.36.


Le mie orecchie presero a fischiare, e giunse ovattato al mio udito il grido di dolore dell'uomo, che si gettò a terra premendo la mano contro la ferita che ero stata io a infliggergli.

Per un attimo, non compresi più nulla: le urla dello sconosciuto parvero sempre più lontane, e fissai il suo corpo accasciato al suolo incredula.

Ero come caduta in uno stato di trance, incapace di credere di aver avuto tutto quel coraggio. Ma non potevo certo dire di esserne pentita, no.

Quell'uomo non sarebbe morto a causa di una ferita da arma da fuoco alla gamba, ma quella ragazzina avrebbe rischiato davvero grosso, se non fossi intervenuta.

Non potevo lasciare che le facesse del male. Non potevo rimanere ancora una volta immobile dinanzi a una violenza.

Fu proprio la ragazza a risvegliarmi dal mio stato confusionale: non mi resi conto che si fosse diretta verso di me finché non mi fu davanti e mi afferrò la mano, scuotendo il mio corpo paralizzato.

«Forza, sbrigati! Dobbiamo andare!» mi urlò in pieno viso quando notò che fossi rimasta impalata a fissare l'intera scena.

Annuii, incerta e tremante, quindi la ragazza mi trascinò via da quel vicolo e insieme scappammo il più in fretta possibile di lì, lasciandoci alle spalle il viscido uomo che avrebbe avuto il coraggio di ferire una fragile e indifesa ragazza e le furiose sue grida.

Corremmo per svariati isolati mano nella mano senza mai guardarci indietro, e nonostante l'adrenalina avesse pervaso il mio corpo, dopo svariati minuti la mancanza di fiato si fece sentire.

A un tratto la ragazza dietro di me sciolse la presa dalle mie dita, gesto che mi portò a fermarmi e a girarmi verso di lei: si era piegata sulle ginocchia e aveva portato una mano sul petto, mentre con l'altra cominciò a gesticolare per farmi capire di volersi fermare.

Il respiro di entrambe era affannoso, ma nonostante questo avrei preferito allontanarmi ancora di più, in modo da avere la sicurezza che l'uomo non avrebbe potuto raggiungerci, anche se le condizioni in cui lo avevo lasciato glielo rendevano quasi impossibile.

«Ti prego...» supplicò la ragazza ancora piegata sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato. «Fermiamoci un po', non ce la faccio più».

Sospirai. Non potevo darle torto: tutto ciò che desideravo, in quel momento, era riprendermi da ciò che era appena successo.

In fondo, avevo appena sparato a una persona.

Quella consapevolezza mi privò di ogni singola particella di ossigeno avessi accumulato dopo la fuga.

Mi guardai intorno, spaesata, e notai che poco più avanti vi fosse un giardinetto scarsamente illuminato, pieno di panchine.

«D'accordo, fermiamoci per un po'. Vieni, andiamo a sederci».

La aiutai a rimettersi in piedi, cercando di non farle notare quanto stessi tremando, e dopo un suo cenno di assenso spostammo i nostri piedi sull'asfalto verso una delle panchine su cui abbandonammo completamente i nostri pesi, ancora sconvolte.

Prendemmo posto in un angolo piuttosto buio del giardino, gli alberi intorno a noi erano maestosi e fitti, pronti a nasconderci dai pericoli dell'esterno.

Quando con grande fatica riprendemmo entrambe a respirare regolarmente, la ragazza decise di rompere il silenzio, fino a quel momento riempito dai nostri respiri ansanti.

«Non so chi tu sia, né cosa ci facessi in quel momento proprio lì, dove avrei potuto rischiare la vita...» cominciò, portandomi a rivolgere lo sguardo verso di lei, «ma ti ringrazio per avermi aiutata: avresti potuto ignorarmi, avresti potuto andartene, ma non l'hai fatto, perciò... grazie. Grazie per avermi salvata» proferì riconoscente, fissandomi con due grandi occhi da cerbiatto spaventati e lucidi.

Era davvero una bella ragazza: i lunghi capelli castani le arrivavano fin sotto il seno, coperto da una larga felpa colorata di nero e viola, una dolce frangetta nascondeva la sua fronte dalla pelle abbronzata, e i lineamenti del suo volto erano dolci, come quegli occhi scuri che avevano preso a fissarmi con gratitudine.

Quasi mi sembrava di aver già visto un volto simile al suo, ma non sapevo dove avrei potuto averla incontrata prima.

Le rivolsi un debole sorriso, intenerita dalla sua reazione.

«Non avrei mai potuto abbandonarti in quel modo e andarmene via. Non me lo sarei mai perdonato» dissi, e non c'era niente di più vero. In risposta, ottenni l'abbozzo di un sorriso.

«Non preoccuparti, comunque. Ti si legge in faccia che non hai mai fatto qualcosa del genere, ma non hai nulla da temere: purtroppo, quel verme sopravvivrà» annunciò, e nonostante già sapessi di non avergli inflitto un colpo mortale, sentirlo pronunciare da qualcuno a voce alta riuscì a calmare i miei nervi, anche solo per brevi istanti.

Avevo sparato alla gamba di una persona per salvare una vita. Avrei dovuto convivere con quel peso per il resto della mia vita, un peso che, però, sancì allo stesso tempo qualcosa di diverso: la nascita di una nuova me, più risoluta e coraggiosa, capace di difendersi con le proprie forze e di reagire alle ingiustizie senza l'aiuto di nessuno.

Mi sentii meglio.

Non potei fare a meno di domandarmi cosa ci facesse quella ragazzina lì, e perché si trovasse in quella situazione con quell'uomo... non sembrava affatto la classica ragazza di strada.

«Ma, perché... insomma, cos'è successo? Cosa stavi trattando con quell'uomo, a quest'ora della notte?»

Notai il suo gracile corpo irrigidirsi alla mia domanda, ma questo non le impedì di rispondermi, in maniera completamente diversa da quella che mi sarei aspettata.

Infatti, dopo qualche attimo di esitazione passato torturandosi il labbro inferiore, la ragazza afferrò lo zainetto posto al suo fianco e ne svuotò il contenuto sulle proprie gambe, rivelando varie bustine contenenti grandi quantità di sostanze stupefacenti.

Strabuzzai gli occhi a quella vista, rivolgendo lo sguardo su di lei.

«Lo so, lo so...» rispose al mio sguardo interrogatorio, prendendo a guardarsi gli anfibi scuri, «ma fidati, è sempre meglio della strada. È sempre meglio d-di vendersi... per soldi».

Mi pietrificai completamente, impiegando alcuni secondi per realizzare le informazioni appena ricevute.

«C-come? Tu...»

«Se mi prostituisco?» bloccò le mie parole, rivolgendomi un sorriso amaro.

«Sì, lo faccio, o meglio: lo facevo. Non mi è mai piaciuto come lavoro, sempre se si può definire tale, ma era l'unica cosa che potessi fare per guadagnarmi da vivere» rivelò. Mi ritrovai a osservarla con occhi sgranati mentre, ignorando che fossi una totale sconosciuta, cominciò a raccontarmi la sua storia, con sguardo perso nel vuoto.

Sembrava non avere nulla da perdere.

«Sai, una volta che esci dalla casa famiglia e una famiglia non ce l'hai, sei completamente sola. Devi costruirti tutto da cima a fondo: affittare una casa, farti una vita... ma non sempre è così facile».

Mi dispiacqui molto per quella ragazza: in fondo il nostro passato era parecchio simile, perciò compresi appieno il significato delle sue parole.

«Così ho scelto questa vita, lavorando per persone che nemmeno mi piacciono, ma in fondo l'importante è sopravvivere, no?» domandò retoricamente, continuando senza aspettarsi alcuna risposta. «Tutto sommato non ho mai avuto problemi, finché un giorno non hanno deciso di lasciarmi a casa: game over, mi è stato detto, non avrebbero più operato nel campo della prostituzione. A meno che...» si bloccò, e io mi sporsi verso di lei, aggrottando la fronte.

«A meno che...?» la incitai a continuare, curiosa di saperne di più.

«A meno che non mi fossi dedicata a qualcosa di diverso: lo spaccio. Inizialmente ne sono stata felice perché, in un certo senso, mi avrebbe dato un minimo di dignità in più, non mi sarei più venduta, per così dire. Ma poi capitano episodi del genere, e ogni volta mi ritrovo a rischiare la vita: Jacob dovrebbe proteggerci, dovrebbe coprirci le spalle, ma lui non c'è mai...»

Il sangue mi si raggelò nelle vene quando udii quel nome.

«J-Jacob?» balbettai, cercando di non far trapelare il mio improvviso stato d'angoscia.

Se al sentir nominare il nostro cognome qualche attimo prima avevo mantenuto la calma, sapendo che non fossimo le uniche persone a portarlo, ora era così chiaro da non poterlo più ignorare.

Parlava di lui, proprio di quel Sullivan, proprio di Jacob, il fratello da cui ero fuggita.

«Sì, Jacob è il nome del nostro capo. Tutti i malavitosi lo conoscono in città. Ha deciso di sospendere il giro di prostituzione dopo aver subito quella che lui definisce una "perdita familiare" e ci ha assegnato nuovi incarichi, come quello di vendere per lui, affermando che sarebbe stato più sicuro per noi. In realtà, come hai potuto notare anche tu, non lo è. Ho come l'impressione che si stia tirando fuori da questo mondo» concluse con un mezzo sbuffo.

Tutto combaciava alla perfezione.

Perciò Jacob aveva abbandonato il giro di prostituzione solamente a causa mia?
No, non me la sarei bevuta, mio fratello non avrebbe mai lasciato alle proprie spalle una fonte così alta di guadagno solamente per la mia scomparsa, per me che ero sempre stata il suo più grande fardello.

Non lo vedevo da quella volta al luna park in cui, ubriaco marcio, provò a trascinarmi via con sé: era stato solo grazie a Zade se gli unici danni subiti erano stati qualche graffio sparso lungo il mio corpo.

E lui osava definire la mia scomparsa una perdita famigliare?

Lo odiavo.

Non potevo che detestare quella persona spregevole che, negli ultimi anni, non mi aveva provocato altro se non danni psicologici, uno dopo l'altro.

E poi, lui aveva ucciso Camille.

Un brivido percorse la mia schiena a quel ricordo, e capii di dovermi allontanare immediatamente da quella ragazza. Non potevo avere nulla a che fare con chiunque avesse contatti con mio fratello.

C'era un ultima domanda, però, che continuava a martellarmi nella mente.

«Scusami, tu... come ti chiami?» le domandai, e come risvegliatasi dai suoi pensieri la ragazza scosse la testa, riportando l'attenzione su di me.
«Oh, giusto, non mi sono nemmeno presentata! Piacere, io sono Lily... e tu?» mi chiese lei, abbandonando lo sguardo arrabbiato che aveva assunto e rivolgendomi un lieve sorriso.


Vederle sembrò rallegrare Anne, che subito rivolse loro un sorriso raggiante, decidendo di presentarmi. «Ragazze, buonasera! Lei è Amber, la sorella del capo. Amber, permettimi di presentarti Sophie e Lily».

«Piacere Amber, io sono Lily» si presentò la mora: aveva un sorriso splendente, due occhi grandi da cerbiatto e una chioma davvero molto lunga. «Benvenuta!»


A quel punto fu chiaro.

Ecco dove l'avevo vista: era una delle prostitute che Anne mi aveva fatto conoscere, il fatidico giorno in cui ogni cosa per me era cambiata.

«I-io... devo andare» dissi d'un tratto, sbrigativa, alzandomi velocemente dalla panchina: dovevo allontanarmi il più possibile da quella ragazza, dal pericolo in cui, se solo mi avesse riconosciuta, avrebbe potuto mettermi.

«Ehi... che ti prende? Ho detto qualcosa che non va?» domandò lei, visibilmente stranita da quel mio comportamento improvviso, e io scossi la testa con fin troppa enfasi per non voler dare nell'occhio.

«No, è che... si è fatto tardi, e io... devo andare. È stato un piacere conoscerti, Lily. Abbi cura di te» fu tutto ciò che dissi, per poi mettermi lo zaino in spalla e camminare lontana da lei, lontana dal mio passato, lontana da... lui.

«Amber!»

L'urlo improvviso di Lily squarciò il silenzio della notte, e spaventata sobbalzai, voltandomi istintivamente verso di lei.

Solo quando le nostre iridi sconvolte si connessero ancora una volta mi resi conto del mio irrimediabile errore.

Io non le avevo detto il mio nome.

La ragazza strabuzzò gli occhi, incredula.

«T-tu sei... sei sua sorella...» sussurrò ormai in piedi, indicandomi con un dito e fissandomi come avesse avuto davanti a sé una creatura mitologica.

Dovevo andarmene, o sarebbe finita male per me.

«Dimenticati di me, Lily. Addio».

E poi scappai via, per la seconda volta in quella notte, il più in fretta che potei.



Spazio autrice

Alzi la manina chi si era dimenticata dell'esistenza di Lily:🙋🏻‍♀️
Chi l'avrebbe mai detto che fosse lei...
Adesso, secondo voi, cosa succederà?
Quante di voi stanno aspettando un ritorno dei ragazzi?😏 arriverà presto, promesso.
In questo capitolo abbiamo diverse informazioni su Jacob: a quanto pare, dopo la scomparsa di Amber, ha abbandonato il giro di prostituzione. Interessante 🧐

Fatemi sapere cosa ne pensate!
Mi raccomando, non dimenticatevi di lasciarmi una stellina⭐️ se il capitolo vi è piaciuto!

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