Ti amo mio piccolo pinguino
Sta piovendo, è notte fonda.
A quest'ora e soprattutto con questo tempaccio tutti sono a casa, eccetto una persona.
Joe Joseph King.
Era sotto un ciliegio spoglio, in un parco abbandonato, con una lametta in mano.
Era lì da tre giorni, aveva il corpo pieno di tagli, alcuni profondi, ma non gli importava.
Guardava davanti a sé e sua espressione era strana... non si riusciva a decifrare.
Continuava a tagliarsi, mentre la pioggia aumentava sempre più.
Era stanco della sua vita, che in quel periodo era troppo dura da sopportare.
Il suo migliore amico, Caleb, non lo sentiva da settimane. Avevano litigato perché Joe aveva provato ad eseguire la ''tecnica proibita''.
Gli mancava, ma era troppo orgoglioso per andare a chiedergli scusa. Non vederlo per tutto quel tempo gli aveva fatto perdere lucidità.
Caleb in parte riusciva a dargli un motivo per cui andare avanti, ma ora, non ne aveva più.
I genitori del ragazzo erano sempre indaffarati, la loro presenza era del tutto inesistente. Qualunque cosa era più importante del figlio.
Joe assorto nei suoi pensieri non si rese conto di aver iniziato a passare la lama sul collo, senza fare pressione.
Gli mancava qualcuno.
Aveva un vuoto, come se davvero gli mancasse una parte di cuore.
Questo vuoto si intensificata quando vedeva lui, ma non dava peso alla cosa.
Ad un certo punto si fermò.
Ricordò lui, e gli scappò qualche lacrima.
In tutta la sua vita non aveva mai preso quella dannata lametta, ma ora, era troppo.
Non sopportava più quello che gli succedeva intorno, non sopportava vedere persone che si scambiavano gesti affettuosi, mentre lui non aveva nessuno.
Ormai nulla ha più senso, perché non farla finita? Tanto... non credo che a lui importi qualcosa.
Quei pensieri erano allettanti, fin troppo.
Poggiò la lametta ad un'estremità della gola e fece un po' di pressione.
Addio...
Provò a continuare quel taglio, ma svenne.
In quei tre giorni era rimasto senza cibo ne acqua, aveva perso molto sangue, troppo.
Poche ore dopo la polizia trovò il ragazzo in fin di vita.
Subito fu portato in ospedale, era in condizioni gravi.
I genitori avevano denunciato la scomparsa il giorno prima.
La scuola li aveva chiamati per sapere il perché Joe non stesse andando a lezione quei giorni e si resero conto della sua scomparsa.
Passò una settimana e Joe ancora non si era ripreso, e in più stava perennemente provando a suicidarsi con qualunque cosa si trovasse attorno a sé.
Caleb non era venuto nemmeno una volta a trovarlo. Sentiva troppo la sua mancanza.
I genitori invece lo sgridarono una volta e non si fecero vedere più.
Non era cambiato nulla...
Quel giorno provò di nuovo a suicidarsi, ma gli venne in mente di nuovo lui.
Pianse, fino all'orario di visita.
Qualcuno bussò alla porta.
Pensando fosse un infermiera il ragazzo mormorò un ''avanti'' seccato.
Si stupì nel vedere lui.
<Ciao Joe... stai meglio?>
Il ragazzo gli sorrideva flebilmente, con un po' di imbarazzo e teneva le mani dietro alla schiena.
<Ciao David... diciamo, che sono stato meglio...>
<Immaginavo...>
Il turchese si avvicinò al letto del ragazzo e gli porse una scatola con una mano, mentre l'altra continuava a tenerla dietro la schiena.
Il portiere prese la scatola e la poggiò sul comò affianco al letto.
<È da parte di Caleb. Ha detto che domani verrà a trovarti.>
<Mh...>
Joe guardo David, il suo coetaneo aveva le guance rosse.
Fece per chiedergli se andasse tutto bene ma ai bloccò, quando il turchese con uno scatto cacciò la mano da dietro la schiena rivelando l'oggetto che nascondeva.
Era un peluche pinguino.
L'arancio lo riconobbe.
Lui glielo aveva regalato tempo fa per il compleanno.
<Questo è il mio peluche preferito... volevo che lo tenessi...>
A Joe scappò un sorriso.
Prese il peluche e lo scrutò attentamente.
<Non pensavo che lo tenessi ancora... è anche in ottime condizioni...>
<Ci tengo molto a questo peluche...>
<Perché?>
<Perché me lo hai regalato tu...>
Ci fu un momento di silenzio, poi il maggiore tirò verso di se il minore e lo baciò con dolcezza.
Dopo un minuto si staccarono, entrambi con il fiatone.
<Joe, ti amo...>
L'interpellato sorrise.
<Ti amo anch'io, mio piccolo pinguino.>
Finalmente, la vita aveva preso la direzione giusta.
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