16

"Essere me non puoi sapere com'è."

Nella mia stanza tirai fuori il trolley di Matthew e afferrai la collanina. Era mia e me la sarei tenuta. La presi tra le mani e la feci rotolare più volte osservando i piccoli riflessi che si formavano quando l'argento incontrava i raggi del sole che penetravano dalla finestra. L'aprii e guardai attentamente l'espressione di quella bambina serena e senza preoccupazioni: era un tempo troppo lontano perché ricordassi quella leggerezza. Accarezzai il viso con l'indice, come se quel gesto potesse riavvicinarla alla me che ero diventata. L'agganciai al collo e la nascosi sotto alla camicia bianca che indossavo.
Richiusi il trolley decisa a restituirlo al mio giovane capo e scrissi un biglietto, così da poterlo lasciare in portineria.

Sig. Anderson

Cercai di essere il più formale possibile. Lo infilai nella tasca esterna stando attenta che si potesse riconoscere la scritta, poi mi diressi verso casa sua.

Il portone era fortunatamente aperto, quindi entrai e cercai la portineria. Sebbene ci fossi già stata una volta, il cortile immenso che si estese davanti alla mia vista mi sorprese nuovamente. Sembrava l'estensione del National Park.
"Buona sera, mi scusi posso lasciarlo a lei?" Chiesi mostrando il trolley nero, una volta trovato l'uomo un po' ricurvo che doveva essere il custode.
"Buona sera signorina, naturalmente."
Aveva una certa età, ma i suoi lineamenti erano dolci e i suoi modi gentili.
"Grazie mille."
"Si figuri." Sorrise bonariamente e io mi congedai.
Misi le cuffie nelle orecchie durante il tragitto verso l'appartamento di Mike per sentirmi meno sola.

Going back to the corner where I first saw you,
Gonna camp in my sleeping bag I'm not gonna move,
Got some words on cardboard got your picture in my hand,
Saying if you see this girl can you tell her where I am,
Some try to hand me money they don't understand,
I'm not, broke I'm just a broken hearted man,
I know it makes no sense, but what else can I do,
How can I move on when I'm still in love with you.

Ripensai alle parole di Matthew. 'La troverò, devo tutto al padre.'
Da dove era tornato? D'un tratto m'illuminai. Mio padre quando era partito aveva portato con sé la collanina che era nel trolley di Matthew: e se fossi stata io la bambina a cui si riferiva? Un moto di emozioni miste s'impadronì di me. Se avesse saputo che ero io che avrebbe detto? Avrebbe voluto essere mio padre? Che cosa c'entrava lui con mio padre?
Avevo bisogno di parlargli, ma in quel momento mi sentivo tradita da lui. Non sapeva che fossi io quella bimba, la stessa della foto, eppure non ero abbastanza perché si dimenticasse di lei.
Forse non avrei dovuto dirgli la verità, probabilmente non mi avrebbe nemmeno creduta, infondo ero molto diversa da ogni punto di vista dalla bambina rimasta nel passato.

Quando entrai l'appartamento era vuoto. Mi accasciai sul divano e continuai a riflettere.
Dopo un po' sentii la serratura sbloccarsi e mi avviai verso la porta di casa.
Mike entrò, aveva il volto stanco. Immaginavo che anche lui fosse deluso, anche se da una persona differente...
"Ehi." Lo salutai dolcemente.
"Ciao Andrea."
"Mi dispiace." Mi affrettai a pronunciare quelle parole che avevo avuto in mente per parecchio tempo durante quel pomeriggio.
"Lo so, vieni qui." Aprì le braccia e io lo abbracciai forte.
"Ti voglio bene Mike, non avrei mai voluto dirti una bugia e mi dispiace, però avevo paura di come avresti reagito." Gli spiegai ancora tra le sue braccia.
"Va bene così, però promettimi che d'ora in poi mi racconterai le cose."
"Va bene." Dissi grata e felice che mi avesse perdonata.
"Mike c'è una cosa che devo chiederti."
Ci sedemmo sul divano in sala.
"Dimmi."
"Dov'è stato Matthew prima di tornare qui?"
"Non gli piace parlarne, è stato in guerra."
Quella parola mi fece rabbrividire. Tutto incominciava ad avere un senso nella mia testa che per anni era rimasta incasinata. "Da quando è tornato è diventato una persona diversa." Proseguì.
"Abbiamo litigato." risposi un po' soprappensiero. In quel momento Mike mi sembrò più grande di quello che era. Mi dispiaceva non contraccambiare i sentimenti che avevo scoperto, provava per me. Non ero nota come quella che fa le scelte giuste. No, io ero quella che doveva sempre complicarsi la vita in ogni modo possibile che le si presentasse.
"Sì lo so, ha accusato me di averti raccontato tutto." Sembrò dispiaciuto e aveva ragione ad esserlo. Matthew aveva messo in dubbio la sua fedeltà nei suoi confronti, sebbene fossero amici da quando erano piccoli.
"Mi dispiace, sono un disastro, dovresti starmi lontano per rimanere illeso." Gli dissi sorridendo.
"Che è successo?"
"Mi sono arrabbiata perché non può trattarmi così... Ho origliato, lo so sono una persona orribile." Affermai con un sorrisetto.
"Nah." Disse ridendo. "Hai sentito tutto quindi?" Il suo sguardo sembrava carico di una specie di speranza, ma quando risposi essa svanì.
"Me ne sono andata quando ha detto che se lo avesse saputo avrebbe fatto qualcosa, non sono restata a sentire cosa."
"Non volevo che lo scoprissi così." Disse con un sorriso dispiaciuto.
"E come?" Chiesi curiosa.
"Te lo avrei detto probabilmente, o forse avrei aspettato che mi passasse..."
"Da quando ti ho conosciuto hai cambiato la mia vita per il meglio. Sei un ragazzo allegro e dolce e sono contenta che posso averti, però come amico. Non ho mai avuto un amico così e ti voglio bene davvero. Non voglio rovinare tutto, come sono solita fare..."
"Tu non rovini le cose."
"Sai che sei la prima persona a dirmelo?" Risposi con un sorriso.
"È vero, sono le cose che si rovinano da sole quando ci sei tu di mezzo." Affermò ridendo.
"Posso chiederti una cosa?"
"Certo." Disse guardandomi con occhi dolci. In quel momento avrei voluto poterlo confortare, ma non ero in grado di farlo con me stessa, figuriamoci con gli altri... Ero un casino camminante.
"Possiamo comunque essere amici?"
"Sì, certo. Sapevo che le cose sarebbero rimaste così e non voglio perderti per nessuna ragione." Sorrise anche se sapevo che si stava sforzando a pronunciare quelle parole. Fui estremamente grata per la sua generosità.
"Grazie." Lo abbracciai. Restammo così per qualche minuto, poi il mio cellulare squillò.
"È Matthew." Dissi seria dopo essermi staccata da Mike.
"Non vuoi rispondere?"
"Non mi va particolarmente."
"Lascia, faccio io."

"Pronto?"
"Michael?"
"Sì."
Non avevo mai scorto la tensione che era presente in quel momento tra di loro. Pensare che la causa fossi io non migliorava di certo la situazione, anzi, mi faceva convincere sempre di più che sarei dovuta andare in giro con un cartello: 'Pericolo ambulante. Mantenere distanza di sicurezza.'
-Dovresti farlo sul serio...-
"Dov'è Andrea? Credevo di aver chiamato lei."
"È in bagno."
"Non ti credo."
"Non so cosa dirti."
"Dille di richiamarmi allora. È importante." Dalla sua voce sembrava nervoso.
"Ok."
"Ciao."
Mike non rispose e chiuse la comunicazione.
"Sei tanto arrabbiato con lui?" Gli chiesi dopo qualche secondo che lo osservavo. Il suo sguardo era rimasto rivolto allo schermo del cellulare ormai spento.
"Un po' sì, oltre ad avermi nascosto i suoi sentimenti per te mi ha anche accusato di essere venuto a riferirti tutto. Io non sono così..."
"Scusa, cercherò di spiegargli anche questo." Mi lasciai sfuggire un sospiro. Era un sollievo avere qualcuno con cui parlare. Da quando avevo conosciuto Matthew non avevo avuto nessuno con cui poter discutere di lui.
"Ti strazia questa situazione eh?"
"Sì." Affermai.
"Ti cucino qualcosa da mangiare?"
"Ti aiuto!"
Ci avviammo e preparammo una cena di gran lunga migliore rispetto a quella della prima sera. Insieme eravamo un bel team.
Trovai un'altra chiamata di Matthew ma non lo richiamai.
Dopo cena guardammo un film, poi verso le undici andai a dormire, esausta da quella giornata balorda.

La stanza in cui mi trovavo era ampia, le pareti erano di legno, la struttura assomigliava ad una baita. Sentii dei rumori. Il suono storpiato parve al mio udito il mio nome.
Attraversai la stanza al ripetersi dei suoni agonizzanti. Il pavimento antico scricchiolava sotto ai miei piedi.
Scorsi una porta, liscia e senza stipiti, che si confondeva con le pareti. Entrai. Un uomo era voltato e si reggeva al ripiano di metallo con una mano. Nell'altra, che si stendeva su uno dei suoi fianchi, reggeva una bottiglia. Urlava il mio nome e quello di mia madre, pronunciava frasi senza senso. Riconoscevo la camicia a scacchi. L'angoscia mi invase e la paura m'impedì di urlare come avrei voluto fare. L'uomo traballante si voltò verso di me. Gli occhi erano scuri e iniettati di sangue per via della nuvola di fumo che lo avvolgeva perennemente.  Il volto era rigato dagli anni. Portò il liquore alla bocca. Gli mancavano alcuni denti mentre gli altri si erano ingialliti per via del fumo e degli alcolici. La sua espressione era distorta dall'odio e dalla pazzia. Gli occhi infossati mi fissavano. Si avvicinò pronunciando le parole che conoscevo ormai a memoria. -lo faccio per il tuo bene.- Cercai di allontanarmi, ma la porta dietro di me era chiusa. Ero in trappola.
-Sei un sadico!- urlai. Mi tirò uno schiaffo che mi fece voltare la faccia. Immaginai che l'impronta della sua mano appiccicosa fosse impressa sul mio volto in una chiazza rossa. Le lacrime mi rigarono il viso per il dolore.
-Non toccarmi!-
-Sta' zitta! Ti ho detto di stare zitta!- sbraitava contro di me.  Nick era una brava persona quando era sobrio, ma ormai erano mesi che non si staccava dalle bottiglie.
Mi afferrò il polso quando si accorse che cercavo di uscire da quello stanzino.
-dove credi di andare?- rise in modo cattivo e il suono della sua voce pungente riecheggiò nella mia testa come se fossimo stati in una galleria.
Mi liberai sferrandogli un pugno in faccia e corsi. Non mi fermai per almeno dieci minuti, quando fui certa che non mi avesse seguita. Mi accasciai per terra. Non potevo tornare a casa perché mia madre mi avrebbe vista e non avrei potuto sopportare il suo dolore.
Rimasi lì.

Alle sei ero sveglia. Non ricordavo l'incubo della notte passata, ma la sua ombra si trascinò in una sorta di angoscia che mi accompagnò durante le ore successive.
Essendo presto ne approfittai per preparare la colazione, poi andai a svegliare Mike. Non ero ancora stata nella sua stanza e entrando non riuscii a fare a meno di notare le fotografie che teneva sulla scrivania. In alcune appariva vicino a lui una ragazza.
"Ho preparato la colazione!"
"Mmhh arrivo." Disse stiracchiandosi.
"Ok, non riaddormentarti però." Sorrisi e uscii. Mi vestii e Mike fece lo stesso prima che c'incontrassimo per bere il nostro caffè.
Quando raggiungemmo l'ufficio Matthew ci venne incontro, il suo sguardo era torvo.
"Vi lascio." Disse Mike guardandomi, in cerca della mia approvazione. Annuii controvoglia.
"Grazie." Gli strinsi il braccio e lui sorrise allontanandosi.
"Avevo chiesto a Mike di dirti di chiamarmi."
"Lo so."
"Ma?" Chiese scuro in volto.
"Non avevo niente da dirti Matthew e nemmeno ora, quindi se non ti dispiace vado." Mi stavo avviando quando mi prese per mano.
La sfilai dalla sua come se quel contatto bruciasse.
"Ah e comunque non è stato Mike a raccontarmi le cose che ho scoperto ieri, le ho sentite con le mie orecchie." Sputai quelle parole come fossero veleno.
"Dove l'hai messa?" Chiese con voce arrabbiata, ignorando completamente il mio commento.
"Dove ho messo cosa?" Sbottai.
"Lo sai cosa."
"Evidentemente se te lo chiedo è perché non lo so!" Avevo esaurito tutta la pazienza che avevo.
"La collana."
"Non ti riguarda."
"È mia e devi ridarmela."
"No, ti sbagli non è tua." Quel ciondolino aveva per me un valore affettivo enorme. Me l'aveva regalata mio padre ed io me ne ero separata solo per darla a lui. L'accettò come pegno per il suo ritorno. Non la rividi più.
"Dimmi dove l'hai messa Andrea! Non ti appartiene!" Urlò e le persone incominciarono a guardarci, curiose di che cosa stesse accadendo. Non succedeva spesso che Matthew perdesse le staffe.
"Contento ora che l'attenzione di tutti è rivolta verso di te?"
"Vieni con me." Mi afferrò il polso trascinandomi con sé.
"Lasciami! Sei uno stronzo!" Le mie parole lo ferirono, ma non potevo permettere a nessuno che mi toccasse contro la mia volontà perché i ricordi del mio passato con Nick erano ancora troppo nitidi.
Entrammo in una stanza piccola e poco luminosa. Aveva il volto basso e non mi guardava.
"Dammela. " il suo tono era teso quanto i suoi muscoli.
"Perché ci tieni così tanto?!"
"Perché sì. Sono fatti miei."
"Bene allora dove l'ho messa 'sono fatti miei.'" Gli feci il verso ripetendo le sue stesse parole.
"Andrea mi serve. È tutto quello che ho."
"Cosa intendi?"
"Se hai origliato lo sai." Rispose scocciato, ma anche un po' dispiaciuto. Sembrava stanco. Per un attimo mi sembrò una persona diversa, mi apparve come un essere indifeso e bisognoso di una tregua.
"La proprietaria la riscuote." Risposi acidamente perché le sue parole non rispecchiavano quello che mi parve di vedere.
"La conosci?" I suoi occhi brillarono per un istante, ma continuò a non guardarmi.
"Matthew quella collana mi appartiene.
È mia e voglio che mi racconti come l'hai avuta!"  Finalmente mi guardò, ma nei suoi occhi c'era disprezzo.
"Lo sai? Sei proprio una pessima bugiarda." Non s'interrogò nemmeno sul fatto che potessi dire la verità. Non si preoccupò del dolore che mi avrebbe causato, ma semplicemente, così dicendo, uscì.
"Quindi sono anche una bugiarda adesso?"
Non rispose e io lanciai un urlo per dare uno sfogo alla mia frustrazione. La gente avrà pensato che fossi impazzita, ma in quel momento era veramente l'ultimo dei miei problemi.
Andai da Mike irrompendo nel nostro ufficio.
"Mi presti la macchina?" Gli chiesi ancora nervosa.
"Sì, ma dove vai?"
"Devo prendere una cosa per quello stronzo."
Mi lanciò le chiavi.
"Sta attenta."  Mi ammonì preoccupato.
Uscii e raggiunsi di corsa l'auto parcheggiata. Andai velocemente a casa di Mike e dopo aver frugato per una decina di minuti tra alcuni scatoloni che non avevo ancora spacchettato trovai le foto che non guardavo più da anni. Ce n'erano alcune che mi ritraevano insieme a mio padre. Le presi.
Tornai il più velocemente possibile ed entrai nell'ufficio di Matthew senza bussare.
"Contento?" Gli urlai contro sbattendo le fotografie sulla sua scrivania. Le lacrime incominciarono a scorrere sul mio volto e mi appoggiai contro alla parete coprendomi il viso con le mani. La paura, la rabbia, il dispiacere che per anni avevo trattenuto dentro di me stavano finalmente uscendo tra quelle lacrime disperate. Matthew non era solo, ma si congedò immediatamente dalla sua compagnia appena apparvi.  Dopo un po' alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi colmi di dispiacere. Non volevo la sua pietà. Nessuno aveva mai saputo del mio passato lì a New York. Avevo deliberatamente deciso di non informare nessuno, perché ricordavo ancora bene  le espressioni dei volti dei miei amici, compagni, insegnanti quando scoprirono quello che era successo: tutti provavano compassione per me, pietà. Ero stufa di essere trattata come se avessi potuto rompermi, ero già rotta e i pezzi non si sarebbero più uniti da soli. Scelsi di andarmene e di incominciare una vita nuova, lontana dal mio passato, ma ecco che l'uomo di cui mi ero innamorata lo rappresentava interamente.
Il mondo che mi ero costruita si ruppe come se le pareti fossero state di carta e improvvisamente mi sentii spoglia e umiliata davanti a Matthew.
"Sei contento adesso?" La mia voce era più calma, ma rotta dalla tristezza. Tolsi la collana che avevo tenuto al collo dalla sera precedente e la appoggiai sul tavolo, poi me ne andai. Matthew era rimasto lì, immobile, l'unica emozione che trapelava dai suoi occhi era desolazione. Sarebbe stata un'altra persona da aggiungere alla lunga lista che mi avrebbe compatito da quel momento in poi. Ma io non volevo né la sua compassione, né tantomeno la sua pietà. Avrei dovuto dimenticare anche lui nella speranza di andare avanti. Non solo uscii dal suo attico, ma uscii anche dall'enorme palazzo che mi aveva ricondotta all'inizio dei miei incubi. Chiamai un taxi e mi feci portare a casa di Michael.

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Ciao belli!
Che ne dite di questo capitolo? Spero che vi piaccia! Cosa pensate che succederà con Matthew?

Tra poco rincomincerà la scuola (io purtroppo inizio tra 5 giorni) quindi pubblicherò in modo più regolare. Spero di riuscire ad aggiornare due volte alla settimana, in caso non fosse possibile, ridurrò a una. :)
Baci❤️

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