.6.

Amber

«Louis... posso farti una domanda?» chiesi al ragazzo dalle arruffate ciocche castane, sedendomi accanto a lui sul divano in pelle del soggiorno. 

«Certo» acconsentì, prendendo un sorso dalla sua birra, per poi rivolgere lo sguardo verso di me.

Erano passate ormai quasi due settimane dallo scontro tra Jacob e Louis, e quel giorno ero rimasta sola col castano, in quanto tutti i suoi coinquilini erano usciti.

Erano stati dei giorni veramente intensi, passati a ridere e scherzare con Louis, Lincoln e Nolan, che avevo imparato a conoscere meglio: Lincoln non aveva la ragazza, mentre da qualche mese Nolan ne aveva conosciuta una che, a detta sua, sembrava essere la sua anima gemella.

La sua espressione mentre parlava di lei era sognante; quel biondo sembrava un ragazzo veramente dolce: non potei fare a meno di pensare a quanto la donna di cui pareva essersi innamorato fosse fortunata.

Isaac e Zade, dal canto loro, non avevano mai partecipato attivamente alle nostre conversazioni, e se Zade l'aveva fatto, era stato solo per rispondermi in maniera sarcastica o per farmi sentire a disagio: avevo imparato a ignorare le sue cattiverie, proprio come avevo sempre cercato di fare con Jacob.

In quei giorni, Louis rivelò come lui ed Anne si erano conosciuti: il castano l'aveva incontrata in un bar di periferia, non sulla strada, come inizialmente avevo creduto. 
Si erano da subito piaciuti e tra i due era nato qualcosa, ma a detta di Louis, la bionda non aveva tempo per relazioni stabili dato il lavoro che faceva: nonostante questo, avevano comunque deciso di rimanere in buoni rapporti.

Louis aveva precisato inoltre che lei fosse l'unica prostituta con cui aveva avuto a che fare, ma io non ne ero rimasta poi così stupita: avevo capito sin da subito che quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio non fosse qualcuno che aveva bisogno di pagare per ottenere delle prestazioni sessuali.

Durante quelle settimane non era uscito di casa neppure per un istante, deciso a non lasciarmi sola: secondo lui, dopo l'incontro con Jacob era prudente che non uscissi per un periodo di tempo, in modo da evitare spiacevoli situazioni come quella al centro commerciale.

Trovavo quel gesto molto dolce da parte sua, e piano piano cominciavo a credere che le sue intenzioni nei miei confronti fossero davvero le migliori...

Eppure, un pensiero fisso non mi permetteva di convincermi che tutto fosse realmente perfetto come sembrava: insomma, mi chiedevo come quel ragazzo potesse avere così tanto tempo libero da dedicarmi.

Non aveva delle commissioni da sbrigare, un lavoro?

La villa in cui viveva coi suoi amici era veramente ampia e aveva tutta l'aria di essere costosa: mi chiesi come Louis potesse mantenere una casa simile senza un impiego.

Naturalmente, avevo calcolato diverse opzioni possibili: magari la mansione che svolgeva gli permetteva di lavorare da casa, siccome lo avevo visto spesso utilizzare un computer, oppure aveva semplicemente preso un breve periodo di permesso, anche se questa seconda alternativa mi sembrava decisamente meno probabile della prima.

Tuttavia, non riuscivo a togliermi dalla testa la possibilità che Louis fosse coinvolto, come Jacob, in qualcosa di diverso, qualcosa di... losco.

Era da fin troppo tempo che avrei voluto sapere ciò che gli stavo per chiedere, ma non gli avevo ancora mai posto quella fatidica domanda, probabilmente per paura che la risposta non sarebbe stata gradevole.

In quel momento, però, sentivo il bisogno di saperlo: fu proprio per questo che, di punto in bianco, glielo chiesi.

«Come... come vi siete conosciuti tu e mio fratello?»

Il ragazzo quasi si strozzò con la birra che stava bevendo quando pronunciai quelle parole. Spalancai gli occhi, inclinando la testa da un lato.

«Louis?» lo chiamai, preoccupata. Dopo qualche colpetto di tosse, il giovane uomo si ricompose.
«Scusami, Amber. Sto bene». Si schiarì la gola.

«Perché mi fai questa domanda?» tentò di rimanere impassibile, ma era chiaro che il mio quesito improvviso lo avesse spiazzato. Congiunsi le mani tra loro, prendendo a fissare il pavimento.

«È che... ho davvero bisogno di risposte...» rivelai, mordendo il mio labbro inferiore, «e poi, mi ha fatto piacere il fatto che tu abbia voluto rimanere con me per tutti questi giorni, davvero, ma non ho potuto fare a meno di chiedermi come potessi...» mi bloccai per un istante, accumulando il coraggio necessario per porgli quella domanda. «Mi sono chiesta se tu avessi un lavoro, e quale potrebbe essere».

Il ragazzo spostò lo sguardo altrove, sembrando quasi turbato dalle mie parole, e capii dalla sua espressione che avrebbe preferito di gran lunga non aprire quel discorso.

«Non sei costretto a parlarne, però ti prego...» lo supplicai, abbassando ancora una volta il capo, «ho davvero bisogno di sapere se-»

«Non credo sia il caso, Amber» mi interruppe, passandosi una mano sul viso. 

Nel momento in cui riprese a guardarmi, gli rivolsi uno sguardo di supplica che il ragazzo fissò attentamente per attimi interminabili. Poi, emise un lungo sospiro.

«E va bene. Immagino di non poter continuare a tenerti all'oscuro di tutto, ora che la tua permanenza in questa casa è diventata una cosa seria» annunciò con tono arrendevole, folgorandomi con quelle sue stalattiti di cristallo, «ma sappi che ciò che sto per dirti non ti piacerà affatto» mi avvisò, profondamente serio.

La sua premessa mi spaventò a tal punto da farmi pentire di averglielo chiesto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Era tempo che affrontassi la realtà, qualunque essa fosse.

«Quello che hai visto di me in questi giorni, non è l'esatta rappresentazione di ciò che sono» esordì d'un tratto Louis, e io lo guardai perplessa, chiedendomi cosa volesse intendere. Prima che potessi dire qualunque cosa, il ragazzo proseguì.

«Non che ti abbia mentito su qualcosa, Amber, solo... non ti ho raccontato tutta la verità. Ho cercato di tenerti all'oscuro dalla vita che conduco per non spaventarti, ma ormai, in un certo senso, sei entrata a far parte del gruppo, perciò prima o poi dovrò raccontarti ciò che faccio per vivere... anche perché non potrò rifiutarmi di farlo ancora per molto» confessò. La sua espressione si era fatta così cupa e responsabile da scatenare un brivido freddo lungo tutta la mia schiena, eppure, non riuscii a non fare caso alle sue parole: mi riteneva davvero parte del gruppo?

Dopo qualche attimo, riuscii finalmente a spiccicare parola. «Di cosa si tratta?» Ricambiai il suo sguardo intenso, in trepidante attesa di scoprire ciò che Louis mi aveva tenuto nascosto. Il ragazzo catturò coi denti il labbro inferiore, tentennando per qualche istante. Poi prese un lungo respiro, iniziando a parlare. 

«Il mio lavoro di tutti i giorni, Amber, non è un lavoro ordinario come gli altri. Io non sono un impiegato. Non faccio il commesso, né il cameriere. Il mio è un lavoro un po'...» si fermò, come se stesse cercando il termine adatto, «violento, ecco»  continuò, incatenando i suoi occhi gelidi ai miei. «Si tratta di combattimento clandestino».

Impiegai diversi secondi a realizzare ciò che Louis mi aveva confessato, come se avessi avuto bisogno di tempo per metabolizzarlo.

Combattimento clandestino.

Non sapevo se sentirmi sollevata, poiché avevo finalmente scoperto che Louis non aveva a che fare coi pessimi giri di cui Jacob era a capo, oppure se mettermi a urlare dalla disperazione perché, per un attimo, avevo seriamente sperato che quel ragazzo così buono e premuroso non facesse parte di quel mondo.

In ogni caso, seppure non volessi ammetterlo a me stessa, in cuor mio sapevo che Louis non potesse essere così lontano da quella realtà che ormai da anni mi circondava, altrimenti l'udire il cognome di mio fratello non avrebbe scatenato alcuna reazione in lui.

Eppure, sentirglielo dire assumeva tutt'altro significato.

«Louis...» proferii, deglutendo il groppo che avevo in gola, «tu fai a botte, illegalmente... in cambio di denaro

Non avrei mai immaginato che, per guadagnarsi da vivere, un ragazzo dolce e gentile come lui potesse fare un lavoro del genere.

«Beh, dipende» rispose, portando alcune ciocche di capelli castani all'indietro, «la maggior parte delle volte si tratta di questo, sì; ci sono però giorni, anche se è raro, in cui partecipo a delle corse clandestine. È proprio lì che incontro sempre tuo fratello: Zade è a capo del nostro gruppo, Jacob invece del suo, perciò capisci, c'è una certa rivalità tra noi» confessò, serio, e il suo volto si incupì nel pronunciare il nome di mio fratello.

Sbattei diverse volte gli occhi, sentendomi profondamente scossa da quella serie di rivelazioni. 

«Z-Zade... anche lui fa queste cose?» gli chiesi, accorgendomi di quanto la mia voce suonasse tremante. Dovetti sembrare parecchio ingenua ai suoi occhi, perché alla mia domanda, Louis sorrise amaramente. 

«Amber... è quello che facciamo tutti, qui» rivelò, fissandomi quasi con un velo di rassegnazione impresso nelle iridi. Avrei preferito di gran lunga non sentire quell'ultima frase.

Nolan, Lincoln, Isaac... Zade. Non c'era nessuno di loro che non appartenesse a quell'inquinata realtà.

Per un secondo immaginai Louis, un ragazzo che avevo scoperto essere così genuino, combattere su un ring, storcendo il naso al solo pensiero. Non l'avevo mai creduto capace di fare del male, eppure quella rabbia, quella violenza che aveva mostrato con Jacob al centro commerciale lasciavano a intendere che il castano non fosse affatto capace di mantenere la sua solita calma, nel caso in cui qualcuno lo sfidava.

Rimasi in silenzio, nel tentativo di assimilare tutte quelle informazioni per trarne una conclusione:  come avrei potuto rispondere ad una rivelazione simile?

Dopo attimi che parvero interminabili, finalmente trovai il coraggio di proferire qualcosa.

«Perché non me l'hai detto prima? Sin... sin da subito?» domandai, amareggiata.

Credevo che rimanendo con Louis mi sarei liberata di tutto ciò che riguardava Jacob e i suoi affari loschi, anche se solo momentaneamente, ma solo a quel punto mi resi conto di quanto fossi stata sciocca a pensarlo.

Solamente perché quel ragazzo era stato gentile con me, non significava che tutto ciò che lo riguardava fosse perfetto.

La risposta di Louis non tardò ad arrivare: sembrava sinceramente dispiaciuto per avermi nascosto la realtà.

«Credo semplicemente che non volessi ancora renderti partecipe di quello che faccio nella vita. Non ne vado particolarmente fiero, sai?» ammise, la fronte lievemente corrugata mentre ne parlava. «So che avrei dovuto dirtelo prima, ma avevo paura che saperlo avrebbe potuto intimorirti... e l'ultima cosa che voglio è proprio questa, Amber» Louis sollevò incerto una mano, avvicinandone piano il dorso al mio viso, «per questo motivo ho preferito che scoprissi da sola quanto i ragazzi siano affidabili e di cuore, prima di conoscerne ogni sfaccettatura. Per questo ho voluto che mi conoscessi per la persona che sono realmente: non volevo che sapere quello che faccio per vivere ti facesse cambiare opinione su me...» prese una piccola pausa e strinse una mano in un pugno. «Volevo vedessi con i tuoi occhi che non sono il fottuto mostro che tutti credono io sia quando salgo su quel ring».  Pronunciò quelle parole come se quella fosse la vera battaglia che affrontava ogni singolo istante della sua vita.

Mai, da quando conoscevo Louis, mi sarei aspettata una confessione simile. 

Nonostante fossi turbata dal suo racconto, ciò che aveva appena proferito mi fece ragionare: avevo imparato a conoscerlo durante quel tempo passato insieme, avevo capito che fosse una persona buona, altruista e di cuore, qualcuno di cui forse, un giorno, avrei potuto fidarmi.

Era questo ciò che Louis mi trasmetteva: fiducia, sicurezza... non timore.

Desideravo che lo sapesse.

«Non mi spaventi, Louis, e credo che mai potresti farlo» ammisi intrepidamente, catturando la sua completa attenzione su di me. «Tu non sei affatto un mostro, sei un ragazzo... speciale, e se lo dico è perché lo penso davvero. Ho sempre creduto che nella vita non è importante ciò che fai, bensì quello che hai nel cuore: quello che hai fatto per me dice tanto sul tuo conto. Non potrei mai dimenticarlo... mai» svelai infine, abbozzando un timido sorriso.

Il mio discorso parve colpirlo, probabilmente non si aspettava di sentire qualcosa del genere da me, dopo ciò che mi aveva rivelato.

Il dorso della sua mano prese a sfiorare leggero il mio viso, carezzandolo con cura, quasi avesse avuto paura che, applicando una maggiore forza, avrebbe potuto farmi del male.

«Sei così buona, Ambs...» bisbigliò, incatenando il suo magnetico sguardo al mio, e un brivido sconosciuto attraversò la mia schiena quando udii la sua voce melodica chiamarmi in quel modo. Rimasi stupita dalla spontaneità con cui aveva usato quel nomignolo per rivolgersi a me: non aveva mai abbreviato il mio nome, prima di quel momento.

Mi presi qualche istante per osservare i suoi incantevoli e marcati lineamenti, scrutandone la curva perfetta della mascella, la pelle chiara e quei suoi occhi di ghiaccio contornati da lunghe ciglia, così seri mentre fissavano i miei.

Ero talmente intenta a scrutare ogni singolo particolare del suo viso che non mi accorsi di quanto, nel frattempo, Louis si fosse avvicinato lentamente a me, a tal punto da percepirne il caldo respiro sulla mia pelle sensibile: rimasi immobile quando l'altra mano di Louis si poggiò delicatamente sul mio viso, sfiorandone lo zigomo con le lunghe dita.

A interrompere il nostro intenso contatto visivo fui io, ritrovandomi a posare la vista sull'unico dettaglio del suo volto che ancora non avevo esaminato. Le sue labbra erano rosee e carnose, parevano talmente invitanti che, per un solo istante, mi chiesi se fossero così morbide come apparivano.

Non compresi il perché, ma il desiderio di scoprirlo divenne quasi inarrestabile.

Che cosa mi stava succedendo?

Smisi di domandarmelo nel momento in cui successe, così in fretta da farmi quasi pensare di averlo sognato: Louis poggiò le sue labbra sulle mie e, in quel preciso istante, una strana sensazione mai provata prima si impossessò del mio stomaco.

La sua bocca sfiorò dolcemente il mio labbro inferiore, facendomi sentire come se stessi baciando della soffice seta, e dopo un primo momento di stupore, chiusi gli occhi, godendomi quelle nuove quanto piacevoli sensazioni.

Non era affatto come quello che mi aveva dato la prima volta, rude, passionale, senza emozioni: era bensì un bacio puro, sincero; era tutto quello di cui avevo bisogno.

Avevo ragione. Le labbra di Louis erano così morbide.

Dopo qualche secondo, Louis allontanò la sua bocca dalla mia, tornando a guardarmi negli occhi come se volesse capire se quel bacio era ciò che desideravo anch'io. Non ne aveva la minima idea.

«L-Louis...» fu tutto quello che riuscii a dire, prima che la porta di casa si aprisse e si richiudesse di soprassalto, interrompendo bruscamente le mie parole.

Immediatamente ci staccammo l'uno dall'altro, come se solo in quell'istante ci fossimo resi conto di quello che era successo tra di noi.

La figura di Zade fece capolino nel soggiorno: non appena ci vide, rimase qualche attimo a osservarci incuriosito.

«Zade... già di ritorno?» gli chiese Louis, disinvolto, afferrando nuovamente la sua birra abbandonata sul tavolino e prendendone un sorso.

Seguirono svariati attimi di silenzio prima che Zade prendesse parola.

«Come puoi ben notare» disse con tono cupo, indicandosi, «interrompo qualcosa?» domandò poi, acido come sempre, passando lo sguardo da Louis a me.

«Non preoccuparti» fu tutto ciò che disse Louis, sollevando le spalle disinibito. Mi chiesi se stesse fingendo in quel modo solamente per la presenza di Zade, oppure se per lui quello che c'era stato tra noi non fosse nulla di importante.

Zade emise una mezza risata amara, poi si diresse in cucina, senza più degnarci di uno sguardo.

Presi un lungo e sconsolato respiro: perché, tutt'a un tratto, l'atmosfera pareva essersi fatta così pesante?

Quando il corvino tornò, passando dal salone per potersi rintanare nella sua camera, sembrò indugiare per qualche istante prima di proseguire lungo il suo cammino: decise di fermarsi di fronte a Louis, osservandolo con una nota di aspro divertimento prima di rivolgergli la parola.

«Comunque mi meraviglio di te, Parker: non pensavo l'astinenza ti facesse così male da abbassarti ai livelli di una santarella qualunque» disprezzò, ridacchiando quando notò le mani dell'amico stringersi in due pugni, «davvero, Louis, complimenti» sbottò infine, prima di darci le spalle e dileguarsi.

Abbassai lo sguardo al suolo, affranta. Quello che Zade aveva detto mi aveva ferita nel profondo: ogni giorno che passava, mi faceva sempre più sentire come se non avessi valore, come se fossi inutile...

Per quanto continuassi a provarci, non era affatto facile sopportare le sue brutte parole.

Dopo attimi di silenzio, fu Louis a prendere la parola.

«Lascialo perdere, Amber, vedrai che gli passerà» disse, sorridendomi flebilmente.

Sospirai, annuendo, annunciando poi che sarei salita al piano di sopra per finire di mettere ordine nell'armadio. Ero fin troppo abbattuta in quel momento per riuscire anche a solo a sostenere lo sguardo di Louis, dopo i recenti avvenimenti.

Nel momento in cui mi alzai dal divano, però, venni bloccata da una stretta attorno al mio polso.

«Ambs, aspetta».

Mi voltai verso Louis e fui costretta a sollevare la testa per poterlo guardare negli occhi, ora che eravamo entrambi in piedi, rimanendo in attesa di udire ciò che avesse avuto da dirmi.

«Non sei una qualunque» rivelò, cogliendomi totalmente alla sprovvista, «e per me quel bacio significa qualcosa».

Sbattei più volte gli occhi, osservando il suo viso mentre pronunciava quelle parole così profonde: alcune ciocche di capelli erano ricadute sulla fronte, rendendo il suo sguardo ancora più affascinante, mentre quelle sue iridi chiare mi guardavano come se avessero potuto leggermi dentro.

Gli angoli della mia bocca si sollevarono in un flebile sorriso alla sua rivelazione.

«Anche per me, Louis» ammisi prima di potermene rendere conto, ottenendo dal ragazzo un bellissimo sorriso, prima che la sua presa sul mio polso si sciogliesse.

Gli diedi quindi le spalle e mi diressi verso le scale, prendendo a salirle ancora sorridente: mi chiesi a cos'avrebbe portato la situazione che si era creata tra me e Louis, e cosa sarebbe potuto cambiare tra di noi dopo quel piccolo bacio.

Nel momento in cui pensai al modo brusco in cui Zade aveva parlato di me, però, il mio volto si incupì: quel ragazzo non mi conosceva nemmeno, eppure sembrava riuscire a rovinare ogni mio singolo momento di felicità.

Avrei tanto voluto sapere perché ce l'avesse in quel modo con me.

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