CAPITOLO QUATTORDICESIMO - parte 1

Natya strinse Toby a sé con tutte le forze che aveva in corpo, quasi come se volesse stritolarlo in quella stretta.
Quando sentì il mento del ragazzo appoggiarsi con delicatezza sulla sua testa, si calmò ed allentò progressivamente la presa.
Poi Toby gli chiese scusa, e sentendo la sua voce tornò a stringerlo. Il bene che sentiva di volere a quel ragazzo non era paragonabile a niente, mai con nessuno in vita sua aveva provato un'emozione così intensa e struggente.
Restò a lungo immobile, con le braccia avvolte dietro alla sua schiena e la guancia appoggiata sul suo petto, ascoltando il battito ritmico del suo cuore come fosse la più meravigliosa delle melodie.
Poi, ad un tratto, sciolse l'abbraccio e puntò i suoi occhi arrossati in quelli di lui, che adesso esprimevano finalmente la calma di chi è consapevole di aver ritrovato un senso alla propria esistenza.
-Non ti farei mai un torto- disse lei, piegando le labbra in un caldo sorriso - Non devi neanche pensarci a questo. Sarei anche disposta a consegnarmi alla polizia al posto tuo-.
Toby abbassò lo sguardo, adesso evidentemente imbarazzato, e disse sarcastico: -Posso provare a crederti-.
Lei si abbandonò ad un'allegra risata e lo spinse in modo scherzoso; soltanto dopo averlo fatto, però, si ricordò dei lividi.
Giusto, i lividi. Natya aveva per un attimo dimenticato in quale condizioni fosse ridotto l'intero corpo del ragazzo.
-Oddio scusami, che sbadata- disse, appiattendo le sopracciglia in un'espressione profondamente pentita -Scusa, scusa!- ripeté.
Lui sorrise, facendole capire che era tutto ok. Dopotutto, era del tutto incapace di sentire qualsiasi genere di dolore fisico. Poi voltò lo sguardo verso il tavolo, su cui erano ancora poggiate le sue accette e la sua maschera; le guardò per un pò, poi volse ancora lo sguardo a Natya, scorgendo in lei un'espessione incupita.
-Toby..- disse la ragazza, passandosi le dita tra i capelli mossi  -Quando sentirsi di volermi raccontare quello che ti è successo, sappi che io sarò pronta ad ascoltarti, e che qualunque cosa dirà... Non cambierà in nessun modo il mio giudizio nei tuoi confronti- concluse.
Il ragazzo sorrise forzatamente ed annuì.
Incrociò le braccia, e mosse la testa colto da un tic improvviso, poi rivolse nuovamente lo sguardo a lei.
-A proposito di questo, io vorrei tanto... Tornare nel mio appartamento- disse, con quella voce stanca che adesso si era fortemente incupita  -È abitato?-.
Natya lo guardò per qualche attimo, poi disse: -No, è rimasto sempre vuoto da allora... Credo sia stato ripulito ma... Non è mai più stato occupato che io sappia-.
Il ragazzo annuì con un cenno del capo ed emise un sospiro, affondando entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni. -Crdo che andrò domani notte... Vuoi venire anche tu?-.
Natya sorrise spontaneamente, ed i suoi occhi si accesero di una nuova luce. Quella domanda le scaldò il cuore, pensò che se voleva condividere con lei una cosa così intima e personale, voleva dire che anche per lui, quel loro rapporto, era qualcosa d importante.
-Certo- rispose, senza indugiare.
Natya si avvicinò alla finestra, il cui vetro era rotto da chissà quanti anni la separava dalle sterpaglie che erano cresciute sul bordo del davanzale, e guardò in direzione della sua casa. Da lì non poteva vederla, ma sapeva che era poco oltre i palazzi che riusciva a scorgere.
Chissà cosa stavano pensando adesso i suoi genitori. Erano stati di certo informati dalla polizia di ciò che era accaduto all'ospedale psichiatrico, e di certo entrambi stavano temendo il peggio. Odiava l'idea che li stesse facendo soffrire così tanto, ma la sua priorità adesso era solo e soltanto il bene di Toby.
E quella dell'indomani era forse una preziosa occasione per capire finalmente, dopo tutto quel tempo, cosa fosse davvero accaduto a Toby la notte in cui impazzí.
Silenziosa ed avvolta in quei tristi pensieri la ragazza tornò a voltarsi indietro, e si accorse soltanto allora che Toby la stava guardando, immobile con la schiena appoggiata al bordo della porta.
Gli sorrise timidamente.
-Ti va bene dormire sul materasso di prima?- le chiese.
Lei annuì. - Ma si, va bene... E tu? - domandò.
-Non preoccuparti-.
La ragazza scosse energicamente la testa. -No, non voglio che tu dorma per terra per lasciare il posto a me-.
Lui si lasciò scappare una breve risata, forse la prima da quando aveva abbandonato quel maledetto ospedale psichiatrico. -E allora, vuoi che dorma assieme a te?-.
Natya arrossì quasi immediatamente, ed abbassò lo sguardo.
-Non preoccuparti per me- ripetè lui.

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