Capitolo 29. La casa degli incubi.

Finisco di vestirmi e mi sento stranamente bene.

Stamattina mi sono svegliata che ero stretta a Federico, ci siamo addormentati insieme e ci siamo risvegliati abbracciati.

Ammetto che è stato alquanto imbarazzante, ma eravamo addormentati, quindi incoscienti delle nostre azioni.

Visto che né io né lui oggi abbiamo materie rilevanti a scuola, Federico ha preso la decisione di accompagnarmi a casa per recuperare le mie cose, visto che tutto è rimasto lì, compresi i libri, che per il momento mi vengono presati gentilmente da Rosalie.

Rimettere piede in quella casa un po' mi preoccupa, ma non so perché oggi sto bene, come ho detto prima.

Federico sarà con me, non ho nulla di cui avere paura.

Finisco di prepararmi e vado in soggiorno, dove trovo il biondino che è molto intento a messaggiare, penso già di sapere con chi stia conversando.

Fingo di tossire e mi rivolge la sua attenzione.

-Sei pronta?-, annuisco e gli scocco un occhiolino.

- Ti piace, eh?!- alludo a Martina e lui lo capisce, visto che fa una smorfia e alza gli occhi al cielo.

-Kristen, piantala.- si avvicina a me e mi sposta un ciuffo di capelli dietro l'orecchio, mentre il suo sguardo si fa serio, oh no... Non volevo che cambiasse umore, so già cosa deve chiedermi.

-Sei sicura che te la senti? Altrimenti vado da solo-, alzo gli occhi al cielo, visto che è la ventesima volta che mi fa questa domanda. È da quando mi sono svegliata e mi ha informato del programma per la giornata, che me lo chiede.

-Senti biondino, ti ringrazio, ma non sono dell'opinione che tu debba frugare tra le mie mutande e i miei reggiseni- ironizzo, cercando di sdrammatizzare.

Lui ridacchia, ma torna immediatamente serio.

Adoro che si preoccupi per me, ma allo stesso tempo mi sento in colpa.

-È tutto ok Fede, davvero. Voglio esserci.-, mi scruta attento e io gli rivolgo un sorriso rassicurante, per convincerlo del tutto.

Annuisce e mi porge la mano.

- Allora andiamo, scema-, sorrido e al contatto con la sua pelle sento quei brividi, ormai a me familiari, attraversarmi.

Andrà tutto bene, deve per forza.

*
Parcheggia la sua auto davanti a casa mia, anzi alla mia vecchia casa, e per un attimo mi perdo a pensare al passato, a quando ero felice, a quando la mia vita era perfetta e spensierata, un po' mi mancano quei tempi, e un po' mi manca la vecchia me.

Il biondino appoggia la mano sopra il mio ginocchio e torno sul pianeta Terra. Mi guarda negli occhi quasi a voler capire se sono o no pronta, così io annuisco mentre apro lo sportello.

Ci avviciniamo al portoncino e noto che la macchina di mio padre non c'è, o è in garage o è uscito, spero che sia più la seconda ipotesi.

Infilo la mia chiave nella toppa e apro la porta lentamente, il cigolio che fa mi ricorda quasi un film horror.

Noto che le chiavi della macchina di mio padre non sono dove solitamente le tiene e rilascio un sospiro di sollievo, che non mi ero nemmeno accorta stessi trattenendo, capendo che non è in casa.

-Facciamo in fretta, Federico.-, annuisce e, senza pensare, lo prendo per mano, portandolo in camera mia.

Gli porgo lo zaino di scuola e gli chiedo di metterci dentro i libri e i quaderni, mentre io afferro un borsone e ci metto dentro tutta la mia roba, senza fare attenzione a piegarla o che, ho troppa fretta.

Voglio andare via. Sia perché non voglio vedere mio padre, sia perché mi fa troppo male ripercorrere i ricordi avvenuti dentro questa casa, belli o brutti che siano.

Più passiamo i minuti dentro la mia vecchia stanza, più la sensazione di felicità che mi accompagnava prima svanisce.

-Kristen, io ho finito-, annuisco e metto l'ultima giacca dentro il borsone.

Mi guardo intorno un'ultima volta e serro i denti sentendo una rabbia improvvisa dentro di me.

Come sono arrivata a questo punto? Come sono arrivata a non avere più una famiglia? Come sono arrivata a odiare mia madre per avermi abbandonata? O a chiedermi perché a mio padre faccio così tanto schifo? Come?

Sento le lacrime fare pressione per scendere e mi avvicino alla scrivania dove c'è una cornice con una mia foto a tre anni, insieme ai miei genitori.

La prendo in mano e ripenso ai momenti belli, ma in un attimo quei momenti vengono cancellati da quelli orrendi.

Scoppio a piangere e lancio la foto al muro, il vetro si infrange in mille pezzi e sento Federico sussultare.

Prendo anche l'altra dove mi ritrae con mio padre e la scaravento a terra, mentre la vista mi si annebbia a causa delle lacrime, e i singhiozzi mi impediscono di respirare regolarmente.

Federico si avvicina a me e mi stringe da dietro, bloccandomi le mani, per impedirmi di lanciare l'ennesima cornice.

-Ssh, Kristen... Ehi...-, continuo a singhiozzare mentre mi dimeno, voglio rompere tutto quello che c'è qui dentro.

Voglio cancellare ogni traccia del mio passato. Tutto.

Federico mi fa girare verso di sé e mi prende la cornice dalle mani, la appoggia sulla scrivania e poi porta le sue mani sul mio viso e fa agganciare il mio sguardo con il suo.

-Kristen, è tutto ok. Sono qui.- fa una pausa mentre io continuo a singhiozzare, inizia ad asciugarmi gli occhi e poi continua dicendo -Prendiamo tutto e andiamo via. Non ti fa bene stare qua.-, non posso che essere d'accordo con lui.

Prendo lo zaino coi libri, mentre lui prende il borsone con la roba, perché è più pesante, e mi trascina fuori.

Mette le borse nel cofano e io salgo in macchina, troppo sconvolta e troppo a disagio per la scenata che ho fatto.

Anche il biondino sale in macchina e mi gira il viso verso sé.

-Piccola, stai calma- mi accarezza la mano e mi rendo conto che si sta riferendo al fatto che sto tremando.

Non sarei dovuta venire. Mi ha fatto male.

Cerco di calmarmi e lui mi sorride
-Sono qua, non ti lascerò.-, annuisco incantata dalle sue parole e solo ora mi rendo conto del nomignolo che mi ha attribuito poco fa: piccola.

Mette in moto e per fortuna andiamo via da quella casa.

La casa degli incubi. La casa che ha visto i sogni e le speranze frantumarsi e spegnersi, diventando incubi e angosce.

Nota: ciaoo, spero che questo nuovo capitolo vi piaccia. Scusate l'enorme ritardo, ma sono troppo impegnata a causa della scuola. Eh nulla, aspetto i vostri commenti, al prossimo, vi amo.

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