Capitolo 7

Ho la testa altrove e ciò non mi permette di seguire attentamente la lezione di biologia, materia che odio, d'altronde. Non smetto di pensare allo sguardo di Emy, sembrava sicura di sé, come se tutta la paura che le causavo fosse sparita nel nulla e non mi interessa nemmeno più metterla in ridicolo davanti a tutti. Sto cambiando e ciò mi agita, non riesco più ad essere arrogante e stronzo, nonostante la tratti male non sembra scalfirsi come un tempo. Persino i miei amici l'hanno notato e devo tenerli d'occhio, soprattutto Jake. Sembra che si sia messo in testa qualcosa di losco, nonostante sappia bene che senza i miei ordini non si faranno altri scherzi. Per il momento sembra tutto tranquillo ed è questo a spaventarmi di più. La campanella che annuncia la fine delle lezioni, mi risveglia dal paradosso che stavo creando dentro di me e solo allora mi rendo conto che Jake è uscito prima, e che tutti si stanno dirigendo velocemente fuori dall'aula. Mi acciglio, mentre mi alzo dalla sedia e afferro il mio zaino. Quando esco dall'aula, tutti corrono verso l'uscita del liceo, liberando il corridoio. Cosa sta succedendo? Esco a mia volta e raggiungo il mio gruppo.

«Ciao, tesoro.» mi saluta Ashley, baciandomi una guancia.

Cerco di ignorare quello stupido nomignolo e me la levo di dosso. Quante volte devo dirle che queste smancerie in pubblico mi infastidiscono? Sembra non voler capire, non siamo una coppia di fidanzatini, scopiamo e basta.

«Dov'è Jake?» le chiedo.

«Sembra che ti importi più di lui che di me.» risponde, cercando di abbracciarmi, ma ovviamente mi scanso.

«Dov'è?» ripeto.

«Non lo so, sarà tornato a casa.»

Questo sì che è strano, non va mai via prima, aspetta sempre degli ordini da me per infastidire Emy, ma ora che non gli ho detto nulla sembra sparito. Aspetto che lei esca, ma tarda ad arrivare. Che sia stata trattenuta da qualcuno? Oppure non è venuta a scuola? Me ne sarei accorto se fosse così. Devo smetterla di pensarci e fregarmene!

«Vado via.» sbotto.

«Di già?» chiede Ashley, dopodiché guarda Fred con un mezzo sorriso.

Ho come l'impressione che mi nascondano qualcosa. Ignoro il suo falso stupore e mi incammino verso la strada. Oggi non ho voglia di passare del tempo con loro, preferisco starmene per i fatti miei, a volte sono così snervanti. Inserisco le cuffie nelle orecchie e faccio partire la mia playlist. Purtroppo ieri ho portato la mia macchina dal meccanico, quindi adesso mi tocca tornare a piedi, avrei dovuto rubare quella di Emy. Rido al pensiero, fino a che non vengo interrotto da due persone che si abbracciano alla mia destra. Mi libero delle cuffie e raggiungo i due coglioni. Afferro Sam da dietro e lo sbatto contro il muro di un palazzo, dopodiché gli prendo il colletto della maglietta e lo fisso in cagnesco.

«Che cazzo stai facendo con lei?» gli urlo in faccia.

«Non facevo assolutamente nulla.»

Le solite stronzate che dice un coglione che ci prova.

«Ci stavi provando!»

«Mark, non sono affari tuoi quello che faccio con i miei amici.» mi urla in faccia Emy.

«E da quando questo tipo è tuo amico?» le chiedo confuso.

Non riesco a crederci, lo ha appena difeso, quando in infermeria l'ho aiutata a liberarsi di lui, era chiarissimo che ci stesse provando. Perché deve sempre complicare le cose, non può starsene per i cazzi suoi come ha fatto in questi quattro anni? D'un tratto afferra la mano di Sam, rendendomi ancora più allibito.

«Andiamo via, Sam!» gli dice, mentre lo trascina via.

Li vedo allontanarsi e non so come ho fatto a non prenderlo a pugni. Non capisco se stanno insieme o lo fa per infastidirmi. Do un pugno al muro, sfogando tutta la rabbia che ho dentro. Le nocche mi si lacerano e capisco che è meglio se vado in palestra, non posso continuare a restare qui o sarà peggio. Devo darmi una calmata o crederanno che sia impazzito. A dire il vero mi ci sento già, è un periodo del cazzo.

Mentre prendo a pugni il sacco da boxe, rivedo la faccia di Sam e allora colpisco più forte. Ripenso alle sue manacce addosso ad Emy e do una scarica di pugni, avvertendo dolore alla mano.

«Ti vedo più aggressivo del solito, Johnson.» dice l'istruttore dietro di me.

Riprendo fiato e mi volto. «Sono solo più carico.»

«Hai tutte le potenzialità per diventare un bravo pugile.»

Sorrido in modo sarcastico.

«Non ho intenzione di diventare un pugile, vengo qui solo per...» mi blocco, prima di dire qualche cazzata.

«Per sfogare la tua rabbia.» conclude lui. «Lo so, però è un peccato, davvero.»

Incredibile come una persona estranea ti capisca più di una che ti conosce. Non dico altro, ignorandolo. Riprendo a picchiare il sacco, più forte di prima, con più grinta e aggressività, mentre lo guardo allontanarsi. Affondo i pugni, fino a che non sento più le braccia e decido di fermarmi. Afferro l'asciugamano sulla panchina e asciugo il sudore dal viso e dal collo, dopodiché mi dirigo alle docce.

***

Sono a casa da un'ora e per mia fortuna non ho visto nessuno, soprattutto lei e non mi importava nemmeno sapere cosa stesse facendo. Esco dalla mia stanza, intento ad andare al bagno a fare una seconda doccia, quando sento dei rumori provenire dalla cucina. Sbuffo, immaginando già di chi si tratta e ovviamente devo andare a controllare, perché sono stupido. Mi poggio allo stipite e la guardo prendere il barattolo della nutella dal mobile. Mi chiedo come faccia ad avere quel fisico se continua a mangiare quelle schifezze. Finalmente si rende conto della mia presenza e allora varco la soglia, poggiandomi contro il lavello in cucina.

«Che vuoi?» mi chiede con voce atona.

Non voglio proprio niente, mi fa solo irritare quella sua aria da stronzetta nei miei confronti. Per evitare di litigare, faccio spallucce e apro il frigorifero, facendo finta di nulla. Con la coda dell'occhio, la vedo varcare la soglia della cucina, ma le impedisco di proseguire, afferrando il suo braccio.

«Aspetta.» dico a disagio. Mi guarda confusa e attende le mie parole. «Tu e Watson, state insieme?» Voglio sentirmelo dire chiaramente, non riesco più a sopportare i pensieri che mi tormentano. Ma resta in silenzio, guardandomi quasi divertita. «Ti ho fatto una domanda!» strigo il suo piccolo polso.

«Lasciami in pace!» si libera violentemente.

«Non puoi stare davvero con quel tipo.» dico, risultando quasi disperato.

«Non sono affari tuoi!»

«Sono affari miei, invece!»

Cazzo, ma cosa mi sta succedendo?

«Ah, sì? E perché?»

«Perché...» Mi zittisco all'istante. Non posso dire tutto quello che mi passa per la testa, devo limitarmi a trattarla male e basta! «Sei solo una sfigata, non puoi stare con uno come Sam.»

Si rabbuia e mi rendo conto di aver esagerato, perché potrebbe avere chiunque, è bellissima e molto sexy, se non fosse per quel suo carattere di merda.

«Brutto figlio...» si ferma, prima di poter dire qualcosa di cui si sarebbe pentita. «Stammi lontano, tu sei pericoloso!»

Mi acciglio e non capisco cosa stia dicendo. Va bene i modi violenti e tutto, ma perché sarei pericoloso?

«Cosa stai dicendo?» chiedo inconsapevole.

«Come ti è saltato in mente di mettere dell'olio sulle scale? Avrei potuto rompermi il collo.»

«Olio?» chiedo ancora più confuso.

«Sì, stronzo! Non fingere, ti conosco.»

Stavolta non c'entro assolutamente e nonostante questo se la sta prendendo con me. Comincio a pensare e la rabbia si fa strada in me.

«Non sono stato io.» Scoppia a ridere e nella mia testa è tutto sconnesso. «Davvero credi che sia stato io?»

«Ovvio!»

«Non ti farei mai del male.» ammetto. «Certo, ti detesto, ma non farei mai niente che potesse metterti in pericolo.»

«E pensi davvero che io ci creda?»

«Devi credermi, perché stavolta non c'entro niente.»

Si libera di me e corre di sopra. Cosa cazzo è appena successo? Non ho messo niente sulle scale del liceo. Ora capisco perché Ashley e Fred erano così strani, soprattutto capisco il motivo per cui Jake non c'era. Stavano architettando quest'assurdità. Come osano fare cose alle mie spalle? Questa me la pagheranno!

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