Capitolo 10
-Allora, che cosa ci serve?- chiese Will, che, volendo proteggere la sua sanità mentale, aveva deciso di non fare domande sul Tesseract.
Si trovavano nella biblioteca di Alfheim, la più grande che Mathias avesse mai visto nella sua vita: era molto luminosa, ma si trattava di una luce quasi fredda e che lo rendeva nervoso, benché in genere le biblioteche avessero il potere di calmarlo, quasi di estraniarlo dalla realtà.
Il posto però era deserto: per qualche motivo, Loki aveva fatto in modo che non ci fosse nessun altro. Non era andato nei dettagli, ma qualsiasi motivo lui avesse usato per convincere chiunque gestisse quel luogo doveva essere sembrato abbastanza valido; del resto, la persuasione era una delle sue abilità, giusto?
Quest'ultimo si lasciò sprofondare su un'elegante poltroncina color bianco avorio, come se l'intero posto gli appartenesse. Probabilmente, rientrava nella lunga lista di privilegi dell'essere una divinità. -Dato che siete stati attaccati da degli Spartiatai, mi sembra opportuno informarsi di più sulla loro patria, Lachonias.- rispose il dio norreno, lasciando però intendere che lui non avrebbe mosso un dito per aiutarli nelle ricerche. Mathias a questo punto si aspettava che William perdesse la pazienza, dato che i due, per un motivo o per l'altro, si trovavano sempre in disaccordo. Invece, quest'ultimo fece cenno al ragazzino di seguirlo e si mise a cercare tra i primi scaffali, lasciando dunque Loki da solo.
Mathias non poteva fare a meno di chiedersi continuamente dove fosse sua madre e se stesse bene. Cercava di essere ottimista, ma non era mai stato il suo forte, così come mentire -strano, dato che studiava recitazione-. Per curiosità, ogni tanto dava un'occhiata fugace all'anello, pur non capendo come farlo funzionare; in tutta onestà, non gli sembrava nemmeno lontanamente utile come Lady Sif l'aveva descritto, ancor meno gli appariva potente.
A un certo punto, sentì qualcuno dietro di lui picchiettargli una spalla con l'indice per richiamare la sua attenzione. Si voltò di scatto, agitato, per poi scoprire che era solo Loki.
-Hai deciso di darci una mano?- gli domandò con un tono irriverente che non gli apparteneva; per un attimo, provò paura all'idea di una possibile punizione divina, invece non accadde nulla.
Anzi, il dio dell'inganno gli sorrise, divertito. -Non esattamente. Forse non lo sai, ma tutto ha un nome per noi.- esordì con aria saccente. -E mi riferisco a dei nomi propri. Non importa che si tratti di una persona, un animale o una cosa: tutti hanno un nome con cui essere chiamati.
Mathias lo ascoltava rapito: doveva ammettere che Loki era davvero bravo a parlare.
-Esattamente come faresti con una persona qualsiasi per ottenere la sua attenzione, allo stesso modo devi chiamare l'anello, se vuoi che ti sia di qualche aiuto.- gli spiegò, indicando l'oggetto in questione. -Il suo nome è Gainn.
Poi, vedendo che il giovane era rimasto immobile a fissare quel piccolo oggetto, il dio norreno lo spronò:-Prova a chiamarlo.
Questa volta, il ragazzino non se lo fece ripetere due volte: tese la mano sinistra, quella a cui portava l'anello, e pronunciò il suo nome. Quasi per magia, le rune incise lungo tutta la superficie dorata presero a luccicare e, senza accorgersene, chiuse gli occhi.
Fu come fare uno strano sogno: si trovava in una grotta poco illuminata e dalle pareti umide, che continuavano a gocciolare. Poco distante da dove si trovava, notò una pozza d'acqua limpida e, con orrore, riconobbe sua madre galleggiarvi al centro: sembrava che stesse dormendo -o almeno, questo era ciò che Mathias sperava che lei stesse facendo-.
Poi una voce interruppe la sua visione. -Sei un pazzo!- gridò la voce di Will; raramente era così arrabbiato.
Risvegliandosi a fatica dallo stato di trance, il ragazzino sbattè più volte le palpebre per riprendere familiarità con l'ambiente fin troppo luminoso; si accorse di essere rimasto in piedi per tutto il tempo e che i suoi muscoli erano stati in tensione, infatti adesso si sentiva seriamente indebolito, per non parlare del terribile mal di testa, che si era ripresentato.
In compenso, la scena che gli si presentò davanti aveva qualcosa di comico: William stava praticamente minacciando Loki di morte, mentre quest'ultimo sfoggiava un'espressione totalmente indifferente. Il suo sguardo era fisso su Mathias, ma non appariva preoccupato; anzi, era curioso.
Non appena Will si accorse che il figlio di Emily era di nuovo cosciente, in poche falcate gli arrivò accanto e, dopo averlo delicatamente sollevato da terra, lo condusse verso una poltroncina, uguale in tutto e per tutto a quella occupata dalla divinità norrena, ma che era stata posizionata poco distante dal punto in cui si trovavano in quel momento. -Adesso ne ho abbastanza.- lo udì borbottare il ragazzino, per poi aiutarlo a sedersi. -Che cosa ti ha fatto?
Quindi William era seriamente convinto che fosse colpa del dio dell'inganno. Mathias scosse la testa lentamente. -Non è stato lui, ma Gainn.
-Cosa, scusa?- chiese l'altro confuso, inarcando un sopracciglio.
-Gainn è il nome dell'anello. Loki mi ha spiegato come usarlo e... Ho visto mia mamma.- gli rivelò a bassa voce, cercando di imprimere ulteriormente nella sua memoria tutto ciò che gli era stato mostrato dall'anello.
Will gli fece segno di continuare, con ogni probabilità senza accorgersi della presenza del figlio di Laufey alle sue spalle -o forse l'aveva notato, però aveva comunque preferito far finta di niente-. In ogni caso, il più giovane raccontò quello che aveva visto, non senza qualche sforzo: si rese conto che più tempo passava e meno dettagli riusciva a ricordare.
Quando terminò di parlare, Loki prese subito la parola:-So dove si trova.
William mormorò un "ma davvero?" alquanto sarcastico. Il dio lo ignorò, continuando il suo discorso. -Che io sappia, un posto del genere può trovarsi solo nella Lachonias, il regno della regina Angathe; questo quindi spiegherebbe anche l'attacco degli Spartiatai... Deve essere stata lei a mandarli.
-Come fai a esserne certo?- domandò Mathias, interrompendolo: non voleva illudersi, nonostante la gioia e pure l'orgoglio di essere stato lui ad avere qualche informazione in più riguardo a sua madre lo rendessero impaziente e speranzoso.
Loki si schiarì la voce, come se non avesse aspettato altro che questo momento. -Quella grotta risale all'era di Nemesis, un'entità molto antica e potente: infatti, è da lui che hanno avuto origine le Gemme dell'Infinito.- cominciò a spiegare, questa volta senza commenti da parte di un certo Will Mitchell. -Ora, non tutte le Gemme si trovano a uno stato solido e ne è un esempio l'Aether, che quindi ha bisogno di essere contenuto da qualcosa, o qualcuno. Ben quattordici anni fa, Emily ha deciso di custodire in questo modo la Gemma dell'Ego, detta anche dell'Ombra, ed è per questo che è stata rapita: Angathe vuole quella Gemma.
-Perché? Cosa la rende tanto speciale?- chiese William, il suo tono fattosi più serio.
Il dio degli inganni gli rivolse uno sguardo di finto stupore. -Ma come? Non te ne ha mai parlato?- lo derise inizialmente, poi ritornò all'argomento principale di quella conversazione. -Ebbene, è l'unica Gemma a non conferire alcun potere a chi la possiede.
Mathias stava ricominciando a non capire più niente. -Allora come mai questa tizia vuole prenderla?
-Ho motivo di sospettare che collabori con Thanos: lui vuole le Gemme, ma le ha ordinato di distruggere quella dell'Ego, perché la leggenda vuole che, una volta riunite tutte e sette, Nemesis si rigeneri, annullando qualsiasi tentativo di farne un uso improprio. Per sventare il suo piano, basterebbe questo.- gli rispose Loki, attento a usare ogni parola nel modo giusto. -In quella grotta, l'acqua che hai visto non è quella che noi conosciamo: è capace di riportare in vita i morti, per citarne una proprietà, ma anche di scindere una Gemma come quella dell'Ombra da ciò che la contiene, ovvero Emily.
-Quanto tempo ci rimane?-. Le parole uscirono dalla bocca di Will senza che lui se ne accorgesse: in sé, separare la sua compagna dalla Gemma dell'Ego non sembrava pericoloso per lei, ma questo non significava che non avrebbe avuto le gravi conseguenze che tutti si aspettavano.
Il dio norreno parve rifletterci un po', come se fosse indeciso riguardo alla risposta da dare. -Dipende dai casi.- si limitò a dire, per poi tentare di rassicurare i due mortali e, forse, anche se stesso; del resto, per lui non era un mistero che, presto o tardi, il Matto Titano sarebbe giunto da lui per reclamare la Gemma dello Spazio. -Ci stiamo affidando a ciò che Mathias ha visto, ma Gainn è un oggetto magico e, in quanto tale, non funziona secondo un criterio logico: potrebbe avergli mostrato la Emily del passato, magari di due giorni fa, però non bisogna nemmeno escludere che non si sia trattato di quella del presente.
William si mise le mani tra i suoi capelli biondi come gesto di disperazione. -Fantastico!- esclamò sarcasticamente. -A questo punto, potrebbe andare peggio?
La gente spesso definisce la fortuna cieca. Mathias non aveva mai dato troppo peso a quel vecchio modo di dire; adesso sapeva che di certo non era sorda.
Infatti, una decina di esseri dalla pelle candida e dotati di vistose orecchie a punta -che il giovane riconobbe come elfi della luce- fece il suo ingresso all'interno della biblioteca: tutti indossavano un'armatura e brandivano chi l'arco e chi una spada dalla lama affilata. -Loki Laufeyson!- lo chiamò uno dei soldati, sollevando la spada e puntandola verso di lui in modo minaccioso. -Voi siete venuto ad Alfheim, nonostante vi sia stato esplicitamente proibito: preparatevi ad affrontarne le conseguenze!
***
Dopo eoni, sono riuscita a pubblicare di nuovo. Gli aggiornamenti, vi avviso, saranno totalmente casuali, anche se ho intenzione di arrivare a buon punto entro la fine dell'estate (io ci spero sempre).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi lascio con una domanda: secondo voi, cos'ha combinato Loki di tanto terribile?
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