24. .Part One.
«Ancora non ci credo che Louis ti abbia permesso di essere qui, stasera». Tenendomi gentilmente una mano sulla schiena e aiutandomi a farmi spazio tra la folla, Nolan pronunciò quelle parole ad alta voce, così che potessi sentirlo nonostante il caos che ci circondava.
Avevo deciso di vestirmi comoda, optando per un morbido pantalone di jeans e un'aderente maglia bianca a maniche lunghe.
Proprio come pensavo, il luogo in cui avrebbe combattuto Louis non era affatto accogliente: si trattava del seminterrato di un pub piuttosto ampio, un posto che solamente i fan dei lottatori conoscevano bene.
Il ring di combattimento era situato nel centro dell'ampia sala dalle trascurate pareti bordeaux, e per arrivarvi si doveva scendere una lunga scala a chiocciola, per poi sorpassare un muro fatto in griglia di ferro su cui era collocata la scritta in neon «Fight».
Tutto intorno al ring erano disposte persone in piedi di ogni età, per lo più uomini.
Nolan mi condusse fino alla terza fila: non c'era alcun posto a sedere ma, d'altronde, nessuno andava in un luogo del genere per godersi un combattimento da seduto.
La musica era fin troppo alta e opprimente, la gente completamente eccitata, e nonostante l'incontro non fosse ancora iniziato, molte persone avevano già cominciato a esultare a gran voce.
Io e Louis ci eravamo salutati in macchina: lui mi aveva fatto promettere che sarei rimasta al sicuro, io, invece, che non avrebbe perso.
Notai subito Lincoln posizionarsi al mio fianco, mentre Isaac prese postazione vicino a Nolan. La tensione fra i due era evidente: non poteva che dispiacermi per loro.
Avrei voluto fare qualcosa, magari parlarne con Lincoln: probabilmente non sarebbe servito a nulla, ma forse fargli anche solamente sapere che, in quanto sua amica, ci sarei sempre stata per lui nel caso avesse voluto discuterne, avrebbe potuto fare la differenza.
Nolan lanciò un'occhiata a Linc che, capendo cosa volesse fargli intendere, fece di no con la testa.
Poi, l'attenzione del castano fu subito su di me, e incontrai i suoi occhi scuri nel momento in cui spostò lo sguardo sul mio.
«Amber, cerca di non allontanarti da noi, okay? Questo non è affatto un posto tranquillo» avvisò Lincoln, alzando il tono di voce per farsi sentire. Feci di sì con la testa, ottenendo da parte sua un debole sorriso.
«Come stai, Amber? Va tutto bene tra te e Louis?» mi chiese, infilando le mani nelle tasche della sua felpa arancione.
La sua domanda mi fece ripensare a tutto ciò che avevo condiviso nei mesi passati con quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio: ogni singolo tocco, bacio o parola proveniente da lui era capace di farmi dimenticare anche solo per un istante tutto il male che mi circondava.
Ma poi, quasi improvvisamente, l'immagine di ciò che invece era accaduto con Zade si fece spazio nella mia mente, cacciando via con ferocia ogni momento di serenità avessi vissuto.
La violenza nei miei confronti, la rabbia nei suoi occhi mentre, con le sole parole, aveva affondato un coltello nella mia schiena, lasciandomi sanguinante e singhiozzante.
Ma anche i demoni del suo passato, le lacrime, la sua richiesta disperata di baciarlo...
Non l'avevo detto a Louis.
Non gli avevo parlato di quanto fosse accaduto tra me e Zade.
Solo in quell'istante, mentre Lincoln era in attesa di una mia risposta, mi resi conto di quanto fosse estremamente sbagliato: fingere che nulla fosse accaduto, nonostante io e Louis non fossimo ancora una vera e propria coppia, era stato meschino da parte mia.
Era vero, Zade mi aveva aggredita.
Ma io lo avevo baciato, e in quel momento, nessuno mi aveva obbligata a farlo.
Erano capitate così tante cose con Zade di cui Louis non sapeva nulla...
Improvvisamente, mi sentii uno schifo totale: solamente il giorno prima mi aveva confessato tutto ciò che aveva passato, mettendosi a nudo davanti a me e mostrandosi totalmente sincero, mentre io gli avevo nascosto così tante cose per tutto quel tempo.
Louis era la cosa migliore mi fosse capitata in diciannove anni di vita e, forse, non ero stata del tutto sincera con lui perché avevo il terrore di perderlo.
Ma in fondo, meritava di conoscere la verità...
Louis doveva conoscerla.
«Amber? Tutto okay?»
Riposai immediatamente lo sguardo su Lincoln, rendendomi conto di non aver risposto alla sua domanda.
«Uhm, sì, va tutto bene con Louis».
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia per un attimo, fissandomi attentamente negli occhi; poi, parlò nuovamente.
«Sai, Amber, ultimamente non abbiamo avuto modo di parlare molto. Le cose sono cambiate nei mesi, è evidente, ma... voglio che tu sappia che ti voglio bene, e se c'è qualcosa di cui hai bisogno, sarò sempre pronto ad aiutarti» concluse, un piccolo sorriso puntato sulle labbra. Per un attimo, le sue parole fecero sorridere anche me.
«Ti voglio bene anch'io, Linc, e lo stesso vale per me» ammisi, esprimendo con sincerità quanto avevo pensato pochi secondi prima. Il ragazzo passò per un breve istante il dorso della mano sul mio viso, accarezzandolo, per poi voltarsi in direzione del ring.
Se solo avessero saputo tutto quanto...
Il chiacchierio indistinto si fece sempre più ampio e acuto nell'attesa dei due concorrenti, rendendo quasi impossibile comprendere cosa i miei amici, al mio fianco, stessero dicendo.
Mi voltai dall'altra parte, osservando attentamente ogni cosa intorno a me: il piccolo bar situato nell'angolo della sala, dove molte persone sedevano con la propria birra in mano; la nera scala a chiocciola che collegava il seminterrato al piano superiore del pub, da cui la gente continuava a scendere senza sosta...
Era da giorni ormai che non vedevo Zade: più precisamente dalla sera in cui, fuori di sé, mi aveva terrorizzata.
Fu proprio per questo che, quando lo vidi scendere le scale chiacchierando con Victor, un brivido freddo percorse la mia spina dorsale.
Sperai solamente si mantenesse a debita distanza da me, o non avrei risposto delle mie azioni.
D'altra parte, quel certo Victor aveva qualcosa che non mi convinceva: seppure fosse anche grazie al suo aiuto che mi trovavo all'incontro di Louis, mi chiedevo perché gli importasse così tanto da tentare di convincerlo a farmi partecipare.
«Che mi dici di quel ragazzo nuovo? Quello che, da quanto ho capito, si è trasferito da noi?» domandai, dando voce ai miei pensieri. Fu Nolan a rispondermi.
«Oh, Victor? È un amico, lo conosciamo tutti da qualche anno. Ha avuto problemi con il trasloco, perciò abbiamo deciso di ospitarlo solo per un po', finché la situazione non sarà sistemata. Non credo durerà molto la sua permanenza, comunque» rivelò, guardandosi intorno come se stesse cercando qualcuno, o qualcosa.
«Oh, okay». Mi voltai giusto in tempo per ritrovarmi i due mori davanti: Victor portava un lungo cappotto beige, mentre Zade il suo classico giubbotto di pelle.
I nostri sguardi si incrociarono per un solo istante, finché non decisi di interrompere il contatto visivo, notando però un'espressione accigliata sul suo viso.
«Buonasera, ragazzi. Come va?» sorrise a trentadue denti Victor avvicinandosi a noi, rivolgendo poi lo sguardo su di me.
«Oh, Amber, alla fine ci sei anche tu!» esclamò raggiante: i capelli neri gli ricadevano ai lati del volto pallido, un contrasto quasi magnetico coi suoi occhi celesti, e il piercing al labbro inferiore sembrava costantemente in tensione, siccome pareva che quel ragazzo, nella vita, non facesse altro che sorridere.
«Che ci fa lei qui?»
Zade, posizionandosi al fianco di Victor, porse quella domanda ai ragazzi senza neppure degnarmi di uno sguardo. Il solo sentire il suono della sua voce mi fece accapponare la pelle.
Voltandomi per un solo istante verso di lui, però, scovai nei suoi occhi un barlume di apprensione.
Come poteva essere così falso?
«L'ha deciso Louis, so solo questo. Ma andrà tutto bene, la terremo d'occhio» affermò Nolan, annuendo. Lo disse come se a Zade avesse potuto importare della mia incolumità.
«Certamente, d'altronde sono stato io a proporlo a Louis, promettendogli di non perderla di vista» sorrise Victor, scostando con una mano la manica della giacca per poter osservare l'orario sull'orologio che portava al polso.
«Tu?» Zade si voltò verso l'amico, lanciandogli un'occhiata torva.
«Per quale motivo glielo avresti proposto?» gli domandò, fermo sul posto, con un profondo cipiglio sul viso.
Victor scrollò le spalle.
«Ho semplicemente pensato potesse essere...» prese una pausa, mordendosi il labbro inferiore, «divertente» mi rivolse un sorriso sghembo, strizzando un occhio in mia direzione.
Notai intorno a me i ragazzi rimanere interdetti, e a dire la verità, anch'io rimasi stupita dalle sue parole.
Che cosa intendeva con «divertente»?
Zade prese fiato per rispondere, visibilmente irritato, ma Victor lo batté sul tempo.
«Ad ogni modo, Zade, perché t'importa così tanto?» gli chiese corrugando la fronte, e notai Zade rimanere spiazzato.
Ma prima che il moro potesse dimostrare senza mezze misure quanto l'amico lo avesse fatto infuriare, le persone intorno a noi cominciarono a urlare ed esultare più di quanto non lo stessero già facendo.
A quel punto, voltandomi verso il ring, vidi Louis fare la sua apparsa: era a torso nudo, indosso aveva solamente dei pantaloncini rossi, e non appena salì sul ring da combattimento, mostrandosi al pubblico, la gente intorno a noi cominciò a gridare il suo nome.
Aveva in volto un'espressione diversa dal solito: era più dura, severa, quasi come se non provasse alcuna emozione, e sembrava tentare in tutti i modi di non rivolgere lo sguardo verso la folla, bensì di concentrarsi su ciò che, di lì a poco, avrebbe dovuto affrontare.
Ero così distratta dal tuffo al cuore che mi provocò vedere Louis in quel posto che, nel momento in cui percepii una stretta ferrea intorno al mio braccio, sussultai spaventata, e mi girai di scatto verso la persona da cui proveniva.
Mi ritrovai davanti Zade, un'espressione impenetrabile puntata in viso.
Il ragazzo si avvicinò al mio orecchio, ignorando il voltastomaco che provassi verso di lui al solo tocco delle sue dita sulla mia pelle.
«Stammi vicina ogni secondo. Voglio che non ti allontani nemmeno per un istante.
Sono serio questa volta, Amber. Anche se non mi credi, ho intenzione di proteggerti.
Comincio a non fidarmi di Victor».
Le sue parole mi destabilizzarono per un attimo, e gli rivolsi uno sguardo, incontrando le sue iridi scure profondamente serie puntate nelle mie, non sapendo se sentirmi allarmata, oppure infuriata nei suoi confronti.
Lo osservai per un minuto di troppo, notando che avesse la mascella contratta e che la barba gli fosse cresciuta di qualche millimetro, nonostante fosse come sempre curata alla perfezione, mentre il piercing ad anellino posto sul naso era tornato ad adornare il suo volto, rispetto all'ultima volta che l'avevo visto.
Mi scrollai quasi immediatamente di dosso la sua stretta, decidendo di ignorare le parole che mi aveva rivolto: l'ultima persona che avrebbe potuto proteggermi sarebbe stata Zade, dopo tutto quello che mi aveva fatto.
«Non toccarmi, Zade» Lo avvertii severamente, stringendo i pugni lungo i fianchi e guardandolo fisso negli occhi.
«Non toccarmi mai più».
Capì al volo che mi stessi riferendo al tocco violento che mi aveva rivolto l'ultima volta, e le mie parole sembrarono essere per lui come uno schiaffo in pieno viso, perché indietreggiò di un passo, lo sguardo quasi... pentito.
Ma non ci volle molto prima che la sua espressione tornasse impenetrabile e dura come sempre.
«Fai come ti pare. Io ti ho avvisata» pronunciò freddo, volgendo lo sguardo altrove.
Lo ignorai completamente, e spostai lo sguardo sull'uomo che era appena salito sul ring, strabuzzando gli occhi non appena lo vidi.
Nonostante il fisico imponente e ben piazzato di Louis, Victor aveva ragione.
L'avversario era il doppio di lui.
Era alto circa un metro e novanta, dieci centimetri in più di Louis, e lo spessore dei suoi muscoli faceva quasi paura, come lo sguardo maligno che aveva puntato in viso.
Osservai l'espressione per nulla preoccupata e del tutto incattivita di Louis nel veder avanzare quell'uomo nella sua direzione.
Tuttavia, questo non bastò a rassicurarmi.
Dopo circa dieci minuti dall'inizio dell'incontro, Louis ne aveva date la metà di quante ne avesse prese: strizzava gli occhi dal dolore ogni colpo ricevesse.
L'avversario sembrava godere nel fargli del male: i suoi occhi erano iniettati di sangue, e la sua brama di vittoria era facilmente percepibile in ogni suo movimento.
Odiavo la violenza.
Lo avevo sempre fatto.
In quel momento, vedere Louis in quelle condizioni mi faceva star male a tal punto da farmi desiderare di andarmene, per porre fine a quella grande sofferenza: era come se qualcuno stesse afferrando le mie interiora, contorcendole tra loro, e ogni singolo colpo che Louis riceveva era un dolore in più che mi avvolgeva.
L'uomo gli sferrò un pugno che prontamente Louis parò, ma poco dopo, quest'ultimo ricevette un agghiacciante ginocchiata nell'addome che lo fece indietreggiare di qualche passo.
A stento riuscii a trattenermi dall'emettere un urlo.
«Gli sta facendo troppo male, vi prego, dobbiamo fare qualcosa!» esclamai a gran voce rivolgendomi a Lincoln e Nolan, in piedi al mio fianco.
«Non c'è niente che possiamo fare, Amber... cerca solo di stare tranquilla, okay? Lui ce la farà. Ce l'ha sempre fatta...»
Ma nella voce di Nolan percepii una nota di insicurezza, come se le sue parole potessero essere messe in dubbio da un momento all'altro.
Proprio in quell'istante, Louis sferrò all'uomo due pugni sul volto dell'avversario così veloci che quest'ultimo, visibilmente frastornato, indietreggiò.
«Vedi? Se la sa cavare. Vincerà lui, vedrai» fu il tentativo di Lincoln di rassicurarmi, un sorriso gentile sempre puntato sul viso.
Sorriso che prontamente sparì, non appena una nuova voce giunse al nostro udito.
«Ci tiene troppo a vincere questo incontro. Significherebbe tanto per lui, che vuole arrivare ai livelli del padre. Non può perderlo».
Dopo esser rimasto in silenzio a osservare l'intero combattimento senza aprir bocca, queste furono le parole di Isaac che, avvicinandosi a noi a braccia conserte, non distolse mai lo sguardo dal ring.
Sembrava essersi di gran lunga ripreso in quei giorni: i ricci castani erano tenuti in ordine, e sotto le iridi verdi, fortunatamente, non presentava più quelle profonde occhiaie che aveva sfoggiato per una settimana intera.
Lincoln, al mio fianco, si irrigidì talmente tanto nel sentirlo parlare che decise dopo qualche minuto di congedarsi, usando la scusa di andare a prendere una birra, e poco dopo Nolan lo seguì, non prima di essersi assicurato che gli altri sarebbero rimasti con me.
Non che reputassi una persona apatica e indifferente nei miei confronti come Isaac, una violenta come Zade, e un'altra dalle dubbie intenzioni come Victor del tutto affidabili, ma se Nolan lo faceva, non ero nessuno per contestarlo. Il mio pensiero andò ai due amici in conflitto: perché non tentavano di parlarne, piuttosto di ignorare completamente il problema come se non esistesse?
Sospirai sconsolata e tornai con lo sguardo sul ring, proprio nell'istante in cui l'uomo tirò un violento pugno sulla mascella di Louis, che venne scaraventato all'indietro.
L'espressione del ragazzo si fece ancor più aspra, ma non ebbe neppure il tempo di reagire perché l'avversario sferrò un nuovo colpo sul suo viso, facendolo sbattere contro le corde del ring alle sue spalle, a cui si aggrappò con tutta la forza che gli era rimasta.
Ci fu un attimo di silenzio, e il tempo sembrò fermarsi in quel frangente.
Isaac, alla mia destra, portò le mani tra i capelli, sconvolto, e sussurrò qualcosa di incomprensibile.
I tifosi intorno a me cominciarono a spingersi a vicenda per osservare meglio la scena.
Louis ricevette un nuovo colpo, che lo fece quasi crollare a terra.
Lo vidi sputare del sangue al suolo.
Solo allora mi resi conto di quanto fosse diventato difficile respirare.
Avrei voluto proteggerlo.
Mi sarei frapposta tra lui e l'uomo, se solo questo avesse permesso di non farlo colpire più: eppure, nell'attimo in cui Louis sembrò riprendersi e riuscì a parare l'ennesimo pugno, sferrandone un altro, capii che l'intera situazione mi aveva tolto il fiato dai polmoni.
Era troppo.
Era fottutamente troppo.
«Ho bisogno d'aria» proclamai in un sussurro, con la sensazione che le pareti di un asfissiante bordeaux di quel posto si stessero restringendo, lasciandomi in uno stato opprimente e angosciante.
Le persone intorno a me continuavano a spingere, incuranti di come chi soffrisse di attacchi di panico come me potesse sentirsi, ma in fondo a chi avrebbe potuto importare, in quel luogo, di una cosa del genere?
Senza neppure pensarci, feci ciò che l'istinto di sopravvivenza mi suggerì: mi lasciai alle spalle l'insopportabile scena di Louis che, con tutta la forza che aveva in colpo, si rialzava come una furia per contrastare e ricambiare i colpi dell'avversario, e mi precipitai verso le scale che percorsi velocemente, inciampando innumerevoli volte, per poi correre in modo affannoso verso l'uscita del pub.
Spalancai la porta respirando a pieni polmoni, lasciandola chiudersi da sola, mentre delle piccole gocce di pioggia colpirono il mio viso ormai copioso di lacrime.
Per quale motivo mi trovavo lì?
Perché avevo voluto vedere coi miei stessi occhi a cosa sarebbe andato in contro Louis?
Stavo avendo una crisi.
Non riuscivo a tranquillizzarmi, a respirare senza affanno, non riuscivo a mettere ordine nella mia testa.
Intorno a me vi era il nulla: alcuni lampioni illuminavano la strada desolata, mentre non una singola persona si trovava, come me, al di fuori di quel pub, perché tutti impegnati a osservare l'incontro, tifando per il combattente su cui avevano puntato.
«Perché proprio io? Perché merito di soffrire così tanto? Perché?» urlai al nulla più assoluto, ormai incapace di trattenere le lacrime.
Mi appoggiai al muro alle mie spalle mettendomi le mani tra i capelli, percependoli umidi a causa della pioggia.
Mi domandai cos'avessi fatto di male per meritarmi così tanto dolore in così pochi anni di vita.
Non avrei mai vissuto come una ragazza normale, non avrei mai trovato la pace...
Io non volevo più vivere in quel modo.
«Amber!»
Sentii improvvisamente una voce urlare il mio nome, e una persona dirigersi velocemente verso di me.
Nonostante la mia vista offuscata dal pianto non mi permise di vedere il suo volto, avrei riconosciuto quella voce anche bendata, in mezzo a un milione di persone.
Spazio autrice
Sarò veloce perché attualmente sono in vacanza, mi trovo a Roma e mia sorella mi sta rompendo perché è da mezz'ora che siamo ferme sotto il Colosseo, ma io dovevo assolutamente aggiornare!
Scommetto che voi teamzade sarete state molto contente della sua apprensione...
Allora, a chi pensate appartenga la voce alla fine? Do ufficialmente il via alle supposizioni!
Invece, ora come ora, cosa pensate di Victor?
Vi abbandono, spero il capitolo sia di vostro gradimento, alla prossima❤️
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