CAPITOLO SECONDO - parte 2

Toby voltò lo sguardo verso il poliziotto, con sguardo perso e confuso.
-Ho detto allontanati da lei e metti le mani dietro alla testa!- continuava a ripetere l'uomo in divisa, che ancora teneva la pistola puntata in sua direzione ed il dito sul grilletto, pronto a far fuoco.
In quel momento, nella mente del ragazzo scattò qualcosa; sapeva che se si fosse lasciato prendere lo avrebbero sbattuto in cella o rispedito all'ospedale psichiatrico, e soprattutto sapeva che lo avrebbero allontanato da Natya.
Non poteva permettere questo.
Balzò in piedi di scatto, e senza pensarci troppo corse nella stanza accanto. Il poliziotto sparò un colpo, che andò a finire contro alla parete generando forte frastuono; la pallottola si conficcò per diversi centimetro. Subito l'uomo si avvicinò a Natya, continuando a tenere la pistola puntata sulla porta che Toby aveva varcato.
-Sta bene, signorina? La porteremo al sicuro- disse.
La ragazza poggiò le mani sulla parete fredda e riuscì ad alzarsi, seppur con immane fatica. -Lasciatelo stare. Non ha fatto niente di male!- gridò, afferrando una manica della divisa del poliziotto.
Lui si ritrasse. -Mi lasci-.
-Toby non è una persona cattiva!- continuava a gridare, in preda alle lacrime che ora solcavano inevitabilmente il suo viso -Non mi farebbe mai del male-.
Proprio in quel momento, però, accadde qualcosa di assolutamemte inaspettato: una grossa accetta che proveniva da una direzione non ben definita, compì due giri a mezz'aria prima di conficcarsi nel petto dell'agente.
L'uomo istintivamente premette ancora il grilletto, sparando due colpi a terra, poi cadde rovinosamente sul pavimento. Fu allora che Toby si avvicinò rapido a lui, sotto gli occhi spaventati ed increduli di Natya, ed afferrò ancora il manico dell'arma.
Estrasse la lama dal petto del poliziotto, che seppur si stesse dissanguando era ancora vivo, e sollevandola dietro alla nuca la calò ancora con maggiore forza, questa volta spaccando a metà il suo cranio. Il sangue schizzò sulla felpa e sul suo viso di Toby, che rimase così; immobile, inespressivo, fermo a guardare il cadavere disteso davanti a sé.
Non avrebbe mai voluto arrivare a questo.
Mai.
-T..Toby-. Era la voce di Natya.
Il ragazzo si voltò verso di lei, con aria affranta, e notò che la ragazza lo guardava dal lato opposto della stanza, con gli occhi lucidi e le ginocchia che tremavano.
Aveva visto tutto.
Non doveva succedere neanche questo.
In quel preciso istante solo una domanda elaborò la mente del ragazzo: lei si fiderà mai più di me?
-Ho dovuto farlo...- disse abbassando lo sguardo. Ma in quel momento il suo volto, seppur fosse affranto, era ricoperto del sangue di una persona.
Natya corrugò la fronte e scosse la testa. -L'hai....l'hai ucciso...- balbettò.
Toby volse ancora lo sguardo in sua direzione, compiendo un movimento del collo imposto dai suoi maledetti tic. -Natya...-.
-Stava solo facendo il suo lavoro!- gridò ancora lei, sempre più in preda al panico.
A quel punto Toby avanzò a passo svelto nel tentativo di raggiungerla, ma rimase stupito quando la vide ritrarsi premendo la schiena contro al muro.
-Hai..hai paura di me?- disse, scuotendo la testa. Non riusciva a capacitarsi questa cosa.
Sentì il suo cuore spezzarsi.
La ragazza iniziò a respirare più velocemente. I capelli erano appiccicati alla fronte sudata, e gli occhi arrossati ed umidi.
-Natya...-.
Ma lei non disse una sola parola. Continuava a guardarlo, terrorizzata, con il corpo tremante. Dal suo sguardo, pareva pensasse che Toby l'avrebbe potuta aggredire da un momento all'altro.
Come fosse un mostro insensibile.
Il ragazzo abbassò ancora lo sguardo, trovandosi d'un tratto spiazzato. Fu come se all'improvviso gli fosse mancata la terra sotto ai piedi, ed avesse iniziato a precipitare giù da un burrone senza appigli a cui aggrapparsi.
Se lei non si fidava, se credeva intendesse farle del male, allora che senso aveva avuto ciò che era accaduto poco prima?
Si voltò di schiena con l'intenzione di andarsene, ma la sua forza d'animo vacillò.
Lo sguardo accusatorio di lei pesava sulla sua mente già compromessa da troppo dolore; si sentì sporco, inutile.
Furono solo pochi attimi, ma bastarono per farlo cadere a terra, piantando le ginocchia nelle tavole marce con un tonfo sordo.
Poggiò entrambi i palmi delle mani a terra, e senza neanche rendersene conto iniziò a tremare.

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