.23.


Amber

«Devi sapere che l'ambiente in cui sono cresciuto non è mai stato tranquillo, come praticamente quello di ogni singola persona che vive in questa casa. Credo di dover cominciare dal principio, a questo punto. Perciò...» Louis si interruppe per un istante, fissando il pavimento della cucina. Prese un lungo respiro prima di continuare, «avevo tredici anni quando, in seguito a mia madre, anche mio padre ci lasciò a causa di una brutta malattia».

Strabuzzai gli occhi a quelle parole, e dopo un primo momento di stupore aprii la bocca per dire qualcosa, ma Louis mi bloccò subito.

«Tranquilla, Ambs, non dispiacerti» mi rivolse un debole sorriso, e io assunsi un'espressione triste, ma non dissi nulla.

In fondo conoscevo bene la sensazione che si provava quando qualcuno cercava di compatirti dopo aver raccontato la tua storia: non faceva altro che farti sentire dannatamente peggio.

Per questo, rimanere in silenzio e lasciare che Louis proseguisse col racconto era la cosa più giusta da fare. Mi appoggiai al bancone alle mie spalle e puntai lo sguardo nel suo, facendogli capire che avrei ascoltato qualunque cosa avesse avuto da dirmi senza interferire.

Louis rimase in silenzio a lungo, prima di riprendere a parlare.

«Vedi, da giovane, mio padre era il pugile più famoso della sua città: è sempre stata la sua passione, che negli anni ha tramandato anche a me. Quando però scoprì di essere malato, capì di dover rinunciare al suo sogno per sempre. All'epoca ero davvero molto piccolo. In punto di morte, mio padre mi ha fatto promettere una cosa... una promessa che mai, nella vita, potrò spezzare: mi ha chiesto di continuare a coltivare le mie passioni come lui non aveva potuto fare, non importa a quali avversità sarei dovuto andare incontro. Mi ha fatto promettere di fare nella vita ciò che mi avrebbe reso felice» dichiarò.

Osservai attentamente i suoi occhi cristallini, notando che non mostrassero tristezza o dolore a quelle parole, bensì quasi... serenità.

Come se, nonostante il padre fosse morto, Louis riuscisse a mantenere vivo il suo ricordo tramite la piccola promessa che gli aveva fatto.
Era una cosa talmente toccante che, in breve tempo, i miei occhi si fecero lucidi.

«Io e mia sorella minore a quel punto siamo stati affidati a nostra zia, una donna che, devo ammettere, non ci ha fatto mancare nulla».
Il mio silenzio durò relativamente poco perché, non appena pronunciò quelle parole, non riuscii a trattenermi dal dirglielo.

«Oh, Louis... non credevo avessi una sorella» pronunciai visibilmente stupita, ed ebbi esattamente la stessa reazione che Louis si aspettava da me, perché mi rivolse un piccolo sorriso amaro.

«Non parlo spesso di lei, in effetti. Penso mi odi, anche se tutto ciò che ho fatto, in realtà, è stato solo per proteggerla» fissò il pavimento per un attimo, e io mi domandai per quale motivo sua sorella fosse arrivata a odiare una persona così altruista come Louis.

Quando il ragazzo sentì il mio sguardo insistente su di sé in attesa del resto del racconto, capì che non lo avrei più interrotto.

«L'unico problema di vivere dalla zia era il quartiere in cui risiedeva: era pieno di criminali, alcolizzati, persone capaci di qualunque cosa; un posto da cui avrei voluto tenere Allie, la mia sorellina, lontana il più possibile. Frequentando la scuola del quartiere mi ritrovavo spesso in mezzo a delle risse per difenderla, perché molti ragazzini, vedendola nuova e indifesa, si avvicinavano a lei tentando di importunarla e molestarla. Questo mi mandava fuori di testa» la sua espressione si fece più aspra a quel pensiero, e lo vidi stringere forte le dita in un pugno, poggiando l'altra mano sul bancone alle mie spalle.

«Fin da piccolo mio padre mi ha insegnato l'arte del combattimento, trasmettendomi la sua passione, per questo me la sono sempre cavata, in un modo o nell'altro... ma non era ciò che la mia sorellina voleva per me. Infatti, questo era un aspetto che la faceva terribilmente infuriare: preferiva che rimanessi in silenzio e non rispondessi alle provocazioni di quei ragazzetti, piuttosto di guardarmi prenderli a calci in culo. Ma per me era impossibile stare fermo, non potevo non reagire». Per tutta la durata del racconto non feci altro che ascoltarlo in silenzio, notando come, di tanto in tanto, mordesse il suo labbro inferiore e abbassasse lo sguardo al suolo, prima di ricominciare a parlare.

Non potevo neppure immaginare cos'avesse dovuto passare Louis che, a soli tredici anni, si era ritrovato solo, pieno di responsabilità, tra cui badare alla sua sorellina poco più piccola e assicurarsi che nessuno le facesse del male.

Mi ricordava vagamente qualcuno.
Solo che, a differenza di Louis, un uomo che chiunque avrebbe voluto avere al proprio fianco, a quel qualcuno non importava nulla di me.

«La situazione peggiorò ulteriormente quando cominciai, a quindici anni, a combattere per guadagnare un po' di soldi, siccome ero a conoscenza della situazione economica che stavamo affrontando» riprese il discorso.

«Inizialmente andava tutto bene, mia zia ed Allie credevano che avessi trovato lavoro in un bar del quartiere, e quando mi capitava di tornare a casa col volto sfregiato, me la cavavo con la scusa che qualcuno avesse insultato mia sorella e che avevo fatto a botte per difenderci. Ma diventai bravo in quello che facevo, e presto cominciarono a contattarmi per combattere sul ring in piccoli pub della zona».

Le mie iridi chiare rimasero fisse su di lui per tutta la durata del racconto, osservandolo cambiare costantemente espressione a ogni avvenimento del passato riportasse alla mente.
Il suo petto, coperto da una stretta canottiera grigia, si alzava e abbassava regolarmente, nonostante ciò che Louis mi stesse rivelando sembrava ancora fargli male.

«Il mio errore è stato quello di accettare immediatamente, senza pensare a quali sarebbero potute essere le ripercussioni, perché sapevo che avrei guadagnato il doppio, e noi avevamo davvero bisogno di soldi. Fu durante il mio primo vero incontro che mia zia ed Allie scoprirono quello che facevo: conoscendosi tutti in quel paesino, la notizia non tardò ad arrivar loro. Entrambe rimasero deluse da me, Allie in particolare smise di parlarmi, diceva che gli ricordavo nostro padre con quei modi burberi e talvolta violenti che avevo... e lei non era mai andata d'accordo con lui» Il ragazzo prese un lungo e rumoroso sospiro, prima di proseguire.

«Accadde che, all'età di sedici anni, non ero più il benvenuto in casa».

«Oh mio Dio, Louis, ma è terribile...» dissi, stupita, «eri così piccolo... non è giusto» ammisi, triste. Il ragazzo tornò a guardarmi.

«Purtroppo è la vita, Ambs. Ti dà molti dispiaceri, è vero, ma a volte possiamo ricavarne qualcosa di positivo: sta a noi decidere se farci abbattere, oppure se lottare fino alla fine» dichiarò rivolgendomi un flebile sorriso, che ricambiai.

Riflettendo attentamente sulle sue parole, capii che avesse ragione: a volte, era proprio dalle peggiori situazioni che nasceva qualcosa di buono.

Bastava pensare a quando avevo creduto che la mia vita fosse finita, quando Jacob mi aveva costretta alla strada, finché non avevo incontrato Louis.

Louis, lo splendido ragazzo che mi aveva salvato la vita senza chiedermi nulla in cambio.

Istintivamente poggiai le dita sulla sua mano ancora posta al bancone dietro di me, prendendo a carezzare con delicatezza prima il piccolo disegno di un origami tatuato sulla sua pelle, poi l'anello d'argento che portava al dito medio.

«È combattendo che hai conosciuto i ragazzi?» domandai a un certo punto, curiosa, volendo passare a un argomento più leggero.

Louis emise una piccola risata divertita, mostrandomi il sorriso di cui, ormai, non riuscivo a fare a meno, quasi come se si stesse chiedendo quando quella domanda sarebbe arrivata.

«Esattamente» annuì, dandomi la possibilità di osservare i suoi occhi di ghiaccio ora più allegri, «conobbi Nolan e Lincoln sul ring: erano i migliori in assoluto. Beh, dopo di me, naturalmente» si corresse ridacchiando, e nonostante l'atmosfera che si era creata, riuscì a strapparmi un sorriso.

Ancora mi veniva difficile immaginare un ragazzo come Nolan su un ring di combattimento, soprattutto dopo che Louis mi aveva detto che, ormai, il biondo si dedicava principalmente ai raduni d'auto sportive e alle corse.

«Non farti strane idee su Nolan: è sempre stato un cazzone. Aveva il coraggio di prendermi per il culo e di fare battutine stupide anche quando gli facevo sputare sangue» rise, contagiandomi: era proprio da Nolan. Poco dopo, Louis assunse uno sguardo più serio.

«È un cretino, ma c'è sempre stato per me, soprattutto quando la mia stessa famiglia mi ha voltato le spalle. Il suo aiuto è stato fondamentale... gli voglio un bene dell'anima».

Osservai l'espressione grata sul volto di Louis in piena ammirazione: non potevo neppure immaginare di avere un legame così forte con una persona... doveva essere davvero bello.

«Nolan è decisamente il ragazzo più solare qui dentro: non ha peli sulla lingua e l'ha sempre dimostrato. È davvero genuino... l'ho adorato fin dal primo istante» ammisi, pensando a ogni singola volta quel biondo avesse tentato di strapparmi un sorriso nei momenti più difficili.

Poco dopo, ormai totalmente rapita dal racconto di Louis, gli porsi una nuova domanda.

«Che mi dici di Lincoln? Lui... è sempre stato così gentile e disponibile con tutti?»

In tutta sincerità, non avrei mai pensato che la nostra discussione si sarebbe sviluppata in quel modo: eppure, più mi parlava di come fosse arrivato a intraprendere quel lavoro, più mi sentivo una stupida a tentare di impedirgli di svolgerlo.

Louis, inoltre, sembrava contento di dimostrarmi quanto i ragazzi significassero per lui: in fondo non avevamo mai avuto modo di parlarne, e quella sembrava l'occasione giusta per farlo.

«In tutta onestà, devo ammettere di no...» rispose, passandosi in un gesto fulmineo un dito sul labbro inferiore, pensieroso.

«Inizialmente, in realtà, devi sapere che io e Linc eravamo acerrimi nemici. Io lo detestavo perché sapevo che in quel periodo aveva cominciato a frequentare mia sorella, di conseguenza lui non sopportava me, perché credeva non avessi il diritto di intromettermi nella loro relazione. Così, ci sfogavamo sul ring» confessò. Dovetti risultare del tutto stupita agli occhi di Louis: non mi sarei mai aspettata che, in origine, Lincoln e Louis non si sopportassero.

Era quasi... divertente.

«Combattimento dopo combattimento, però, ho imparato a conoscerlo, e ho capito che non ci fosse nulla da temere, perché al di fuori di quell'ambiente Lincoln era una persona fantastica. È stato quando si è lasciato con Allie che abbiamo legato del tutto: dopo tante serate passate a chiacchierare, ci siamo resi conto di avere più cose in comune di quanto pensassimo. È proprio così che è nata la nostra amicizia: tra un disguido e l'altro. Adesso ridiamo ripensando a quanto stupido fosse stato giudicarci l'un l'altro basandoci sulle sole apparenze» concluse, allegro.

Era proprio vero che, a volte, le più belle e sincere amicizie cominciavano con un profondo odio reciproco.

«Beh, non l'avrei mai detto di Lincoln... tra tutti, sembra proprio lui il più tranquillo» ammisi, pensierosa. Per un attimo, Louis parve rabbuiarsi.

«Già... eppure, nemmeno lui è infallibile».

«Ti riferisci a quello che è successo con Isaac?» gli chiesi, ricordando di aver udito una piccola parte di conversazione tra il castano e Nolan quella stessa mattina, oltre ad aver notato l'evidente tensione tra Lincoln e il riccio.

«Credevo te lo fossi dimenticato. Eri in dormiveglia quando ti ho accennato la situazione».

«Ho sentito Linc e Nolan parlarne» ammisi, «è brutto quando un'amicizia subisce una frattura a causa di una ragazza. Deve essere davvero... terribile» dissi infine, dispiaciuta dal dolore che questo avvenimento aveva causato ai due ragazzi.

«Lo è per tutti e due. Per Linc, che ha commesso un errore per cui ancora oggi paga le conseguenze, ma soprattutto per Isaac, che ha visto uno dei suoi migliori amici tradirlo con la persona che reputava la donna della sua vita. Come già ti avevo accennato, Isaac può sembrare un ragazzo acido e apatico a primo impatto; solo imparando a conoscerlo si può comprendere quanto la sua sia solamente una corazza per mascherare una profonda sensibilità. È questa che lui definisce la sua più grande debolezza, e preferisce fingere di essere totalmente disinteressato a tutto, piuttosto di ammettere di star soffrendo per qualcosa».

«Beh... ha senso. Non ho mai avuto una vera e propria conversazione con Isaac... non mi ha mai dimostrato di essere interessato ad averne una» ammisi dopo averci meditato a fondo: era vero, non avevo mai avuto l'occasione di andare oltre al semplice saluto di educazione con lui.

«Col tempo lo sarà, vedrai: scoprirai in lui una persona completamente diversa da quella che ti aspettavi» rivelò. Sembrava crederci sul serio.

Isaac non mi era apparso come Lincoln o Nolan, che sembravano essersi abituati da subito alla presenza di una nuova persona nella propria casa: forse doveva passare del tempo, prima che il riccio potesse fidarsi di un estraneo.

«A differenza degli altri, Isaac non l'ho incontrato sul ring» continuò Louis, "l'ho conosciuto quando, a diciannove anni, ho deciso di provare qualcosa di diverso per guadagnarmi da vivere: le corse clandestine. È sempre stato il suo forte: suo nonno era un motociclista, gli ha insegnato l'arte del mestiere».

«Oh» fu tutto ciò che risposi, fissandolo attentamente in attesa del resto, prendendo a mangiucchiare silenziosamente l'unghia del pollice.

«Assistii alla sua prima corsa, e rimasi così stupito dalla sua bravura nel maneggiare qualsiasi tipo di motore a soli sedici anni che non potei fare a meno di congratularmi con lui. Da quel momento, capii di trovarmi davanti una persona estremamente egocentrica, ma con lui non mi fermai alle apparenze come feci con Lincoln, e cominciai a passarci del tempo insieme: diventammo presto amici e decidemmo entrambi di provare di tanto in tanto a integrarci l'uno nel lavoro dell'altro. Fu grazie a lui che io, Lincoln e Nolan cominciammo a lavorare nel suo campo» concluse.

«Se non fosse per il lavoro che fate, la vostra amicizia sarebbe perfetta» mi ritrovai a dare voce ai miei pensieri, lo sguardo perso nel vuoto.

«Se non fosse per il lavoro che facciamo, la nostra amicizia non sarebbe mai esistita, perché non avrei potuto conoscere nessuno di loro» ribattè Louis, facendomi rimanere per un attimo interdetta.

Poi, finalmente, capii tutto.
Compresi che quella era la sua vita, che il suo lavoro non era altro che una passione maturata fin da piccolo, nonché l'unico ricordo che avesse di suo padre, e che io, arrivata a quel punto, avrei dovuto solamente appoggiarlo nelle sue scelte ed essere fiera di lui... in tutto e per tutto.

«Come hai detto poco fa... dalle brutte situazioni che la vita può riservarci, possiamo sempre ricavarne qualcosa di positivo» gli sorrisi, indulgente. Alle sue parole successive, però, il sorriso sparì dalle mie labbra.

«Beh, a questo punto non manca che...»

«Zade» finii la sua frase, distogliendo per un istante lo sguardo dal suo viso.

Non ero del tutto convinta di voler sentire qualcosa che riguardasse Zade, ma non sembrava avessi molta scelta, ormai.

«Zade, già. Il più misterioso, ma anche il più segnato di tutti».

«Segnato?» ripetei aggrottando la fronte e, improvvisamente incuriosita, prestai la mia totale attenzione su ciò che Louis stesse per dirmi.

Il castano annuì.

«Ho legato molto con i ragazzi, ma quello che mi ha colpito di più, inizialmente, è stato proprio Zade. È sempre stato un ragazzo molto introverso e burbero, ma quando combattemmo per la prima volta sul ring non vidi rabbia, in lui. Ciò che vidi in realtà fu... malinconia. Tristezza. Mi è subito parso un ragazzo la cui vita non era mai stata facile, un po' come... un po' come me» confessò, carezzandomi piano il braccio. Ripensai a tutte le volte in cui avevo visto nei suoi occhi una profonda vulnerabilità, dopo ogni singolo scatto d'ira avuto.

«Mi rispecchiai totalmente in lui. Tutt'ora lo faccio» confidò, scrollando le spalle.

«Come fai a vedere del buono in lui?» mi ritrovai a chiedergli, tentando in tutti i modi di scacciare dalla mente ogni singola cattiveria avessi ricevuto da parte sua: Louis non doveva capire quanto quel ragazzo mi avesse fatto male.

«Forse saresti dovuta rimanere sulla strada, quel giorno in cui Louis ti ha trovata, perché quella è l'unica casa che potrai mai avere!»

Non c'erano parole capaci di distruggermi più di quelle, pronunciate con una tale cattiveria da spezzare il mio cuore.

«Lo conosco da molto tempo ormai, Amber, so cos'ha passato». Distolse per un attimo lo sguardo, come se avesse riportato alla memoria qualcosa di veramente... orribile.

«Non dico che sia perfetto. Ma penso lui sia incredibilmente forte ad andare avanti: in confronto alla sua, la mia storia non è niente... niente. Te lo posso assicurare».

Presi un respiro per dire qualcosa, ma il forte rumore di passi proveniente dalla scalinata e una voce che parlò me lo impedì.

«Scusate il disturbo». Scendendo l'ultimo gradino della scalinata apparve Victor che, lievemente impacciato, avanzò, «il bagno di sopra è occupato» rivelò, mostrando lo spazzolino che aveva in una mano, alzando le spalle e rivolgendoci un sorriso. Poi si diresse verso il bagno del piano di sotto, e lo osservai finché non vi si chiuse dentro.

Quando avevo scoperto che una nuova persona avrebbe vissuto in quella casa, ero rimasta sbigottita. Victor però sembrava un ragazzo a posto, al di là delle sue battute spesso fuori luogo e delle sue continue intromissioni, e nonostante non mi fosse particolarmente simpatico, era pur sempre un amico di Louis e degli altri ragazzi.

Dopo tutto ciò che mi aveva raccontato, avevo capito quanto combattere fosse realmente importante per Louis: non avrei mai più opposto resistenza.

Al contrario, invece, l'avrei sostenuto, perché era questo che meritava da me.

Tuttavia, c'era una cosa che dovevo ancora chiedergli. Una condizione.

«Louis, io...» cominciai, «ti ringrazio per avermi raccontato tutto questo, mi fa capire che ci tieni ma, soprattutto, che ti fidi di me. Io... vorrei solamente che tu continuassi a farlo, perché non c'è cosa migliore di sapere che una persona di cui ti fidi fa altrettanto nei tuoi confronti» confessai, decidendo di avvicinarmi a lui al punto da potergli toccare il viso, su cui poggiai le mani.

«Perciò, a questo punto, credo di non poterti proibire di svolgere il tuo lavoro... perché è quello che fai da tutta la vita e che ti fa stare bene. Finalmente lo capisco. Però, c'è una cosa che posso chiederti... ed è quella di non lasciarmi a casa, domani. Ti prego, Louis, ho bisogno di sapere cosa ti succede».
Il ragazzo chiuse gli occhi e inspirò rumorosamente alle mie parole, ma io non avevo intenzione di tirarmi indietro.

«Io... morirei d'ansia, se rimanessi qui ad aspettarti come sempre. Ti giuro che resterò tutto il tempo vicino ai ragazzi se ti farà sentire meglio, non mi allontanerò neanche per un secondo da loro, non berrò nulla che possa farmi sentire male... ma ho bisogno di sapere che non corri alcun rischio, che starai bene. Ti prego, Louis, portami con te...» il mio tono risultò supplichevole: era quello che più desideravo.

Il ragazzo scosse la testa e appoggiò una mano sulla mia, scostandola delicatamente dal suo viso.

«Amber, io non so se potrei farcela, sapendo che tu...»

«Non è affatto una cattiva idea, Louis». La voce di Victor interruppe le parole del ragazzo, ed entrambi ci voltammo verso di lui, notando che fosse appena uscito dal bagno.

«Scusate, non era mia intenzione origliare, ma ho sentito la vostra conversazione... se questa è davvero la tua ragazza, in fondo, merita di vedere con i propri occhi la vita che conduci» affermò, avanzando in nostra direzione. Louis parve rimanere infastidito dal suo intervento.

«Ti prego di non intrometterti, Victor. Questi non sono affari che ti riguardano» tentò di rispondergli il più educatamente possibile, nonostante sembrasse che avrebbe di gran lunga preferito tirargli un cazzotto dopo le sue parole.

Tuttavia, io non avrei mai potuto essere più d'accordo con Victor di quel momento.

«Invece ha ragione, Louis» pronunciai, attirando nuovamente il suo sguardo su di me, «non potrò mai credere di conoscerti davvero, se continuerai a impedirmelo, perché tu non sei solo il Louis buono che vivo ogni giorno... tu sei anche il Louis che combatte sul ring. Ed è giusto che io veda anche quella parte di te».

Louis sembrò rimanere sorpreso dal mio discorso: sapeva anche lui quanto quelle parole fossero piene di verità.

Eppure, ciò non gli impedì di emettere un respiro frustrato e fissare Victor con sguardo furioso: fu proprio per questo che il ragazzo intervenne nuovamente.

«Baderò io a lei, amico. Non un singolo tifoso si avvicinerà ad Amber se è questo che ti turba, te lo prometto. Se questa ragazza ti piace sul serio, è inutile dire che non potrete mai andare avanti del tutto, finché non sarà a conoscenza del lato oscuro che fa parte di te» affermò senza mezze misure, incrociando le braccia al petto. I suoi occhi celesti trasmisero sincerità.

Passai lo sguardo da lui a Louis, notando che quest'ultimo sembrasse starvi riflettendo su.

In fondo, anche se probabilmente non lo avrebbe mai ammesso, sapeva benissimo quanto Victor avesse ragione.

Louis, dinanzi a me, sembrò calcolare ogni singola alternativa che potesse evitare una scelta del genere, ma nelle sue iridi cristalline lessi quasi rassegnazione, come se ci trovassimo ormai a un punto di non ritorno.

D'altronde, era chiaro quanto ci piacessimo e quanto il nostro rapporto cominciasse ad andare ben oltre la semplice attrazione fisica, e se quella era la vita che conduceva la persona per cui provavo sentimenti così forti...

Allora volevo a tutti i costi farne parte.

«Mi prometti che la terrai d'occhio?» domandò improvvisamente Louis al corvino, la mascella contratta e i tratti del viso induriti.

Sembrava stesse cedendo.

«Louis, non c'è neanche bisogno che tu me lo chieda. Saremo tutti là, amico: io, Lincoln, Nolan, Isaac, Zade. Ecco perché penso che tu possa stare tranquillo. Saremo tutti presenti per questo evento così importante per te, ed è giusto che anche Amber lo sia» concluse Victor, ma io smisi di ascoltarlo nel momento in cui sentii pronunciare il suo nome.

Zade sarebbe stato lì.

Ciò significava che, dopo una settimana passata lontana da lui, lo avrei rivisto.

Louis spostò lo sguardo su di me e io mi ricomposi, ferma nella mia decisione nonostante la scoperta appena fatta: avrei potuto tollerare la presenza di Zade, se ciò mi avesse permesso di assicurarmi da vicino che Louis stesse bene.

Dopo attimi che parvero interminabili, il ragazzo si arrese, rivolgendomi un cenno di assenso; poi si passò una mano in viso, come se stesse pensando di aver appena commesso un'irrimediabile errore.

Certamente l'avrei pensato anch'io, se soltanto avessi saputo che quella sera sarebbe stata solamente l'inizio.

L'inizio della fine.



Spazio autrice

Messaggi di odio tra 3, 2, 1...😂
No dai, amatemi, ci ho messo un sacco a revisionare questo capitolo.
Cosa ne pensate della storia di Louis, e di come ha conosciuto i ragazzi?
E di Victor?

Cosa credete succederà? Do ufficialmente il via alle supposizioni, sono curiosa😂
Sappiate che la vera tempesta è alle porte: sta per arrivare.
*Musichetta horror in sottofondo*
Okay, quando i miei spazi autrice cominciano diventare simili a quelli che scrivevo a 13 anni, significa che è arrivata l'ora di dileguarsi. So, alla prossima❤️

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