CAPITOLO SESTO - parte 2
Lungo il corridoio della centrale c'era silenzio, scandito solo dal ticchettio dei passi degli agenti che si spostavano da un ufficio all'altro.
Natya era in piedi con la schiena appoggiata al muro bianco; le braccia scendevano molli lungo i fianchi e le dita erano intrecciate tra loro. Attendeva che suo padre tornasse fuori dall'ufficio in cui era entrato, e l'ansia le faceva sudare la fronte.
Aveva chiesto lui di parlare con gli agenti e chiedere dove si trovasse Toby. Aveva bisogno di parlargli, se glielo avessero concesso.
Aveva bisogno di incrociare ancora il suo sguardo, di assicurarsi che stesse bene, di dirgli che le cose si sarebbero risolte presto.
Il rumore della porta la fece sobbalzare. Pietro uscì salutando qualcuno con un cenno del capo, e si diresse subito verso la figlia.
-Cosa hanno detto?- chiese subito lei, nervosamente.
-Ho dovuto insistere un pò, ma ci permetteranno di vederlo. Solo per un paio di minuti, però-.
Natya annuì staccando la schiena dal muro. -Dove lo tengono?- chiese ancora.
-In una sede distaccata, non molto lontano da qui. Uno degli agenti si è anche offerto di accompagnarci-.
La ragazza allargò un lieve sorriso ed abbassò lo sguardo. -Grazie, papà- disse con evidente imbarazzo.
Lui si avvicinò e la strinse in un forte abbraccio.
Sospirò, e sussurrò nel suo orecchio: -Lo faccio perché ti voglio tanto bene. Ma devi promettermi che non mi farai mai più preoccupare così tanto-.
-Scusate il disturbo- intervenne una voce sconosciuta. Natya si voltò a guardare il poliziotto che si avvicinava a loro lungo il corridoio. Aveva un volto magro, coperto di rughe. -Piacere, agente Allen. Se siete pronti, vi accompagno-.
-Sì, siamo pronti- rispose Pietro dando una leggera pacca sulla spalla alla figlia.
Lo seguirono fin fuori dalla struttura, dove poi salirono su un'auto nera. Natya si mise a sedere dietro, con gli occhi puntati fuori dal finestrino. Suo padre, accanto a lei, la guardava con aria piuttosto preoccupata. Le poggiò una mano sulla gamba e le parlò sottovoce.
-Natya, senti... Non so come stiano andando le cose, e... Dovrai essere pronta ad accettare quello che accadrà-.
La ragazza si voltò verso di lui, confusa. -Che intendi?- chiese con voce stanca.
-Beh, se decideranno di rinchiuderlo dovrai... Separarti da lui-.
Natya tornò a voltare la testa verso il vetro senza dire nulla.
-In tal caso non potrai più vederlo, capisci? Anche per il suo bene...- continuò l'uomo accarezzandole la testa.
-Ho capito- si limitò a dire lei senza voltarsi.
Il suo sguardo percorreva i profili delle strade e dei palazzi che scorrevano via lungo il vetro, senza soffermarsi da nessuna parte. A quel punto non poteva che sperare che le cose si sarebbero sistemate, ma sapeva bene che probabilmente non sarebbe accaduto.
Toby sarebbe stato rinchiuso, e lei era impotente difronte a questo.
L'auto si fermò davanti ad una struttura piuttosto imponente, dall'aria tetra.
-Seguitemi- disse l'agente mentre chiudeva la macchina. Si incamminarono fino alla porta d'ingresso, dove l'uomo in divisa salutò alcuni suoi colleghi e fece cenno a Pietro e Natya di entrare. Percorsero poi un lungo corridoio pieno di porte da ambi i lati, infine scesero una rampa di scale.
-Buongiorno, agente Allen- disse un uomo piuttosto robusto, seduto dietro ad una scrivania.
-I signori devono visitare... Hmmm... Tobias Rogers, giusto?- disse l'agente voltandosi verso la ragazza.
Natya annuì, con un groppo in gola.
-Prego- disse l'uomo robusto aprendo la porta.
Oltre, vi era un lungo corridoio delimitato da ambi i lati da sbarre di ferro. Natya si rese subito conto che erano tutte celle, e mentre seguiva l'agente non faceva che voltare la testa a destra e sinistra incorniciando gli sguardi dei detenuti.
-Questo è come un piccolo carcere- spiegò l'agente mentre avanzava con disinvoltura -Qui vengono portati i detenuti che non sono ancora stati assegnati al carcere vero e proprio. Sono tutti di passaggio, si potrebbe dire-.
Le celle erano molto piccole; c'era giusto lo spazio per un piccolo letto singolo ed un water.
I detenuti avevano afferrato le sbarre con le mani per osservare gli ospiti; molti di loro avevano sguardi violenti e provocatori.
Ad un certo punto l'agente si fermò, e fece cenno a Natya e Pietro di avvicinarsi. La ragazza sentì il cuore aumentare i battiti, mentre voltava lo sguardo verso la cella che era stata indicata.
Si avvicinò a passo lento, e non appena il sul sguardo incrociò la figura di Toby, sussultò.
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