Vivi per combattere
<<Vivi per combattere, quando combattere è tutto quello che hai>>
Il tizio che prendeva le iscrizioni per il match credeva di essere un monaco buddhista del Tibet asceso (o disceso) nel New Jersey per indicare il cammino ai poveri cristi ubriachi che bazzicavano quella parte deserta del molo. Non lo era, per niente, nonostante la pelata che si ritrovava in testa provasse ad assomigliare ad una "capigliatura", se così si poteva dire, da monaco buddhista.
<<Ce li hai i guantoni?>>
Tommy si portò d'istinto le mani sulle gambe, come se si aspettasse di trovare guantoni che appesi alla cintura gli scendevano sui jeans. Ma perché diavolo avrebbero dovuto esserci dei guantoni? Non aveva mai tirato di boxe, e d'altra parte si stava presentando ad uno scontro con i jeans... Non era tutto abbastanza palese?
<<Servono per forza?>>
<<Che cosa?>>
<<I guantoni>>
<<Se rivuoi le mani più o meno intere direi di sì, servono per forza>>
<<Posso combattere lo stesso, senza?>>
<<Fai come cazzo ti pare>>
Il monaco buddhista aveva decisamente bisogno di un ritiro spirituale per ritrovare il proprio karma, ma Tommy era abbastanza confuso sulle religioni tanto che non avrebbe saputo dire se il karma con il buddismo c'entrasse qualcosa. Ma in realtà il problema non si poneva, perché il tizio che pareva un monaco buddhista non era un monaco buddhista. Tommy aveva visto un film o due, e i monaci buddhisti erano sempre vestiti di arancione. Questo indossava un giubotto di pelle su una canotta lercia e aveva un tatuaggio sotto il mento, non esattamente quello che ci si sarebbe aspettati da un essere tutto spirito e altopiano del Tibet.
Il piano di Tommy era il più banale e ridicolo del mondo. Lui lo sapeva, ne era profondamente consapevole, ma non aveva piani alternativi, e c'era stata quella fantomatica goccia che aveva fatto traboccare l'altrettanto fantomatico vaso, per cui non gliene sarebbe importato niente al momento di finire ammazzato sotto i pugni di un maciste di periferia. I singhiozzi di Gina tra le mani, quei singulti isterici che l'avevano tradita allo stremo delle forze... Che cosa le aveva detto lui? <<Baby, va tutto bene>>
Tutto bene un cazzo. Non c'era una cosa che andava bene, e se Tommy in linea di massima era uno piuttosto onesto, con Gina non poteva semplicemente attenersi ad uno standard di onestà. Non le aveva mai mentito. Si conoscevano da una vita, si amavano da una vita, e lui non le aveva mai mentito. Sapeva di non essere un granché, come uomo, ma Gina lo amava perché nella sua mediocre pellaccia, Tommy era sincero. Era deciso ad essere sincero ancora per un bel po', perciò si vedeva costretto a mettere in pratica al più presto quel <<Baby, va tutto bene>>. Come? Beh, quel coglione del finto monaco buddhista ci aveva preso. Tommy avrebbe combattuto.
Filosoficamente, combattere era l'unica cosa che sapesse fare sul serio. Non era un pugile, e non era nemmeno mai stato un teppista (ricordarsi che al liceo suonava i piatti nella banda della scuola con un orribile cappello nero in testa), ma combattere gli sembrava qualcosa di più intuitivo, pensava che non gli sarebbero serviti affatto i muscoli (e continuava a sottovalutare l'importanza di avere dei guantoni).
Si accorse che le nocche sui suoi pugni serrati erano piuttosto esangui e secche, strascichi di una vita da scaricatore di porto (letteralmente). Ma si mise in fila lo stesso, ad aspettare la sua scarica di adrenalina, il suo momento di fottuta gloria, quello di altrettanta fottuta umiliazione, e poi quello che sarebbe stato. Se fosse sopravvissuto allo scontro, Gina lo avrebbe ucciso.
Sì, filosoficamente, Tommy sarebbe stato un campione. Avrebbero pure potuto affibiargli un nomignolo assassino di quelli che si affibiavano di solito ai wrestler, e quel nomignolo avrebbe potuto scalare le pagine dei quotidiani fino ad essere la prima testata del giornale della domenica mattina. Ma togliendo la filosofia, Tommy avrebbe preso tante di quelle botte da portarsi appresso i segni per parecchio tempo. Non essendo un filosofo, Tommy in effetti vedeva solo questo lato pratico della faccenda: tante botte. Beh, che ci provassero, quei maledetti figli di puttana, filosofia o non filosofia, buddismo o non buddismo, Tommy avrebbe risposto ai pugni con i pugni.
In nome di una guerra che non avrebbe mai vinto ma che avrebbe sempre dovuto combattere, Tommy fece lavorare bicipite e tricipite come non aveva mai fatto mentre scaricava conteiner, e sostituì le facce dei suoi avversari con quella di quello stronzo che al South BBQ aveva dato della puttana ad una donna che avrebbero dovuto fare santa, non nel senso religioso del termine, ma nel senso umano. Esisteva ancora un senso umano di qualcosa? Tommy se lo chiedeva, mentre sembrava che praticasse la boxe da anni. Non sapeva perché si chiedesse cose così idiote in un momento così critico, ma non riusciva a controllare i pensieri. Sentì giungerli ad una conclusione, quando un gancio sinistro lo colpì in piena faccia, e presumibilemente gli frantumò il naso.
Lo portarono fuori dal ring, lo buttarono su una sedia in un angolo, una sedia del cazzo che aveva una gamba storta. La pendenza e il sapore del sangue gli fecero venire la nausea quasi subito, ma qualcuno gli mise in mano un rotolo di banconote, e anche se la nausea non accennava ad andarsene, Tommy se la fece passare.
<<Oh cazzo>>
Non riusciva a credere che bastava farsi riempire di pugni come un sacco della spazzatura e farsi fracassare il setto nasale per tirare su quel gruzzolo.
<<La gente ha scommesso su di te>>
Tommy alzò lo sguardo. Aveva la vista annebbiata, oltre la nausea cominciava anche a sentire la testa che girava vorticosamente su se stessa, aveva le vertigini, ma distinse la sagoma di un uomo. Inizialmente pensò si trattasse del monaco buddhista, aveva una voce simile, ma poi mise a fuoco e si rese conto che questo, a differenza del monaco, aveva i capelli. Tanti, neri, ricci, una montagna.
<<Cristo, sembravi intenzionato a morirci sotto tutti quei pugni>>
Già, l'idea di base era più o meno quella, ma Tommy non disse niente, continuò a guardare l'uomo senza capire il punto, sempre ammesso che un punto ci fosse.
<<Paul Binky>>
Tommy si lasciò stringere la mano, perplesso, nauseato, sul punto di svenire.
<<Tommy>>
<<Tommy e basta?>>
<<Perché, vuoi qualcos'altro? Tommy. Sono cinque lettere, cazzo, potresti fartele bastare>>
Paul Binky sorrise. E Tommy seppe che quella era la fortuna che girava, ed era lei, la fortuna, a sorridergli dalla faccia di Paul.
<<Conosci la boxe, Tommy?>>
<<No>>
<<Ti interessa conoscerla?>>
<<Mi interessa un lavoro>>
<<Beh, fai abbastanza schifo sul ring, sai?>>
<<Ti ringrazio>>
<<Ma piaci alla gente>>
Tommy rise. Fu uno sbaglio, perché si ritrovò il sangue tra i denti e andò in iper ventilazione, ma quel Paul Binky era veramente un tipo esilarante.
<<No, io non piaccio alla gente>>
<<Vuoi combattere come professionista?>>
<<Non sono un professionista>>
<<Quand'eri lassù sembravi uno che vive per combattere>>
Ecco un filosofo, pensò Tommy. Un altro. Ma Paul Binky, a differenza del tipo che somigliava ad un monaco buddhista, aveva un'aria un tantino un po' più credibile, perciò Tommy si ritrovò ad annuire.
Paul Binky disse che sarebbe andato a cena a casa sua, e ci andò. E quando Gina rientrò dal turno al South BBQ fu sul punto di picchiare a sangue tutti e due, tanto che Paul pensò di inserire anche lei nel giro di boxe femminile. Tommy si oppose con decisone, non perché volesse avere l'esclusivo piacere di prendere botte per entrambi, ma perché era profondamente geloso delle mani di Gina, di quelle mani che durante gli anni gli avevano fatto tenere dritte le spalle, e che duramente le notti si posavano leggere sul suo addome, chiavi per svelare scrigni mai chiusi. Mani che poi, intrecciate nelle sue, svisceravano una preghiera che non c'entrava niente con la religione, niente con la speranza, niente con la fede. Le avrebbe tenute strette, quelle mani, la preghiera sarebbe ascesa come un grido.
Adesso Tommy lo sapeva, lo vedeva chiaramente. Quella preghiera era un salto nel buio, ed era tutto ciò a cui lui e Gina erano appesi. Somigliava al futuro, eppure era stranamente presente. Era un mistero. Somigliava ad una canzone. E aveva un ritornello noto.
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