Capitolo 13. Scuse.

Sento la porta del soggiorno sbattere e sussulto.

Sono solo le otto e mezzo e mio padre è già rientrato. Dal modo in cui ha chiuso la porta escludo sia sobrio.

Spero che almeno Rosalie si stia divertendo e che il suo appuntamento con Benjamin vada a gonfie vele.

Chiudo la mia porta a chiave e sento mio padre sbraitare qualcosa di incomprensibile, dal piano di sotto.

In questo momento tutto l'odio per mia madre si fa sentire, è vivo e potente. Penso di non aver mai provato così tanto disprezzo verso una persona, mai.

La persona che mi ha creata mi ha trascurata per anni e infine mi ha abbandonata. Senza rimpianti. Senza nemmeno salutarmi.

Come potrei non disprezzarla?

Sento i passi pesanti di mio padre farsi sempre più vicini, finché si ferma davanti alla porta della mia stanza e inizia a prenderla a colpi.

- Ho fame! Vieni a prepararmi la cena-, è escluso che io esca da questa stanza con lui in queste condizioni.

Se sopportarlo quando non è a questi livelli mi viene difficile, quando è in queste pessime condizioni sopportarlo mi è impossibile.

- Ho detto apri questa porta-, urla come un dannato e sferra un altro calcio, con tutta la rabbia repressa.

Rabbia che non ho causato io, ma che mi sto subendo, da anni, dal giorno dell'errore di mia madre.

Mi porto automaticamente le mani alle orecchie e le tappo, ottenendo scarsi risultati perché il suo tono di voce è altissimo.

Sferra ancora un altro colpo e questa volta la porta trema.

Se continua così riuscirà ad aprirla. La scardinerà.

Sento le lacrime fare pressione sui miei occhi e il panico impossessarsi di me.

Lo sento armeggiare con la serratura e mi ricordo che la mia serratura è uguale a quella del bagno, quindi gli è bastato andare a prendere la chiave da lì.

La porta si spalanca davanti ai miei occhi e va a sbattere al muro, facendo cadere una mia foto di quando ero piccola, di quando ero felice ed ignara del futuro che mi aspettava.

I miei occhi vanno a finire sulla figura slanciata di mio padre e indietreggio automaticamente, finché sento il muro di.

- Sei una stronza-, si avvicina a me, mi afferra la maglietta e con uno strattone mi fa cadere per terra.

Digrigno i denti per il dolore, quando il mio ginocchio sbatte violentemente contro le pianelle rosee.

Mi afferra nuovamente per la maglia e mi obbliga ad alzarmi.

Mi stringe il viso e mi fulmina con lo sguardo
- non te lo ripeto più, quando ti chiamo devi aprire! Mi sono stancato di ripetertelo- mi meraviglio che si ricordi quello che mi fa quando è così ubriaco e mi ritrovo a chiedermi come farò a perdonarlo stavolta, sapendo che lui è consapevole di quanto male mi procura.

Mi afferra per il polso e mi trascina in cucina, dandomi una spinta.

- E ora cucina.- urla - Ho fame-.

Annuisco debolmente e faccio come mi ha detto.

Una lacrima scende dai miei occhi e sento il campanello suonare.

Trasalisco e mi rendo conto che l'ultima volta che ho sentito questo suono e quando Federico è venuto qua...

Sento mio padre aprire la porta e nel momento in cui sento la voce del biondino mi si gela il sangue.

Non può essere vero. Perché cavolo è qua? Pensavo avesse capito che non sarebbe dovuto venire mai più.

Mi asciugo gli occhi, cerco di avere un aspetto calmo e raggiungo i due alla porta.

Il biondino mi sorride appena mi nota, mentre mio padre mi lancia uno sguardo assassino, che per fortuna Federico sembra non notare.

- Ciao, come mai sei qua?-, cerco di essere il più fredda possibile, per non scatenare la furia di mio padre.

Il biondino mi scruta attento sentendo il mio tono distaccato e spero non pensi che io abbia una doppia personalità, visto che stamattina abbiamo riso e scherzato e che ora l'ho trattato come uno sconosciuto.

Lui fa spallucce e mio padre lo anticipa
- non dovresti essere qua, è buio, non si va a casa di una ragazza a quest'ora .-, Federico mi guarda stranito e poi annuisce.

- Sì, mi scusi- cerca di giustificarsi - volevo solo rendere questo a Kristen-, mi porge il mio braccialetto d'oro.

Come fa ad averlo lui?

Mio padre spalanca la bocca e si gira verso di me
- è tuo?-, deglutisco e scuoto la testa in segno di negazione.

- Ti stai sbagliando Federico, non è mio-, il ragazzo dagli occhi azzurri mi scruta attento e poi annuisce, quasi come avesse capito la situazione.

- Oh, beh... Avrò sbagliato persona! Scusate il disturbo-, si gira di spalle e mi ritrovo a sperare che non se ne vada, perché immagino cosa succederà ora e mi fa a dir poco paura.

Lui sale in macchina e va via, annullando in un colpo solo tutte le mie speranze.

Mio padre chiude la colpa con un colpo secco e io trasalisco.

Sento il cuore accelerare i battiti a causa della paura e in un attimo mi ritrovo a terra, a causa di una spinta forte che mi ha dato.

Sbatto nuovamente il ginocchio e gemo per il dolore, che è diventato più insopportabile di prima.

Mi afferra per i capelli e mi obbliga a un contatto visivo
- chi diavolo era quello?-, mi mordo il labbro per il dolore.

- Era solo un mio compagno di scuola-, mi dà un calcio e sento che mi sta venendo la nausea.

- Pensi che io mi beva questa stronzata?- le sue urla mi stanno facendo male alle orecchie.

Improvvisamente il telefono di casa prende a squillare, lui si distrae e io ne approfitto per scappare.

Corro più veloce che posso, nonostante il ginocchio mi pulsi per il dolore.

Vorrei andare a casa di Rosalie, ma è all'appuntamento con Benjamin. L'unico posto dove posso andare è da Federico, ma devo inventarmi una scusa.

Per il ginocchio che sta sanguinando leggermente potrei dire che sono caduta mentre scappavo, perché i miei genitori stavano litigando l'ennesima volta per il divorzio.

Probabilmente penserà che sono immatura a scappare per una banalità del genere, ma almeno sarò al sicuro.

Almeno spero.

Nota: ciaoo , scusate il ritardo, ma sono impegnata con il trasloco. Aspetto commenti e pareri su questo capitolo, al prossimo, baci 💕

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