.19. .Part One.


«Aspetta, non entrare! Ora esco io» urlò Louis, prima di far strisciare i jeans lungo le gambe magre e abbottonarli, intimandomi di rivestirmi.

Quando entrambi fummo perfettamente coperti e il pavimento ormai pulito Louis aprì la porta, rivelando la figura di Zade che, impaziente, entrò nella stanza.

Rivederlo dopo tutti quei giorni fu come una lacerante pugnalata dritta nello stomaco. Non ci volle molto, prima che tutti i ricordi di quella serata tornassero a galla.

«È successo un fottuto casino, Isaac...»

Il moro bloccò le sue parole quando vide le nostre condizioni, fissando da capo a piedi prima Louis, poi me, probabilmente notando che non stessimo certo giocando a carte prima del suo arrivo.

Il suo sguardo rimase a lungo sulla mia figura, e ciò non fece altro che mettermi tremendamente in soggezione.

«Isaac?» Louis gli intimò di continuare, visibilmente preoccupato per l'incolumità dell'amico.

Zade a quel punto parve riprendersi, perché tornò a fissare il ragazzo di fronte a sé con sguardo inquieto.

«Isaac è tornato a casa ubriaco fradicio. Dice di aver visto Lucy...» rivelò, facendo spalancare gli occhi di Louis,  «e che parlerà solo con te» concluse, cupo.

Sembrò scattare qualcosa in Louis, perché la serenità di attimi prima era stata totalmente spazzata via quando, allarmato, parlò.

«Merda, Isaac...»  imprecò, passandosi una mano sul viso, poi si voltò verso di me. «Devo andare da lui. Torno subito, Ambs, promesso. Grazie, Zade» disse infine, prima di uscire dalla stanza e dirigersi velocemente verso le scale che portavano al piano inferiore.

Fissai la porta in laminato bianco dalla quale era appena uscito il ragazzo per cui, ormai, credevo di provare qualcosa di più forte della semplice attrazione fisica.

Lucy.

Isaac l'aveva già nominata in passato, credevo fosse la sua ex fidanzata. Dal modo in cui Louis era scattato non appena aveva sentito quel nome, avevo intuito si trattasse di qualcosa di importante ed estremamente serio.

Speravo solamente che Isaac stesse bene.

«Ho una domanda per te, Amber» affermò una voce così bassa e tetra da mettermi i brividi, distraendomi dalle mie riflessioni. Ero talmente presa dalla situazione che non mi ero neppure resa conto di essere rimasta sola nella stanza insieme a Zade.

Volsi lo sguardo verso la sua figura, notando che quel giorno indossasse solamente indumenti neri. Non che fosse una novità.

Non volevo averci niente a che fare: non desideravo guardarlo, parlargli, e nemmeno passare un minuto di più con lui.

Eppure il ragazzo non sembrò interessato alla mia volontà perché, subito dopo aver pronunciato quelle parole, si avvicinò alla porta e la chiuse, dandovi le spalle e appoggiandovisi contro, le braccia coperte da un giubbotto di pelle incrociate sul petto.

«Ti capita spesso di baciare un ragazzo, un giorno... e di scopartene un altro la settimana dopo?» Il ragazzo mi rivolse uno sguardo cupo, freddo, osservandomi dallo stipite della porta con espressione indecifrabile.

Non potevo credere a ciò che avevo appena udito: chi si credeva di essere, per parlarmi in quel modo?

La sua affermazione mi diede talmente sui nervi che decisi di rispondergli a tono.

«E a te, Zade» cominciai, rimanendo ferma nella mia posizione, i pugni stretti lungo i fianchi, «capita spesso di baciare una ragazza, per poi dirle di dimenticare tutto?» gli domandai a mia volta, scandendo per bene le parole proprio come aveva fatto lui.

Per la prima volta riuscii a spiazzarlo: in un primo momento, infatti, sembrò stupito dalla mia replica, perché non disse niente.

Ero davvero stanca dei modi di fare di Zade: avrebbe dovuto semplicemente darci un taglio, soprattutto dopo avermi presa in giro in una serata così delicata per me, quando mi aveva baciata con sentimento, poco prima di ordinarmi di dimenticarlo.

Avevo chiuso con il suo bipolarismo.

Quando cominciò ad avvicinarsi lentamente a me con sguardo impenetrabile, però, mi pentii di averlo sfidato.

Avevo quasi dimenticato quando, preso da una rabbia incontenibile, mi aveva assalita, baciandomi contro la mia volontà.

«Oh Amber,  a quanto vedo, non ci hai pensato due volte a dare ascolto alle mie parole».

Posizionò le mani ai lati della mia testa contro l'armadio alle mie spalle, immobilizzandomi per l'ennesima volta da quando lo conoscevo. Tentare di intimidirmi sembrava quasi compiacerlo.
Non avevo vie di scampo: dovevo affrontarlo per forza di cose.

Quando fu di fronte a me, così vicino da poterne notare il lieve accenno di barba che lo caratterizzava, la mascella contratta e le iridi scure che fissavano le mie con risentimento, poggiò una mano sul mio fianco, cominciando a stringerlo. Quasi tremai al suo tocco sul mio corpo.

L'espressione sul suo viso si indurì più di quanto non lo fosse stata prima.

«Come diavolo hai potuto scoparti Louis, dopo aver fottutamente baciato me?» domandò con estrema severità, e il suo sguardo vitreo su di me mi fece accapponare la pelle.

Prima che potessi anche solo pensare a una risposta, il ragazzo proseguì.

«Sai, Amber, sono stato uno stupido a pensare, anche solo per un istante, che tu fossi davvero innocente come dici di essere. Non sarai una complice di Jacob come pensavo, ma sei pur sempre una Sullivan, nelle tue vene scorre il suo sangue» strinse ancor di più la presa sul mio fianco, cominciando a farmi male.

«Zade!» esclamai scioccata, ma il lampo di cattiveria che attraversò i suoi occhi mi fulminò, spazzando via il mio coraggio.

«Zitta».

Il suo fu un ordine, e rimasi completamente impietrita dalla ferocia con cui pronunciò quell'unica parola.

«E pensare che ho rischiato di prendermi una fottuta pallottola per te, per salvarti dalle grinfie di quel mostro. Mentre tu non hai fatto altro che prendermi per il culo». Dalla voce di Zade trasparì un profondo rancore nei miei confronti: non c'era più traccia di vulnerabilità in lui, ormai.

«Sono stato così idiota a pensare che fossi diversa, che assomigliassi a lei...» prese una piccola pausa, e io non mi sentii in grado di proferire parola, troppo sconvolta dall'improvvisa rabbia di Zade. Quando i suoi occhi tornarono a fissare i miei, mi sentii morire. «La verità è che sei solamente una troia, niente di più!» quasi urlò, congelando il mio corpo.

Le sue parole mi lasciarono talmente spiazzata che, per un attimo, rimasi a fissarlo con gli occhi spalancati senza dire nulla, sentendo un familiare pizzicore prenderne il possesso. Il silenzio della stanza era riempito dal respiro affannoso di Zade, le vene sul suo collo sembravano essersi ingrossate da quando aveva cominciato a sputarmi addosso veleno e cattiveria, e io mi sentii tremendamente piccola dinanzi a lui, talmente tanto che, per un istante, credetti che la mia unica reazione alla sua crudeltà sarebbe stata scoppiare in un pianto sommesso. 

Ma no. Quello era semplicemente troppo per abbassare la testa e accettarlo.

Profondamente ferita dalla sua accusa, finalmente decisi di rispondergli.

«Come ti permetti di dirmi una cosa del genere? Tu non mi conosci affatto!» sbottai e, presa da un impeto di rabbia, poggiai le mani sul suo petto nel tentativo di spingerlo, che si rivelò vano.

«E poi, qualsiasi cosa io abbia fatto con Louis, non è affar tuo! Levami le mani di dosso!» esclamai infine, facendo forza sulla sua mano per staccarla dal mio fianco, ancora una volta senza successo.

Ma quando lo fece di sua spontanea volontà, successe tutto così in fretta che faticai a rendermene conto. Zade abbandonò la presa sul mio fianco, spostando velocemente la grossa mano verso l'alto, e quando raggiunse l'altezza del mio collo lo strinse tra le dita, l'espressione dura. 

Strabuzzai gli occhi e rimasi pietrificata, osservando quelli di Zade emettere una scintilla di furia che mi fece rabbrividire.

«Ti prego, Amber: io non credo più alle tue stronzate! A quanto pare ti stimola tanto quel ragazzo, eh? O forse ti faresti chiunque, in questa casa?» domandò, inclinando la testa da un lato ed emettendo una risata amara, prima di tornare serio,  «forse saresti dovuta rimanere sulla strada, il giorno che Louis ti ha trovata, perché quella è l'unica casa che potrai mai avere!» 

Un rumore assordante proveniente dalla mia mano che colpì forte il volto di Zade risuonò tra le pareti della stanza, l'unica prova di ciò che avessi appena avuto il coraggio di fare.

L'impronta della mia mano si stampò sulla guancia di Zade così forte da fargli girare la testa dall'altro lato. Fu solo a quel punto che realizzai.

Avevo tirato uno schiaffo a Zade.

E il mio viso, in quel momento, era un mare di lacrime.

Il ragazzo rimase attonito e, come se il mio colpo l'avesse risvegliato da un sogno, aggrottò la fronte e lasciò andare il mio collo, fissando il mio volto bagnato di lacrime come se si fosse reso conto solamente allora di ciò che aveva fatto.

«Come hai potuto mettermi le mani addosso?» mi rivolsi al ragazzo dinanzi a me con la voce rotta dal pianto, senza neppure provare a nascondergli il dolore che le sue azioni mi avevano causato. Rimase in silenzio.

«Come puoi dirmi una cosa simile? Come puoi essere tanto crudele con me dopo che hai...» morsi il mio labbro per trattenere un singhiozzo, «dopo che hai visto coi tuoi occhi quello che Jacob mi ha fatto?» Per quanto fosse difficile guardarlo negli occhi dopo tutto ciò che era successo, ressi il contatto visivo con Zade per tutto il tempo, senza distogliere lo sguardo neppure per un secondo. Zade non disse niente, ma i suoi occhi mi parlarono, perché un barlume di umanità pareva essere tornato ad animarli.

Ma era troppo tardi.

«Io ti odio, Zade, ti odio con tutta me stessa. Non smetterò mai di sentirmi una tale stupida per aver provato anche solo per un istante a capirti, sottovalutando la tua violenza nei miei confronti. Non voglio più avere a che fare con te, diamine, non voglio più saperne niente di te». Mi bloccai, prendendo un respiro a pieni polmoni, mentre gocce calde e salate continuarono a sgorgare lungo il mio viso.

«Vattene via di qui» dissi, profondamente logorata dentro, rendendomi conto solo in quell'istante che il ragazzo avesse smesso di guardare me e aveva cominciato a fissare le sue mani quasi in uno stato di trance.

Attimi dopo, però, il moro rialzò il viso, degnandomi della vista dei suoi occhi scuri che parevano essere tornati vitrei mentre studiavano attentamente il mio volto ferito.

Distolse lo sguardo quasi immediatamente, come se non riuscisse a sostenere il mio, e io non capii come interpretare i suoi gesti.

«Perdonami» disse.
«Perdonami. Non ero in me» ripeté, prima di voltarmi definitivamente le spalle e dirigersi verso la porta, esaudendo la mia richiesta di andarsene.



Louis

«Adesso smettila di bere, Isaac! È la seconda bottiglia che ti scoli da quando sei arrivato a casa. Non oso immaginare quanto avrai bevuto in quel locale! Finiscila, amico!» sentii la voce di Nolan rimproverare il riccio mentre tentava di togliergli dalle mani una bottiglia di whisky.

Scesi velocemente l'ultimo scalino, concentrando tutti i miei pensieri sul mio amico che, in quel momento, aveva bisogno di me.

Sentii un grande tonfo provenire dal salone, e mi diressi a passo svelto proprio lì giusto in tempo per osservare Isaac che, aggrappandosi al tavolino del soggiorno, cadde rovinosamente al suolo con l'accessorio d'arredamento in grembo.

«Mio Dio, Isaac... si può sapere cosa diavolo ti è successo?» domandai, avvicinandomi a lui e sollevando da terra il suo peso morto, conducendolo poi fino al divano, su cui lo feci sedere a forza.

«Nulla Louis, perché ti preoccupi così tanto? Sono solo cascato a terra, come il giro giro tondo! Non si cresce mai abbastanza per questo» Isaac ridacchiò alla sua squallida battuta e tentò di farmi un occhiolino, finendo col chiudere entrambi gli occhi.

Alzai le le sopracciglia non appena sentii quella grande cavolata uscire dalla sua bocca: doveva aver bevuto davvero tanto per ridursi in quel modo.

«Amico, ma quanto hai bevuto?» Gli porsi quella domanda più che lecita, esasperato, passandomi nervosamente una mano tra i capelli, e rimasi a osservare dall'alto il suo viso imperlato di sudore e l'ammasso di indomabili ricci ricadergli sugli occhi quando rispose.

«Più o meno sette cocktail al locale, più due bottiglie qui, dovrebbe fare...» prese a contare con le dita, mostrandosi terribilmente concentrato nel farlo, «dodici. Sì! Ho bevuto dodici bevande alcoliche più o meno forti» dichiarò, scoppiando  a ridere senza una motivazione preciso.

Se non la sbronza, naturalmente.

Alzai gli occhi al cielo, tirando un lungo sospiro.

«Sei davvero marcio, Isaac. E comunque sette più due fa nove, non dodici» affermò Nolan, divertito.

«Tralasciando questo. Mi spieghi per quale fottuto motivo hai bevuto così tanto, mh?» mi inginocchiai di fronte a lui, parlandogli con tono accusatorio, e Isaac rivolse lo sguardo al pavimento come fosse stato un bambino che veniva sgridato dal genitore.

«Hai ventidue anni, Isaac, non quindici... a volte dovresti ricordarlo» lo ammonii, tentando di addolcire un po' il tono di voce.

Ma quello che mi disse successivamente mi fece completamente ammutolire. Compresi che, in quell'istante, la barriera protettiva che Isaac aveva eretto per difendersi da tutto il male che il mondo avrebbe potuto fargli, stava per crollare definitivamente.

«Io... io ho visto lei» rivelò tornando improvvisamente serio, gli occhi verdi ancora rivolti verso il pavimento. Mi imposi di non muovere un singolo muscolo.

Non era mai stato facile sfogarsi per Isaac, un ragazzo terribilmente introverso che preferiva vivere la vita giorno per giorno e focalizzarsi su quella degli altri, al posto di pensare ai problemi che lo affliggevano, ma in quel momento, sembrava finalmente sul punto di farlo.

Dopo qualche secondo di silenzio passato a fissare il vuoto, il riccio parlò di nuovo.

«Lavora in un night club, se la spassa ogni sera con qualsiasi cliente le chieda di portarsela a letto. Naturalmente, sono stato così stupido e masochista da andare proprio lì, stasera, solo per accertarmi che stesse bene. Quando mi ha visto l'ha fatta apposta, Lou. Ha semplicemente continuato a ballare sensualmente e a strusciarsi contro due bastardi che si è portata dietro le quinte dopo lo spettacolo, solo per farmi capire quanto poco le importi di me e dei miei sentimenti. Puoi immaginare cosa abbiano fatto dopo, sempre che ancora non stiano continuando» pronunciò accigliato. La sua serietà lo fece sembrare quasi sobrio.

«Ma in fondo, non fa niente. Non fa mai niente, vero? Non è nulla, hai ragione tu, sono solo un immaturo e irresponsabile uomo di ventidue anni che si è innamorato della persona sbagliata» un sorriso amaro si fece spazio tra le sue labbra, facendomi sentire immediatamente in colpa per la durezza con cui gli avevo parlato.

Rimasi a bocca aperta a ogni singola parola che pronunciò.
Sapevo che Lucy fosse una poco di buono, l'avevamo capito tutti da un pezzo, ormai, ma non avrei mai immaginato che avrebbe potuto fare una cosa simile ad Isaac, sapendo quanto ancora fosse perdutamente innamorato di lei.

«Ti... ti rendi conto, Louis?» continuò il ragazzo con voce incrinata, rialzando finalmente lo sguardo e guardandomi negli occhi.

Occhi in cui lessi tutta la sofferenza che stava provando.

«Lei per me era tutto, il mio tutto... l'amavo, e la amo ancora come se non fosse mai successo nulla, come se non fosse realmente la persona che mi ha tradito con un altro. Io... Non ce la faccio, non ce la posso fare, Louis...» pronunciando quelle parole alcune lacrime rigarono il suo volto, a cui se ne unirono altre, finché non scoppiò definitivamente in un pianto liberatorio.

Era uno strazio vedere Isaac ridotto in quelle condizioni: in fondo, lui era sempre stato come un fratello minore per me, nonostante fossi più grande di soli tre anni.

Generalmente non mostrava mai le sue debolezze a nessuno, era sempre stato un ragazzo molto introverso.

Ma quando crollava... crollava e basta.

Decisi di alzarmi e di sedermi di fianco a lui: poggiai una mano sulla sua spalla, tentando di calmarlo.

«Ehi Isaac, fratello... cerca di tranquillizzarti ora, okay? So che in cuor tuo sei consapevole di non aver bisogno di una persona simile nella vita, Zac... tu hai bisogno di una donna che faccia uscire la parte migliore di te, che sappia darti almeno la metà di ciò che dai in una relazione, perché io so che metti il cuore in tutto quello che fai ed è esattamente questo che meriti in cambio» confessai, la mano ancora poggiata sulla sua spalla. Il mio discorso lo stupì, perché i suoi occhi verdi furono subito puntati nei miei.

«Esatto, amico. Tu sei troppo per una come lei» mi appoggiò Nolan, raggiungendosi e sedendosi sul divano dall'altro lato del riccio.

«G-grazie, Louis... grazie per le belle parole, ragazzi. Io credo... credo abbiate ragione...»

Sembrava intenderlo davvero.

Ma poi la porta di casa si aprì all'improvviso, e poco dopo la figura di Lincoln fece capolino nel salone della villa.

«Vedo che siete tutti ancora svegli... beh, ho una cosa da raccontarvi!» esclamò raggiante dopo essersi accorto della nostra presenza.

Terribile tempismo.

Istintivamente mi voltai verso Nolan, cogliendo la mia stessa preoccupazione sul suo viso quando le nostre iridi chiare si incontrarono.

Percepii Isaac irrigidirsi al mio fianco, le sue nocche si fecero bianche per quanto forte strinse i pugni. La mia presa sulla sua spalla si fece ancora più forte.

«Isaac... Isaac, devi tranquillizzar-» ma prima che potessi finire di pronunciare quelle parole il riccio era già in piedi, diretto a passo spedito verso Lincoln. Non feci in tempo ad alzarmi dal divano che il riccio lo afferrò per il colletto della camicia, sbattendolo violentemente contro la parete blu notte della stanza. Dannazione.

«Tu, brutto pezzo di merda! Sei stato tu a portarmela via, è colpa tua se Lucy non mi ama più! Come hai potuto farmi questo? Sei stato solo un verme, altro che migliore amico! I... i migliori amici non si comportano così! I migliori amici non si portano a letto le ragazze degli altri!» urlò fuori di sé, e il mio scattare velocemente insieme a Nolan verso di lui non gli impedì di sferrare un pugno sulla mascella di Lincoln, che rimase troppo sconvolto per reagire.

Poi Isaac indietreggiò, e io e Nolan fummo da lui prima che potesse toccare il freddo pavimento di marmo, quando perse i sensi.

Spazio autrice

Beh, che dire... La quiete oramai è passata, e sono sicura che molte di voi, ormai conoscendomi, si aspettassero la tempesta.
Questo capitolo è veramente pieno di emozioni contrastanti: cosa ne pensate della reazione di Zade e di quello che dice ad Amber?
E di Isaac? Vi sareste mai aspettate che fosse stato proprio Lincoln a essere andato a letto con l'ex di Isaac? Fatemelo sapere!
Lettrici silenziose, mi farebbe davvero piacere se mi lasciaste un commentino per farmi sapere cosa ne pensate di tutto il casino che sta succedendo!😂💗
Vi lascio la pagina Instagram della storia: @__.corastories.__
Alla prossima💗

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