19
"Noi siamo i litigi e poi i sorrisi, i 'vaffanculo' e poi gli abbracci. Noi siamo i 'non ti sopporto più, vai via.' e poi i ' ma dove vai? Stai qui.'
Siamo i miei 'non posso andare avanti così' e poi i baci. Siamo ieri e oggi, e poi saremo anche domani.
Siamo noi e poi ancora noi."
"Farai tardi se non ti sbrighi!" Mi urlò Mike dal divano sul quale era stravaccato. Stavo giusto mettendo un filo di mascara, poi sarei stata pronta. Pensai che essendo una cena di beneficenza non ci fosse la necessità che mi vestissi in modo particolarmente elegante, cosi decisi di mettere un vestito nero e semplice che aderiva al mio corpo.
Legai i capelli, arrotolandoli e formando uno chignon, poi fermandolo con dei ferretti. Lasciai libere un paio di ciocche che mi caddero sulla fronte.
Mike si girò al suono dei tacchi in corridoio.
"Wow. Sei bellissima." Sorrise.
"Grazie." Risposi avvampando. "Sicuro di non voler venire?" Gli chiesi ancora.
"Sì, sono stanco e non ho voglia di vedere Matthew."
"Beh allora siamo in due." Dissi scherzando.
-no. Non è vero- intervenne la ficcanaso della mia vocina.
"Vado o farò tardi." Lo salutai uscendo.
In macchina ascoltai un po' di musica per cercare di rilassarmi. Sentivo in pancia un nodo che si stringeva e non riuscivo a non essere agitata. L'idea che avrei visto Matthew mi dava alla testa.
-calmati, forse non lo vedrai nemmeno. C'è tanta gente che presenzia a questi eventi.- cercai di tranquillizzarmi.
Parcheggiai la macchina sotto al Four seasons.
L'evento si sarebbe tenuto nelle sale da pranzo all'ultimo piano. Entrai e mi persi ad osservare il panorama mozzafiato. Il sole era appena tramontato, lasciando il posto a quelle tonalità violacee che coloravano il cielo nuvoloso. Quando si fece buio scostai lo sguardo e presi un calice di Champagne. Matthew entrò proprio mentre stavo bevendo quel liquido dolce e aromatico. Fu un sorso sprecato che mi andò quasi di traverso e di cui non potei assaporare il gusto.
-E quella che diavolo ci fa qui??!-
Matthew era accompagnato dalla Marrel. Si tenevano a braccetto.
Salutarono alcune persone e poi lo sguardo di lui si posò su di me. La sua espressione facciale non mutò, ma si diresse con la sua accompagnatrice verso di me.
"Ciao Andrea."
"Ciao." Risposi cercando di non avere una voce arrabbiata.
-Come cavolo osi portarti QUESTA qui!-
"Piacere, sono Ellis." La ragazza mi porse la mano con un sorriso smagliante.
"Ehm, io sono Andrea. Piacere." Ero un po' scettica all'idea di quelle presentazioni che non mi sembravano necessarie.
-Non poteva almeno essere stronza?-
Parlammo un po' e la conobbi meglio. Mi allontanai per prendere qualcosa da bere.
"Che ne pensi?" Mi chiese Matthew. Riconobbi la voce, sebbene non lo avessi guardato. A giudicare dal volume della sua voce era a poco più di un passo di distanza da me.
"Di cosa?" Gli chiesi con tono nuovamente normale, ma ancora non mi ero girata. Attendevo il mio champagne.
"Di Ellis."
-Ah.-
-Ma ce la fa?-
-No.-
"Sembra carina." Risposi in modo più antipatico. Mi voltai.
"Volevo che la conoscessi."
-Ma a che gioco sta giocando?!-
Cercai di sorridere.
"Come mai?"
"Potreste essere amiche."
-No grazie. Non voglio la tua supermodella come amica.-
"Credo di essere abbastanza grande da potermi scegliere da sola le amicizie."
S'incupì.
"Come ti trovi a Boston?" Pronunciò il nome della città come se fosse stata una cosa che lo schifasse. Aveva preferito cambiare argomento che litigare per via della mia risposta pungente e potei considerarlo un progresso.
"Bene." Ignorai quel suo modo di fare esagerato.
"Vieni, ti voglio mostrare una cosa."
Lo seguii perplessa. Entrammo in una stanza vuota e silenziosa. Le porte che si chiusero dietro di me ci separarono dalle altre persone attutendo i rumori generati dai chiacchierii degli invitati.
"Che cosa?" Gli chiesi. Si avvicinò alla parete di vetro che mostrava l'intera città ormai buia. Era un incanto. I palazzi erano illuminati in modo irregolare dalle luci gialle degli appartamenti, le stelle erano quasi invisibili. Sembrava una schermata di Tetris.
"So che ti piacciono i panorami." Disse quando mi avvicinai a lui, titubante.
Mi guardò negli occhi e smisi di pensare.
-Perché deve farmi sempre quest'effetto?-
Si avvicinò con un'intenzione che trovai pericolosa. Nella stanza accanto c'era Ellis e io non ero di certo la stronza che rubava i fidanzati alle brave ragazze, né volevo essere una delle tante opzioni di Matthew.
Mi spostai. Matthew mi guardò come se lo avessi ferito, in cerca di una spiegazione.
"Forse dovremmo tornare di là. Ellis si starà chiedendo dove siamo finiti." Lo guardai male, sebbene la mia voce fosse insicura come non l'avevo mai sentita in precedenza.
"Ellis ed io non stiamo insieme. A lei non importa quello che faccio." Rispose con voce più dura.
"Beh a me sì però. Non puoi essere così scostante Matthew. E poi si vede che state insieme."
"Noi non stiamo insieme!" Rispose frustrato.
"E come mai appare praticamente in ogni tua intervista?"
Non rispose, ma uscì dalla stanza lasciandomi sola. Mi sembrava di aver visto un sorriso ironico formarsi sul suo volto, ma probabilmente lo avevo solo immaginato.
Quel silenzio era diventato troppo forte.
-Ah! Al diavolo tutto...-
Uscii cercandolo, ma fui delusa quando mi accorsi che non era presente nemmeno nell'altra sala. Se n'era andato.
Ellis mi raggiunse. "È uscito dal retro." Mi disse sorridendo e salutandomi con sguardo d'intesa.
"Grazie." Le risposi riconoscente. Mi diressi verso il retro il più velocemente possibile; i tacchi non erano molto d'aiuto.
-Forse diceva la verità.-
Lo vidi camminare nel buio della notte. La porta che aveva aperto non si era ancora chiusa quando uscii, non si accorse dunque che ero dietro di lui. Camminavo con passo svelto cercando di raggiungerlo. Il retro dell'albergo dava su un cunicolo stretto e poco invitante. Gli posai una mano sulla spalla quando lo raggiunsi, ma lui si spaventò. Si girò di scatto e indietreggiò di alcuni passi, alzo le mani per difendersi, quando realizzò che ero io. Sembrava immerso in uno dei suoi incubi, ma con gli occhi sbarrati.
"Scusami. Non volevo spaventarti."
Non parlò, ma mi guardò in modo diffidente.
"Non volevo insistere su te e la Marrel. Ti credo se dici che non state insieme, io-" m'interruppe parlando a voce alta.
"Non ho bisogno di te." "Io. Non. Ho. Bisogno. Di. Te."
"Ok." Scandii quelle parole con calma, volevo che si tranquillizzasse, sapevo che era arrabbiato e tormentato dai suoi pensieri. Volevo aiutarlo.
Mi guardò in cagnesco, poi il suo sguardo si addolcì e un secondo dopo ero tra le sue braccia. Mi prese il volto tra le mani facendo pressione sulle mie labbra. Le mie mani furono sui suoi bicipiti. Quanto mi era mancato. Il bacio si fece più intenso e proprio come era incominciato, in modo inaspettato, finì. Matthew si voltò e se ne andò lasciandomi lì da sola. Anziché essere confusa ero felice. Immaginai che il giorno dopo mi sarei ripresentata lì. Così feci.
"Ciao."
"Ciao." Salutai Matthew quando entrai da quelle enormi porte. Mi era mancato terribilmente quel posto. Purtroppo però non era più solo mio, avrei dovuto condividerlo con la Roli. Sorrise e mi diede un bacio veloce.
"Ti va se andiamo a fare colazione?"
"Certo!" Risposi contenta per via di quel cambiamento.
"Lo sai, mi eri mancata incredibilmente qui. Senza te non è lo stesso."
"Sarei voluta tornare appena me ne ero andata."
"Perché non l'hai fatto?" Chiese guardandomi sempre con occhi dolci e comprensivi. Mi accarezzava la mano con il pollice in modo distratto.
"Non lo so." Abbassai lo sguardo. "Forse orgoglio. Forse paura." Il suo sguardo si fece più intenso.
"Paura di cosa?"
"Che le cose si facessero serie."
"Non vuoi nulla di serio?"
"Non è questo, ma prima non era esattamente quello che volevo, e poi mio padre..." Mi fermai non sapendo come continuare.
"Già, ti devo molte spiegazioni."
"Sì, ma non roviniamo questo momento." Gli dissi sorridendo.
"No, hai ragione." Rispose facendo lo stesso.
"Matthew?" Gli chiesi titubante dopo alcuni secondi di silenzio.
"Sì?"
"Tu sai ormai quasi tutto di me, mentre io non so niente di te."
Sorrise.
"È così. Prima di partire ero un'altra persona Andrea. Quando sono tornato da...dalla guerra sono cambiato. Quell'esperienza mi ha cambiato."
Non proseguì e io capii che per quel giorno mi aveva già raccontato fin troppo.
Parlammo del più e del meno, poi tornammo in ufficio.
"Andrea." Fece la Roli con voce tagliente quando mi vide comparire nell'attico che una volta era solo di Mike e mio.
"Ciao." Le risposi in modo scontroso.
"Suvvia, non sarai mica ancora arrabbiata con me. È acqua passata ormai. Ora lavoriamo insieme." Cantilenò.
"Vorrai dire che tu sei venuta a lavorare al posto mio." Scandii bene quelle parole perché afferrasse l'immensa differenza.
Quella sera mi diressi verso l'ufficio di Matthew sperando di poter ottenere almeno che la spostasse dalla mia stanza. Dopo una giornata nemmeno conclusa di sopportazione ero veramente sfinita. Entrai, stava guardando fuori dall'ampia finestra. Non si accorse che ero entrata, ma io non ci feci caso. Sembrava che stesse male. La sua espressione era la stessa di quando lo avevo trovato chiuso nello sgabuzzino, solo che sembrava più contenuto.
Mi avvicinai a lui, finché non fui distante solo un passo.
"Mat-" Matthew si girò, il suo sguardo era tetro ed era troppo immerso nei suoi pensieri per accorgersi abbastanza velocemente che si trattava di me. Un pugno mi arrivò dritto sulla mascella e un dolore lancinante lo seguì. Mi si formarono le lacrime agli occhi e non riuscii più a respirare. Non era per via del dolore. Avevo un attacco di panico, la scena mi ricordava troppo i colpi scagliati da Nick.
"Andrea." La sua voce era rotta e i suoi occhi esprimevano desolazione e dispiacere.
"Hai bisogno di uno psicologo, cazzo!" Gli urlai, ma me ne pentii subito dopo.
"Scusami, io...non...Andrea..."
Stavo guardando per terra. Le lacrime mi bagnavano il viso.
"Ti prego piccola...guardami. Andrea ti prego."
Lo guardai, dal mio sguardo stavano ancora scomparendo le ombre dei ricordi.
Mi sfiorò con estrema delicatezza il punto arrossato con un dito. Mi bruciò.
Corse a prendere del ghiaccio e mi fece sedere sul divanetto. Rimase accanto a me finché mi sentii meglio.
"Va tutto bene." Gli dissi poi in un sussurro. Gli presi una mano, ma lui si scostò.
"No, non va bene..io..mi dispiace Andrea..non..." Si passò una mano tra i capelli non sapendo cosa dire. Osservò la mia mascella e vidi i suoi occhi lucidi. "Va' a casa." Mi disse senza guardarmi. Teneva le mani allacciate l'un l'altra ed era appoggiato coi gomiti sulle gambe aperte. Il suo sguardo era perso. Bastava la sua voce ad esprimere quanto fosse dispiaciuto dell'accaduto. Stavo bene. Non era stato così male.
Due giorni dopo tornai al lavoro, come segno del pugno era rimasto solo un piccolo taglietto. Sarei voluta tornare appena varcata la soglia dell'uscita, ma temevo che le persone avrebbero chiesto e chiacchierato, anche se non avessi detto quello che era successo non volevo che Matthew potesse riscontrare ulteriori problemi. Avevo detto a Mike di essere caduta, ma non credo che se la fosse bevuta.
Volevo provarci sul serio con Matthew e non sarebbe bastato quello a fermarmi. Era la prima volta che mi sentivo pronta ad avere una relazione vera.
"Ehi." Mi salutò il mio capo, cercando di forzare un sorriso come se non fosse successo nulla.
Lo salutai perplessa.
"Ciao ragazze." Disse Matthew entrando dopo un'ora dal mio arrivo, non mi guardava. "Oggi v'insegnerò delle cose nuove." Sembrava di buon umore.
La giornata trascorse e Matthew non mi calcolò minimamente. Ci parlò di varie strategie economiche, ma fece intervenire solo la Roli, sebbene io fossi addirittura più preparata di lei.
Presi le mie cose, avvilita da come era trascorsa quella giornata. Mike era già andato. Fuori dall'ufficio era buio, ma notai Matthew voltato di spalle fermo poco più avanti sul marciapiede. Aveva le mani nelle tasche dei pantaloni scuri. La mia macchina era da quella parte. Non sapevo perché non mi avesse considerata. Gli passai davanti pretendendo di non vederlo.
"Oggi hai fatto un buon lavoro." Disse quando lo superai. Mi voltai di scatto. Mi stava forse prendendo in giro?
"Ma se non mi hai nemmeno considerata! Tutte le volte che volevo dire qualcosa tu m'ignoravi. Sembrava che stessi insegnando alla Roli, non a me."
"Ho cercato di trattarti come faccio con tutti." Rispose freddo.
"Ma io non sono tutti!" Gli urlai contro, le lacrime ormai mi appannavano la vista. "Che fai, prima mi prendi a pugni e poi mi dici Ehi?! Ehi?" Gli urlai contro.
"Mi dispiace." Abbassò lo sguardo. "La psicologa mi ha detto di mantenere un certo distacco da te e mi ha dato una serie di vocaboli da usare."
Quella parola, psicologa, mi ruppe il cuore. D'un tratto la mia voce si fece dolce.
"Mi dispiace..io non intendevo dirti quelle cose."
"E invece hai ragione. Sì, ho bisogno di uno psicologo. Ho bisogno di uno psicologo che mi dica come comportarmi, che cosa devo fare per stare lontano da te e lasciarti vivere la tua vita. Sto cercando di farmi perdonare per quello che ti ho fatto Andrea e ho bisogno di uno psicologo perché mi dica come posso parlarti, che termini posso usare. Sai, mi sono imparato a memoria la lista di alcune espressioni sta notte per evitare di dire quelle parole che mi tormentano dalla prima volta che sei entrata in questo palazzo." Si voltò per indicarlo e proseguì. Il tono della sua voce era carico di emozioni. "Da quando sei caduta su quel pavimento Andrea, quelle parole che sai che vorrei pronunciare non mi danno tregua e io ho bisogno di un fottutissimo psicologo, perché non sono l'uomo giusto per te. Io non sono adatto a te."
"Forse non dovresti deciderlo da solo se sei o no adatto a me!" Vedevo i suoi occhi luccicare, mentre i miei erano completamente carichi di lacrime.
"Mi dispiace Andrea." La sua voce era rotta.
"No, non puoi. Io voglio te!" Gli urlai contro frustrata. Mi passai una mano tra i capelli mossi e me ne andai lasciandolo solo, troppo abbattuta, e allo stesso tempo arrabbiata, per restare lì.
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Ciao belli!
Ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia. Come vi aspettate il seguito?
Notte❤️
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