13. Alleanze e cambiamenti - Parte 1

Ichigo chiuse, con un sonoro schiocco, il tomo di storia inglese che aveva tentato, inutilmente, di decifrare da quella mattina e si stiracchiò all'indietro, le spalle contratte a causa della troppa immobilità.
Alcune persone sedute ai tavoli della biblioteca, probabilmente disturbati da quel rumore improvviso, si voltarono a guardarla, lanciandole sguardi di riprovazione.

Rendendosi conto di essere osservata in malo modo, la ragazza sbuffò, infastidita.
Dannazione, nelle biblioteche inglesi non era nemmeno concesso chiudere i volumi con un minimo di decisione, che subito gli avvoltoi assetati di conoscenza ti saltavano al collo!

Aveva trascorso le ultime cinque ore senza dire una parola e sforzandosi perfino di respirare piano, ma questo era troppo! Non ne poteva davvero più, al diavolo la letteratura inglese, al diavolo la sua carriera di studentessa e al diavolo quei dannati libri puzzolenti!

Era chiaro che studiare per così tante ore in completa solitudine non era esattamente indicato per una persona chiacchierona e rumorosa come lei: ormai si sentiva sull'orlo di una crisi di nervi, un altro istante di silenzio forzato e sarebbe letteralmente uscita di senno.

Senza attendere oltre, si alzò di scatto dalla sedia, rischiando di rovesciarla, e iniziò a raccogliere le proprie cose alla velocità della luce, scaraventandole di malagrazia all'interno della borsa.
In quell'istante il cellulare le vibrò in tasca, facendola sobbalzare.

"Dev'essere Masaya!" pensò, mentre un barlume di ottimismo rischiarava la sua cupa giornata e un sorriso incerto le compariva sulle labbra.

Sorriso che scomparve quasi subito, non appena lesse il contenuto del messaggio e apprese, con costernazione, che il suo fidanzato aveva nuovamente deciso di disertare la loro cenetta insieme, a causa di impegni universitari.

"Impegni universitari un cavolo!" Per un allettante istante, fu tentata di rispondergli qualcosa di sgarbato e possibilmente velenoso, tuttavia, all'ultimo secondo si trattenne.
Dopotutto, nemmeno lui si stava divertendo.

Era proprio quello il problema: Masaya sembrava non volersi affatto divertire. Da quando era entrato a far parte dell'università di Cambridge, con parecchi anni di anticipo, si era gettato anima e corpo nello studio, chiudendo fuori dalla porta il resto del mondo, lei compresa.

Sospirò, amareggiata, chiudendo il cellulare con violenza e scagliando anch' esso nella borsa, come se le disgrazie che le erano capitate fossero tutta colpa sua.
Ignorando le furtive occhiate dei presenti, che parevano proprio averla scelta come oggetto di svago temporaneo, si diresse a passo deciso verso l'uscita della biblioteca, come un soldato in procinto di marciare in territorio nemico.

Una volta libera da quelle mura così anguste e soffocanti, si concesse un istante di sollievo, prima di sistemarsi meglio la borsa sulla spalla e dirigersi verso la propria abitazione, sapendo che l'avrebbe trovata vuota e, ironia della sorte, immersa nel silenzio.

Le sfuggì un altro amaro sospiro: la solitudine la stava uccidendo.

Quando aveva accettato di seguire Masaya in Inghilterra, non avrebbe potuto certo immaginare che sarebbe andata a finire così. Si era illusa che avrebbero trascorso buona parte delle serate insieme, per poi cenare a lume di candela e concludere la serata in bellezza con un po' di coccole a letto.

Okay, forse lei aveva fantasticato troppo con la mente, e riusciva a comprendere, in parte, il desiderio del fidanzato di dare il massimo per non deludere i genitori adottivi, ma questo era troppo!

La Mew neko non poteva fare a meno di chiedersi se in realtà non ci fosse dell'altro, dietro a questa sua improvvisa mania per lo studio, se non fosse semplicemente un pretesto per dimenticare i fantasmi del passato, gli stessi che tormentavano lei, per chiuderli fuori a forza dalla mente una volta per tutte.

Non che ci stesse riuscendo molto bene, peraltro. A dirla tutta, nessuno dei due era stato in grado di dimenticare. A volte, si svegliavano entrambi nel cuore della notte, madidi di sudore e terrorizzati dai ricordi, ricordi di battaglie sanguinose, ricordi istintivi e remoti che non potevano essere guariti dalla presenza dell'altro, perché l'altro, paradossalmente, incarnava la ragione stessa del terrore.

Così, durante quei mesi, il loro rapporto aveva inevitabilmente finito con il raffreddarsi, per quanto entrambi avessero tentato in tutti i modi di comunicare e risolvere il problema.

Non c'era stato nulla da fare: quella sottile paura, quel senso di malessere che Ichigo provava ogni volta che si soffermava più del dovuto sugli occhi color marrone scuro del proprio ragazzo, non ne voleva sapere di abbandonarla.

Si rendeva perfettamente conto di quanto fosse stupido, da parte sua, lasciarsi condizionare in quel modo da un trauma avvenuto ormai parecchi mesi prima, ma non poteva farne a meno. Aveva una paura folle di vedere i dolci occhi di Masaya tramutarsi, ancora una volta, in quelli crudeli e azzurro intenso di Deep Blue.

Ryou l'avrebbe sicuramente definito un semplice effetto da stress post traumatico... e probabilmente avrebbe avuto ragione. Ma conoscere la fonte e il nome del problema non la stava aiutando comunque a risolverlo.

Si ritrovò a sospirare per l'ennesima volta, mentre percorreva a passo rapido il parco della biblioteca, diretta verso Silver street e verso il piccolo appartamento nel quale abitava da sei mesi a questa parte. Ormai, aveva esplorato tanto spesso quelle strette vie da non dovere nemmeno più soffermarsi a pensare alla strada più breve per raggiungere la propria destinazione, perché ormai i suoi piedi imboccavano istintivamente il percorso più corretto.

Aveva appena appoggiato la mano sulla maniglia del portone d'ingresso, quando un lungo brivido d'avvertimento le riverberò lungo la schiena, seguito dalla sgradevole sensazione di essere osservata. Tutti e cinque i suoi sensi tornarono all'improvviso a farsi acuti come quelli di un vero e proprio felino, permettendole di avvertire ogni più piccolo cambiamento nella zona circostante.

Si voltò di scatto, i nervi a fior di pelle. - Chi c'è? - domandò al vuoto, tentando di mantenere la voce ferma e decisa. Dannazione, proprio oggi che aveva lasciato la spilla nel cassetto del comodino doveva capitarle una cosa del genere!

Rimase immobile per alcuni istanti ad ascoltare il sibilo del vento, finché quella allarmante sensazione di pericolo non iniziò a scemare lentamente. Solo allora si decise a voltarsi e a percorrere di filata le due rampe di scale che la separavano dal suo appartamento.
Giunta sul pianerottolo girò la chiave nella toppa in fretta e furia e si precipitò all'interno, il fiato corto a causa della paura e dell'adrenalina.

Era da tanti mesi, precisamente da quando aveva definitivamente deciso di smettere di essere una Mew Mew, che non si sentiva così agitata, e doveva ammettere che quella sensazione, la sensazione di dover far fronte a un pericolo imminente, in un certo senso le era mancata.

Quando finalmente riuscì a riprendere fiato, si staccò dalla porta e si guardò attorno con circospezione, notando con sollievo che ogni oggetto presente nell'appartamento era rimasto al suo posto: almeno nessuno aveva rubato niente... era già qualcosa.

Anche la percezione di disagio provata poco prima era definitivamente scomparsa, ma, in un impeto di coraggio, Ichigo decise che comunque sarebbe stato meglio recuperare la spilla dal cassetto del comodino, per essere pronta a ogni evenienza. "Forse trascorrere tutto quel tempo in biblioteca, in mezzo a studenti ostili mi ha resa paranoica..." convenne saggiamente, decisa a smettere di pensare allo studio per un po', magari schiacciando un pisolino davanti alla sua soap-opera preferita.

Non appena mise piede nella propria camera matrimoniale, tuttavia, capì suo malgrado di non avere immaginato nulla, e di essersi appena cacciata in terribili, grossi, enormi guai.

Perché sdraiato sul suo letto, a rigirarsi pigramente la sua spilla per la trasformazione tra le dita con un sorriso sornione stampato in volto, c'era Kisshu Ikisatashi.

*****************

Nel frattempo, l'ondata di prepotente maltempo che sembrava avere invaso tutta l'Italia continuava a imperversare, coprendo gli alberi e i tetti delle case di un etereo manto bianco.
Il silenzio e la calma che regnavano per le strade avrebbero potuto tranquillamente far pensare a un paesaggio alieno e surreale, soprattutto considerando che, solitamente, a quell'ora di sera molte persone si ritrovavano a rientrare dal lavoro o da una giornata di sfrenate compere natalizie.

Invece, quel giorno, ogni vicolo era insolitamente deserto, compresa la via dove era situata l'abitazione di Luana, nella quale la neve fresca non era stata neppure intaccata dalle impronte di un passante casuale.

Un distratto osservatore sarebbe senza dubbio rimasto affascinato dalla profonda e improvvisa calma di quei luoghi, e magari si sarebbe perfino soffermato a scattare una fotografia per ritrarre quel paesaggio inalterato e quasi fiabesco, ma per Pai Ikisatashi, nascosto strategicamente tra le fronde di un pino, che svettava maestoso proprio di fronte all'abitazione della Mew alien, quegli istanti di opprimente silenzio non lasciavano presagire nulla di positivo: lui, semplicemente, li considerava come una sorta di quiete prima della tempesta.

Perché se quella gelida via, a un primo sguardo distratto, poteva sembrare deserta, in realtà non lo era affatto. L'alieno era in grado di avvertire distintamente la presenza di almeno cinque paia di occhi non umani che scandagliavano i dintorni, alla ricerca della stessa preda. Una preda che, a quanto pareva, ancora non aveva deciso di mostrarsi.

Appiattendosi maggiormente contro il tronco gelido dell'albero, si calò sul capo il cappuccio del mantello color marrone scuro che, con prudenza, aveva deciso di indossare allo scopo di celare la propria identità ai suoi simili, nel caso in cui, malauguratamente, avesse dovuto combattere contro di loro.

Era stata un'idea brillante di Luana, in verità, la quale, forse per far fronte al senso di colpa provato nel vederlo recarsi da solo a combattere un'orda di nemici assetati di sangue, forse spinta dal desiderio di rendersi utile, aveva immediatamente preso le redini della situazione, aiutandolo a mettere a punto un piano d'azione efficace.

Gettò un' ultima occhiata al foglietto di carta stropicciata che la ragazza gli aveva porto appena prima che si smaterializzasse, sul quale, scritte con una grafia frettolosa ma ordinata, vi erano le seguenti istruzioni:

"I miei genitori di solito rientrano insieme in macchina dal lavoro alle 20 e 30,

*la macchina di mio padre è una Ford Focus nera, con appeso sul cruscotto un enorme girasole giallo.

*Sono gli unici a rientrare così tardi la sera, quindi non dovresti avere difficoltà a vederli.

*Quasi sempre sbucano dal lato nord della via, quindi se vuoi intercettarli ti conviene spostarti in quella direzione.

PS: Non dimenticare di coprirti la faccia e di non usare le tue solite armi di combattimento! Buona fortuna! ;)"

Pai si ritrovò, ancora una volta, a fissare accigliato quell'insolito biglietto, in particolare gli ultimi due simboli che la giovane aveva vergato e che, nonostante tutti i suoi sforzi, non era ancora riuscito a decifrare.

In quell'istante, un improvviso rumore metallico lo costrinse ad abbandonare sul nascere il suo tentativo di decrittografia. Scattò immediatamente sul chi va là, ansioso di intercettare la fonte di quel suono così insolito che aveva inaspettatamente spezzato la quiete serale: mancavano ancora più di quaranta minuti all'ora del rientro dei genitori della Mew alien. Era alquanto improbabile che avessero deciso di tornare a casa con così largo anticipo.
A meno che non fossero stati costretti ad allontanarsi dal proprio posto di lavoro a causa del maltempo, il che era invece molto probabile, e denotava anche una certa dose di sfortuna da parte sua.

Umettandosi le labbra intirizzite dal freddo, rimase perfettamente immobile a osservare la strada innevata che si dipanava sotto al suo rifugio, finché quest'ultima non tornò a essere irrealmente silenziosa.

Quando fu più che certo del fatto che si fosse trattato solamente di un falso allarme, rilassò i muscoli, decidendo di seguire il consiglio della sua compagna di squadra e di teletrasportarsi per precauzione all'imbocco nord della via.

Riapparve pochi secondi dopo sul balcone di una delle graziose villette, la cui facciata dava proprio sulla direzione da lui desiderata.

Dovette ammettere suo malgrado che, ancora una volta, Luana aveva sorprendentemente visto giusto: si trattava sul serio della zona ideale per controllare i dintorni senza, tuttavia, essere notato.
In quel modo, inoltre, sarebbe stato più protetto dagli sguardi indiscreti dei propri nemici che, peraltro, non avrebbero potuto certo intuire da quale direzione la macchina del fuggitivo sarebbe sbucata.

Prestando attenzione a non intaccare la neve fresca con le proprie impronte, Pai stava per sdraiarsi a pancia a terra in un punto riparato della terrazza, quando l'ombra di una macchina nera apparve in lontananza, avvicinandosi rapidamente al suo nascondiglio.

Imprecò tra i denti, maledicendo quella maledetta nebbia e quella ancor più maledetta neve, che possedeva la brutta caratteristica di ovattare tutti i suoni e gli aveva impedito di rendersi conto dell'arrivo della sua preda fino a quel momento.

Si mise immediatamente a frugare nelle tasche del proprio mantello, consapevole di doverli assolutamente fermare prima che raggiungessero la loro abitazione.

Tuttavia, per una volta, la fortuna fu dalla sua e il suo intervento non si rivelò necessario, perché la macchina si fermò di propria spontanea volontà dopo pochi istanti, frenando silenziosamente sul terreno innevato.
Pai udì distintamente il rumore del motore che si spegneva, e si appiattì contro il muro, attendendo pazientemente che uno dei proprietari aprisse la portiera.

Contro ogni aspettativa, invece, l'autovettura rimase piantata nel bel mezzo della via, immobile e silenziosa, le porte tenacemente sigillate.

Strinse gli occhi, decisamente indispettito dalla cosa: quel mezzo doveva appartenere senza alcun dubbio ai genitori della propria compagna di squadra, ed era oltremodo sospetto che essi avessero deciso di fermarsi, senza alcun motivo apparente, in mezzo alla strada, rifiutandosi peraltro di scendere.

Che si fossero resi conto della sua presenza? Oppure erano già stati catturati, e quel comportamento insolito significava che dietro a tutto questo si celava lo zampino degli abitanti del suo pianeta?

Aguzzò lo sguardo, tentando di verificare se effettivamente nell'abitacolo fossero presenti delle persone, ma stando bene attento a non scoprirsi troppo.
Gli sfuggì un'imprecazione a mezza voce, non appena si rese conto che nessuno era seduto sul sedile del guidatore e che la vettura stessa pareva essere completamente vuota.

"Sono arrivato troppo tardi?" pensò, decidendo per una volta di abbandonare ogni cautela, e cercare di capire meglio che cosa diavolo fosse accaduto. D'altronde, non gli rimanevano molte altre alternative.

Ebbe a malapena il tempo di atterrare e di scrutare all'interno dei vetri scuri, che qualcosa di freddo e tagliente gli si posò sulla nuca, costringendolo a pietrificarsi nell'atto di aprire le portiere.

-Cerchi qualcuno? -sibilò una voce, altrettanto gelida e minacciosa, alle sue spalle.

Pai riuscì a intravedere, attraverso la carrozzeria lucida dell'auto, il riflesso distorto del volto di un individuo pallido, dai capelli neri e corti e gli occhi grigio fumo. Non pareva presentasse tratti particolarmente alieni, dato che anche le lunghe orecchie che contraddistinguevano la loro specie erano assenti, tuttavia, ciò non significava che non fosse un nemico.

Inspirò lentamente, constatando che, sebbene la situazione fosse volta improvvisamente a suo svantaggio, non sarebbe stato di alcuna utilità perdere la calma, e apprestandosi a valutare tutte le possibilità che quella situazione gli offriva.

La persona che aveva parlato doveva essere con ogni probabilità uno di loro, dato il modo fulmineo in cui si era mosso. Tuttavia, la mancanza di orecchie a punta, così come il fatto che quando aveva parlato non fosse riuscito a riconoscere la sua voce, gli dava una minima speranza che egli non fosse uno dei cinque guerrieri appostati nella via adiacente, ma colui che stava cercando. Soprattutto perché intorno a quest'ultimo aleggiava un persistente e indiscutibile odore di essere umano.

-Se sei Alain Bellamy, e confido nel fatto che tu lo sia, ti interesserà sapere che ci sono altri cinque guerrieri che ti stanno dando la caccia e che sono qui con un motivo alquanto più bellicoso del mio, quindi ti conviene abbassare la voce ed evitare spargimenti di sangue. -rispose, infine, in tono simile a quello usato da un maestro impegnato a redarguire un allievo troppo rumoroso.

Per tutta risposta, l'altro premette maggiormente la lama contro la sua nuca, immobilizzandolo con uno scatto repentino contro il cofano della macchina. -So già quanti siete e sono più che pronto a combattere contro tutti voi. Quindi ti conviene darmi in fretta una spiegazione del perché sui tuoi vestiti c'è l'odore di mia figlia, o ti ritroverai senza testa nel giro di dieci secondi.

Pai, nonostante tutto, a quelle parole avvertì un sorrisetto divertito affiorargli alle labbra: ora capiva da chi Luana avesse ereditato il suo caratteraccio. -Probabilmente ti risulterà impossibile da credere, ma non sono un nemico. Sono qui per conto di tua figlia.

Un silenzio attonito accolse quelle lapidarie parole, seguite da una risposta altrettanto fredda. -Ti diverte così tanto prendermi in giro? Mia figlia non sa niente della mia vera natura, e tanto meno ha avuto mai niente a che fare con quelli della mia razza. È convinta di essere un normale essere umano, non potrebbe mai allearsi con te.

-Sai, è davvero buffo quanto voi due siate simili. -il sorriso sghembo presente sul volto di Pai si allargò. -Tu le hai tenuto nascosto un segreto importantissimo riguardante la tua natura, ma quello che non sai è che anche lei ha fatto lo stesso con te. Luana Bellamy lavora al mio fianco da più di sei mesi, durante i quali ha scoperto anche la sua discendenza.

La lama premuta contro il suo collo prese a vibrare leggermente e ciò gli diede l'implicita conferma che le sue parole calcolate, in qualche modo, avessero fatto presa.

-Non so chi tu sia. -sbottò Alain, una volta ripreso il controllo delle proprie emozioni -Ma le tue menzogne mi stanno facendo veramente incazzare, quindi ti conviene smetterla e dirmi dove si trova mia figlia. Immediatamente!

-Tua figlia si trova al sicuro, insieme a un altro mio compagno di squadra. -ribatté Pai, tutt'altro che turbato dalle parole dell'uomo -Non le abbiamo torto un capello. E posso provarlo. -aggiunse poi, avvertendo l'arma premere più a fondo nella sua carne, fino quasi a lacerarla.

-E come potresti provarlo?

-Frugami nelle tasche. -iniziava a sentirsi spazientito da quel confronto inconcludente, tanto più che ogni secondo buttato al vento aumentava esponenzialmente le probabilità che i veri nemici li scoprissero e decidessero di attaccarli.

Fortunatamente, anche Alain pareva essere pienamente cosciente riguardo la sua precaria situazione, perché si affrettò a ubbidirgli, estraendo di malagrazia il biglietto che Luana aveva scritto di suo pugno quel pomeriggio.

-Leggilo -lo esortò Pai, impaziente di dimostrare la sua innocenza e di potersene andare da quel luogo potenzialmente pericoloso. -e prova a dirmi se senti l'odore della paura o del panico sulla carta.

L'altro eseguì in silenzio, senza tuttavia smettere di tenerlo rigidamente immobilizzato contro la propria autovettura.

In qualche modo, dovette rendersi immediatamente conto dell'effettiva autenticità del messaggio, perché trascorsero a malapena una manciata di secondi prima che Pai avvertisse il contatto con il gelido oggetto metallico, probabilmente un coltello, venire meno. Si sgranchì con cautela i muscoli indolenziti, stupito dal fatto che quest'ultimo avesse creduto in maniera tanto rapida alla sua testimonianza: quasi sicuramente, a ruoli invertiti, non sarebbe bastata una semplice prova olfattiva a convincerlo. Evidentemente, tutti quegli anni trascorsi sul pianeta Terra dovevano avere indotto Alain a dimenticare quanto i suoi concittadini potessero essere subdoli. -Posso sapere che cosa ti ha convinto a lasciarmi andare?

Quest'ultimo, rilevando il suo sguardo colmo di malcelato scetticismo, contro ogni previsione gli sorrise furbescamente, porgendogli il foglietto stropicciato a mo' di spiegazione. -Solitamente non mi fiderei mai dei biglietti consegnati da uno di voi... ma devo riconoscere che lo smile alla fine del messaggio non può essere stato scritto da nessun altro che da Luana.

-Lo smile? E cosa sarebbe?

-Ecco, appunto. -Il fuggitivo scosse bonariamente la testa, indicandogli gli ultimi due simboli presenti nel messaggio, quelli che l'alieno dagli occhi viola non era stato in grado di decifrare. -Lo smile è l'equivalente di una faccina: serve a esprimere gli stati d'animo ed è utilizzato dagli esseri umani come sostituto delle espressioni facciali. In questo caso, significa che ti sta facendo l'occhiolino. Quelli come noi, o meglio, come te, non riescono a capire che cosa significhi perché non è una cosa che si studi sul nostro pianeta. Per questo sono sicuro che sia stata lei a scriverti queste istruzioni. -spiegò, con cipiglio fiero, come complimentandosi con se stesso per aver generato una figlia tanto intelligente.

Pai, dal canto suo, era altrettanto convinto del fatto che la ragazza avesse aggiunto quella faccina per motivi che avevano ben poco a che vedere con l'esito della sua missione, ma si ritrovò comunque a ringraziarla intimamente: se non fosse stato per lei, Alain, da buon discendente alieno, probabilmente non avrebbe esitato nemmeno un secondo a tagliargli la gola. Gli alieni, di solito estranei a ogni tipo di emozione estrema, sapevano diventare estremamente protettivi quando a essere minacciata era la sicurezza della propria famiglia.

-Quindi presumo che tu sia davvero Alain Bellamy. -concluse, catalogando con un lungo sguardo ogni particolare dell'uomo in piedi di fronte a lui. Era abbastanza alto e imponente per essere un alieno e la sua pelle era di una sospetta tonalità rosata, ma quei cambiamenti potevano anche essere stati causati dalla sua prolungata permanenza sul pianeta Terra. Per il resto, ogni altra parte del corpo, dall'ovale affilato del viso, al mento appuntito, agli occhi allungati fino ad assumere una forma quasi felina, lasciava intuire le sue origini tutt'altro che umane. Senza contare i capelli neri con riflessi blu e la sua somiglianza accennata, ma indiscutibile, con la Mew alien.

L'unico particolare che stonava nell'insieme erano le orecchie perfettamente rotonde. -Come mai non hai più le orecchie a punta?

Alain fece per rispondere, ma in quel momento un grido terrorizzato, appartenente a una voce femminile, lo interruppe, impedendogli di continuare. Si voltò di scatto, il viso improvvisamente pallido come quello di un vero e proprio alieno. -Accidenti, le avevo detto di rimanere nascosta! -imprecò, lanciandosi senza alcuna cautela verso la fonte del rumore.

-Che diavolo!-Pai si affrettò a seguirlo, riuscendo a riacciuffarlo e a trattenerlo appena prima che imboccasse la via piena di nemici, rischiando di farsi vedere e di mandare all'aria tutta l'operazione. -Aspetta! Non puoi essere così idiota da limitarti a piombare in mezzo a un gruppo di guerrieri che vogliono la tua testa.

-Per mia moglie farei questo e altro, ragazzo. -rispose quello, appiattendosi, tuttavia, contro il muro e limitandosi a gettare un'occhiata furtiva verso il centro della via. Quello che vide ebbe la capacità di ghiacciargli il sangue nelle vene. -Ti interesserà sapere che i guerrieri in questione non sono cinque, bensì una dozzina, e che in questo momento mia moglie si trova esattamente in mezzo a loro.

-Cosa? -l'alieno dagli occhi viola impallidì a sua volta -Come possono essere così tanti? -esalò, esterrefatto, scuotendo la testa.

-Evidentemente sono una preda molto ambita. E anche piuttosto pericolosa.

-Quanto pericolosa?

Sul viso di Alain si dipinse un'espressione di divertita ferocia -Sono un generale di alto lignaggio. Se volessi potrei annientarli tutti con un paio di colpi... tuttavia, dato che in questo caso c'è la vita di mia moglie in palio, non posso certo scatenare tutta la mia forza! Dobbiamo creare un diversivo e fare in modo che si sposti dal mio raggio d'azione.

Pai si sporse leggermente dal muro del palazzo per controllare con i propri occhi se la situazione fosse realmente così disperata e constatò, con sommo sgomento, che il fuggitivo aveva detto la verità: un folto gruppo di alieni si stava chiudendo a cerchio attorno alla figura minuta di una donna dai lunghi e arruffati capelli castano rossiccio, che nonostante l'inferiorità numerica pareva restia a lasciarsi catturare, e continuava a mulinare un oggetto simile a una mazza per tenerli a distanza, ovviamente senza troppo successo. -D'accordo, allora provvederò io a creare un diversivo.

-E come? Siamo solo in due!

-Ho i mei piani. -si limitò a mormorare estraendo dalla tasca la solita sfera trasparente che utilizzava per comunicare con i propri compagni. "Spero che Kisshu abbia concluso le sue trattative con Mew Ichigo"

Solitamente non avrebbe mai fatto affidamento su di lui per concludere una missione così delicata, ma vista la situazione tutt'altro che favorevole e la necessità di creare un efficace diversivo, non gli rimaneva molta scelta. Interpellare la Mew alien era assolutamente fuori discussione e Taruto non poteva allontanarsi dalla base perché costretto a tenerla d'occhio, quindi l'alieno dagli occhi dorati, purtroppo, costituiva l'unica spiaggia a cui rivolgersi, per quanto rischiosa.

Aggrottò le sopracciglia, sfiorando delicatamente la superficie trasparente dell'oggetto con un dito affusolato e ritrovandosi a pregare che il fratello non fosse troppo impegnato per rispondere alla sua chiamata.


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Con un giorno di anticipo rispetto alla tabella di marcia, eccomi qui ad aggiornare! Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Cosa ne pensate di Alain Bellamy?
Secondo voi Kisshu risponderà alla chiamata di Pai, o sarà troppo impegnato ad amoreggiare con Ichigo?

Fatemi sapere le vostre opinioni e impressioni, sapete che ci tengo molto.
Ringrazio ancora una volta tutte le persone che hanno letto, votato e commentato. Siete davvero fantastici! Ogni giorno, con i vostri commenti e il vostro supporto, mi date la motivazione necessaria per continuare a scrivere! Spero vivamente di non deludervi.

Ci vediamo tra una decina di giorni con la seconda parte!

PS: sì, il tizio sull'immagine di copertina dovrebbe essere Alain. So che probabilmente è un po' troppo giovane, ma ho fatto davvero fatica a trovare disegni di 40enni che rispecchiassero l'immagine che avevo di lui. Che ne pensate?

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