6. Un patto per la coscienza
Come promesso, eccomi sopraggiunta con una nuova parte della storia per tenervi compagnia durante queste settimane di quarantena, spero vi piaccia. So che scrivo dei capitoli piuttosto lunghi, ma spezzettarli troppo rischierebbe di togliere intensità alle scene, quindi portate pazienza.
Ma ora basta con le chiacchiere, vi lascio alla lettura!
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Kisshu giaceva sul suo letto, lo sguardo vitreo puntato verso il soffitto senza, tuttavia, realmente vederlo. Rispetto a poche ore prima, quando aveva deciso di porre fine alla sua esistenza, il suo pensiero era ricaduto in una situazione di totale subbuglio.
Probabilmente perché, non avendo più alcun fine da perseguire, si limitava a vagare a vuoto, pulsando dolorosamente contro le pareti del suo cranio.
Prendere delle decisioni, per quanto sbagliate, lo faceva sentire meglio. Era la frustrazione nel non essere riuscito a perseguirle il problema reale.
Eppure ormai avrebbe dovuto esserci abituato.
Si passò una mano sul volto, coprendosi gli occhi, stanchi perfino di guardare il nulla.
Dal momento in cui aveva ripreso i sensi, non aveva fatto altro che tormentarsi con domande senza risposta. Perché Luana si era intromessa nella sua decisione? Perché rischiare la vita come un'idiota per lui, che odiava la propria esistenza e non vedeva l'ora di liberarsene?
Strinse i pugni, sovrastato da una sensazione di totale impotenza.
"Perché, nonostante tutto, non riesco a odiarla e me ne sto qui buono buono, quando potrei uscire da quella porta seduta stante e farle pagare il prezzo della propria ignoranza?"
La risposta, per quanto fastidiosa, affiorò subitaneamente nella sua coscienza: in fondo, lei era stata la prima persona a dimostrare preoccupazione riguardo la sua sorte, e questo non poteva ignorarlo. Inoltre, il suo sacrificio doveva avere ormai risvegliato l'antica legge che gravava sul suo popolo: ciò significava che ormai erano legati reciprocamente e, se solo avesse provato a farle del male, la sua coscienza non gliel'avrebbe perdonato, riducendolo in uno stato ancora più misero di quello in cui già si trovava.
Doveva ammettere, suo malgrado, di averla sottovalutata: durante i pochi mesi in cui avevano avuto modo di conoscersi, non l'aveva mai considerata nulla più di un'emanazione di Ichigo, una copia che possedeva i suoi stessi tratti e il suo stesso carattere, senza rendersi conto che, probabilmente, era stato lui stesso a sovrapporre le loro immagini, lasciandosi trascinare nel nostalgico ricordo della sua micetta.
Ma la Mew rosa non si sarebbe mai gettata a capofitto verso la morte vedendolo in pericolo, non avrebbe mai rischiato la pelle per i propri nemici.
Così come non aveva mai ricambiato i suoi baci, le sue attenzioni, i suoi gesti di affetto, nemmeno quando il sottoscritto si era trovato in punto di morte.
Digrignò i denti rabbiosamente, aggrappandosi alle lenzuola con tanta foga da strapparne la tessitura.
Per quanto cercasse di dimenticarla, ogni singolo istante che trascorreva in solitudine era disperso nell'inutile tentativo di contrastare lo smodato desiderio che ancora ardeva in lui come una maledizione senza fine.
Bastava anche soltanto che rimuginasse sul suo modo di parlare, di camminare, di combattere...
Tre colpi secchi alla porta lo risvegliarono dal suo stato catatonico, facendolo sobbalzare.
Immediatamente consapevole di quanto accadeva attorno a lui, voltò svogliatamente la testa verso la fonte del suono, senza tuttavia rispondere al visitatore.
Il suo pensiero corse subito a Pai: a giudicare dall'aria insoddisfatta con cui si era allontanato poco prima, doveva avere deciso di ritornare all'attacco appena se ne fosse presentata l'occasione.
Strinse le labbra, pronto ad accoglierlo con lo sguardo più gelido che i suoi occhi potessero assumere.
Invece, con suo sommo stupore, dopo pochi istanti, la porta si aprì lentamente, rivelando un paio di occhi color nocciola che lo osservarono attentamente, immersi nell'oscurità. -Ciao.
Kisshu si rese conto di avere passato le ultime due ore a tormentarsi per le condizioni della ragazza, solamente quando, vedendo il suo viso sottile privo di qualunque cicatrice, venne travolto da un'ondata di intenso sollievo. "Grazie al cielo è ancora viva." Notò che le sue guance, di solito rosee, avevano perso il loro consueto colore, tuttavia, nel complesso, sembrava stare bene.
-Posso entrare? -gli chiese lei, con voce timida, volgendo nervosamente lo sguardo verso le pareti della stanza, come se potessero infonderle il coraggio che le mancava.
Il suo istinto gli consigliò caldamente di negarle l'accesso: dopotutto si sentiva ancora troppo in collera con lei, o piuttosto con il mondo intero, per non rischiare di farle male. Tuttavia, l'espressione remissiva di quest'ultima, misto al suo bisogno di chiarimenti, lo indussero ad annuire lentamente.
La osservò con attenzione mentre, con insolita calma, incedeva verso il letto, sedendovi rigidamente. Non pareva in alcun modo spaventata dal suo comportamento, bensì tormentata in qualche modo, come se si vergognasse di se stessa.
Seguirono parecchi istanti di silenzio imbarazzato, che nessuno dei due sembrava ansioso di rompere.
L'alieno, dal canto suo, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, lasciando vagare lo sguardo sul suo corpo, ormai asciutto e muscoloso, e domandandosi come fosse stata possibile una guarigione tanto rapida e stupefacente. Ricordava con assoluta chiarezza le terribili bruciature che, fino a poche ore prima, le avevano deturpato il volto e la schiena e che ora sembravano svanite nel nulla. Qualunque essere umano sarebbe morto in pochi minuti.
Luana, notando il suo sguardo stralunato, abbozzò un sorriso teso -A quanto pare, mi sono ripresa più in fretta di quanto pensassi. -mormorò, come se gli avesse letto nel pensiero. -Perfino Pai stentava a credere ai suoi occhi quando ho ripreso conoscenza. Credo sia stato grazie ai miei geni felini, sai? Sono molto comodi in alcune circostanze... ma mi fanno sentire mostruosa.
Lui non si degnò di risponderle, anzi, udendo il nome di Pai parve rabbuiarsi ancora maggiormente. Non l'aveva certo lasciata entrare per avere notizie riguardo quella sottospecie di genio senza cuore. In realtà, non sapeva nemmeno lui il motivo per cui non l'aveva sbattuta fuori senza possibilità d'appello. Il fascino delle donne, indubbiamente.
A quel punto, la Mew nera assunse un'aria afflitta, tipica di chi ha visto il suo più grande sogno andare in frantumi, e congiunse le mani al petto, chinando il capo.
Kisshu temette che da un momento all'altro sarebbe scoppiata a piangere, e strinse i denti, imponendosi di restare immobile.
Tuttavia, quando ella riprese a parlare, il suo tono suonò deciso e schietto, lontano anni luce dalla fioca rassegnazione del pianto. -So che non vuoi parlare. E ti capisco. Fossi in te anche io sarei molto arrabbiata. Per questo non ti costringerò a dire nulla.
Sospirò profondamente, accarezzando il tessuto del copriletto con gesti lenti. -Poco fa, mi sono resa conto che l'ambiente in cui voi tre... intendo tu, Pai e Taruto, vivete è davvero freddo e privo di affetto. E mi dispiace che sia così. Soprattutto perché io ho sempre vissuto circondata dall'amore di mio padre, di mia madre e di tutti i miei parenti... mi è difficile capire il vostro stile di vita.
L'alieno chiuse gli occhi. Sapeva benissimo di come gli umani vivessero in condizioni agiate, ed era proprio per questo che aveva deciso di partire in missione sulla Terra. In realtà, sognava da sempre di potersi confondere tra loro e riprendere a vivere normalmente. Da piccolo aveva fantasticato a lungo, immaginando di nascondere le proprie orecchie appuntite, per poi accoppiarsi con una di loro e diventare a tutti gli effetti un abitante del pianeta.
Tuttavia, il corso della propria esistenza gli aveva insegnato che era meglio non abbandonarsi a certe fantasie, a meno che non si volesse restare amaramente delusi.
Corrugò la fronte, negando alla propria mente quei ricordi dolorosi e limitandosi ad ascoltare il ritmo e il tono di voce della sua interlocutrice. Sentire i discorsi senza impegnarsi ad ascoltarli riusciva sempre a rilassarlo.
-Non dovresti essere così severo con tuo fratello. Penso che lui, in fondo, ti voglia bene, per questo si è irritato non sentendoti parlare. Probabilmente, è il suo modo di esprimere preoccupazione. Inoltre, credo che per oggi abbia già ricevuto la sua razione di insulti da parte della sottoscritta.
Udendo quelle parole, Kisshu sobbalzò e per la prima volta dimostrò un'emozione diversa dalla totale apatia, voltandosi a guardarla, sbigottito. Aveva capito bene?Luana si era permessa di insultare Pai e lui non aveva reagito in alcun modo? Che cos'era quella ragazza e che speciali qualità possedeva per riuscire a soggiogarli tutti con le proprie parole?
-Comunque, -continuò lei, soddisfatta, ignorando volutamente la sua espressione attonita -ho saputo dai tuoi fratelli che sei stato tu ad afferrarmi e a teletrasportarci alla base. -fece una pausa, assumendo un'espressione solenne. -Ti ringr...
Da quel momento in poi tutto cambiò.
-Non ringraziarmi! -con uno scatto improvviso, quanto inaspettato, lui si trasse a sedere, afferrandola per la maglietta e coprendole violentemente la bocca con una mano -Non osare ringraziarmi.
Strinse gli occhi color dell'oro, cercando di trattenere l'immensa ondata di rabbia che l'aveva invaso. Avrebbe voluto ferirla, farle male, ma era consapevole di non potere toccare nemmeno con un dito il suo corpo magro, in quel momento debolmente adagiato contro il suo petto.
Eppure sarebbe bastato così poco... con un semplice schiocco delle dita avrebbe fatto apparire i tridenti, avrebbe goduto nell'affondare la lama appuntita sempre più in profondità nel collo della ragazza, assaporando il calore del sangue che sgorgava dal taglio. -Come puoi anche solo pensare di provare gratitudine nei miei confronti, dopo tutto quello che è successo a causa mia?! Il gesto che ho compiuto stamattina è stato puramente frutto del mio egoismo.
Le labbra della giovane tremarono contro le dita dell'alieno. Avvertiva le sue unghie dure e taglienti conficcate dolorosamente nella carne. Pienamente consapevole di non potere fare nulla per sfuggire a quella situazione, per la prima volta, capì di essere veramente in pericolo.
Stretta in quell'abbraccio indesiderato e privo di affetto, realizzò anche che da quella stanza nessuno avrebbe potuto udire le sue urla disperate o i suoi gemiti supplichevoli e, certamente, a nulla sarebbe valso il tentativo di fuggire. L'unica possibilità che le rimaneva, dunque, era tentare di distrarlo e placarlo con le parole, impresa tutt'altro che facile, dato che egli sembrava deciso a evitare di farle pronunciare nuovamente qualsiasi verbo.
Deglutì, tentando di non dare peso al senso di panico che le stava lentamente attanagliando le viscere, e concentrandosi maggiormente sui lati positivi della situazione: era quantomeno riuscita a farlo parlare. Poco importava se la loro discussione aveva avuto inizio con l'ennesimo putiferio. -Kisshu... io non sarei qui se tu non avessi... -mormorò a stento, la voce ovattata e tremante.
-Zitta! -ruggì quello, aumentando la presa su di lei e soffocando qualunque suono.
Luana si sentì mancare, mentre i propri polmoni reclamavano ossigeno.
Esausta, si abbandonò completamente sul corpo di lui, appoggiando un braccio contro la sua gamba, nel faticoso tentativo di sorreggersi.
Probabilmente fu proprio quel gesto inconsapevole a salvarla.
Kisshu, infatti, colto alla sprovvista dalla sua arrendevolezza, o forse dal contatto inaspettato, la lasciò andare di botto, spingendola senza molti complimenti lontano da sé. -Pensi che ti abbia salvato per pura bontà d'animo?!Se è così sei davvero un'illusa. Non capisci che razza di persona sono?! Ti ho aiutata solo perché non potevo sopportare che riuscissi a ucciderti, mentre io che ci avevo provato... -si interruppe, osservandola freddamente mentre ella tentava di riprendere fiato, il petto squassato dai colpi di tosse. -detesto la tua gentilezza.
Lei non reagì, rimanendo totalmente immobile e cercando di regolarizzare il respiro, per non cadere in uno stato di iperventilazione che avrebbe compromesso la sua capacità di pensiero. In fondo capiva la rabbia, il rancore e le motivazioni del compagno di squadra, anche se non potevano certo appartenere a un individuo del tutto sano di mente.
Una volta sicura di essere nuovamente in grado di respirare senza problemi e padrona delle proprie forze, sollevò il viso con decisione, piantando i suoi grandi occhi color cioccolato in quelli di lui.
Quel dannato alieno poteva essere anche più forte di lei, tuttavia, non gli avrebbe mai più permesso di trattarla nuovamente in quel modo.
-Basta. -lo stroncò, con voce ferma, posandogli una mano sulla spalla.
Aveva deciso di evitare di attaccarlo, pur sentendosi abbastanza irritata e umiliata da volerlo picchiare. Questo perché il proprio sesto senso le suggeriva che il ragazzo aveva bisogno di essere rassicurato. Destabilizzarlo ancora maggiormente con frasi violente non sarebbe servito a nulla. Per questo assunse l'espressione più tranquilla che le riuscì in quel momento. -Devi smetterla di auto commiserarti. Non mi interessa perché mi hai salvato. Lo hai fatto ed è questo che conta. Non posso non esserti grata.
Il giovane parve nuovamente spiazzato dal suo comportamento. -Sei stata tu la prima a salvarmi, non ti permetterò di scaricare il tuo gesto su di me. -la contraddisse, affrettandosi a distogliere lo sguardo.
Per quanto detestasse ammetterlo, trovarsi faccia a faccia con quella ragazzina gli procurava un certo imbarazzo. Forse perché era la prima volta che avvertiva un'autorità del genere provenire da una donna.
Si rese conto che lei non aveva paura di affrontarlo. I suoi erano occhi sicuri di sé, colmi di una consapevolezza umile, saggia; occhi che capivano, occhi quasi materni il cui effetto era incrementato dal tocco caldo della sua mano sulla spalla.
Lo facevano sentire dannatamente debole, sottomesso. E per quanto a lui la sensazione di sottomissione non piacesse, capiva che era diverso rispetto a quando era stato costretto a ricevere ordini da Deep Blue. Per questo non ebbe la forza di allontanare il suo tocco, e rimase immobile a fissare la trapunta bianca del letto, con il respiro leggermente affannoso a causa del precedente sfogo.
-Tu non vuoi ringraziarmi. -convenne, a quel punto, la Mew nera, in tono consolatorio e, al tempo stesso, addolorato. -L'ho capito subito dopo essermi ripresa. Gettandomi su di te sono andata contro la tua volontà... e, a dire il vero, non me ne dispiaccio. Ho pensato solo a me stessa mentre correvo per salvarti. -ammise -Anche io sono stata egoista. So di avere rovinato i tuoi piani.
Kisshu dopo un primo istante di sbigottimento, a quelle parole scoppiò in una risata sarcastica e priva di allegria, sollevando la testa di scatto e gelandola con un'espressione colma di risentimento. -Tu avresti pensato a te stessa?! Non farmi ridere. Non pensi mai a te stessa. -la accusò, come se si trattasse di un'azione deplorevole -Che cosa avresti guadagnato salvando uno che, fino a meno di un mese fa, stava meditando di ucciderti?
Luana si sentì improvvisamente invadere da un'ondata di stizza. Come era stupido quel ragazzo a crederla tanto innocente. La verità era che anche lei, a volte, non riusciva a pensare a nient'altro che ai propri interessi, spesso calpestando perfino i più deboli. Non riusciva proprio a rendersi conto di quanto fosse, in realtà, debole e soggetta allo stesso egoismo di tutti gli altri esseri umani? -Stupido! -lo guardò a sua volta in cagnesco, serrando i denti talmente forte che le proprie gengive protestarono di dolore.
L'aura di autorevole tranquillità che l'aveva circondata fino a quel momento scomparve, per lasciare posto a quella di una semplice ragazzina di quindici anni molto arrabbiata. -Non capisci proprio niente, allora! Ti ho salvato la vita per me stessa, perché mi sarebbe dispiaciuto se tu fossi morto!
Il suo grido si perse nell'aria finendo ben presto assorbito dal profondo silenzio che seguì quelle parole sincere, provocando un generale aumento della tensione.
-Perché? -si risolse, infine, a chiedere Kisshu, lo sguardo ancora più sorpreso, aggiustandosi il ciuffo di capelli verdi con un gesto nervoso. -Perché ti importa così tanto di me?
-Perché sei mio amico e per me l'amicizia è uno dei fondamenti più importanti di questo mondo. -affermò lei immediatamente, lo sguardo limpido e deciso. In quel momento, seppe che mai avrebbe potuto pronunciare una frase più vera: voleva davvero essergli amica, nonostante la partenza burrascosa. Avrebbe voluto stringere una profonda amicizia con tutti loro; loro che erano così diversi dagli abitanti della sua città, che facevano discorsi seri e non si abbandonavano intere giornate a pensieri oziosi e inconcludenti, che sembravano comprendere le sue esigenze meglio di quanto sapesse fare chiunque altro.
-Io sarei tuo amico? -ripeté quello, in tono canzonatorio, indicandosi come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie.
-Esattamente.
Sospirò, scuotendo lentamente la testa. -Quindi mi hai salvato solamente per amicizia. Voi umani siete proprio strani. -commentò, come se quell'affermazione potesse porre fine all'intera discussione.
La giovane si sentì piuttosto piccata da quel commento e abbandono la presa sulla sua spalla, incrociando le braccia. Era questo il modo di rispondere alla sua richiesta di pace, umile e sincera?! -Come sarebbe a dire solamente?! Siete voi alieni a essere strani se non conoscete nemmeno...
-Certo che la conosciamo, stupida! -ribattè l'alieno -Anche noi proviamo sentimenti, come tutti voi. Sono stufo di ripeterlo, sai?!
-Ho capito benissimo che provate dei sentimenti! Ma, a quanto pare, non li tenete granché in considerazione!
-Perché non dovremmo?!
Quella strinse i pugni, palesemente irritata. -Bene, allora diciamo pure che non vuoi essere mio amico. Oppure pensavi che mi fossi sacrificata per amore?
A quelle parole, lui scattò in piedi, il volto improvvisamente più roseo. -Ma sei letteralmente impazzita?! -ululò, rischiando di mettere fuori uso l'apparato uditivo della Mew nera. -Non ho mai pensato a un'ipotesi del genere!
-Sei un brutto bugiardo e ipocrita!
-E tu una pazza, isterica!
Un' improvvisa quiete avvolse quello scambio acceso di battute, spezzata solamente dai loro respiri affannosi che ancora cercavano battaglia, intrappolandosi tra loro. Seguendo il loro esempio anche gli sguardi dei due litiganti incrociarono la propria via, facendoli, per un istante, vergognare della loro discussione infantile.
Luana strinse le mani in grembo, sinceramente pentita. Sapeva che non avrebbe dovuto aggredirlo quando aveva dato segno di voler rifiutare la sua proposta; dopotutto si trattava di una scelta personale, nulla le dava il diritto di tiranneggiare su di lui costringendolo con la forza ad accettare le proprie condizioni.
Perciò quando sollevò il capo per pronunciare delle parole di scusa, si sorprese non poco di vedere Kisshu sorridere con tranquillità. Soprattutto perché quello non era uno dei suoi soliti sorrisetti beffardi: pareva sincero, come quello di una persona intenerita oppure completamente immersa nei ricordi del passato.
Il significato ambiguo di quelle labbra riuscì a riempirla di una nuova agitazione, incrementata dalla visione delle sue iridi dorate tiepide e addolcite.
Improvvisamente, il suo cuore iniziò a incespicare nei battiti e il suo respiro divenne affannoso. -Perché stai sorridendo? -esalò, fissandolo a occhi sbarrati.
Le labbra del ragazzo si tesero ancora maggiormente, incrementando il suo affanno. -Perché, per un istante soltanto, sei riuscita a ricordarmi Ichigo.
Egli non seppe spiegarsi perché aveva deciso di rispondere alla sua domanda, di parlarle del suo unico amore. Forse perché, nel profondo, sapeva di potere contare sulla sua comprensione.
-Ichigo? -il petto della giovane si bloccò improvvisamente, mentre l'imbarazzo lasciava il posto a una fredda compostezza. Per un attimo, si era illusa che quell'espressione dolce potesse essere rivolta a lei, ma avrebbe dovuto capire immediatamente l'errore: l'alieno non avrebbe mai potuto regalarle un sorriso tanto amorevole e remissivo, per il semplice fatto che la detestava con tutto il cuore. -Capisco. Litigavi spesso con lei in questo modo?
-Beh a volte capitava... anche se, per lo più, riuscivo solo a spaventarla. -l'espressione del giovane si intristì lievemente.
"Chissà mai perché..." pensò la Mew nera con acidità, senza, tuttavia, dare voce ai propri pensieri. -Tu sei innamorato di quella ragazza. -non era una domanda. Il dubbio non esisteva sul suo volto quando pronunciò quelle parole.
Il sorriso di Kisshu si tese in una smorfia di dolore. Era una persona così facile da interpretare? -patetico, vero? A volte provo commiserazione per me stesso...
-Non è patetico! -Luana scosse il capo, alzandosi in piedi e voltandogli le spalle. Non riusciva più a sopportare quello sguardo, così diverso dal solito. Le ricordava troppo il sogno fatto poche ore prima. -È solo triste... -mormorò, impercettibilmente, gli occhi umidi di lacrime.
Incredibilmente, l'alieno riuscì a udire le sue parole. -Perché è triste? -le domandò, scatenando nuovamente la sua irritazione.
-Non è triste il fatto che i tuoi sentimenti non siano ricambiati?! Non ti rende forse triste pensare al fatto che ti sei sacrificato per lei, senza ottenere null'altro che l'abbandono?! -ringhiò, incurvando le spalle come un animale pronto all'attacco.
Capì troppo tardi di aver commesso un errore madornale e si diede mentalmente della stupida. Che cosa le era saltato in mente di rivelare i particolari del proprio inconscio a colui che mai avrebbe dovuto sapere delle sue visioni? Perché ormai era certa del fatto che non si trattavano di semplici sogni, bensì di qualcosa di ben più pericoloso.
Quest'ultimo, infatti, s'irrigidì come se lo avessero colpito con una scarica elettrica. -Cosa? -proferì, la voce intrisa di panico. Nessuno a parte lui e Ichigo avrebbe dovuto, e potuto, anche solo lontanamente immaginare ciò che era accaduto nel palazzo sospeso: questo perché aveva giurato a se stesso che non ne avrebbe fatto parola con nessuno, preservando quell'ultimo momento, uno dei più preziosi della sua vita, dalla mente di tutti gli altri. Come poteva, dunque, una ragazzina, sopraggiunta quasi un anno dopo, esserne a conoscenza? Si trasse in piedi a sua volta, afferrandole il braccio e costringendola a voltarsi verso di lui. -Tu... come fai a sapere che...
-Calmati, Kisshu. Non me l'ha detto nessuno. -si affrettò ad anticipare la Mew nera, avvertendo le dita dell'alieno tremare a contatto con la propria pelle. Prese fiato, preparandosi a subire le conseguenze delle proprie azioni. Ormai la frittata era fatta, non le rimaneva altra scelta se non essere sincera con lui. -Ti racconterò tutto. Sediamoci, ti va?
Quello le rivolse un'occhiata ribelle e, per un istante doloroso e interminabile, la ragazza temette che non le avrebbe dato ascolto e sarebbe nuovamente esploso di rabbia.
Dopo qualche secondo, invece, vide i suoi occhi calmarsi, assumendo un'aria rassegnata.
-D'accordo. -Lo sentì sbottare, mentre con aria irritata si lanciava sul letto, prendendo posto accanto a lei.
Luana sospirò di sollievo, abbandonando la testa all'indietro e mettendo in evidenza l'incavo del collo sottile.
Kisshu, notando quel gesto, fu travolto da una sconvolgente, quanto inaspettata ondata di desiderio e, per qualche istante, faticò a mantenere la concentrazione sul pensiero di Ichigo e si lasciò inebriare dal suo profumo esotico, immaginando come sarebbe stato accarezzare quella pelle morbida e saggiarne la consistenza con le labbra.
-Che c'è?
Non appena si rese conto dei propri pensieri, scosse la testa, assumendo un atteggiamento freddo e distaccato. -Niente. Allora?! Come l'hai saputo?
-Ecco... per quanto ti possa sembrare assurdo... l'ho sognato, poco fa. -sussurrò la giovane, torturandosi nervosamente le mani. Voltò il capo verso di lui, attendendo una sua reazione: era pienamente consapevole del fatto che proprie parole sarebbero potute apparire totalmente assurde. In quel caso avrebbe continuato a insistere, finché non si fosse convinto della loro veridicità.
Il ragazzo, tuttavia, non fece commenti, limitandosi a fissarla profondamente con i suoi straordinari occhi color dell'oro, occhi che improvvisamente parvero inghiottirla come a volerle esplorare l'anima.
Per un folle attimo, la Mew alien temette di non riuscire più a liberarsi dal magnetismo delle sue perle nere, che quasi inconsciamente parevano desiderare incrociarsi con le proprie e si sentì perduta all'interno di pulsioni più grandi di lei. "Ignoralo! Hai cose più importanti su cui concentrarti in questo momento."
Con un enorme sforzo di volontà, riuscì a spostare l'attenzione sulle piastrelle grigie del pavimento, concentrandosi ad ammirare le linee di congiunzione che le univano. -Io... non so perché ho avuto questa visione. Ma ero in un palazzo strano, sospeso nei cieli di Tokyo. All'inizio, davanti a me vedevo solamente Ichigo e Deep Blue. -rabbrividì nel pronunciare quel nome -Poi sei arrivato tu e... -scosse la testa sovrastata dal terribile ricordo di quell'immagine -è stato orribile. Ti prego, dimmi che si trattava solo di un sogno! Che tutto ciò che ho visto non è successo davvero!
Kisshu, fino a quel momento totalmente assorbito dal racconto, riemerse dai propri pensieri, stupendosi nell'udire la voce dell'umana tremare di dolore e di una rabbia così vivida che avrebbe potuto incendiare una città intera. "È questa la forza di Luana? L'energia dei sentimenti?"
-Vorrei poterti dire ciò che mi chiedi. Ma sarebbe una bugia, perché quello che sostieni di avere sognato è accaduto davvero e ne porto ancora i segni. -sospirò, passandosi una mano sugli occhi e cercando di svuotare la mente dai ricordi, che erano tornati prepotentemente ad agitare il suo animo.
-Ma com'è possibile?! Nel sogno, Deep Blue ti ha trapassato con una spada enorme! Eri agonizzante! Sei morto davanti ai miei occhi! -strillò quella, la voce così acuta e intrisa di isterismo che di lì a poco avrebbero potuto percepirla solo i pipistrelli -Eppure adesso sei qui!
Si rifiutava di credere che un tale scempio fosse avvenuto veramente, che lui avesse dovuto patire così tanto dolore per colpa di un dittatore pazzo e assetato di potere. Cose del genere le aveva udite solamente nei racconti delle guerre avvenute in tempi passati. Possibile che, sotto il loro naso, si fosse scatenato uno scontro planetario di cui le autorità non erano nemmeno a conoscenza?
-Luana...
-Non capisco più niente! -gemette, nascondendosi il viso tra le mani. Il terrore si era letteralmente impadronito di lei, facendola tremare come una foglia -Se sei un fantasma, dimmelo! Almeno potrò incominciare a piangere!
A quelle parole, l'alieno la guardò con tanto d'occhi. -Un fantasma? -ripeté stolidamente. A quel punto, non riuscì più a trattenersi: si piegò in due e scoppiò in un violento attacco di ilarità, accasciandosi sul materasso.
La Mew nera, udendo quei suoni sconnessi, smise di premersi le mani sugli occhi -Che cosa c'è di tanto divertente?! Stiamo parlando della tua morte! -lo rimproverò, decisamente scandalizzata.
-Come... potrebbe un fantasma... tentare di suicidarsi, scusa?!
-Oh. -mormorò, improvvisamente colpita da quella semplice verità. -In effetti, non ci avevo pensato.
Lui rise ancora più forte, iniziando a battere un pugno sulla superficie morbida del letto.
Era da tanto tempo che non si permetteva il lusso del divertimento: mai e poi mai quando ancora abitava sul suo pianeta aveva provato l'impulso di liberarsi in modo così allegro. Scoprì che si trattava di una valvola di sfogo immensamente piacevole e rilassante.
Mentre tentava disperatamente di riprendere fiato, si ritrovò a pensare che, probabilmente, sarebbe valsa la pena di continuare a vivere in quel mondo, solo per riuscire a godere di altri momenti del genere.
Finalmente, quando ormai dovevano essere passati parecchi minuti, riuscì a rimettersi seduto. -Ehi, che cosa stai facendo lì, imbambolata, con gli occhi chiusi? -domandò alla propria compagna di squadra, che pareva essere precipitata in uno stato catatonico.
Udendo il suo richiamo, quella si riscosse, arrossendo violentemente. -Niente. -biascicò, affrettandosi ad abbassare lo sguardo -È che non capita spesso di sentirti ridere di cuore.
Sorrise tra sé e sé, lieta di essere stata il motivo scatenante della sua allegria. -Tornando al discorso di prima... -continuò, assumendo un'espressione seria. -Come sei riuscito a sopravvivere?
-Il sogno non te l'ha mostrato?
Scosse la testa. Probabilmente, quello era uno dei difetti delle visioni involontarie. Non ti mostravano mai tutto quello che volevi, come lo volevi; sarebbe stato troppo semplice.
-È stata l'acqua Mew. Lo stesso cristallo che stiamo cercando qui sul pianeta. -spiegò l'alieno, in tono piatto. Probabilmente, se per lui ci fosse stata la possibilità di scegliere, avrebbe rinunciato fin da subito a quell'assurda ricerca. -Inizialmente, Deep Blue ci aveva ordinato di cercarla per aumentare i propri poteri e conquistare il vostro mondo. Successivamente, invece, abbiamo utilizzato parte di essa per migliorare le nostre condizioni di vita. Tuttavia... -aggiunse, rabbuiandosi -quella che abbiamo accumulato non basta. Siamo stati costretti a tornare qui.
Dunque era quello il motivo per cui le loro strade si erano incrociate. Riflettendo sugli ultimi accadimenti, la Mew nera convenne che, se l'acqua cristallo fosse stata sufficiente a soddisfare il fabbisogno planetario, Pai non l'avrebbe mai tramutata in Mew Mew e lei avrebbe potuto continuare a vivere come un normale essere umano, felice e tranquilla.
Tuttavia, in quel caso le sarebbe risultato impossibile avvertire la forza dell'animale sopito in lei durante le trasformazioni, oppure la straordinaria sensazione di tranquillità che provava al termine di un allenamento. Kisshu, Pai e Taruto sarebbero stati solamente dei fantasmi senza consistenza. "Immagino che per loro doversi servire di me sia stata una disgrazia. Sarebbero stati molto più felici di tornarsene a casa senza voltarsi indietro" -È stata Ichigo a sconfiggere il nemico, alla fine? -Chiese, ponendo fine a quelle tristi riflessioni.
Udendo quella frase, il ragazzo abbassò il capo di scatto. -Sì. Ma solamente grazie al fatto che dentro al corpo di quel mostro si celava l'anima del suo fidanzato.
-Del suo fidanzato? -La Mew nera spalancò la bocca, incredula. Quindi la leader delle Mew Mew era impegnata con un umano. Ecco perché non aveva mai ricambiato i sentimenti dell'alieno.
-Esatto. -Confermò lui, e la giovane avvertì tanto veleno nel suo tono di voce che non si sarebbe sorpresa di vederlo sparire nel cuore della notte, pronto ad assassinare il proprio rivale.
Si sentì ancora più triste, pensando all'ingiustizia con cui il mondo, a volte, mescolava le proprie carte. L'alieno dagli occhi dorati si era innamorato di un'umana e quell'umana, oltre a essere la sua nemica per eccellenza, non era minimamente interessata a lui.
-Ma io sono sicuro che nel profondo mi ami. E continuerò a starle accanto finché non lo capirà.
-Credi davvero che sia così? -gli domandò, a quel punto, avvertendo nuovamente quella sensazione di gelida calma penetrarle l'animo. In cuor suo, riusciva a capire perfettamente che, in realtà, l'ostinazione del giovane era perfettamente inutile. Se davvero quella ragazzina le assomigliava, non avrebbe mai abbandonato il proprio amore per un altro. Perché Kisshu non riusciva ad arrendersi?
Si rese conto di avere stretto i pugni convulsamente solamente quando avvertì le proprie unghie ferirle il palmo della mano.
L'amico parve offendersi al suono di quelle parole. -Perché dici questo? -sibilò, innalzando nuovamente la corazza che di solito lo contraddistingueva.
-Perché ti ha lasciato morire senza fare nulla. -rispose lei, con calcolata tranquillità. -Perché non ha ricambiato il tuo bacio neanche quando...
In quel momento, vide la furia colorargli nuovamente gli occhi. Tuttavia, non se ne preoccupò. In fondo, era quello che veramente desiderava in quel momento. Il suo lato cattivo voleva ferirlo, fargli aprire gli occhi davanti alla realtà.
-Non l'ha fatto, perché era spaventata! -inveì Kisshu, resistendo, ancora una volta, alla tentazione di fare apparire i tridenti e puntarglieli alla gola. Non voleva sentirle finire la frase, non voleva udire le stesse parole che tutte le notti tormentavano i suoi pensieri. Lui era innamorato di Ichigo e non sarebbe riuscito a smettere di amarla nemmeno volendo.
-Non l'ha fatto, perché ad averti ferito è stato il suo fidanzato!
-Tu non c'eri! Non sai niente di come eravamo e...
-Non dire che non c'ero, Kisshu! Lo sai che ho visto tutto!
Calò nuovamente il silenzio. Un'assenza di suoni carica di astio, questa volta.
Possibile che ogni loro discorso dovesse terminare con sguardi irritati e grida stizzite?
Luana si alzò in piedi, le braccia rigidamente distese lungo i fianchi e le mani strette a pugno. Non sopportava più i suoi ragionamenti da amante sconsolato. -Possibile che tu sia così idiota da rifiutare di vedere ciò che è ovvio?! A lei non interessi! Le sei indifferente, altrimenti perché ti avrebbe lasciato... -non fece in tempo a terminare la frase che lui la afferrò per i polsi, avvicinando pericolosamente il proprio viso alle sue labbra.
-Non lo so! -sputò tra i denti. -Ma forse tu puoi indovinarlo. Tu, che ti comporti esattamente come lei, tu, che le somigli così tanto. -Il suo tono di voce si fece suadente, sussurrato a un millimetro dalla bocca di lei, mentre tentava di interpretare i suoi pensieri.
Ciò che non avrebbe mai potuto interpretare fu la reazione della ragazza, che, con uno scatto improvviso, lo colpì al petto con tutte le proprie forze, facendolo cadere lungo disteso contro il pavimento freddo.
-Ehi, ma che diavolo...?! -biascicò, colto alla sprovvista.
-Stammi lontano! -lo aggredì lei, indietreggiando verso la porta. -Anche se fosse come dici tu, anche se io fossi simile a lei, non cambierebbe nulla! Non potrò mai indovinare le sue motivazioni.
Lo osservò mentre si sollevava da terra massaggiandosi la schiena. Capì di avere esagerato, ma avvertire il suo respiro così vicino al proprio collo e capire che quel desiderio momentaneo era stato solamente frutto di una falsa immagine che l'alieno si era creato, le aveva suscitato un'improvvisa voglia di fuggire. Prese un gran respiro, intimando alla propria mente di ritrovare la calma. -Io non potrò e non vorrò mai sostituirla, non potrò mai colmare il vuoto che ha lasciato dentro di te. Per il semplice fatto che non sono lei. -si lasciò scivolare lungo il muro, abbandonandosi a sedere contro il freddo pavimento. Quel contatto gelido le restituì lentamente le energie mentali disperse durante l'accesa discussione, facendola sentire meglio. -Anche se tu ora ti sforzi di sovrapporre le nostre immagini, ben presto ti renderai conto che è inutile. -mormorò, cingendosi le ginocchia con le braccia e poggiandovi sopra la fronte liscia. -Vorrei che ci fosse lei al mio posto, ma temo che ti dovrai accontentare di me.
-Penso che lei non avrebbe saputo aiutarci come stai facendo tu. -lo udì ribattere, in un tono che ella reputò sincero.
-Chi può dirlo. -commentò, in tono meditativo, sorridendogli con gratitudine. Aveva perfettamente intuito il suo tentativo di consolarla e ciò gli faceva onore, dato che pochi istanti prima erano stati impegnati in un'accesa discussione.
-Pai ti ha parlato del sigillo? -Kisshu cambiò repentinamente argomento, incrociando le gambe e iniziando a volteggiare per la stanza in modo del tutto simile ad un indiano in meditazione.
-Si, mi ha spiegato tutto.
-E?
-Beh, non mi sembra di avere scelta a riguardo. -Luana abbandonò la testa contro la parete, osservando il soffitto, tanto bianco da fare male agli occhi. -Continuerò a proteggerti e porterò fede al patto.
-Quindi non esiste alcun modo per spezzare...
-No, mi dispiace per te.
L'alieno alzò gli occhi al cielo, fulminandola con uno sguardo irritato. -Non sono io quello per cui dovresti dispiacerti. Hai appena scoperto di dovermi difendere per l'eternità a costo della tua stessa vita! Come diavolo fai a essere così tranquilla?
-Beh, l'ho accettato. -rispose quella, con semplicità, tentando di non badare ai soliti scatti d'ira del compagno di squadra. -Che senso avrebbe accanirsi su particolari che non possiamo cambiare? È anche per questo che ti ho chiesto di diventare mio amico. Migliorare la nostra relazione potrebbe essere utile.
-Spesso non riesco a seguirti. Fai dei ragionamenti degni di Pai. -si lamentò lui, massaggiandosi le tempie.
-Lo stesso vale per Ichigo. Perché accanirti su di lei, quando puoi migliorare i tuoi rapporti con persone più vicine?
Sul suo volto si dipinse un'espressione di astuta malizia. -Ti riferisci a te?
-No! -si affrettò a smentire la ragazza, scuotendo violentemente il capo -Ormai ho capito che è una causa persa. Mi riferisco alle tue relazioni in generale.
Il giovane fece spallucce, come a voler dire che non gliene importava molto degli altri. In effetti, la mentalità che regnava sovrana sul suo pianeta era, per citare un famoso detto umano, "Chi fa da se, fa per tre". Infatti, capitava raramente di incontrare due persone legate da un sigillo, tanto che, per molti anni, aveva creduto si trattasse di una semplice leggenda. Ipotesi smentita da ciò che era accaduto quella mattina.
-Kisshu...
Il tono della giovane lo allarmò, facendogli perdere il filo dei propri pensieri. Sembrava quello di una persona che aveva appena avuto un lampo di genio, ma era terrorizzata alla sola idea che il suo pensiero potesse avere fondamento. -Che succede? -domandò, avvicinandosi cautamente.
Quella lo guardò con gli occhi sgranati e lo afferrò per la veste. -Kisshu, tu stesso mi hai confermato di esserti sacrificato per Ichigo. Ma allora il patto dovrebbe essere valido anche per voi due!
Kisshu avvertì la propria tensione scemare come un gruppo di rondini migratorie. Lentamente, si allungò verso di lei e le diede un buffetto sulla guancia, rivolgendole uno sguardo triste e malinconico. -Purtroppo no. A quest'ora sarebbe già mia, se così fosse stato.
-Tua? -Luana rimase colpita da quelle parole amare e, ancora una volta, le sembrò di avvertire il peso delle proprie scelte incatenarla al suolo con strette di metallo. Si morse le labbra. Questo, tradotto per la loro situazione, significava che, anche volendo, l'alieno non sarebbe più stato in grado di odiarla, almeno non ancora per molto: la forza del sigillo glielo avrebbe impedito. -Perché non è successo anche quella volta?
-Prima di tutto, perché non ho protetto un'aliena ma un essere umano. Secondo, perché non mi sono direttamente frapposto tra lei e l'oggetto della sua morte, ma ho agito con più prudenza.
-Quindi non è così facile scatenare la protezione...
-Non lo è proprio per niente. È questo che mi fa incazzare. -ringhiò lui, picchiando un pugno contro il muro, a un millimetro dalla guancia della ragazza, che sobbalzò, spaventata. -Tu, in un solo istante, sei riuscita, non si sa come, a racchiudere tutti gli elementi necessari a scatenare questa sottospecie di auto-condanna!
Lei ridacchiò nervosamente, torturandosi con insistenza una ciocca di capelli ricci. -Mi dispiace... ma era l'unica cosa che avrei potuto fare. Mi sono accorta troppo tardi del fatto che eri circondato.
Improvvisamente, un rumore squillante proveniente dal suo polso destro interruppe la loro conversazione. La ragazza sollevò il braccio, stizzita, gettando un'occhiata all'orologio argentato, che aveva l'abitudine di portare sempre con sé, e impallidì. -Oddio. Sono le sei del pomeriggio! Tra poco mia madre chiamerà per sapere che cosa sto facendo! -Scattò in piedi, prendendo a girare in tondo per la stanza. -Vedi ancora qualche ferita sul mio corpo?!
Lui sollevò un sopracciglio, decisamente sconcertato dal cambio d'atteggiamento della ragazzina. Notò che sembrava affetta da disturbi da personalità multipla e gli venne da ridere al solo pensiero. -No, non mi pare.
-Bene, menomale. Allora, se non ti dispiace, me ne vado! -borbottò quella, prendendo ad armeggiare rapidamente con la spilla del teletrasporto. -Vai a parlare con Pai appena puoi. Sono sicuro che sarà contento.
-Ehi, aspetta... Luna!
Sentendosi chiamare con il proprio nomignolo, si bloccò nell'atto di premere il pulsante a destra del monile, rimanendo con un dito comicamente puntato verso il basso. -S-si? Che c'è?
-Penso che tu abbia ragione. Ormai è inutile piangere sul latte versato. Ma...
Ingollò l'aria, sentendosi improvvisamente a disagio. -Ma?
Kisshu le si avvicinò, lo sguardo serio e concentrato puntato sul suo volto.
La ragazza, per la prima volta, sentì che la stava guardando veramente e che i suoi occhi non erano persi nel passato, come accadeva di solito. Istintivamente, arretrò di un passo, sentendosi stranamente intimorita.
-Accetterò che tu mi protegga solamente se anche tu accetterai la mia protezione.
-La tua protezione?
Il ragazzo annuì con decisione. -Solamente rischiando a mia volta la vita per proteggerti, mi sentirei in pace con me stesso.
-I-io non so se... -tentennò Luana, arrossendo di botto. Aveva capito bene?Lui voleva proteggerla a costo della sua stessa vita, solamente per pulire la propria coscienza?!
-Voglio il tuo accordo. Altrimenti, niente amicizia. -sentenziò l'alieno, strizzandole l'occhio con fare complice.
-Mi stai ricattando?!
-Sto cercando di rendere più leggero il tuo compito. Se accetterai, ci proteggeremo a vicenda come una squadra e la mia coscienza non ne risentirà. -spiegò, poggiandole una mano sul capo e scompigliandole i capelli. -Avanti, accetta! Che cosa hai da perdere?
La Mew nera aggrotto le sopracciglia, confusa. In effetti, l'idea di Kisshu avrebbe potuto rivelarsi fruttuosa... ma se fosse stato solo un motivo in più per rischiare l'osso del collo? In fondo, lui desiderava morire. -D'accordo. -acconsentì, infine, incrociando le braccia al petto -Ma potrai intervenire solamente in situazioni di emergenza, ok?
Quello sorrise, beffardo, assumendo un'aria compiaciuta. -Perfetto, Luna. -cantilenò, per poi premere la spilla della ragazza, la quale, colta alla sprovvista, si ritrovò improvvisamente inginocchiata sul proprio letto a fissare il vuoto di fronte a sé.
Il telefono stava già squillando vivacemente sul comodino. Ricordandosi improvvisamente della madre, si affrettò a premere il tasto di risposta, domandandosi, intanto, come avrebbe potuto sopravvivere con l'amico alieno sempre appiccicato per l'eternità.
-Ciao, mamma!
-Ciao, hai impiegato molto tempo per rispondere. Mi stavo preoccupando.
Maledicendo se stessa per non avere fatto caso al tempo che passava, tentò di rassicurare il genitore. -Ero in bagno. Chiami sempre mentre sto facendo la doccia.
-Ti sento stanca, tutto a posto?
-Certo, sto benissimo! Ho solo usato troppo il cervello stamattina, a scuola. -rise, sentendosi disgustata dall'enorme quantità di bugie che, come sempre, era costretta a raccontare. -Tu, tutto a posto?
-Il lavoro è pesante. Ma tra due ore sarò a casa. Stasera non preparare cena. Riposati pure un po', hai la voce molto strana.
-Ti ripeto che sto bene! Grazie... anche io ti voglio bene.
Riagganciò il telefono con un gesto secco, pregando che la madre non sospettasse nulla. Dopotutto, come avrebbe potuto?Fino a pochi mesi fa era stata una figlia modello, spesso chiusa in casa e per nulla interessata alle uscite notturne in discoteca.
"Mentre ora mi ritrovo a combattere contro il mio stesso pianeta e a dover trascorrere la maggior parte delle mie giornate con tre alieni psicopatici." Pensò con ironia, abbandonandosi sul proprio letto e stringendo il morbido cuscino tra le braccia.
L'ultimo pensiero che sfiorò la sua coscienza, prima di abbandonarsi alla pace del sonno, fu che era contenta che Kisshu avesse ripreso a parlare.
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