CAPITOLO TERZO - parte 2

-Shhh, tranquillo, Toby...-.
Ora poteva sentirla, la sua voce calda e rassicurante.
Forse gli stava parlando da molto più tempo di quanto credesse, solo che non se n'era reso conto.
Toby recuperò lentamente la lucidità, mentre Natya lo stringeva forte a sé e passava delicatamente le dita tra i suoi capelli. Averla così vicina lo faceva sentire bene, quasi come se questo potesse annullare tutto il resto.
-Scusami, è colpa mia- disse ancora la ragazza senza smettere di accarezzarlo -Non volevo reagire in quel modo-. La sua voce aveva un tono preoccupato, poteva sentirlo anche se cercava con tutta sé stessa di nasconderlo.
Il ragazzo sospirò lentamente, abbandonandosi completamente a quell'abbraccio. Uno ad uno i pensieri tornarono a comporsi ordinatamente nella sua testa.
Ripensò al poliziotto che aveva ucciso solo pochi minuti prima, e realizzò che il cadavere doveva essere lì accanto a loro, anche se con la testa appoggiata al petto di Natya non poteva vederlo.
Abbassò lo sguardo e incrociò i numerosi schizzi di sangue fresco che riempivano i suoi vestiti, ed ora che erano abbracciati probabilmente anche quelli della ragazza.
Stava per dire qualcosa, quando un rumore attirò la sua attenzione.
-Agente 126, siamo riusciti a risolvere l'interferenza. Aveva contattato la centrale?-.
Era la radio, ancora appesa alla cintola dei pantaloni del cadavere. Toby si scostò da Natya e volse lo sguardo al corpo del poliziotto, che ormai giaceva a terra in una pozza di sangue. La testa era spaccata a metà, lasciando intravedere pezzi di cervello. Un altro grosso squarcio si apriva sul petto.
-Agente 126! Può dirci dove si trova?-.
Il ragazzo si alzò in piedi e raggiunse la radio. La staccò dalla cintola e la sbattè con violenza contro al muro, per poi estrarre la batteria.
-Non sanno dove siamo- disse poi.
Natya annuì semplicemente.
-Hmm..-. Toby si grattò il capo con fare pensieroso, poi volse ancora lo sguardo alla ragazza. -Ci penso io qui...puoi...puoi aspettarmi fuori? Dobbiamo andarcene, per sicurezza-.
Lei si avvicinò e diede un'occhiata al cadavere, prima di annuire ancora.
Si sentiva profondamente scossa per quel che era appena successo.
-Dai, non ci metterò molto...-.
-Hem, Toby- disse poi Natya, afferrandolo per una manica.
Lui la guardò con aria interrogativa.
-Io...volevo...-. Non riuscì neanche a finire la frase, perché sentì che stava per scoppiaredi nuovo a piangere; scattò in vanti e gli avvolse le mani dietro alla nuca, stringendolo ancora una volta a sé.
-Stai bene?- chiese semplicemente. La voce le tremava; era seriamente preoccupata per lui, dopo averlo visto in preda ad un attacco di panico così violento.
Il ragazzo ricambiò l'abbraccio, e le posò il mento su una spalla. -Sì, stai tranquilla-.
-Non sapevo che cosa fare, non riuscivo più a calmarti e...-.
-Natya- la interruppe lui -Sto bene, non preoccuparti-. Le lasciò un bacio sul collo e sciolse l'abbraccio, sorridendole. In realtà aveva più paura di lei, adesso che si era reso conto che i suoi disturbi stavano peggiorando precipitosamente; tuttavia, non voleva certo farla preoccupare.
Aveva già fatto soffrire quella ragazza a sufficienza.
Natya uscì dalla porta d'ingresso e si mise a sedere sull'erba, sospirando. Osservò una farfalla dalle ali gialle che, davanti a lei, si era posata sopra ad un fiore selvatico. Si sentiva impotente, ed era maledettamente preoccupata per Toby; sapeva benissimo che le aveva mentito, dicendo che andava tutto bene.
Quello che aveva visto pochi minuti prima non se lo sarebbe cancellato mai più dalla testa; non lo aveva mai visto stare male in quel modo.
Aveva dovuto parlargli ed accarezzarlo per tutto il tempo, e nonostante questo lui sembrava non calmarsi.
E poi...era stata colpa sua.
Era stata la sua stupida reazione a gettarlo nel panico, forse per paura di perderla.
Mentre la ragazza era seduta fuori ad aspettarlo, Toby aveva trascinato via il cadavere cercando di lasciare meno tracce possibili, e lo aveva gettato sotto al pavimento in un punto in cui presentava un buco. Sarebbe marcito lì sotto, nascosto agli occhi di tutti. Per quanto riguardava il sangue sulle tavole di legno...quello si sarebbe lavato via con la prima pioggia, dato che il tetto sopra quella zona era crollato.
A lavoro compiuto recuperò le accette, la maschera e gli occhiali.
Gli fece una strana sensazione indossare ancora quegli oggetti sul volto, ma probabilmente in città si parlava di lui, ed andare in giro a volto scoperto sarebbe stata una pessima idea. Beh, di sicuro anche in quel modo non sarebbe passato inosservato, ma tanto aveva intenzione di allontanarsi dalla città. Sarebbero stati più al sicuro, lontano dai centri abitati.
Uscì con le accette caricate sulle spalle, e Natya fece una faccia strana appena lo vide. Come biasimarla; era conciato esattamente così, la sera in cui impazzì e si presentò a casa sua dopo aver sterminato propria famiglia.
-Ti dà fastidio?- disse. Si riferiva alla maschera, in effetti la stava indicando con una mano.
Lei scosse il capo. -No, è solo...strano-.
Toby sorrise. -Okay-.

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