Capitolo Primo
Dovrei essere felice, è l'ultimo giorno di scuola. Dopo anni e anni passati sui banchi, ora solo un esame mi separa dalla libertà e dalla possibilità di scappare da questo posto.
Eppure non sono così felice, a dire il vero non lo sono mai quando mi devo alzare dal letto per raggiungere la scuola. Passo le mani sugli occhi, ripercorrendo i fatti accaduti negli ultimi giorni.
Una pallina piena di saliva mi colpisce in pieno viso, risata generale. Volto lo sguardo verso i miei compagni di classe, con sdegno. Un altro colpo. Perfetto sul mio zigomo. Mi scherniscono.
Mi alzo e raggiungo il bagno, non c'è nessuno in casa come al solito. I miei genitori lavorano insieme e spesso stanno fuori anche per giorni, soprattutto da quando sono diventata maggiorenne. Non c'erano neanche quel giorno.
Penso e spero che per oggi abbiamo finito, non possono andare oltre a questo vero?
Me ne vado quando la campanella suona, accompagnata Mary, Giulia e Luca. Prendiamo strade diverse, una volta raggiunta la fermata dell'autobus. Decido di prendermi un attimo per me, per chiudermi nei pensieri e passeggio lontano dal centro. Un piccolo sentiero si incespica tra gli arbusti appena inizio a salire verso la strada che conduce ad un altro paese. Purtroppo non solo la sola che conosce questo posto sperduto, spesso e volentieri usato dai ragazzini per andare a fumare. Ho sperato di non trovare nessuno, invece eccoli lì . Mattia e Nicola si avvicinano con fare mascolino e mi afferrano per il colletto. Mi stappano via lo zaino e lo rovesciano, facendo cadere il mio faldone degli appunti che mi porto sempre appresso. Stolti, credono che io usi solo quello per studiare? Mi sono illusa che vogliano solo i miei appunti, invece, presi dall'euforia, mi iniziano a sferrare pugni e calci.
Non posso far altro che rannicchiarmi e cercare di proteggermi il viso.
Soddisfatti se ne vanno, dopo qualche minuto.
Controllo allo specchio i segni che mi porto sul viso e sul corpo. Una rapida doccia e un po' di acqua ossigenata mi rinfrescano, mi vesto in modo ordinario e raggiungo la fermata dell'autobus. Non posso ancora utilizzare la macchina, nonostante io sia perfettamente in grado si guidare, manca solo quel pezzo di plastica chiamato patente per farlo.
Ignoro il fatto che pur entrando in un luogo affollato come una pasticceria di mattina, nessuno sembri notare nulla. Posso fare colazione tranquillamente, dato che arrivo qualche minuto in anticipo.
La situazione cambia drasticamente a scuola; vi sono sguardi sorpresi, diti che indicano, risatine sotto voce. È quasi finita, ripeto a me stessa, per convincermi che è solo un altro ostacolo da affrontare. Anche se mi sento profondamente umiliata e demolita interiormente, come persona.
All'ingresso una sensazione di profonda angoscia si impossessa di me. Tutt'attorno, solo pesanti nuvole nere, nessuno schiamazzo, nessun alunno indaffarato nei suoi doveri, solo il tetro suono dei miei piedi. Le estremità del mio corpo scattano involontariamente, quasi a volersi mettere sull'attenti.
Il suono della campanella.
Sono rimasta immobile solo per qualche secondo, eppure mi è sembrato un lasso di tempo decisamente più significante . Un chiacchiericcio generale giunge di seguito al mio senso dell'udito, rimasto ovattato durante quell'avvenimento così strano. Tantissimi studenti, valutando che siamo circa un migliaio in tutta la scuola, si riversano nel corridoio principale, per poi raggiungere le varie classi. Stringo la giacchetta di pelle sulle spalle, cercando di nascondermi nel colletto, decisamente imbarazzata dai segni sul mio viso. Una volta in classe, prendo posto e annoto di questa sensazione su un quaderno che porto sempre con me, usandolo come una specie di diario. Questo mi viene strappato da sotto il naso da Daniel,così facendo la penna lascia un segno per tutto il foglio.
« Oggi ho avuto una sensazione strana prima di entrare a scuola, ho visto ... » smette di leggere appena nota che la cosa non è così divertente come pensava, lasciandolo poi cadere sul mio banco, con un sorriso spezzante « Oh, la secchiona si sente insicura, di cosa bambolina? ».
Sto per alzarmi, sbattendo i palmi sul banco, ma una mano mi si posa sulla spalla ed accanto a me c'è Luca. Con un semplice gesto fa allontanare Daniel, per poi accomodarsi accanto a me.
« Come ti senti? »
« Gonfia » accenno con lieve sorriso.
La lezione inizia con l' appello, dopo che il professore ha preso posto alla cattedra.
Le ore passano scandite dal consueto trillo, che un po' ti coglie alla sprovvista e ti fa sobbalzare. L'intervallo è per me un momento che gestisco sempre con una certa ansia, per regolamento dobbiamo rimane in classe, al massimo sull'uscio della porta. I loro sguardi puntano verso di me con fare superiore, quando discutono con il resto del gruppetto. Matteo, la spalla di Nicola, ride copiosamente durante il racconto di Mattia e dando delle pacche sulle spalle all'amico. Sofia e Sharon siedono rispettivamente in braccio ai due "grandi uomini", con le gambe accavallate e fare civettuolo. Anche oggi è assente Paolo, noto cultore dell'impiccare, persino l'ultimo giorno. Poco distante si differenzia un altro gruppo, seduti sui banchi a chiacchierare tranquillamente. Il punto focale è Filippo, che in questo momento sta pulendo gli occhiali in un panno nero. Pendono dalle sue labbra come se fosse una specie di "guru" . Giulia stravede per uno di loro, David, lo guarda da lontano sospirando di tanto in tanto. Vi è, inoltre, un omonimo del mio amico, ciò che li differenzia oltre l'aspetto è il carattere stesso, uno leggermente cupo e tenebroso, l'altro una mina vagante di allegria. Mary si intromette prontamente, quando il momento le sembra propizio, per parlare con Roberto di una passione in comune, i videogiochi. Stefano sbadiglia, catturando l'attenzione di tutti e provocando una risata generale. Persino Michele si apre in un sorriso, mantenendo comunque la sua compostezza. Ciò provoca in Alice un lieve rossore sulle gote, offuscandosi tra gli innumerevoli riccioli biondi. Adele, Ariana e Aurelia sono in trio inseparabile, nonostante l'ultima sia fidanzata con Mett, arrivato nella classe solo quest'anno a causa della bocciatura. Lontano da tutti, immerso nel suo mondo, c'è Fabio, perennemente con il naso attaccato al cellulare. Intanto dalla porta entra Andrew, semplicemente il leccaculo dei professori, con la ventiquattrore di quello di inglese e la posa sulla cattedra. Volto lo sguardo verso Luca, trovando il suo mezzo sorriso rivolto verso di me, che ricambio facendo spallucce. Chiudo gli occhi e lascio ciondolare la testa all'indietro dalla sedia scomoda di legno.
Sento il mio respiro bloccarsi. Quasi come se qualcuno mi avesse preso per il collo. Spalanco gli occhi, cercando l'aria con tutta me stessa. Mi alzo con difficoltà, aggrappandomi al banco con le unghie. Barcollo sino allo stipite della porta, addentrandomi nel corridoio colmo di ragazzi. Resto rasente al muro, insinuandomi nella porta alla mia sinistra, in bagno. Trascino il mio corpo sino al lavandino, con difficoltà e mi aggrappo alla ceramica con le dita.
« Co ... sa ? »
Posa una delle sue grosse mani, coperta da un guanto in lattice sulle mie spalle, girandomi verso di lui.
« Non respiro ».
Con un lento movimento estrae qualcosa dalla grossa borsa nera ed inizia a spingerlo al centro del mio petto. Trattengo un gemito di dolore, rischiando di scivolare. Continua imperterrito, sostenendomi con una mano il braccio. Lo sento scivolare di nella mia carne, nel mio essere, con forza. La sensazione di invasione si impossessa di me, ribalto gli occhi al cielo. Posa la mano aperta sul mio petto, una volta finito e mi lascia scivolare a terra tenendomi la testa in modo che non la sbatta.
Si scosta velocemente afferrando qualcosa accanto a me, una massa nera informe. La raccoglie all'interno di una teca di vetro e mi rivolge un ultimo sguardo.
« Mi dispiace », sussurra lieve, per poi andarsene.
Mi rannicchio in posizione fetale per qualche minuto, sino a quando il mio respiro si regolarizza. Un bruciore mi pervade il petto e sulla mia schiena, come se qualcosa mi avesse attraversato. Mi trascino seduta con la schiena contro il muro, ritrovando dietro di me un piccolo quaderno dalla copertina nera. La campanella che segna la fine dell'intervallo suona, lo raccolgo velocemente e torno in classe.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top