CAPITOLO SECONDO - parte 2

Quando Natya aprì gli occhi, il sole era già alto nel cielo quasi del tutto privo di nuvole, e la sua luce inondava la stanza.
"Mi sono riaddormentata" pensò, mentre si alzava dal letto con movimenti lenti ed impacciati. Si guardò intorno, e ad un tratto il ricordo del sogno fatto quella notte piombò nella sua mente come un fulmine a ciel sereno; un brivido percorse la sua schiena.
Le labbra della ragazza si mossero senza far uscire alcun suono; ma mimarono ancora quel nome, con movimenti lenti.
Toby.
Chi diavolo era Toby?
Perché aveva sognato di pronunciare quel nome?
La sua mente viaggiò di nome in nome, scrutò le facce ed i corpi di tutte le persone che ricordava di conoscere o aver conosciuto in vita sua, ma nessuna di queste rispondeva al nome di Toby.
Ma allora perché quel nome le sembrava così.. familiare? Doveva trattarsi di qualcuno che aveva conosciuto in passato, forse proprio in quel lasso di tempo che aveva completamente rimosso dalla sua memoria.
Ancora avvolta nei suoi pensieri, Natya percorse il corridoio fino a raggiungere la cucina, facendo scorrere una mano sul muro come per sorreggersi.
-Ti sei alzata tardi, stamani- le fece notare sua madre, girando la testa in sua direzione. Era intenta a lavare i poeti che aveva lasciato impilati nel lavello la sera precedente.
-Si, beh... Ho dormito male- farfugliò lei, stropicciandosi gli occhi.
Il volto della donna si fece cupo nell'udire quella frase.
-Anche stanotte?- chiese, sospirando - Ma come mai? Sei nervosa o c'è qualcosa che ti turba? -.
Natya si appoggiò al tavolo e taque qualche istante prima di rispondere a quella domanda. - Mamma...- balbettò con aria insicura -Posso farti una domanda?-.
La madre aggrottò la fronte. - Mi stai spaventando Naty, che c'è? -.
La frase successiva uscì dalla bocca della ragazza troppo velocemente per avere il tempo di riflettere bene su cosa era meglio dire. - Chi era Toby?-.
Nella stanza calò un improvviso silenzio. Sembrò che il tempo si fosse improvvisamente fermato, il volto magro della donna lasciava trasparire spavento, stupore e malinconia, delle emozioni che cercava invano di nascondere ma che spuntavano fuori dai suoi occhi come luci accecati. Troppo evidenti.
Fu a quel punto che la ragazza capì; non aveva più alcun dubbio sul fatto che i suoi genitori le avessero da sempre nascosto qualcosa.
-N-non credo di conoscere alcun Toby- improvviso la madre, distogliendo lo sguardo e maledicendosi mentalmente per aver già perso la calma.
Natya tacque, nonostante il perseverare della donna nel mentire la stesse facendo davvero innervosire; che bisogno c'era di nascondere le cose? Non aveva forse diritto a conoscere la sua vita come qualsiasi altra persona?
Si mise in bocca una merendina rotonda al cioccolato e girò i tacchi, tornando silenziosamente in camera sua.
Adesso tutto il suo mondo sembrava sgretolarsi, un pezzetto per volta, sotto ai suoi piedi. Il confine tra realtà e menzogna era adesso sottile e fragile come un capello.
Su quante altre cose le avevano mentito?
Tutto ciò che sapeva, tutto quanto, le era stato raccontato dai suoi genitori. E se avessero da sempre mentito su tutto? Se nulla di ciò che sapeva del suo passato fosse realmente accaduto?
Per quanto ne sapeva, l'intera sua esistenza fino a quel momento poteva essere una lurids menzogna.
Aprì la finestra e sporse il viso, prendendo una grande boccata d'aria fresca. La città era sveglia da un pezzo e la strada che correva sotto al suo pazzo era piena di macchine. Osservò i movimenti frettolosi della gente sui marciapiedi, e si chiese perché non poteva essere come loro; sapere da dove viene, avere un passato dal quale imparare ad essere migliore.
-Natya, esco a comprare un pò di cose!- echeggiò la voce di sua madre dal corridoio.
-Va bene- rispose lei, con aria stanca.
Il rumore della porta d'ingresso confermò che fosse uscita.
La donna, nervosa e preoccupata per quella situazione, scese le scale quasi saltando i gradini; non appena fu fuori dal palazzo, recuperò il cellulare dalla tasca e compose un numero.
-Pronto?-.
-Sono io- si limitò a dire, incapace di impedire al tono della sua voce di tremare come una foglia secca esposta al vento. La mano con la quale teneva il telefono premuto sull'occhio era zuppa di sudore.
-Che succede, Marlene?- fece Pietro dall'altro lato della linea.
-Si tratta di Natya... Lei...-.
-Sta bene?-.
-Si, ma... Ha fatto un sogno-.
-Di che parli?- chiese lui, adesso sensibilmente preoccupato.
-Ha detto di aver dormito male e... Mi ha chiesto chi fosse Toby-.
Dall'altro lato si odero diversi secondi di silenzio, scanditi soltanto dal respiro adesso più intenso dell'uomo.
-Chiamo il dottore e gli chiedo un consiglio, ok?- disse poi - Non ti agitare, ci dirà lui cosa fare-.
La donna annuì con la testa e si passò una mano sulla fronte. - Va bene okay... Fammi sapere appena hai novità, ti prego-.

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