.34.
«Sei solo un falso, un pezzo di merda, non sei più la persona che ricordo!»
Spalancai gli occhi non appena udii quelle parole, pronunciate con rabbia e a voce alta nella stanza di fianco al soggiorno.
Fu quando sentii il forte rumore di un nuovo oggetto infrangersi al suolo che decisi, vestita di una sola maglietta che mi copriva fino a metà coscia, di dirigermi verso la cucina per capire cosa stesse succedendo: nell'istante in cui varcai la soglia della stanza, però, desiderai con tutta me stessa di non averlo mai fatto.
Cocci di piatti, bicchieri e svariati arredi mobiliari erano sparsi per tutto il pavimento, il tavolo era stato spostato e, in quel modo, sembrava quasi che la stanza fosse ancora più grande.
Mi fermai sulla soglia della porta, incapace di compiere un passo in più quando la mia vista colse la figura tesa di Louis, indosso una maglietta bianca e un jeans scuro, che a pugni serrati e mascella tesa guardava il ragazzo davanti a sé con profondo odio.
Zade.
Ma non quel Zade che mi aveva dimostrato tutta la dolcezza e la bontà del mondo, bensì quello oscuro, spaventoso, quello... malvagio.
Nessuno parve accorgersi della mia presenza. le vene del collo del corvino si accentuarono quando, ancora una volta, gridò in direzione di Louis.
«Dopo tutto quello che le hai fatto, dopo averle fatto del male, hai approfittato del momento in cui non c'ero per convincerla a fare sesso con te! Tu, sei solo un lurido...»
«Ah, quindi adesso sono io ad avergli fatto del male? E sentiamo, Zade, tu invece sei sempre stato il suo angelo custode? Perché, a detta sua, hai fatto peggio di me: l'hai toccata contro il suo volere. Che cosa diamine le hai fatto, eh? Che cosa?»
Bloccando le parole di Zade quella volta fu Louis a urlare, e sembrò proprio cercare con tutte le sue forze di mantenersi a debita distanza da lui per non commettere lo stesso errore fatto svariati giorni prima, quando, presi da un'incontenibile rabbia, si erano messi le mani addosso.
Lo sguardo del moro s'incupì per solo un istante; dopodiché tornò a guardare il ragazzo di fronte a sé, se possibile, con espressione ancora più adirata.
«Ci sono stati degli incidenti, ma non le ho mai fatto del male fisico: tu, Parker, tu gliene hai fatto!» fu la sua esclamazione a gran voce, puntando il dito contro quello che, una volta, era il suo migliore amico.
Se solo avessi potuto, avrei cancellato completamente la mia esistenza dalle loro vite in quello stesso istante, perché vederli rivolgersi l'uno all'altro in quel modo fece più male di mille profondi tagli impressi nella carne.
Avevo indubbiamente perdonato Zade per quanto era accaduto tra noi, e speravo con tutta me stessa che avrebbe smesso di tentare di far sentire Louis in colpa per un errore commesso: perché, dunque, continuava a farlo?
Louis sbuffò una mezza risata per nulla divertita, prima di parlare.
«Sai benissimo che è stato un incidente, Zade. La verità è che non sai a cos'altro aggrapparti: perché non accetti semplicemente come stanno le cose, esattamente come avrei fatto io se al mio posto ci fossi stato tu?» il ragazzo sembrò acquisire la calma necessaria per pronunciare le seguenti parole senza scattare in direzione del corvino.
«D'altronde sei tu che hai tradito la mia fiducia, baciando Amber quando ancora eravamo amici. Non te ne vergogni neanche un po'?» fu la sua successiva domanda, guardando il ragazzo di fronte a sé con disprezzo.
Mi sentii morire dentro: non avrei mai voluto che succedesse una cosa del genere a causa mia.
Amavo Louis, e tenevo a Zade forse più di quanto avrei dovuto, perciò vederli discutere in quel modo non fece altro che farmi sentire la causa di tutto.
Anche perché, in fondo, lo ero.
Ero la causa del loro dolore.
«Ragazzi, cosa sta...» notai Lincoln scendere velocemente le scale, seguito da Nolan, ma il castano non fece in tempo a finire la frase, perché la sua voce venne sovrastata da quella di Zade.
«Vaffanculo, Louis!» urlò quest'ultimo spingendo il ragazzo che, preso alla sprovvista, indietreggiò, finendo contro il bancone della cucina. Trattenni un sussulto.
«Tu non mi hai mai capito. Ti sei sempre spacciato per il mio migliore amico, ma non ti è mai importato capire come realmente stessi e perché facessi determinate cose: tu fingi di essere migliore di me ma in realtà non lo sei, perché le stesse cose che ho fatto con Amber, le hai fatte tu stesso in passato con Camille... o forse non ricordi?»
Oh...
Dio.
Allora c'era molto di più dietro tutto ciò che era successo.
Notai Louis cambiare totalmente espressione, parve visibilmente sorpreso dall'esclamazione di Zade.
«Okay, Lincoln, credo che a questo punto sia meglio non impicciarci negli affari degli a-»
«Zade, ti rendi conto che stai parlando di un singolo e insignificante episodio accaduto più di due anni fa? Sai benissimo che non avevo idea fosse lei la ragazza di cui ti eri innamorato» rispose il ragazzo alla provocazione del moro, ancora colpito da ciò che Zade aveva pronunciato.
Un sorriso aspro si dipinse sul volto del corvino, la mascella tesa come le corde di un violino.
«Due anni fa, eppure ti marchia, sai? Che tu lo sapessi o no, lascia un segno profondo quando, un fratello, tradisce la tua fiducia in questo modo».
Lo sguardo di Zade era pieno di risentimento: guardò il ragazzo dagli occhi di ghiaccio come se avesse avuto il desiderio di eliminarlo completamente dalla sua vita.
Louis, d'altro canto, parve più tranquillo, ma allo stesso tempo stupito, come se non credesse che un evento del genere, all'epoca, avesse potuto ferire il suo migliore amico in quel modo.
«Zade...»
«No, Louis, non voglio sentire una parola di più!» si agitò, «hai sempre finto di starmi vicino, quando in realtà lo facevi per sottrarmi ogni cosa che più amavo! L'hai fatto con tutto!» sbottò il corvino senza dare il tempo a Louis di parlare, e capii quanto in quel momento non fosse in lui, quanto la rabbia lo avesse accecato a tal punto da non permettergli di ragionare, perché in realtà, Louis non aveva mai cercato di sottrarre nulla a Zade, dato il bene incondizionato che provava per lui.
Tuttavia, nonostante sapessi quanto Zade, in quel momento, fosse fuori di sé, le sue successive parole mi colpirono dritto nel petto come un'ondata pronta a sovrastarmi.
«Adesso cosa vorresti provare col fatto che ti sei scopato Amber? Che hai marchiato il territorio, e che è automaticamente diventata di tua proprietà?» domandò con espressione derisoria.
Quello era troppo.
Quello era dannatamente troppo.
Dovetti reggermi allo stipite della porta per non crollare al pronunciare di quella frase.
«Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?» Fu la domanda di Louis, rimasto spiazzato come tutti in quella stanza da ciò che il moro aveva appena esclamato.
Mi chiesi inevitabilmente se fosse esattamente quello che Zade pensava di me, se credeva fossi semplicemente un «territorio da conquistare».
Avrei tanto voluto essere più forte, reagire diversamente al male, volontario o meno, che mi veniva fatto, ma per quanto mi sforzassi di essere una persona diversa, non avrei mai potuto seppellire la parte di me che mi rendeva così estremamente sensibile.
Il colpo di quella frase fu tale da impedirmi di ricacciare le lacrime che per troppo tempo avevano minacciato di rigarmi il volto.
«Zade...»
La mia voce suonò più ferita di quanto avrei voluto nel momento in cui, finalmente, parlai: se fino a quell'istante nessuno si era reso conto della mia presenza, a quel punto tutti gli occhi puntarono verso me.
Vedermi in quel modo parve sconvolgere Zade, che spalancò gli occhi e li fissò subito nei miei: sembrò rendersi conto di quanto avesse detto solo in quel frangente.
«Amber...» pronunciò il mio nome quasi con rimpianto: ma ormai era troppo tardi.
«Come puoi dire una cosa del genere?» gli domandai semplicemente, invasa da un dolore che mai prima di allora avevo sperimentato: infuriato o meno, le parole avevano un peso, peso che in quel momento si era abbattuto su di me.
«Dio, Amber, dimentica quello che ho detto, non è ciò che intendevo...» l'espressione sul volto di Zade mutò totalmente quando, a passo lento, prese ad avvicinarsi a me: osservai il suo volto pentito con le lacrime agli occhi.
«Invece io credo fosse proprio ciò che intendevi». Lacrime amare continuarono a bagnare il mio viso quando lo dissi.
Mi sentii tradita, come fossi stata un oggetto da usare e sventolare agli altri in segno di vittoria nel momento in cui veniva conquistato.
Sentir dire una cosa del genere da una persona così importante come Zade fu devastante.
Morsi il mio labbro inferiore e distolsi lo sguardo quando notai che il corvino fosse riuscito a raggiungermi, trovandosi proprio a pochi passi da me; lo sguardo dispiaciuto mentre avvicinò la sua grande mano al mio viso.
Non feci niente, rimasi semplicemente immobile, stanca di sentirmi in quel modo, stanca di tutto e di tutti.
Ci pensò Louis a bloccare le azioni del moro: se prima infatti si trovava in fondo alla cucina, in un lampo balzò al nostro fianco, piazzandosi di fronte a Zade in modo da porre distanza tra di noi.
Le sue mani afferrarono il corvino per il colletto della giacca, allontanandolo da me, e prese a fissarlo negli occhi con sguardo furioso.
«Non ti avvicinare a lei» scandì al meglio ogni singola parola, pronunciandole a denti stretti.
Se prima Zade aveva dimostrato pentimento nei miei confronti per ciò che aveva detto, in seguito al gesto di Louis un barlume di furia prese il possesso dei suoi occhi, e io rimasi impietrita, conoscendo ormai bene quello sguardo.
Nulla di buono stava per accadere.
«E perché no, Parker? Chi me lo vieta di avvicinarmi a lei? Tu? Ti prego...» ridacchiò per nulla divertito, «potrei stenderti con un solo pugno, se solo lo volessi» sorrise con rancore, le pupille ancora fisse in quelle di un Louis furibondo: non era più in lui, nessuno dei due lo era.
Ogni traccia dello Zade che avevo imparato a conoscere in quegli ultimi mesi era scomparsa, lasciando spazio all'oscurità più totale: i suoi occhi erano vitrei, freddi, privi di emozione mentre fissava con odio quello che, un tempo, era la persona a cui teneva di più al mondo.
Louis gli lasciò il colletto della giacca, per poi stringere i pugni lungo i fianchi e rivolgersi a Zade nella maniera più sbagliata possibile in quella situazione, soprattutto ridotto com'era.
«Allora vediamo, Zade. Vediamo cosa sai fare» fu la sua richiesta prima di avvicinarsi a testa alta al ragazzo di fronte a lui, il cui volto assunse un ghigno di soddisfazione.
No.
Non di nuovo.
«Per favore, no!»
Ma ormai Zade si era già avventato contro di Louis, sollevando il pugno chiuso per sferrargli un colpo sul viso che colse il ragazzo di sorpresa: questo non fece altro che alimentare la sua ira.
Zade provò a indirizzare un nuovo pugno sul volto di Louis, ma questa volta lo parò con la mano sinistra, sferrandone uno di rimando sulla mascella di Zade con la destra: la brutalità del suo gesto colpì il ragazzo, che indietreggiò per un attimo, frastornato.
«Adesso basta!» sentii gridare da Nolan, che con Lincoln aveva assistito all'intera scena, e rivolsi la mia vista annebbiata verso la loro corsa lungo le scale in direzione dei ragazzi, pronti a separarli.
Non giunsero però in tempo per evitare che le nocche di Zade si schiantassero contro lo stomaco leso di Louis, che cacciò un potente urlo di dolore, seguito dal mio di puro terrore.
Dopo aver spinto via con tutta la forza avesse in corpo l'avversario, il ragazzo strinse con mano tremante il tessuto della t-shirt che indossava, proprio nel punto in cui alcune macchie di sangue avevano sporcato il sottile tessuto bianco.
L'espressione sul suo viso mi travolse: le palpebre erano chiuse e serrate, l'arcata superiore dei denti aveva catturato il labbro inferiore, che stringeva completamente sofferente.
Mi sentii quasi svuotata di tutto il fiato avessi in corpo, e quando mi voltai verso di Zade sembrò che tutto si stesse svolgendo a rallentatore: Lincoln lo raggiunse, posizionandosi davanti a lui, eppure il ragazzo non parve avere alcuna intenzione di avanzare nuovamente verso Louis.
Gli occhi di Zade erano puntati sulla lesione coperta e sanguinante del vecchio amico, spalancati e preoccupati per il dolore che gli aveva appena arrecato: era chiaro che non avrebbe mai voluto arrivare a tanto.
«Diamine, Louis, sei ferito?» Esclamò Nolan una volta giunto al suo fianco, allarmato, ma il ragazzo sollevò una mano in alto, in modo tale da bloccare l'avanzata del biondo verso di lui, tenendo l'altra premuta sullo stomaco leso.
«Non preoccuparti, non è niente» pronunciò, i tratti del viso ancora contratti, e io capii subito perché si stesse comportando in quel modo.
Ricordai quando la sera prima, credendo di essere al telefono con Isaac, avesse detto di essersi sempre mostrato forte per i ragazzi, di non essere mai crollato ai loro occhi perché avrebbe potuto fargli troppo male. Era proprio ciò che stava cercando di fare in quel momento.
Soffrì in silenzio, perché preferiva che i ragazzi ne fossero all'oscuro per non farli preoccupare.
Riversai tutte le lacrime avessi in corpo.
Era tutta colpa mia: Zade e Louis erano migliori amici prima del mio arrivo.
Erano inseparabili, c'erano sempre stati l'uno per l'altro: Louis aveva salvato la vita a Zade, diamine.
Ma in quel momento si prendevano a pugni, e io ne ero la causa scatenante.
Se solo non avessi accettato di vivere in quella casa, niente di tutto ciò sarebbe accaduto, e i ragazzi sarebbero ancora uniti.
«Zade, so che non avresti voluto arrivare a tanto. So che non avresti mai voluto fargli del male, perché nonostante abbiate avuto dei disguidi, Louis rimarrà sempre il tuo migliore amico. Dovreste smetterla di comportarvi come cani rabbiosi e cominciare a ragionare» affermò Lincoln, poggiando le mani sulle spalle del ragazzo che ancora fissava Louis incredulo.
Alle parole dell'amico, però, tutta l'apprensione che stava provando sparì dal volto di Zade, che tornò a guardare Lincoln in maniera cinica, fredda.
«No Linc, ti sbagli. Louis non ha mai provato a capirmi realmente. Non è rimasto per lui altro se non odio da parte mia» pronunciò, per poi scrollarsi di dosso la stretta di Lincoln e avvicinarsi a Louis che, a quel punto, sostava di nuovo in posizione eretta, nonostante il dolore che stesse provando.
«Nient'altro» ammise il moro quando gli fu abbastanza da parlargli faccia a faccia, parole corrosive che graffiarono persino la mia pelle. Poi gli diede le spalle e si diresse verso la porta, non prima di avere rivolto un ultimo sguardo al mio volto in lacrime.
Sobbalzai quando sentii la porta di casa sbattere rumorosamente, segno che il ragazzo fosse uscito.
Incapace di proferire parola in seguito all'intera vicenda, notai con la coda dell'occhio Louis scoprire il suo ventre: spalancai gli occhi, e come gli altri presenti li rivolsi subito in sua direzione, notando però con grande sollievo che Zade non avesse colpito in pieno la ferita sul suo fianco, ma che ci fosse andato pericolosamente vicino.
«Merda, Louis, come ti è venuto in mente di provocarlo ridotto così?» gli domandò Nolan, attonito, e a quel punto anche Lincoln raggiunse i due amici.
Dopo il discorso di Zade lo sguardo di Louis era divenuto glaciale, impenetrabile, quasi come se il rischio di riaprire i punti in seguito al suo pugno non fosse stato nulla in confronto alle parole dure e definitive che aveva pronunciato.
Quando però i suoi occhi di ghiaccio si posarono su di me, parve rendersi conto solo allora che fossi rimasta lì per tutto quel tempo, e che avessi assistito a ogni cosa.
Allarmato per le mie pessime condizioni fece un passo verso di me, ma io prontamente indietreggiai.
Louis aggrottò la fronte, come se non capisse per quale motivo mi stessi comportando così. Poi si fermò, intuendo immediatamente che non volevo mi si avvicinasse, rispettando la mia decisione.
«Stai bene?» mi chiese, turbato.
«T-tu stai bene?» domandai di rimando indicando la sua ferita, e lui emise un fievole sorriso.
«Non preoccuparti, Amber. L'ha solo sfiorata, non c'è alcun pericolo che peggiori». Annuii.
Avevo bisogno di tempo per metabolizzare l'intero accaduto.
«Va bene, allora io vado... vado di sopra» annunciai in risposta, per poi dirigermi velocemente verso le scale, che percorsi il più rapidamente possibile per potermi finalmente rinchiudere nella mia stanza.
Odiavo quella situazione, odiavo vedere le due persone a cui tenevo di più al mondo litigare in quel modo a causa mia, ma soprattutto, odiavo me stessa per aver scatenato quella condizione.
Ero stata una stupida, avrei dovuto capire da subito che ciò che stavo facendo non avrebbe portato a nulla di buono, avrei dovuto comprendere che, per quanto mi sentissi irrimediabilmente legata a Zade, la persona di cui mi ero innamorata era Louis.
Avevo fatto soffrire entrambi.
Mi sedetti sul letto e presi il mio viso tra le mani, esausta, analizzando le opzioni che avevo.
Se fossi rimasta in quella casa, dove tutto era incominciato, Zade e Louis avrebbero continuato a scontrarsi, e probabilmente prima o poi qualcuno si sarebbe fatto male sul serio.
Vederli ferirsi a vicenda era tutto ciò che avrei voluto evitare.
Sentii il mio telefono, abbandonato sul comodino da quando avevo messo piede in quella casa e a cui avevo cambiato la sim, vibrare, e subito lo afferrai, notando un messaggio in arrivo.
Lo lessi senza pensarci.
«Ambs, mi dispiace per quello a cui hai dovuto assistere oggi. Non ci ho più visto dalla rabbia, mi dispiace anche tu abbia sentito quelle cose... non ho mai pensato tu sia un territorio da marchiare e mai lo farò, ma ancora una volta ti ho dimostrato quanto la mia rabbia incontenibile mi spinga a dire e fare cose che, in altre circostanze, non farei mai. E mi odio per questo.
Mi fa stare male sapere cos'è successo stanotte tra te e Louis, ma comincio a pensare che probabilmente meriti la serenità che io non sono mai stato in grado di darti, anche se, da eterno egoista, spero ancora che tu possa cambiare idea.
Non tornerò a casa oggi, ma domattina passerò di lì per prendere alcune cose e, se ti andrà, ti porterò in un posto.
Ti amo, Amber. E continuerò a farlo, qualunque decisione tu prenda. Ricordatelo sempre.
-Zade x»
Ancora una volta, nuove lacrime rigarono i miei occhi, ma decisi che sarebbe stata l'ultima: diedi sfogo a un pianto liberatorio e disperato dopo aver letto quelle parole, portandomi le mani tra i capelli e prendendo a stringerli tra le dita.
Quello che Zade non sapeva, era che l'indomani non mi avrebbe trovata in quella casa: nessuno lo avrebbe fatto, perché me ne sarei andata.
Vedere Louis e Zade discutere e prendersi a pugni per la seconda volta senza poter fare nulla mi aveva portata a una decisione cruda, dolorosa e terribilmente pericolosa: avrei lasciato le persone che in tutti quei mesi erano riuscite a farmi sentire meglio di come mi fossi mai sentita in vita mia.
Perché se farlo significava non vederli più scontrarsi a causa mia, se quel mio gesto, col tempo, avrebbe potuto portarli a riallacciare i rapporti e a tornare quelli che erano prima del mio arrivo...
Allora lo avrei fatto. Me ne sarei andata...
E lo avrei fatto quella notte stessa.
Spazio autrice
Questo capitolo è molto angst e c'è tutto il drama di cui ho bisogno nella vita🙈
Vi è piaciuto? Cosa ne pensate di quello che è successo tra Amber, Zade e Louis? Mi raccomando, fatemelo sapere! Mi fa sempre piacere❤️
Se trovate qualche errore o ripetizione vi prego di farmelo presente, è molto importante per me.
Lasciate una stellina se il capitolo vi è piaciuto⭐️, e se ancora non lo fate, vi invito a seguirmi sulla pagina Instagram dedicata alla storia: _.corastories._
Alla prossima!🌹
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top