.27.
Trascorso un giorno dall'accaduto, Louis non si era ancora fatto vivo.
Ogni minuto che passava l'angoscia mi divorava sempre più: avevo paura che quel ragazzo, ora così tormentato dai sensi di colpa, potesse commettere qualcosa di insensato...
Non avrei mai perdonato me stessa se Louis si fosse fatto del male a causa di quanto era successo: mi odiavo con tutto il cuore per non aver reagito, per non aver cercato di rassicurarlo, dicendogli che sapevo non fosse nelle sue intenzioni colpirmi.
Avevo semplicemente lasciato che credesse lo reputassi un mostro, capace di farmela pagare per ciò che c'era stato tra me e Zade: quest'ultimo, dal canto suo, non aveva certo migliorato la situazione, incolpando Louis di ogni cosa.
Non avevo sopportato la reazione del moro, quella rabbia nei suoi occhi mentre urlava a Louis, quello che una volta era il suo migliore amico, di andarsene via di lì.
Forse aveva dimenticato tutte le volte in cui era stato proprio lui a ferirmi, a differenza di Louis, con brutalità e intenzionalmente.
Mi sentivo distrutta.
Avevo rovinato tutto e, purtroppo, non me n'ero accorta fino a quando ormai non era troppo tardi.
Victor, fortunatamente, era sparito: Zade e i ragazzi lo aveva sbattuto fuori casa senza alcun ripensamento, avendo capito quanto amasse seminare zizzanie, come se fosse stato il suo unico scopo fin dal principio.
Altroché amico.
Nonostante ciò, però, sapevo che la colpa di quanto era accaduto non poteva essere scaricata su di lui: prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, e avrebbe fatto male allo stesso modo.
Mi imposi di alzarmi dal letto per andare a farmi una doccia: da quando eravamo tornati a casa non avevo messo piede fuori da quella camera.
Tutto quello che avevo fatto era stato rinchiudermi in quelle quattro mura, gettarmi a peso morto sul materasso bianco coperto da lenzuola dello stesso colore e riversare fuori ogni mia emozione, lasciando che le mie ghiandole lacrimali venissero completamente svuotate, ignorando i tremori del mio corpo ancora bagnato a causa della pioggia e profondamente scosso.
Zade aveva cercato svariate volte di convincermi a parlarne, ma la verità era che non ne avevo il coraggio, perché se lo avessi fatto, avrei dovuto affrontare ciò che era successo e le conseguenze delle azioni che ognuno di noi aveva compiuto. Dopo un intero giorno passato in quel modo, però, capii che non avrei potuto continuare così in eterno.
Aprii lentamente la porta della stanza, sporgendomi per vedere se ci fosse uno dei ragazzi nel corridoio.
Nessuno. Via libera.
Afferrai velocemente un asciugamano e mi diressi verso il bagno, pregando di non incontrare qualcuno nel tragitto, e subito mi richiusi la porta alle spalle, rilasciando il fiato che avevo trattenuto fino a quel momento.
La prima cosa che notai in quelle pareti turchesi, volgendo per la prima volta dopo tempo lo sguardo verso lo specchio dinanzi a me, fu il mio viso.
Lentamente mi avvicinai alla lastra di alluminio che riflesse la mia immagine: avevo un piccolo spacco sul labbro, gli occhi gonfi e del mascara colato sulle guance a causa del pianto, i capelli ridotti a una coda spettinata e malridotta.
Ma a farmi sentire dannatamente male non furono tutti quei dettagli trascurabili: fu piuttosto un brutto livido posto sul mio zigomo sinistro.
Mi mancò il respiro a quella vista, e voltai subito lo sguardo altrove, dirigendomi verso la doccia.
Avrei tanto voluto possedere il dono di tornare indietro nel tempo solamente per sistemare ogni cosa, e cancellare le circostanze dolorose in cui mi ero trovata.
Mi buttai sotto il getto freddo dell'acqua, cercando anche solo per un istante di allontanarmi dalla realtà con le gocce fredde che cominciarono a scendere lungo il mio corpo, ma fu un tentativo del tutto vano.
Infatti, i ricordi di ciò che era successo con Louis in quello stesso bagno tempo prima colpirono la mia mente come piccoli frammenti di fotografie ridotte in mille pezzi: quel giorno avevo deciso di affrontare la mia paura, maturata dopo essere rimasta intrappolata in quello spazio ristretto sotto l'acqua gelida, e Louis era rimasto al mio fianco per tutto il tempo, pronto a sostenermi, a distrarmi, a farmi sentire meglio.
Louis aveva sempre teso la mano verso di me, quando ne avevo più bisogno.
Spostai la manopola verso l'acqua calda e, col respiro affannato, chiusi gli occhi, ritornando con la mente a quel giorno.
Il giorno in cui ci eravamo scambiati un bacio pieno di passione e sentimento, il giorno in cui, per la prima volta, Louis aveva sfiorato il mio corpo con sincerità, dolcezza e con una purezza che, mischiata a un pizzico di volgarità, mi aveva dato alla testa.
Con le palpebre ancora chiuse espirai piano, e mi sembrò per un attimo di averlo proprio lì, davanti a me, tornando a quando tutto andava bene, quando i suoi occhi di ghiaccio puntati su di me erano gentili e pieni d'amore.
Rividi un Louis vestito di una sola canottiera, il petto e le braccia muscolose messe in risalto da quel tessuto sottile che era stato bagnato dai miei capelli fradici, quando ancora mi guardava come fossi stata l'unica donna al mondo...
Nella vita, non aspettavo altro che trovare una persona simile.
Totalmente persa nella mia visione di mesi prima, socchiusi gli occhi e passai le mani piene di bagnoschiuma alla vaniglia sul mio corpo, partendo dalle braccia, passando per i fianchi e finendo sul mio ventre, rammentando il tocco delicato di Louis sulla mia pelle, per nulla paragonabile a quello che avevo ricevuto la notte precedente.
Lasciai sgorgare dai miei occhi nuove lacrime salate, ormai incapace di trattenerle: non avrei mai voluto tutto quello, non sarebbe dovuta finire così.
Non era finita così.
In quel momento, Louis sarebbe potuto essere ovunque, convinto che non l'avrei mai perdonato per ciò che aveva fatto...
Chiusi la manopola dell'acqua di scatto a quella riflessione, e in pochi secondi mi precipitai fuori dalla doccia, avvolgendo l'asciugamano intorno al mio corpo, mentre quei tristi pensieri cominciarono a farsi spazio nella mia mente.
Asciugai l'ultima lacrima che bagnò il mio volto, per poi dirigermi verso la porta del bagno: non era il momento di piangere; era arrivato quello di agire.
Dovevo chiamare Louis, dovevo parlare con lui, sapere dove fosse e se stesse bene: sentivo il forte bisogno di assicurarmene.
Sfortunatamente però non poté accadere poiché, non appena aprii la porta del bagno, mi ritrovai Zade davanti, appoggiato al suo stipite, un'espressione stanca e distrutta dipinta in viso.
Quando il ragazzo mi vide, sembrò quasi non notare il fatto che solamente un asciugamano bianco coprisse il mio corpo completamente nudo: la sua totale attenzione si posò immediatamente sul mio volto.
Il suo abbigliamento era cambiato totalmente dal giorno precedente: aveva abbandonato il giubbotto di pelle e i jeans scuri, lasciando spazio a una larga t-shirt nera, accompagnata da un pantalone della tuta dello stesso colore.
«Amber...» chiamò il mio nome avvicinandosi a me, prendendo il mio viso tra le dita.
«Merda...» imprecò, fissando il livido inevitabilmente visibile sul mio zigomo, prima di guardarmi negli occhi.
«Fa tanto male?»
Le sue iridi scure su di me sembrarono preoccupate, quasi come avessero aspettato un tempo infinito per poter incontrare le mie celesti.
«No... s-solo un po'» ammisi, abbassando lo sguardo al pavimento.
Il moro dinanzi a me sembrò irrigidirsi.
«Quel fottuto bastardo. Non sai quanto abbia voglia di fargliela pagare per...»
«Smettila, Zade, ti prego!» lo implorai interrompendolo: non volevo sentire una parola in più.
Odiavo come si fosse schierato contro Louis da quando aveva commesso quel terribile sbaglio, detestavo il trattamento che aveva riservato a quello che, una volta, era il suo migliore amico.
Vederli in conflitto faceva più male di mille lame all'interno della carne.
«Devi smetterla!» continuai fissando il suo viso corrucciato, esausta, «non devi prendertela con lui, Zade. È stato un errore, lui non l'ha fatta apposta...»
«Ancora lo difendi?» mi bloccò, inspirando forte e passando una mano tra i capelli corvini, portando alcune ciocche all'indietro.
«Diamine, Amber, ma ti rendi conto di quello che ti ha fatto? Ancora non ti sei guardata allo specchio? Dovresti smetterla di difendere l'indifendibile» pronunciò con esasperazione, e il tono che utilizzò non fece altro che alterarmi maggiormente.
«Ma non lo capisci, Zade? Era te che voleva colpire, e nonostante fosse del tutto sbagliato non posso certo biasimarlo, perché in fondo è successo tutto a causa nostra, perché ci siamo baciati!» sbottai improvvisamente, incapace di tenere ancora per me tutto quello che pensavo, «perché tu hai ammesso di amarmi, quando in realtà per tutti questi mesi non hai fatto altro che trattarmi male, non hai fatto altro che usarmi come fossi stata la cosa peggiore capitata davanti ai tuoi occhi! Dimmi, è così che la ami una persona, Zade? È così che la ami?» quasi strillai in preda a una crisi, e sentii nuovamente i miei occhi pizzicare in maniera dolorosa: ma non avrei pianto.
Non quella volta.
Dopo le mie grida di disperazione, ci furono attimi di silenzio che parvero interminabili: nello stretto corridoio del piano superiore non si udiva altro se non il mio respiro affannoso per la frustrazione, e quello più rigido del moro davanti a me.
Poi, finalmente, la risposta di Zade arrivò.
«Sono successe tante cose nella mia vita, Amber, che mi hanno portato a essere in un certo modo. Impulsivo. Cinico. Bipolare» scandì ogni parola con assoluta precisione, «fottutamente ingestibile, specialmente con le ragazze per cui non ho mai voluto ammettere di provare qualcosa. Tu non sei stata da meno, purtroppo, ma dopo tutto quello che ti ho raccontato, dopo essermi sfogato e sinceramente scusato con te, non puoi venirmi a dire...»
Si fermò un attimo, e nonostante sul suo viso sembrasse essere dipinta un'espressione neutrale, il groppo in gola che ingoiò mi suggerì che non fosse facile per lui pronunciare quelle frasi.
«Non puoi mettere parola sui miei sentimenti per te. Perché significherebbe che non hai dato alcun peso a tutto quello che ti ho confessato, come se in realtà non te ne importasse affatto.
E questo... questo mi farebbe dannatamente male» rivelò infine, fissandomi profondamente negli occhi.
Presi un lungo respiro, interrogandomi su quale sarebbe potuta essere la risposta più giusta da rivolgergli dopo quelle sofferte parole.
«Zade... sono stanca, ti prego, dimentica quello che ho appena detto. Mi fa così male discutere, sia con te, che con Louis» ammisi, volgendo lo sguardo al suolo per un attimo, «vorrei soltanto si potesse risolvere tutto nel migliore modi...» rivelai, accorgendomi solo allora di non essere stata capace di trattenere le lacrime che minacciavano di sgorgare lungo il mio volto già da tempo.
Avrei tanto voluto dimostrare più forza, ma quella situazione mi aveva semplicemente abbattuta: era come se ogni singola sicurezza avessi avuto fino a quel momento fosse stata spazzata via dalla peggiore tempesta.
Zade poggiò il dorso della mano sulla mia guancia, carezzandolo con una dolcezza che rare volte avevo potuto riscontrare in lui.
Quel tipo di tenerezza che aveva sempre offuscato la mia ragione, quand'era quell'uomo così oscuro a mostrarla.
«Non sarà facile, Ambs...» ammise, asciugando alcune lacrime dal mio volto e posando due dita sotto il mio mento, costringendo a incastrare le nostre iridi tra loro.
«Non lo sarà affatto... perché adesso siamo entrambi innamorati di te, e per forza di cose, qualcuno si farà male per averti».
Passai la notte sul divano con Zade, in silenzio: lui che, dietro di me, accarezzava dolcemente i miei boccoli biondi; io che, sdraiata su un lato, fissavo muta un punto indefinito del buio soggiorno dalle pareti blu.
Non c'era bisogno di parole che descrivessero come ci sentissimo, d'altronde: i fatti avevano già parlato abbastanza per noi, ed eravamo ormai stanchi di lasciare che i nostri sentimenti lacerassero in un solo istante la pace che eravamo riusciti a ottenere.
«Ambs» mi chiamò Zade tutt'a un tratto, facendomi quasi sobbalzare per la sorpresa.
Dopo ore interminabili di silenzio, la sua voce sembrò riecheggiare tra le pareti della stanza.
«Sei sveglia?» proseguì.
Emisi un leggero cenno di assenso, espirando piano.
«Girati» pronunciò, quasi fosse un ordine.
Così, lentamente, decisi di fare ciò che mi era stato chiesto, voltandomi lentamente verso di lui fino ad avere il suo viso a pochi centimetri dal mio: quando i nostri sguardi si incontrarono, potei percepire il suo respiro caldo sulla mia pelle.
Per minuti che parvero interminabili i nostri occhi rimasero connessi, quasi come se attraverso quel contatto avessimo potuto leggere dentro le nostre anime ferite.
Le sue iridi scure non riuscirono a evitare di posarsi sul mio livido per un breve frangente, prima di tornare a guardarmi negli occhi.
Era dannatamente e irrimediabilmente bello, bello e misterioso, completamente bipolare, ma soprattutto, distrutto: distrutto da un passato che non aveva avuto pietà di lui, che tornava a tormentarlo ogni qual volta gli venisse presentata l'occasione.
«Ti ricordi quella notte...» cominciò, «quella fatidica notte in cui, baciandoci, abbiamo rovinato tutto?» mi domandò, riportando alla mia mente il ricordo dell'incontro con Jacob, e la vulnerabilità e disperazione di Zade quando aveva pronunciato quelle parole.
«Ti prego, Amber... baciami».
«Sì» dissi solamente, senza interrompere il nostro contatto visivo, chiedendomi dove volesse andare a parare.
«Quel giorno mi hai chiesto... mi hai chiesto il significato del mio tatuaggio».
Dopo un attimo di esitazione si scoprì la spalla, indicando la delicata rondine che portava nel becco una chiave a forma di cuore disegnata in maniera indelebile sulla sua pelle.
Ebbi un tuffo al cuore quando la osservai: era la prima volta che avevo la possibilità di scrutarla da così vicino, e la trovai bellissima, più di quanto lo avessi fatto la prima volta che l'avevo vista.
Riportai lo sguardo sul suo, curiosa di sapere cos'avesse da dirmi.
«Beh, ora che sai la verità... non ho più motivo di nascondertelo».
Spazio autrice
Buongiorno ragazze!
Innanzi tutto vi chiedo scusa per il ritardo, ma come molte di voi già sanno, non è stato un bel periodo, e continua a non esserlo. Ma proseguiamo oltre:
Vi è piaciuto il capitolo? Spero tanto di sì! È una specie di capitolo di passaggio, e ammetto che la scena finale non ci sarebbe dovuta essere, ma per una volta, ho voluto farvi un assaggio di quello che accadrà nel prossimo capitolo🙈 che a proposito è molto importante per me, vi spiegherò il perché nel prossimo spazio autrice🖤
Non dimenticatevi di lasciare una stellina⭐️
Fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima🖤
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