Capitolo II
"In conseguenza del fatto fossi costantemente ricercato e mi pregassero di uscire elargendomi occasioni d'oro (che le cogliessi o meno questo poco importa adesso), il mio ego iniziò precipitosamente a gonfiarsi a dismisura, pompato com'era da panegirici ed apprezzamenti costanti alla mia simpatia, alla mia intelligenza; sia da lei che dai ragazzi!
Ciò m'indusse ad investire le mie energie e i miseri soldi a disposizione nella cura di me stesso, ad adoperare drastici cambiamenti su quei piccoli e/o rilevanti difetti che non si addicevano ad uno della mia età che volesse far leva sul cuore di una donna e, soprattutto, imporsi quale maschio dominante: non scolpii il mio fisico in palestra (ero pigro al riguardo), ma stravolsi il mio vestiario rinunciando con piacere a tute e magliette larghe dai colori vivaci, le quali risaltavano la mia avvilente magrezza, aggiunsi un po' di lacca ai capelli, curai il taglio della barba (poca) e, armato di infinita "virilità", accettai di sacrificarne un po' in sedute dall'estetista per aggiustare le sopracciglia ed altrettante per la pulizia del volto.
A dispetto del trattamento "vagamente etero" cui mi ero sottoposto, fossi passato davanti uno specchio, non mi sarei riconosciuto! O meglio: non avrei rimembrato la sciatteria del mio aspetto, la trasandatezza dei miei abiti.
Ora non dovevo fare altro che i conti con la realtà.
Volevo far colpo? Possibilità da sfruttare ne avevo a iosa: eravamo costantemente per locali, bevevamo, ce la spassavamo! Eppure... io... che compivo il grande passo su mia iniziativa, non mi ci vedevo: troppo imbarazzo.
Vero, non volevo aiuti per malfidenza, ma...
...
In linea di massima, delegavo l'alcol: svolgeva egregiamente il grato compito di scatenare in me un'ondata di quella proibita euforia fino ad allora indesiderata che avrebbe anche potuto dare una bella svolta inaspettata alla serata: io mi dichiaravo, lei mi baciava commossa, il resto veniva da sé, figli e bla bla bla...
Solo che, dopo una bella caraffa da un litro di vodka lemon, eravamo già fuori di brutto; mentalmente ero al settimo cielo, il mio fegato invece non era affatto abituato!
Messomi accanto al primo che passava, parlavo senza sosta, in continuazione!
Un automa.
Foto, facce strane, video stupidi, un altro bicchierino per non interrompere l'emozione e giù, daccapo!
...
Lei... ohhhh se alzava il gomito... e mi guardava... credo...
Ciononostante, sebbene brilli, non trovavamo... non TROVAVO il coraggio di andare oltre: dalle fugaci occhiate che ogni tanto ci scambiavamo e data l'ebbrezza dirompente, sapevo dovevo azzardare!
...
E subito desistevo.
Imbecille!
Quante ne sprecai...
...
Sopraggiunse infine il 2 Maggio... e con esso, la mia fine.
23:40 circa, discoteca dal nome impronunciabile; al terzo giro di cicchetti, mi si presentava l'ennesima opportunità di successo; ma stavolta...
Probabilmente obnubilato da un sovraccarico di coraggio improvviso, la vidi ballare al centro della pista, da tutti idolatrata, da nessuno approcciata, e partii alla carica! Estrassi dai pantaloni il cellulare e cercai di darmi un contegno: utilizzando lo schermo come specchio, mi diedi una rapida pettinata, aggiustai il colletto della camicia, la fibbia dei pantaloni e...
...
No...
L'effetto della "somministrazione" calò drasticamente.
Osservandomi bene, mi vergognai da morire, perdendo ipso facto l'entusiasmo.
Mi abbattei atrocemente e il rum residuo in circolo non fece che amplificare quella spiacevole sensazione; speravo mi avrebbe tirato su, o quantomeno distolto i miei pensieri dal fallimento; ma ottenni il risultato opposto: problemi esistenziali sui quali mai mi ero soffermato si conficcarono brutalmente nella testa come pugnali: sarei rimasto solo? Avrei mai condiviso con lei un istante della mia esistenza? Da quali traumi finora ignorati o rimossi sono dettate le mie non-azioni sconsiderate, la mia petulante incapacità di allentare la pressione sui freni inibitori?! Cosa c'è di sbagliato in me?!
E passai le ore successive a lambiccarmi e dissanguarmi il cervello dietro montagne di stronzate.
Mi isolai.
...
Che tristezza.
Che rabbia!
Seguì un interminabile flusso di luci e suoni indistinti... che dilatarono e contorsero il tempo, al quale ben presto mi abbandonai... e dal quale riemersi dopo chissà quanto vomitando l'anima in un bagno fatiscente e scarabocchiato, evitando con immenso culo di farmi beccare nel degradante atto di rigettare l'anima.
Tra l'altro, il posto era diverso... c'eravamo spostati.
...
Ero completamente sfasato.
Verso le 2:00 tornai barcollante a casa e, sconsolato, stramazzai esausto sul letto.
Dovetti confrontarmi con un umiliante dormiveglia, dal quale riaffiorai totalmente rincoglionito ad un orario improbabile... demoralizzato; scesi per fare colazione, beccandomi una bella lavata di capo dai miei; non ci badai granché, le loro ramanzine mi scivolarono addosso: non riuscivo che a pensare e ripensare con ossessività alla mia codardia.
...
Che amarezza...
...
Poi...
...
Verso le 15:00, squillò il telefono di casa.
Risposi.
Una voce sconosciuta mi comunicò d'aver ritrovato il mio cellulare.
...
Perplesso, tastai nelle tasche... e mi resi conto doveva esser stata una sbronza micidiale!
Meno male l'aveva lui, in seguito rivelatosi il proprietario del tugurio nel quale avevo disastrosamente rantolato! Ringraziai il tizio all'altro capo e fissai per poterlo recuperare.
...
Col senno di poi, perderlo mi avrebbe risparmiato tutto questo.
Se solo avessi saputo, cazzo!
...
A cena conclusa, mi appollaiai al portatile e stetti una buona mezz'oretta ad "intrattenermi" fissando il salva schermo.
...
Dubitai della mia sanità mentale: persistendo imperterrito a quel modo, rigirandomi personalmente il coltello nella piaga, davo l'impressione di godere della mia ignobile posizione di sfigato; fu allora che, rinvenuto da quello stato comatoso, mi connettei alla rete e aggiornai Telegram: qualche bischerata sul gruppo mi avrebbe tirato su.
...
In quel preciso istante... mi accorsi di un'icona che segnalava... "memoria del dispositivo piena"?
...
Non me ne ero accorto.
...
Ebbi uno strano ed agghiacciante presentimento!
Accedetti alla cartella immagini e video e... mi coprii il volto dalla vergogna: mi attese una dolorosissima via crucis tra le foto imbarazzanti che quei bastardi avevano deciso di "dedicarmi".
Che orrore: più le scorrevo, più mi sarei scavato la fossa con le sole unghie! Lode a Dio non mi avevano pizzicato abbracciato al cesso!
Non avrei retto in quel caso.
...
Eh va be', me l'ero meritata: così imparavo a non lasciar incustoditi i miei effetti personali!
...
Sbuffai.
Stavo per chiudere ed andare a letto quando, ad un tratto...
...
La vidi!
...
Era vera.
Lì, sullo schermo!
Uno scuro ma decifrabile autoscatto.
...
Lei...
Felice, sorridente... pareva si rivolgesse a me contenta.
...
Prevedibilmente, fui inondato da una miriade di domande:
<Quando?! Dove?! Perché?!>
Non si capiva dove fosse a causa del buio, nessun altro compariva e la nitidezza si era pressocché limitata alla zona delle labbra.
Una rappresentazione mediocre, l'avesse valutata un esperto... ma... bastò quello a tranquillizzarmi: quella sua estemporanea apparizione non potei non apprezzarla, siccome sapevo...
...
Già! Non era mai successo accondiscendesse a farsi immortalare! Sempre in disparte in quei casi, mai un cameo! Neanche su Facebook o Instagram aveva pubblicato materiale del genere! Ero depositario d'un evento al limite dell'impossibile!
...
C'era un lampante messaggio alla base; non poteva trattarsi d'un semplice pensierino o... di una scommessa, d'uno strappo alla regola, d'una burla.
Non che meritassi un tale "regalo", però... averlo ricevuto doveva significare qualcosa: quella sua espressione... così... così complice, a mio avviso eloquente... sin troppo sincera...
...
Trattenni malapena un urlo di gioia!
Perché, in fondo... ritenni d'aver raggiunto il mio scopo.
...
Forse... il fatto che la ghermissi tra le mie mani... ne possedessi una perfetta riproduzione...
Solo io...
...
Fu l'inizio del mio lento e inesorabile declino fisico e, soprattutto, mentale: voglioso di conservare quell'oltremodo piacevole senso di possessione, non mi resi conto del progressivo tumore, meccanicamente mascherato da pillola della felicità, che lasciai sviluppare nel mio cervello: quel che stringevo ardentemente come trofeo era una banalissima foto che niente aveva di speciale; un esemplare unico che sì, da me solo era detenuto, ma che nessun altro aveva richiesto; tuttavia, benché almeno all'inizio consapevole la meta, ovvero LEI, fosse lontana, impalpabile... più mi rifugiavo in quella sua riproduzione, più perdevo gradualmente la percezione di quanto mi dovessi impegnare davvero per raggiungerla e lentamente... mi accontentai... mi assuefai.
...
Chi mi avrebbe creduto o reputato sano se lo avessi raccontato a giro?
Spinto da chissà quale alterazione psichica a ritenere la sua anima intrappolata tra le mie dita, nemmeno mi sforzai di rinsavire, tanto ero imbambolato nello scrutarne ed esaminarne ogni millimetro di pelle, ogni sfumatura dapprima trascurata e infine dalle mie pupille meticolosamente acquisita ed immagazzinata quale preziosa informazione, ogni contrasto cromatico, ogni dettaglio.
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A scuola non mancavano le brevi interazioni che sempre avevano intrattenute, ma... a che scopo?
Per un mese protrassi l'autocompiacimento con crescente dedizione trascorrendo sempre più ore attaccato allo schermo ad osservarla, in religiosa adorazione; poi, troppo piccola per poter essere apprezzata decentemente sul cellulare, la trasposi sul portatile impostandola come immagine di sfondo.
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Come feci a ridurmi così?
La potente droga che mi ero procurato mi annebbiava le tempie: averla in casa, al sicuro, anziché a pochi pericolosissimi banchi di distanza, con la certezza che neanche quei castrati dei miei "amici" mi avrebbero sottratta la mia dose quotidiana, impediva mi svegliassi.
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Non so se lei nutrì anche il più misero dei sospetti.
Forse l'ha fatto.
Forse... voleva accadesse.
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Una metamorfosi nel mio carattere mi colse impreparato: io, che sempre mi ero posto mille gradini sotto gli altri fregiandomi del titolo di scalognato cronico, il quale si permette di giudicare tacitamente giusto perché eroso dall'invidia, avevo dismesso la mia forte autocritica avanzando ora paragoni, tutt'altro che "potenzialmente fondati" e a me rivolti, tra la ragazza di cui mi ero innamorato e... l'altra... in classe mia.
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Perché, a ben giudicarla... non era poi così bella... quel naso, quegli occhi... quei capelli leggermente arruffati, credo tinti non molto bene... quel corpo mascolino nei punti sbagliati, l'abbigliamento poco femminile...
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Correrle appresso non era stata tutto sommato una buona idea: non era attraente, ma nella media... magari un filo sotto...
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Insomma, non smuoveva le mie fantasie, era... mah! Niente d'eccezionale. Simpatica, con nessuno che se la piglia... poveretta. D'altronde, finché di vesti a quel modo, ti acconci come una disperata che tenta d'essere una principessa, ti nascondi dietro chili e chili di "cerone"... cosa pretendi?
...
Uhm... bruttina. Quella lieve deformazione al setto nasale, quelle occhiaie mal coperte dal correttore, quella piccola cicatrice all'altezza del labbro, quel nevo sotto il collo... ma che..?!
...
Dio mio... bruttina? Brutta, altroché! Trasandata! Come si fa a vivere in quelle condizioni?!
Disgustosa, al limite dell'orrido, mi vergognai per lei! Una ributtante parodia, uno sgorbio, un mostro!
...
Questo almeno quel che pensai... o fui indotto a pensare: perché... io l'avevo, però... l'avevo immortalata nella sua posa migliore, nell'angolazione che più la risaltava, scevra, grazie agli effetti, di imperfezioni, avvolta nel vestito e nel trucco che quella famosa sera non avevo appieno apprezzato.
Mi premurai affinché l'apprezzassi appieno.
Lo feci.
E sei giorni trascorsero.
Le mie relazioni sociali furono compromesse, al pari dei miei voti: i miei "amici" continuarono a invitarmi; non accettai: figurarsi se volevo uscire con... "quella lì"; i professori si meravigliarono della mia scarsa attenzione durante le lezioni; mi ripresero, mi beccai qualche nota, chiamarono i miei genitori.
Invano.
Mi bastava sapere fosse in camera ad aspettarmi.
...
Ormai credevo la vita mi stesse donando più di quanto avrei potuto sperare!
Il suo sorriso... era davvero contagioso: lo fissavo e ricambiavo con infinito amore.
L'accarezzavo.
La baciavo.
...
Sei giorni trascorsero.
Poi il baratro.".
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