ℍ𝕒𝕜𝕜𝕒𝕚 𝕊𝕙𝕚𝕓𝕒
𝓡𝓮𝓺𝓾𝓮𝓼𝓽𝓮𝓭 𝓫𝔂: Nonsonoquellapersona
𝙶𝚎𝚗𝚛𝚎: 𝚏𝚕𝚞𝚏𝚏
𝚆𝚊𝚛𝚗𝚒𝚗𝚐𝚜: 𝚏𝚕𝚞𝚏𝚏𝚢, 𝚏𝚎𝚖𝚊𝚕𝚎 𝚛𝚎𝚊𝚍𝚎𝚛, 𝚜𝚎𝚌𝚘𝚗𝚍 𝚙𝚘𝚟, 𝚌𝚞𝚛𝚜𝚒𝚗𝚐, 𝚎𝚜𝚝𝚊𝚋𝚕𝚒𝚜𝚑𝚎𝚍 𝚛𝚎𝚕𝚊𝚝𝚒𝚘𝚗𝚜𝚑𝚒𝚙.
𝘞𝘰𝘳𝘥𝘴 𝘤𝘰𝘶𝘯𝘵: 1.4k
- allora, penso che lo sappiano anche i sassi che è un ragazzo molto timido quando deve avere a che fare con il gentil sesso. ( 𝚌 𝚞 𝚝 𝚎 )
- per questo, penso che ci sia voluto un po' tra l'iniziare a prendere confidenza a parlarti, dichiararsi e poi essere più intimo con te.
(onestamente credo che vada bene anche così, ognuno ha i suoi tempi per fare determinate cose e ciò va rispettato. anche perché credo che velocizzare qualcosa - soprattutto una relazione - sia innanzitutto irrispettoso ma può far in modo che si creino delle situazioni spiacevoli per entrambe le parti
okay mi sono persa-)
- credo che hakkai sarebbe un supportive boyfriend, quello che fa un po' da "cheerleader" e ti fa da sostegno.
- (cavolo, ora mi viene in mente un hakkai in tenuta da cheerleader, non starebbe male- 💀)
- ti è grato per essere così paziente nei suoi confronti, soprattutto con un carattere timido come il suo.
꧁ • ꧂
La brezza leggera che caratterizzava maggio faceva sognare dell'ormai imminente estate.
Le strade di Tokyo come sempre erano affollate, indipendentemente dall'ora, il cielo era limpido.
Le finestre erano aperte, lasciando entrare il sole all'interno della stanza.
Si sentiva il fruscio delle foglie, accompagnato dalla musica e dalla matita sulla carta.
Era tutto così tranquillo che quasi sembrava surreale trovarsi lì.
Gli occhi del ragazzo continuarono a fissare la figura di fronte a lui, non volendo perdersi un attimo di quella scena.
Il modo in cui i suoi capelli si muovevano - delle volte delle ciocche le finivano davanti agli occhi, facendola sbuffare per il fastidio - e come li spostava dietro l'orecchio ogni volta.
Il luccichio nei suoi occhi concentrati su ciò che stava facendo, le lunghe ciglia che sembravano accentuarne il colore.
Delle volte l'aveva vista mordersi il labbro, quasi volendo attirare la sua attenzione e distrarlo, non si rendeva nemmeno conto dell'effetto che aveva su di lui.
Le sopracciglia corrugate quando una linea non veniva come voleva lei, non si era mai rifiutato di prenderla in giro su come le sarebbero venute le rughe continuando a tenere la fronte aggrottata.
La sua risata alle battute che improvvisava lo bloccava ogni volta, lo rendeva incapace di pensare e gli faceva desiderare di sentirla ancora e ancora.
Quando spostava il suo sguardo su di lui sentiva il cuore fermarsi, le guance scaldarsi e le mani tremare.
Lei gli sembrava surreale.
Come uno dei suoi disegni che si era ritrovato ad ammirare una volta conclusi.
Sembrava che riuscisse a intrappolare il tempo in quei tratti, così delicati e allo stesso tempo decisi.
Le persone creative lo avevano sempre affascinato.
Non a caso ammirava il suo amico ogni volta che creava dei nuovi vestiti, alcuni sembravano riuscire a cogliere l'anima delle persone a lui vicine.
Per Hakkai l'arte era sempre stata questa.
L'unica in grado di mostrare una persona per quello che era.
Tra quelle miriadi di maschere l'arte era la sola verità.
Era imprevedibile, senza regole, a volte senza senso, non dava spiegazioni e per questo solo in pochi riuscivano a capirla veramente.
Un po' come Mitsuya, e un po' come (Nome).
Ti guardò continuare il tuo lavoro, così diversa da com'eri di solito ma sempre la stessa persona di cui si era innamorato.
La mano muoversi con precisione su quel foglio, di tanto in tanto fermandola per controllarne il risultato.
Delle volte prendendo la gomma e cancellando, riprovando finché eri soddisfatta.
Riflettendoci anche, Hakkai sentiva anche una sorta di invidia nei tuoi confronti e quelli del suo migliore amico.
Non era mai stato bravo a esprimersi, l'unico momento in cui era forse in grado di farlo era quando faceva a botte, ma non gli era mai sembrato un qualcosa di cui vantarsi. (questo almeno con te)
Era grato che avesse te e i suoi amici, i soli capaci di andare oltre quell'atteggiamento schivo e timido e capire cosa volesse davvero intendere; ma ciò gli dava anche un immenso fastidio.
Voleva essere bravo come voi nel dire cosa provasse, cosa gli passasse per la testa.
Ma semplicemente non ci riusciva; quando era piccolo e gli capitavano momenti come quello, dava la colpa a Taiju, e forse era vero che l'aveva influenzato a tenersi tutto dentro, o forse non voleva riconoscergli che era troppo spaventato di affrontare i suoi stessi pensieri.
Sapeva bene che farlo era da codardi, che non avrebbe risolto nulla, ma preferiva rimanere nella sua bolla piuttosto che accettare la realtà. Una realtà in cui a nessuno importava di ciò che c'era nel suo piccolo mondo.
Perché doveva poi tenersi dentro i suoi pensieri, i suoi sentimenti, si chiedeva.
Nessuno sembrava voler tener conto di quelli altrui, ognuno pensava al proprio tornaconto.
Forse era per questo che anche si era ritrovato a picchiare quel bambino in quel parco, dentro di sé non aveva sentito nulla. Magari alla fine anche lui era come tutte quelle persone egoiste che aveva sempre guardato con disprezzo, come suo fratello.
E forse un'altra realtà che non voleva accettare era che tutto sarebbe stato sempre così.
Takashi era stato il primo a entrare nel suo piccolo mondo fatto di egoismo.
All'inizio l'aveva pure trovato strano, addirittura il suo completo opposto.
Sincero, altruista e per nulla egoista, sempre a pensare agli altri e sempre in grado di dire la sua. Sentiva che qualcosa si era rotto nel momento in cui l'aveva conosciuto.
Provava un misto di ammirazione e invidia quando ci pensava, tanto che da una parte desiderava di non averci nulla a che fare.
Ma quasi gli venne da ridere a pensare come più ci provasse, più Takashi entrasse a far parte di quel mondo che custodiva gelosamente.
Sentì il sorriso allargarsi al pensare a come poco dopo, molti altri entrarono a farci parte.
E quando pensò che non ci potesse essere niente di meglio, arrivò anche un nuovo sentimento. (il quale lo spaventò più di qualsiasi realtà che era stato costretto ad affrontare)
Non era affatto come gli era stato descritto.
Il suo cuore non aveva fatto le capriole; gli era sembrato che stesse per uscirgli dal petto, non aveva sentito le farfalle nello stomaco ma sentiva che gli si era capovolto su se stesso.
Non aveva i tremori per l'eccitazione di vederla, stava avendo delle convulsioni. (a detta dei suoi amici)
I palmi delle sue mani non stavano sudando, ma sembrava che avesse corso per chilometri.
Non aveva il fiato corto, non riusciva quasi a respirare.
Era davvero questo l'amore, pensò.
Un calcio nelle palle gli sembrava quasi più bello. (quasi)
Hakkai se doveva proprio essere sincero, non gli andava esattamente a genio questo sentimento e pensava che sarebbe anche stato meglio non provarlo.
Ma proprio come era successo quando era bambino, poi come quando era entrato a far parte della Toman, anche tu entrasti a far parte della sua vita.
Ci entrasti senza che potesse far nulla, all'improvviso.
La tua presenza irruppe nel suo mondo quando meno se ne accorse, così silenziosamente che riuscì a capire cos'era successo nel momento in cui non poté più fare a meno di stare in tua compagnia, di vedere il tuo sorriso e di sentire la tua voce.
Nel momento in cui sentiva la tua mancanza anche dopo che vi eravate appena salutati, o in cui anche un tuo solo sguardo lo bloccava o la tua risata gli migliorava le giornate.
Nei momenti in cui sapeva che qualunque cosa gli raccontassi l'avrebbe ascoltata lo stesso, e che avrebbe dato qualsiasi cosa per viverli ancora e ancora.
«Uh, mi stai ascoltando almeno, Hakkai?»
Si trovò una mano muoversi di fronte al viso, come a richiamarlo, i tuoi occhi che lo scrutavano preoccupati.
Si era imbambolato a pensarti, pensò.
Sapeva per certo che le sue guance fossero rosse per l'imbarazzo, si schiarì la voce evitando di incrociare il tuo sguardo, ci mancava che dicesse anche qualcosa di stupido, rifletté.
«Cosa c'è?» borbottò appena.
Quasi ti venne a ridere a vederlo così, ti sembrò di esser tornata agli inizi, quando ancora non riusciva a parlare guardandoti.
Le tue dita passarono sul quaderno che tenevi in grembo, cercando di non toccare le linee a matita che avevi tracciato e rovinare quindi il tuo lavoro.
«Ho finito, ora ti faccio vedere» annuì solamente, continuando a guardare tutto tranne che te, ridacchiasti e non perdesti tempo a farglielo notare, cosa che lo imbarazzò di più.
Portasti il quaderno appena di fronte al tuo viso, come a nasconderti, mentre aspettavi la sua risposta. Provavi sempre un senso di vergogna nel mostrare agli altri quello che disegnavi, soprattutto se questi erano qualcuno che conoscevi.
Ti sembrava che tutta la fatica spesa era stata fatta per nulla, e ciò che avevi fatto fosse mediocre.
Chiudesti gli occhi e ti mordesti il labbro, Hakkai ancora non aveva detto nulla e ciò ti preoccupava.
Fu un semplice mormorio ma riuscisti a sentirlo lo stesso.
«... è davvero bello»
Era un semplice ritratto di voi due, come modello avevi preso una foto che vi eravate fatti a uno dei vostri appuntamenti, i sorrisi che vi illuminavano il volto.
Abbassasti il quaderno e lo guardasti, le labbra curvate in un sorriso, ti sentisti il cuore mancare un battito a vederlo.
«Uh, cosa c'è? Perché mi fissi?» disse dopo un po'.
«Pensi di riuscire a star fermo in quella posa per tipo... un'ora?»
Hakkai si limitò a battere le palpebre, un'espressione di pura confusione sul viso.
«Fai sul serio?»
author's note:
ehiii, ancora grazie per il supporto e per continuare a leggere ciò che scrivo.
siamo a 8mila letture, non mi sembra vero!
grazie mille!
spero che continuerete a leggere questa raccolta e ancora grazie mille.
!!! ho una domanda, come fate a capire di avere una cotta per qualcuno?
ci sono dei segnali?
sono abbastanza sicura di essermi presa una cotta per un detenuto.
per favore aiutatemi 🥲
Ho anche iniziato l'università, ho preso lingue 🙃, tutt'altra cosa haha, devo anche dire che mi manca il liceo, lì riuscivi a conoscere i compagni. In classi dove ci sono anche duecento persone è un po' difficile, soprattutto se non sei di quella città.
Praticamente mi sveglio alle cinque, prendo il treno delle sei e finisco le lezioni all'una e mezza. Tuttavia, il mio treno arriva alle 15:55, quindi devo aspettare un bel po' per tornare a casa. (questo non considerando il fatto che salto le lezioni pomeridiane che mi vannp dalle 16:30 alle 18:30, questo orario è stato fatto con il cul-) I professori sono gentili e le lezioni interessanti ma i banchi e le sedie mi stanno uccidendo, sono troppo scomodi e non sai mai come metterti per prendere appunti stando comodo e nel frattempo senza praticamente avere la scoliosi.
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