Capitolo 104. Lavoro di gruppo.
Lancio uno sbadiglio e chiudo il quaderno nervosamente, non capendo il metodo del simplesso.
Sono sicura che anche quest'anno la matematica mi darà un bel po' di problemi. Penso che dovrò chiedere aiuto al mio maestro personale, per non iniziare a prendere le mie solite insufficienze.
Siamo rientrati a scuola solo due giorni e, già, questa strega di professoressa si è messa a spiegare.
Tutti gli insegnanti non fanno altro che parlare dell'esame, seppure abbiamo ancora tutto l'anno scolastico davanti. Questa cosa fa innervosire come non mai.
Sento il campanello suonare e corro giù ad aprire, lieta di lasciare stare per un po' la matematica.
È quasi un'ora che sto cercando di capirci qualcosa, ma con nessun risultato. Ho la mente altrove e, in più, odio questa materia, una combinazione sbagliata per riuscire a studiare.
Apro la porta e sbuffo vedendo Marcello davanti a me.
-Che vuoi?- chiedo senza nemmeno salutarlo -Sono impegnata con lo studio-.
Quasi quasi la matematica è meno urtante di lui. Quasi però, eh.
-Sono venuto a vedere come stai- sbotta nervosamente - perciò non comportarti da stronza-.
Scuoto la testa arresa e decido di non rispondergli male. Tanto non si arrenderebbe, visto quanto è testardo, ed io, in questo momento, non ho proprio voglia di battibeccare con lui.
-Sto bene. - sfoggio uno dei sorrisi più falsi che ho -Ora vorrei finire di studiare, se non ti dispiace-.
Cerco di non apparire acida, ma lui mi lancia comunque un'occhiata maligna ed entra in casa mia, senza che io lo inviti ad entrare.
Si siede sul divano e io lo seguo, accomodandomi di fianco a lui.
-Ho saputo che sei in classe con il tuo ex- aggancia il mio sguardo -mi dispiace-.
Il suo tono rimane distaccato e privo di emozioni come sempre. Dalla sua espressione, però, riesco a capire che è sincero e che si sta sforzando tanto per essere carino.
Annuisco debolmente, non sapendo che dire, e abbasso lo sguardo.
-So che non soffrirai per sempre- riaggancio immediatamente i suoi occhi, sentendolo parlare - credimi, anche se mi comporto spesso da stronzo, riesco a capire qualcosa-.
Ironizza sull'ultima frase e sorrido sbilenca.
-Uuh, tu che ti comporti in modo comprensivo con me e che ti dai dello stronzo da solo- fingo un'espressione seria - dovrò segnare la data nel calendario, è un giorno memorabile-.
Schiocca la lingua mentre mi osserva e sbuffa, ma capisco che in realtà è divertito dalla mia reazione.
-Sei impossibile, Kristen- arriccia le labbra - impossibile-.
Scrollo le spalle con indifferenza, mentre sorrido debolmente.
*
La professoressa di economia entra in classe e riporta l'ordine in aula.
-Per oggi ho in mente un progetto carino- inizia, sorridendo entusiasta -vi darò da redigere un Business Plan, però lo farete in gruppo, come se foste dei soci che collaborano per la propria azienda-.
Tutti iniziano a commentare la scelta della prof, entusiasti. Credo che la maggior parte dei miei compagni sia felice perché essendo in gruppo potranno chiacchiere più agevolmente dei fatti loro, mentre io sono assolutamente contraria.
Non ho nessuna voglia di fare comunella. Non potevamo fare lezione nel modo classico?!
-Federico, Michele e Giulia, andate nel banco di Rosalie e Kristen, farete il lavoro con loro- sgrano gli occhi sentendo in quale gruppo ci ha inserito la vecchia e sbuffo, senza riuscire a trattenermi.
Ditemi che è un incubo. Ora sono pure obbligata a collaborci?
Come se vederlo e averlo nel banco davanti al mio, non fosse già abbastanza complicato.
I tre si accomodano davanti al nostro banco e lancio un'occhiata a Rosalie, che mi sta osservando attentamente per vedere la mia reazione.
Fosse per me scapperei a gambe levate, invece non posso.
-Allora, andiamo- sospira Michele -prima iniziamo e prima finiamo-.
Sospiro debolmente e abbasso lo sguardo verso il mio quaderno, prevedo due lunghissime ore.
*
Sto canticchiando un motivo dentro la mia testa, per distrarmi. Il biondo non smette di parlare e io sto facendo di tutto per fingere che non sia qui.
-Kristen- Giulia mi dà un calcetto sotto al tavolo per attirare la mia attenzione -hai sentito cosa ti ho detto?-.
Mi sento arrossire e scuoto la testa in imbarazzo. Ero talmente impegnata a ignorare lui, che ho mi sono isolata anche dagli altri.
-No, Giulia- ammetto - stavo redigendo lo stato patrimoniale ed ero assorta-.
Lei annuisce distrattamente e prende in mano la sua matita, per poi ripuntare i suoi occhi castani su di me.
-Ho detto se tu e Federico potete finire di fare lo stato patrimoniale del 2015- il mio cuore perde un battito, mentre lei continua a parlare -così noi finiamo di fare questo del 2016 e poi consegniamo-.
Mi inumidisco le labbra ed entro immediatamente nel panico. Non posso, non ho la forza di restare a così stretto contatto con lui.
-Non potrei farlo con Rose?- chiedo debolmente - Sono sicura che in coppia con lei sarei molto più veloce... Insomma siamo abituate a lavorare insieme, ci aiutiamo anche per le verifiche-.
Giulia mi lancia un'occhiataccia e sbuffa.
-Non è tempo di fare la bambina- sbotta - dividiti un po' dalla tua migliore amica, mica siamo all'asilo che senza la propria amichetta del cuore uno non fa nulla-.
Spalanco la bocca come se mi avesse appena mollato uno schiaffo sul viso e mi sento immediatamente offesa.
Ma come si permette? Non ha nessun diritto di parlare, visto che non sa le cose. Non sto mica facendo i capricci come una bambina che non vuole stare senza la sua migliore amica, sto solo cercando di proteggermi. Non voglio essere ferita ancora dal biondo. Il mio è istinto di conservazione.
-Chiudi quella bocca, Giulia- sbotta Rosalie -non sai quel che dici-.
Mi alzo dalla sedia ed esco dall'aula, prima di avere una crisi isterica qui, davanti a tutti.
Sento la professoressa chiamarmi, ma la ignoro e mi dirigo al bagno delle ragazze.
Sapevo che averlo in classe avrebbe portato problemi. Lui deve starmi lontano, non può stare vicino a me senza ferirmi.
Giulia, inoltre, mi ha fatto passare per una stupida. Ha parlato di me, senza sapere tutto quello che ho passato a causa del biondino.
Non riesco né a pensare né a dire il suo nome, sono ridicola. Amavo pronunciarlo, quando stavamo insieme, era musica per le mie orecchie.
Ora mi basta sentirlo per far tremare le pareti della campana in cui mi sono rinchiusa per non essere ferita.
La porta si apre di scatto e mi asciugo le lacrime, che erano sfuggite al mio controllo, prima di girarmi a vedere chi è entrato.
Sussulto quando i miei occhi si incontrano con i suoi occhi azzurri e rimango impalata, come se fossi attaccata al suolo.
Cosa diavolo ci fa qui?
-Posso sapere perché sei scappata in quel modo?- si infila le mani in tasca e mi osserva -Rosalie voleva raggiungerti, ma gliel'ho impedito, perché penso sia in parte per me che tu sei fuggita-.
Sento il cuore battere all'impazzata vedendolo davanti a me e sentendolo parlarmi.
Cerco di calmarmi e prendo un bel respiro.
-Non abbiamo nulla da dirci- sputo acida - quindi...- lascio la frase in sospeso e faccio per uscire, ma lui mi blocca tenendomi per il polso.
Mi giro di scatto e vengo invasa da mille brividi. Non deve toccarmi, non si deve permettere.
Mi divincolo dalla sua presa e gli lancio un'occhiataccia.
-Perchè non la pianti con questo atteggiamento, Kristen?- sbotta infastidito -Siamo in classe insieme, fattene una ragione e cresci-.
Cosa ha detto?
Come si permette?
Evidentemente non ha la più pallida idea di cosa mi ha creato il suo abbandono. Evidentemente, visto che lui si diverte e se ne sbatte di me, pensa che anche io stia conducendo una vita memorabile. Evidentemente non si rende conto che non sto vivendo più, che è come se fossi in apnea da mesi.
Forse non si rende conto di nulla.
Mi avvicino a lui e, con tutta la rabbia repressa che ho, gli stampo le mie cinque dita della mano destra sul viso.
Ho accettato che mi lasciasse, seppure ho sofferto come un cane, perché non si può decidere chi amare. Ma non posso perdonare che mi tratti così, con menefreghismo. Che mi dica di crescere, quando se sto così è solo colpa sua.
Non posso accettare la sua ipocrisia.
-Dovrò pure vederti ogni giorno in classe, come dici tu, ma ciò non significa che devo avere a che fare con te. Stammi lontano!- sbotto con le lacrime agli occhi -Continua a stare lontano dalla mia vita-.
Questa volta lui non ribatte, nè per lo schiaffo né per le mie parole, e io scappo via.
Lontana da tutto, ma soprattutto lontana da lui.
Federico's pov
Pensavo che dicendole così avrebbe reagito, pensavo che riuscissi ancora a calmarla, ma mi sbagliavo.
Sapevo che sarebbe stato un male farmi bocciare, ma non l'ho potuto evitare.
Dopo la rottura con lei, ho lasciato un po' perdere la scuola.
Ho dovuto prendere una casa in affitto, perciò ho iniziato a lavorare, avendo sempre meno voglia e tempo di studiare.
Mia madre avrebbe voluto aiutarmi, ma io ho rifiutato. Volevo cavarmela da solo.
Quindi tra lavoro, alcool, in cui mi sono buttato per affogare il dolore, e ragazze diverse con cui spendevo il poco tempo libero che mi rimaneva, ho smesso di studiare.
Sapevo, da quello che mi raccontava Ben, che Kristen stava malissimo, che stava soffrendo più di quanto potessi immaginare e io ho chiesto al mio migliore amico di smettere di raccontarmi come lei stava.
Lei stava morendo lentamente per me e non poterla aiutare stava uccidendo anche me. Quindi ho affogato il dispiacere nell'alcool.
Ho combinato un gran casino, ma non posso farci nulla.
Ormai sono in classe con lei e non posso tornare indietro per impedirlo.
Posso solo ridurre al minimo i contatti con lei, visto che sembra stare malissimo anche solo vedendomi.
Nota: hello! Ecco a voi un nuovo capitolo, sono brava o no ad aver aggiornato anche oggi? Allora, voglio tutti i vostri commenti/pareri su questo capitolo. Attendo, al prossimo😘😘
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