27

Matthew:
Dopo aver riaccompagnato Andrea a casa iniziai a camminare e poi a correre. Non era da me perdonare. Non era da me non arrabbiarmi. Eppure mi sentivo terribilmente in colpa per una cosa che non avevo commesso... -è stata Andy a tradire te con il suo ex- pensavo tra me, eppure l'agitazione che provavo non mi dava tregua. Forse stavo ancora metabolizzando, ma la cosa che più mi aveva sorpreso era stata la mia reazione. Se qualcuno mi avesse raccontato di questa scena ipoteticamente, gli avrei probabilmente riso in faccia affermando "io? Figurati, io l'avrei lasciata subito." Eppure no. Eppure ero innamorato di quella ragazza. Ma non fu perché l'amavo che non mi arrabbiai.

Mi ricordai di quella notte e gli stessi pensieri riaffiorarono alla memoria. -Come faccio a guardarla negli occhi? Come ho fatto a farla innamorare di me? Sono un egoista-
In realtà era quello il motivo per cui mi sentivo in colpa, non solo perché Andrea aveva sofferto, ma perché per causa mia avrebbe sofferto ancora di più.

-Forse è stato uno sbaglio, forse non dovrei più stare con lei. Forse....Ma cosa sto dicendo? Senza di lei non posso stare, non è fattibile. Lei è la mia ancora di salvezza.-

Ero troppo turbato e avevo bisogno di scaricare le mie ansie. Iniziai a correre senza fermarmi. La camicia aderì sempre di più al mio corpo, inumidendosi. Mi fermai solo dopo tanto e mi sedetti sulla panchina del parco dove l'avevo trovata, ubriaca dopo qualche birra. Sorrisi al pensiero, ma allo stesso tempo mi colpì una fitta al cuore.

-Lei è sana, è salutare, è allegra. È l'esatto contrario di me. Io sono rotto e la colla per aggiustarmi finirà per consumarsi e io non voglio sciupare quel bel fiore.-

Mi passai una mano tra i capelli mentre il ritmo dei miei respiri iniziava a calmarsi. Avevo corso tanto.
-Se le raccontassi di suo padre non so se riuscirebbe a riprendersi. Non so con chi parlarne. Mike...-
Chiamai il mio amico nonostante fossero le quattro di mattina.
"Matthew?"
"Ciao Mike." Risposi gravemente.
"Stai bene?" Mi chiese con voce assonnata.
"No. Scusami se ti disturbo a quest'ora ma..." sospirai. "Si tratta di Andrea."
"Ah...siete ancora.. state bene?"
"Sì e no. Beh, mi ha detto del suo ex però non è questo che mi preoccupa al momento."
"Beh, ma allora che c'è?" Disse ormai completamente sveglio.
"C'è che la storia di suo padre mi tormenta."
"Credevo che avessi superato..."
"No, non ci riesco. Non riesco a mentirle così spudoratamente, non riesco a far sì che una parte di lei si domandi che cosa è successo e che continui a domandarselo per sempre solo perché io sono un egoista codardo che non intende raccontarle la verità per paura."

"Beh Matt, non so cosa consigliarti perché è una situazione davvero delicata. Devi sapere che non è stata colpa tua. Non sei stato tu a farlo morire, non l'hai ucciso tu."

"E invece sì. Ero un incapace. Avrei dovuto guardargli le spalle mentre lui mi difendeva e invece ero troppo..." m'interruppi non trovando un termine in grado di esprimere il disgusto che provavo per quel me che tutti i giorni condannavo. "E invece non riuscii a sparare, e lasciai che qualcun altro sparasse a lui."

"Matthew non è facile uccidere una persona. Non è facile se sei in guerra, non è facile e basta. Va contro alla nostra natura e tu non sei malvagio. Eri molto giovane, eri ancora un bambino e nonostante ciò sei sopravvissuto alla guerra, sei tornato da uomo."

"Forse ero un bambino, un bambino che era in cerca di attenzioni e che per il suo egoismo ha deciso di intraprendere quello che non avrebbe potuto portare a termine. E questo a quale scopo Mike? Andrea è restata senza un padre e il destino ha voluto che io mi dannassi ancora di più per la morte di quell'uomo perché mi sono innamorato di sua figlia. E quindi tutte le volte che la vedrò sospirare, tutte le volte che la vedrò riflettere sul suo passato, tutte le volte che si sveglierà dai suoi incubi... la causa sarò io ed io soltanto. Come può amare un uomo così?"

2 Mesi Dopo...
Andrea:
"Ora scendo!!" Urlai a Matt dal davanzale della mia stanza.
La sua Ferrari era parcheggiata sotto al portone di casa e brillava, lasciando che la luce del sole si riflettesse sulla vernice nera.
Mi sorrise guardando in alto, aprendo il bagagliaio.
Scesi tenendo due borse tra le braccia.
"Salgo a prendere il resto, va bene?"
"Certo." Risposi.
Scese poi con una valigia e un trolley.
"Non capirò mai che cosa vi portate dietro voi donne per così poco tempo!" Affermò ridendo.
Era un lunedì, saremmo partiti per Parigi.
"Ma una settimana non è poco tempo!!!" Obiettai fingendomi offesa dal suo commento maschilista, ma sorridendo subito dopo.
"Beh, non voglio immaginare cosa ti porterai dietro quando ti trasferirai da me." Disse ancora tra le risate.
Il cuore mi si fermò. Non avevamo mai parlato di quando mi sarei trasferita da lui o se mi sarei trasferita affatto. Stava ridendo, ma sapevo che infondo era serio. Forse voleva vedere come avrei reagito ad una domanda del genere, forse si chiedeva se fosse l'ora di propormelo o se io lo avrei potuto giudicare troppo prematuro.
Sorrisi guardandolo per qualche istante negli occhi, poi distolsi lo sguardo. Con la coda dell'occhio notai che stava sorridendo soddisfatto.
"Abbiamo preso tutto?" Chiese ammiccando, mentre sul viso gli spuntava il suo sorriso sghembo.
"Sì, possiamo andare!" Dissi io con euforia.
Mi aprì la portiera e poi salì a sua volta. Il motore della macchina che accelerava era una musica per le mie orecchie, abituate alle automobili di tutti i giorni.

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