nucleo pulsante della trama. Gran bel lavoro.

TOTALE: 17,5/20

- GRUPPO ALBERO DELLA VITA, Giudice @recensor:

"La morte del falco", di WinterHasCome7:

1) GRAMMATICA E STILE: 4/5

Il racconto di WinterHasCame non è immediato. Il lettore non ha subito chiaro dove l'autore lo vuole portare, né il perché. Scorrendo con il racconto le solite domande che ci facciamo quando leggiamo rimangono senza risposta. All'inizio si pensa che non abbia compreso la traccia, la tematica, che sia andata totalmente fuori tema. Poi arriva il colpo di scena e già inizia ad essere più interessante, poi al colpo di scena si aggiunge la spiegazione e tutto va al proprio posto.
Volevamo darvi uno schema riassuntivo dei nostri pensieri, ed eccolo qua. Stile forbito, la storia si legge in maniera scorrevole e leggera. Grammatica perfetta. Uniche problematiche: qualche errore di battitura qua e là, qualche virgola anarchica qua e là. Peccato, considerando il punteggio complessivo.

2) ORIGINALITÀ: 5/5

Che dire, non credo di aver mai letto una storia del genere, con una storia del genere. I personaggi sono ben riusciti e particolarmente profondi. Rheged (non mi uccidete se sbaglio qualche nome) che pensa di amare la moglie e la figlia ma in realtà ama di più se stesso, è il personaggio simbolo del relativismo. Non solo quello culturale ma anche e soprattutto quello generico: tutto è relativo e nessuno oltre a lui ce lo può fare comprendere.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 5/5

"Ma ha compreso la tematica?" questa la prima domanda che mi sono fatta. E mi sono data pure una buona risposta: sì, l'ha compresa, l'ha assimilata, l'ha fatta sua. Il relativismo culturale viene inserito lentamente all'interno della storia, quasi come fosse normale. Normale. Una parole che non esiste in questa storia. Cosa è normale e cosa no? Questo ancora devo comprenderlo.

4) SVILUPPO: 5/5

Qui lo sviluppo va di pari passo con l'originalità: la storia inizia in un modo semplice, quasi schematico e poi continua in altri modi, si attorciglia su se stessa, si apre e si chiude. Vengono inserite diverse storie, tutte con lo stesso epilogo ma tutte con uno sviluppo diverso. Talvolta il vero protagonista sembra essere lo sviluppo.

TOTALE: 19/20

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"Socio-culturalmente ignavi, parte I", di JohnMcDillan:

1) GRAMMATICA E STILE: 3/5

Grammatica perfetta ma lo stile fa abbastanza cilecca: niente di speciale, la storia si presenta come un dialogo normale fra una studentessa e un professore. Punteggiatura anarchica e uso dei tre puntini causale.

2) ORIGINALITÀ: 4/5

L'originalità c'è. È interessante seguire questo dialogo e la tematica del cambio dei tuoi sembra essere particolarmente interessante.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 1/5

Sì, c'è una tematica. Si sta parlando del relativismo culturale, non del relativismo in generale. Qui, fatti i conti alla fine della storia abbiamo solo ed esclusivamente il relativismo in generale.

4) SVILUPPO: 4/5

Normalissimo sviluppo. Niente di anormale. Semplicemente un plot twist alla fine che da più movimento alla storia.

TOTALE: 12/20

- GRUPPO TRISCELE, Giudice FioreDArgento:

"La Martyre", di NinaBlueStar:

1) GRAMMATICA E STILE: 5/5

La tua scrittura è vibrante, riconoscibile, caratterizzata e caratterizzante in un modo che di rado si vede, soprattutto in scrittori non affermati. Hai scandito perfettamente il ritmo del racconto, attraverso un uso consapevole e variegato della sintassi. Mi ha colpito molto l'immagine del dolore "innaffiato", visto che di solito l'idea della coltivazione è associata a sentimenti positivi (l'autostima, l'amore, l'amicizia) e il suo rovesciamento è il cuore del tuo racconto.

2) ORIGINALITÀ: 5/5

Per quanto tu abbia scelto una strada già battuta (l'esempio più celebre è Margaret Atwood), ne hai dato un'interpretazione brillante e innovativa che è esattamente ciò che distingue uno scrittore grezzo da un talento puro e raffinato come il tuo.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 5/5

La trama è aderente alla traccia, benché non la segua in modo pedissequo. Hai corso un rischio, ma hai mantenuto un forte legame con la tematica di riferimento dall'inizio alla fine, riuscendo al contempo a dare vita a un racconto che, indipendentemente da questo concorso, è eccezionale.

4) SVILUPPO: 5/5

Oltre ad avere una scintilla creativa notevole, hai dimostrato un'incredibile maestria nello sviluppo di un'idea che avrebbe potuto restare solo un lampo fugace. Hai spostato i riflettori da un lato all'altro del tuo mondo, lasciando intendere la concretezza delle zone in ombra. L'inserimento della tecnologia, resa nel racconto l'inaspettato veicolo di un messaggio molto arretrato, è un contrasto che aggiunge vigore alla realtà da te costruita. Non ho nulla da aggiungere, se non un inchino virtuale.

TOTALE: 20/20

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"Ricomincio da Offland", di arcobaleno_cercasi:

1) GRAMMATICA E STILE: 3/5

Sono stata molto in dubbio sulla valutazione da assegnarti in questo parametro, dato che a fronte di un'apprezzabile accuratezza grammaticale ho riscontrato uno stile un po' acerbo e piatto. Non voglio che ciò ti scoraggi, anzi. La prudenza stilistica è in primo luogo sintomo di un forte senso critico, che viene amplificato nel momento dell'autovalutazione. Il mio consiglio è quello di correre più rischi. Osa, sbaglia e trova la tua voce.

2) ORIGINALITÀ: 3/5

L'idea è buona, anche se hai scelto un nucleo tematico (il rapporto uomo-donna) abbastanza sfruttato e noto. Ho la sensazione che avresti potuto dare al racconto una marcia in più mediante una narrazione meno lineare (v. s.) oppure una descrizione più dettagliata dei costumi di Offland. I personaggi non hanno tratti distintivi, il che rende il loro movimento all'interno della trama complessivamente macchinoso e poco naturale. Intuisco che l'obiettivo fosse renderli rappresentanti di una società tradizionale e antiquata, ma la caratterizzazione non passa solo per l'introspezione e a mio avviso qui è mancata.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 5/5

Hai rispettato la traccia fedelmente, rendendola il fondamento della tua trama. Non hai "barato", interpretandola solo parzialmente, ma anzi l'hai incorporata in modo fluido e coerente, senza lasciare a qualche parola chiave il compito di strizzare l'occhio ai giudici.

4) SVILUPPO: 3/3

È inutile ripetermi, perché di fatto questo parametro esprime le mancanze che ti hanno danneggiato in "Stile e grammatica" e in "Originalità". Hai sviluppato in modo discreto la tua idea, ma non hai avuto slanci né nelle sequenze narrative, né in quelle dialogiche. Non è necessariamente un male avere una scrittura più "silenziosa", ma dovrebbe essere supportata da un dinamismo narrativo maggiore e da dialoghi più caratterizzanti, che lascino allo sguardo degli lettori uno spiraglio per osservare i personaggi e affezionarsi a loro. Spero di cuore che in futuro tu possa riprendere in mano quest'idea per sfruttarla al suo massimo potenziale, magari su lunghezze più confortevoli che ti diano modo di approfondire quelle aree che in questa versione hai solo toccato rapidamente.

TOTALE: 14/20

- GRUPPO KLADDAGH, Giudice JennyKravenn:

"La signorina Tringe", di Caramellalampone:

1) GRAMMATICA E STILE: 3/5

Ci sono varie imperfezioni, soprattutto per quel che riguarda la punteggiatura (un esempio: verso la fine leggiamo "Perché può sentirsi libera di fare del male a qualcuno signorina Tringe, persino di uccidere signorina Tringe", due casi in cui andrebbe una virgola) e ho notato credo un paio di d eufoniche di troppo. Per quanto riguarda lo stile, non mi ha convinto: la narrazione è troppo ripetitiva e velocizzata, con troppe parti dedicate al solo elencare (come le descrizioni di quanto fanno i genitori per accontentare la figlia). Alcune espressioni sono ripetute come caratteristica del testo, ma neppure questo mi ha convinto troppo. Se il riferimento all'erede ben riuscito è coerente con lo stile fiabesco scelto, l'"a me non mi va" quasi costante della signorina Tringe è una pessima trovata, anche se non l'ho considerato come errore, dal momento che è ben spiegato verso la fine.

2) ORIGINALITÀ: 2/5

La storia racconta di alcune consuetudini in un regno. La prima che ci viene presentata è folle, coerente con il tema fiabesco e legata alla nascita delle figlie femmine. La seconda, collegata alla prima e più centrale per importanza, vuole che la figlia senza marito vada in sposa al principe. Entrambe hanno poco o nessun senso logico, il che non è necessariamente un problema, visto che, da quel che ho capito, si parla di un tentativo di ricreare una sorta di fiaba. La storia presenta molti topic classici, come il matrimonio col principe o l'esagerazione, senza portare molto di innovativo. Anche la fuga finale della signorina Tringe era qualcosa di prevedibile, visto il suo comportamento.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 2/5

La scelta fatta in questo caso è stata quella di inventare una nuova usanza e fondare su questa una nuova società. A causa del realismo del tutto assente, da ricollegarsi allo stile scelto, è difficile per me dire se tale usanza sia o meno ben integrata al suo contesto. Infatti si scopre che tutte le figlie femmine preferiscono darsi alla fuga piuttosto che sposare il principe, il che lascia il principe senza moglie... e di conseguenza senza eredi. Sembra implicito dal testo che tutte le donne (o bambine, nel caso della signorina Tringe) abbiano scelto la stessa via, il che mi ha portato a chiedermi come diamine fosse nato il principe in primo luogo. La società su cui l'usanza è costruita è quindi folle, come l'usanza stessa (non si può pretendere che i geni seguano usanze, in realtà). Nel suo mondo è coerente, ma esula un po' dalla tematica prefissata. Una riflessione sulle consuetudini è presente verso la fine del racconto, ma non è ben sviluppata e non aggiunge molto. Insomma, l'usanza c'è, ma in modo forzato, non naturale. L'impressione è che sia presente solo perché necessaria alla traccia.

4) SVILUPPO: 1/5

Citavo prima la riflessione sulle consuetudini. In realtà non è l'unico problema a livello di sviluppo, in quanto la storia si perde in descrizioni-elenco ripetitive e non riesce così a sviluppare per intero le sue tematiche. La riflessione finale è emblematica di questo: forzata, costruita su un dialogo improbabile, con risposte assurde per il contesto. Inoltre avviene tutto troppo velocemente, e non solo il finale, ma l'intera storia. Questo senso di velocità è accentuato dallo stile e dalla presenza ridondante di troppi nomi (e non personaggi: i nomi citati delle persone, come le precedenti ragazze), che appesantiscono la lettura (semplicemente perché compaiono e scompaiono, e diventa difficile ricordarsi di tutti). L'unico personaggio con una caratterizzazione è la signorina Tringe, ma non conosciamo nessuna delle motivazioni che la spingono ad agire come fa. Anche la sua fuga finale sembra dettata non da una vera spinta interiore, ma dal dover dare una conclusione a una storia.

TOTALE: 8/20

- GRUPPO DOPPIA SPIRALE, Giudice Fuyu_ki:

"L'Albero delle Farfalle", di psychedelic09:

1) GRAMMATICA E STILE: 3,5/5

Lo stile nel complesso è buono, ma ho trovato una certa carenza nelle descrizioni ambientali. Il mondo in cui si muove il protagonista (a parte l'Ampolla, che è molto ben descritta) è fumoso, quasi inconsistente. Dai un nome agli edifici, ai luoghi, alle cose, ma il lettore non le vede quasi per nulla. In compenso la narrazione è davvero fluida, mai troppo pesante o lenta, e ogni azione del protagonista risulta chiara.
Per quel che riguarda la grammatica, l'unico errore effettivo l'ho riscontrato nei flashback, nei quali hai fatto un po' di confusione con la consecutio temporum. Specie all'inizio, ci parli di eventi avvenuti in passati diversi, utilizzando due tempi verbali distinti, sbagliando però a utilizzare trapassato prossimo e passato remoto. A mio avviso sarebbe invece corretto l'impiego di passato prossimo e trapassato prossimo; oppure, similmente, di passato remoto e trapassato remoto. Ho trovato qualche refuso qua e là, ma sono cose che sfuggono più o meno a tutti, e quindi non rilevanti in questa sezione.

2) ORIGINALITÀ: 4/5

Il racconto in sé è senza dubbio originale, sia nello sviluppo che nella costruzione della società. Il problema è la fumosità del contesto e i buchi di narrazione già accennati, che rendono il tutto meno affascinante. In ogni caso, buon lavoro.

3) COERENZA CON LA TEMATICA: 3/5

Nonostante le problematiche evidenziate precedentemente, il racconto rispetta la traccia assegnata, presentando una società dai costumi fuori dall'ordinario. Impossibile non soffermarsi a riflettere sulle conseguenze dell'applicazione della legge di non - appartenenza al nostro mondo. A mio avviso, però, potevi lavorare un po' meglio a livello narrativo, mostrando ad esempio delle scene di vita quotidiana prima dell'attacco, in modo che il lettore potesse comprendere (e vedere, soprattutto) le conseguenze sociali del nuovo sistema di leggi. Avrebbe giovato anche approfondire il funzionamento delle strutture monastiche che si occupano dei bambini e la struttura del governo, ma mi rendo conto che includere tutte queste informazioni in un racconto di poche migliaia di parole possa essere parecchio arduo.

4) SVILUPPO: 2,5/5

Parlare della trama di questa OS non è esattamente semplice, in quanto ci sono alcune cose che ho apprezzato molto e altre che proprio non sono riuscito a digerire. Ma andiamo con ordine, e partiamo dai lati positivi.
Anzitutto, la cosa che più mi ha colpito è stata la società che hai creato. Un'idea del genere, se ben sviluppata, potrebbe benissimo costituire una base per un racconto molto più lungo, se non addirittura un romanzo. Tra la legge di non appartenenza, il Sapere Generale e un mondo disastrato da un conflitto, gli spunti sono tanti, e anche abbastanza originali, devo dire.
Altro punto a favore è sicuramente l'impatto di alcune scene. La migliore è probabilmente quella in vengono descritti i momenti immediatamente successivi all'attacco, con adulti e bambini e ragazzi costretti a rintanarsi nello stesso bunker, tutti completamente ignari della loro reale identità e famiglia d'origine. È straniante pensare che ognuna di quelle persone possa essere un genitore e un figlio, e che la guerra rischi di portarsi via affetti che non hanno mai conosciuto.
Il finale mi ha intrigato, sia in positivo che in negativo. Si tratta di una conclusione molto intensa a livello emotivo, che lascia ampio spazio all'interpretazione del lettore. Il problema è che questo spazio risulta essere troppo ampio. Che cosa vuol dire? Riallacciamoci ai lati negativi e proviamo a chiarire meglio.
Più che di spazio, in effetti, sarebbe maggiormente corretto parlare di piccoli buchi nella trama. Le mezze informazioni date all'inizio del racconto incuriosiscono il lettore, spingendolo a farsi domande e a sperare di trovare qualche risposta andando avanti, ma questo non succede. Anzitutto, cos'è di preciso, l'Oltre? Un'altra dimensione? L'aldilà? Uno stato nemico? Qual è la ragione dell'attacco? Non viene mai chiarito. Lo stesso vale per i soldati. Potrebbero essere entità sovrannaturali come alieni come semplici guerrieri. Manca una spiegazione, un contesto. E, anche nel caso in cui la cosa sia intenzionale, comunque un minimo indizio andava inserito, perché altrimenti il racconto perde di fascino e il lettore arriva alla fine sentendosi spaesato. Dire che i militari "hanno varcato i confini più lontani di questa realtà", per me, non è sufficiente. Serviva qualche accenno in più. O una scelta delle parole differente. Inoltre, per l'intero racconto, non viene più fatto accenno all'asteroide. In che modo è collegato all'attacco? È una specie di arma? O piuttosto è un evento naturale che i nemici hanno sfruttato a loro vantaggio? Anche qui, non è chiaro.
Altre domande sorgono nel momento in cui ci si sofferma sul puro e semplice world building, in particolare sulla legge di non - appartenenza. Hai raccontato il modo in cui si è arrivati a una decisione tanto drastica, ma non ti sei soffermata a spiegarne i motivi. Per carità, leggendo si riesce a intuire che il villaggio faccia parte di uno stato totalitario in cui l'individualità viene sacrificata in nome di un qualche principio socio - politico, ma tale principio non viene mai illustrato.
Arriviamo all'Ampolla. Stando al racconto, questa esiste fin da prima della guerra, ma perché? È chiaro che serva come difesa, come una sorta di muro di confine, ma nel periodo precedente all'attacco dei militari dell'Oltre qual era il pericolo da cui tenersi al sicuro? E soprattutto, perché questa società vive isolata dalle altre? Ho cercato una soluzione a questi dilemmi andando avanti con la lettura, e l'unica risposta che sono riuscito a darmi è che il problema sia proprio il mondo esterno all'Ampolla. Risulta chiaro soprattutto dal finale che vi sia qualcosa di sovrannaturale là fuori, delle forze ostili ma anche delle forze positive. Leggendo dell'Albero delle Farfalle e di quello che accade al protagonista, ho pensato a una sorta di ponte con l'aldilà, ma la mia ipotesi è rimasta appesa assieme a tutte le altre. È palese che tu avessi un'idea ben precisa nella tua testa mentre scrivevi, ma questa idea non è arrivata a me come lettore perché non hai inserito abbastanza indizi e dettagli per guidarmi verso la pista giusta.
In conclusione, che dire, quindi? Sinceramente, mi sembra che tu abbia messo un po' troppa carne al fuoco, e questo ti ha inevitabilmente spinto a trascurare alcuni dettagli che hanno fatto perdere consistenza al racconto. Complice anche il limite di parole, che so bene quanto possa essere difficile da gestire. Peccato perché, come ti ho detto, le potenzialità c'erano, e anche tante.

TOTALE: 13/20

Orbene, la classifica della prima prova è la seguente:

1) NinaBlueStar: 20/20
2) Winterhascome7: 19/20
3) TheManiae: 17,5/20
4) Demetra_min: 17/20
5) Stardust-99: 15,5/20
6) Arcobalenocercasi: 14/20
7) Psychedelic09: 13/20
8) JohnMcDillan: 12/20
9) CaramellaLampone: 8/20

I tre eliminati della prima prova sono dunque:
psychedelic09
JohnMcDillan
Caramellalampone

Indipendentemente dai nostri giudizi, complimenti a tutti! Non era facile sviluppare una storia a partire da una traccia così complessa, quindi chapeau da tutti noi giudici.

Ci vediamo nei prossimi giorni con il capitolo successivo e la traccia della seconda prova!

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