Capitolo Decimo
Un singhiozzo fa spostare Michele, che era ancora appoggiato a me, con il viso nella mia spalla. Le sue lacrime mi bagnano la pelle, ne sento il calore. Chiudo gli occhi, mentre con le dita mi aggrappo alle sue spalle, sentendo le mie forze che sciamo velocemente.
« Aurora, tutto bene? » mi sostiene prontamente.
Accenno un lieve sorriso e scuoto la testa per riprendermi, portandomi una mano sulla fronte.
« Si, si sto bene ».
Ci incamminiamo lungo il marciapiede, accelerando il passo per raggiungere gli altri, che ormai sono arrivati alla fermata dell'autobus. Filippo continua a guardare l'orologio e gioca con il cinturino, mentre Mary e Roberto si sono accomodati su uno dei tanti cubi in cemento posti di fronte al ristorante più famoso del paese. Prendo un lungo respiro e, dopo essermi liberata dello zaino, mi stendo a terra, chiudendo gli occhi. Portandomi le mani in grembo, spero di riuscire a tornare nel luogo dove ho interloquito direttamente con il quaderno. Concentro ogni mio pensiero, sentendo il famigliare bruciore al petto.
Eccomi di nuovo in quella illusione della mia mente, la sensazione di fluttuare nel vuoto è decisamente più sopportabile della prima volta che sono stata qui. Cerco con lo sguardo la rappresentazione del quaderno, non trovandolo da nessuna parte. Mi volto e vengo afferrata per il collo da una mano, è davanti a me con la testa bassa sempre coperta da quel cappuccio. Le sue dita paiono scomparire, nonostante ciò la presa resta salda.
« Come hai osato sfidarmi? » digrigna i denti.
Afferro il suo braccio con entrambe le mani ed alzo la testa accennando un macabro sorriso.
« Se mi uccidi ora, il tuo bel sogno che fine fa? ».
Con un gesto rapido mi sbatte a terra e lascio sfuggire dalle mie labbra una risata, portandomi le nocche sul labbro pulendolo. Si avvicina di scatto, bloccandomi a terra, schiacciandomi con le ginocchia le braccia.
« Sentimi bene, mocciosa, se non fosse che l'Elemento 1 ha trovato un corpo instabile, ti ucciderei seduta stante. Ma ho ancora bisogno di te per raggiungere il mio obbiettivo, » sputa sprezzante accanto alla mia testa.
Con due dita mi afferra il mento, poi mi stringe le labbra premendo sulle guance. Avvicina il viso al mio, cosi facendo riesco ad intravedere la linea del suo naso, leggermente pronunciato e spigoloso.
« Non credere, ti ucciderò se necessario », si sposta e con le labbra sfiora il mio orecchio, « Io stesso sono morto per essere qui ora a parlare con te. Ho perso tutto nella vita. L'amore della mia famiglia. Niente al mondo ha potuto colmare il mio vuoto. Sono diventato pazzo. » lecca delicatamente il lobo, facendomi rabbrividire « Per anni ho studiato come farli tornare in questo mondo, mi sono sacrificato per creare la rottura dei due mondi! » mi da un morso, « Ma per essere aperta questa piccola crepa ha bisogno di molto più sangue, di quanto pensavo, e necessita inoltre di una personalità forte che usi la forza! Io rappresento il mondo invisibile, tu quello visibile. Diventiamo un tutt'uno, Aurora », la sua voce diventa sempre più intensa, « Ed apriamo quella crepa! Sai cosa vuol dire guardare morire qualcuno, cosa diresti se ti dico ... che può tornare a vivere? ».
Poso una mano tremolante sotto il suo cappuccio, sfiorando l'accenno di barba sul mento. La scorro tra i folti capelli che stanno sotto il cappuccio sollevandola delicatamente. Il cappuccio si sposta, scivolando sulle sue spalle, rivelando così il suo viso.
Apro gli occhi con un lungo respiro, ritrovandomi circondata dagli altri. Una lieve sberla mi colpisce la guancia destra.
« Auri, su, che ti prende? » la voce di Mary mi giunge ovattata.
Con facilità mi mettono seduta, sostenendomi. Nella mia testa è il caos, mi riempiono di domande alle quali non sono in grado di rispondere.
« Lasciatela respirare » Filippo allontana tutti con un cenno della mano.
Gli sono grata di questo gesto, mi massaggio le tempie che esplodono e pulsano.
« Tu e le tue manie di protagonismo mi state alterando » sussurra al mio orecchio « Svieni un'altra volta ed io ti lascio esattamente dove sei, non ci proverò nemmeno a farti rinsavire. Non voglio un peso morto sulle spalle, hai capito? ».
Volto lo sguardo verso di lui, inspirando con il naso, e sostengo il suo sguardo.
Da lui ti fai comandare a bacchetta?
« Fai ciò che credi, quattrocchi. Assicurati però che dopo mi hai abbandonato io non mi alzi più, altrimenti ti troverò e giuro che quegli occhiali te li spacco ».
Apre le braccia in segno di resa e mi porge una mano, aiutandomi a tornare in posizione eretta. La sua presa è salda e, nell'ultimo scambio di sguardi, riscopriamo un rispetto reciproco, che sembrava sciamato nel corso del tempo trascorso tra le mura della scuola. Poso la fronte alla sua per qualche secondo.
« Andiamocene, meglio ripararsi prima che riprenda a piovere » mi volto verso gli altri, rimasti a guardare basiti la scena.
Mi aggiusto lo zaino sulle spalle incamminandomi verso l'edificio abbandonato posto dalla parte opposta al fiume che taglia a metà il paese. Più mi allontano dalla scuola, più sento un senso di vuoto impossessarsi del mio essere. Passo il palmo della mano sul petto che, di tanto in tanto, mi ricorda di essere stato invaso dal quaderno. Se ciò che dice è vero però David, Alice e persino Nicola, tutti loro tornerebbero veramente? Come se non fosse successo nulla? È possibile, dopo che li ho visti abbandonati nell'oblio della morte?
I pensieri si distendono, come sottili fili, quando giungo esattamente a metà del ponte e poso le dita sul freddo metallo che compone la barriera. Sotto di me scroscia il fiume gonfiato dalla pioggia, increspandosi nelle rocce. Sobbalzo sentendo rimbombare nelle mie orecchie il suo della campanella, nonostante sia impossibile da quanto siamo distanti dalla scuola. Stringo con forza, sino a farmi diventare le nocca bianche e digrigno i denti. Parecchi metri sotto di me, sfila a pelo d'acqua una sagoma dai folti capelli rossastri. Si incaglia in una zolla di terra dove l'acqua è più bassa, mentre attorno ad essa i vestiti continuano ad ondeggiare morbidi. Sbatto con forza la mano sul metallo, facendolo rimbombare ed attirando l'attenzione di tutti. Si precipitano accanto a me.
« No! » esce spontaneo un roco urlo « Non di nuovo! ».
Mary mi afferra per la vita, quando stavo per scavalcare il parapetto senza pensarci due volte. Finiamo a terra entrambe. Roberto e Michele corrono lungo la sponda del fiume trovando un punto dove scendere, attraverso delle scalette. Filippo se ne sta in disparte. Resto con la testa stretta nel petto della ragazza accanto a me, il mio corpo è pervaso da brividi e respiro a fatica.
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