Capitolo 87
«Cos'hai da dirmi su Sam?» chiede con un filo di voce.
«Se io ti dico questa cosa di Sam, tu mi dirai cosa ti è successo?»
Stringe i pugni e serra la bocca, sembrando molto infastidito.
«Porca puttana, Emy, stai insieme a quel tipo oppure no?»
Il suo tono mi infastidisce, non ho mai capito perché mi urla sempre contro in quel modo.
«Smettila di urlare!» urlo a mia volta.
«Voglio solo sapere la verità, una cazzo di verità!»
«Non sopporto questo tono, sei troppo violento.»
«Se fossi stato violento avrei fatto tutt'altro!» sbotta.
«Ah, sì? Tipo, cosa?»
«Non sfidarmi.»
«Oh, che paura.» ironizzo.
D'un tratto tira un pugno contro la testiera del letto, lacerandola.
«Ma sei impazzito?» Mi afferra per le spalle, costringendomi a sdraiarmi. «Cosa stai facendo?» chiedo spaventata.
Spinge le sue labbra contro le mie, baciandomi in modo famelico, desideroso. Perché si comporta in questo modo? Smette di baciarmi le labbra e passa al collo.
«Voglio farti gridare.» mi sussurra.
Non lo capisco, stavamo discutendo e ora mi dice questo, non posso più sopportare i suoi sbalzi d'umore.
«Mark, fermo...» Mi è uscito come un lamento, non come un ordine, ma mi ignora, continuando a baciarmi il collo e pian piano sfila il mio reggiseno. «È questo ciò che vuoi?» chiedo con le lacrime in gola.
Si blocca all'istante e mi guarda dritto negli occhi.
«Questo, cosa?»
«Vuoi usarmi per fare sesso?»
Senza rendermene conto, una lacrima comincia a rigarmi il viso. Si sposta da me e continua a fissarmi incredulo. Mi metto a sedere e copro il mio seno con le mani. Gli do le spalle e comincio a piangere come una stupida. Odio farmi vedere così debole.
«Tu hai... cioè... pensi davvero che...» Non riesce a dire una frase di senso compiuto? «Come puoi pensare una cosa del genere?» Non gli rispondo e attendo qualche altra parola. «Non sarei mai venuto qui se fosse stato così.»
Mi volto di scatto e lo guardo malissimo. «Allora perché cazzo mi tratti in questo modo? Perché non vuoi dirmi quello che ti succede? Perché sei qui, Mark?»
Sono furibonda, le lacrime non smettono di scendere e mi sento malissimo, voglio delle risposte, voglio sapere tutta la verità, sono stanca di soffrire, stanca di tutte queste menzogne, stanca di tutto.
«Come fai ad essere così stupida? Davvero non ti rendi conto di nulla?»
«Smettila di insultarmi!» allontano le mani dal mio seno, scoprendolo, striscio fino ai piedi del letto su cui è seduto e gli tiro dei pugni sul petto. «Parlami, coglione, dimmi cosa cazzo ti passa per la testa!» urlo tra un pugno e l'altro.
Resta spiazzato e afferra i miei polsi, bloccandomi.
«Adesso, calmati!» urla a sua volta, poi mi lascia e asciuga le mie lacrime con i pollici. «Sono un bastardo. Non voglio farti soffrire ancora... Sono stato un vero egoista a venire qui, non avrei dovuto farlo.» Il suo sguardo trasmette tristezza. «Non avrei dovuto, ma se non l'avessi fatto, avrei finito con lacerarmi l'anima.»
«Dimmelo...» chiedo con voce tremante. Voglio sentirmelo dire, voglio che mi dica tutto quello che prova. Stringe i pugni e si alza di scatto dal letto, andando su e giù per la stanza, senza dire una parola. Si passa una mano tra i capelli e si morde il labbro, è nervoso e potrebbe prendere a pugni qualcos'altro. Afferro la mia maglietta sul pavimento e la indosso, dopodiché corro verso di lui e lo fermo. «Mark, guardami.»
Mi guarda e schiude le labbra per dirmi qualcosa, ma glielo impedisco, avvicinandomi per baciarlo. Ricambia quel bacio tormentato e mi stringe fra le sue braccia.
«Basta!» urla, allontanandomi da lui.
«Perché? Cosa ti succede?»
«Devo andare.» afferra la sua maglietta, la indossa ed esce dalla stanza. Lo seguo fino alla porta d'ingresso e quando la apre c'è Sam sul pianerottolo. Guarda Mark, poi guarda me. È incredulo. «Ciao, Sam.» lo saluta con un sorriso beffardo sul viso.
«Cosa ci fai qui?» chiede Sam con tono nervoso.
«Proprio quello che pensi.»
«Cosa stai dicendo, Mark?» lo riprendo imbarazzata.
«Già, diglielo che abbiamo scopato!» Vorrei sprofondare in questo preciso istante, pensavo che fosse cambiato, invece è il solito stronzo egocentrico, pieno di sé. «Ehi, Watson, sei rimasto senza parole?» Mark gira intorno a Sam, per infastidirlo, ho paura che possa scoppiare da un momento all'altro. «È proprio così, io e la tua ragazza ci abbiamo dato dentro di brutto.» ride cattivo.
Il mio viso diventa rosso dall'imbarazzo.
«Brutto figlio di puttana!» urla Sam, mentre lo afferra per la maglietta e lo sbatte contro il muro del pianerottolo.
«Avanti, colpiscimi, dimostra alla tua ragazza di avere le palle!» lo incita Mark.
Le cose si mettono male, ma dove vuole arrivare? Sam gli sferra un pugno, dritto alla mascella e Mark resta inerme, fino a che non si libera dalla sua presa. Allunga una mano verso il suo collo e lo sbatte contro la ringhiera, spingendolo all'indietro. Se Sam dovesse cadere, morirebbe. Devo fermarlo, ha perso la testa.
«Mark, adesso basta.» corro verso di lui, cercando di fermarlo, ma non me lo permette.
Continua a stringere le mani intorno al collo di Sam e a spingere. Ha uno sguardo furente, gli occhi stanno per schizzargli dalle orbite, è impazzito.
«Ricordati, Sam, Emy sarà sempre mia, è chiaro?» lo minaccia con lo sguardo.
Sam cerca di liberarsi, ma i suoi sforzi sono vani.
«Mark, ti prego, smettila!» urlo con le lacrime agli occhi.
Si volta e posa i suoi occhi nei miei, infine molla Sam. Abbassa lo sguardo a terra, dispiaciuto, e va via. Sam comincia a tossire e porta una mano al collo. Corro verso di lui e l'accompagno in casa.
«C-cosa... ci faceva qui?» chiede a fatica, mentre ci sediamo sul divano.
Come se lui non sapesse che Mark fosse a New York.
«Non lo so, dimmelo tu!» mi acciglio, poi incrocio le braccia e lo guardo con aria interrogativa. Sembra che tutti mi nascondano qualcosa. Mi rivolge un'occhiata confusa e si accarezza il collo. «Allora?»
«Allora, cosa?»
Il suo sguardo finisce sulle mie gambe nude e la cosa mi mette in imbarazzo, so bene che si tratta soltanto di Sam, ma non riesco a fare a meno di arrossire. Tiro la maglietta fino a metà coscia, fortuna che è elastica.
«Sam!» lo riprendo.
Ritorna in sé e mi guarda negli occhi. «Dimmi.»
«Perché non mi hai detto che Mark era a New York?»
Mi guarda in modo nervoso, si gratta il capo e sospira.
«Io... non volevo che tu soffrissi ancora una volta.» abbasso lo sguardo verso il pavimento e comincio a torturarmi le mani. Lui ne afferra una e la stringe tra le sue. «Per favore, perdonami, l'ho fatto solo per proteggerti.» inspira ed espira. «Sai che ti voglio bene, non posso vederti soffrire.»
«Avresti dovuto dirmelo.» dico triste.
«Lo so, scusami.»
Annuisco e lo abbraccio. Non posso essere arrabbiata con lui, comprendo perfettamente il motivo per cui mi ha mentito, certo, non avrebbe dovuto tenermelo nascosto, ma si è preoccupato per me e questo fa di lui un vero amico. Per quanto riguarda Mark, non pensavo che avrebbe detto quelle cose, mi ha messa in imbarazzo e il peggio è che è ancora convinto che tra me e Sam ci sia qualcosa. Ha davvero esagerato.
Un'altra giornata di lavoro si è conclusa e nemmeno oggi ci sono stati incidenti di percorso con Violet, ha mantenuto la parola, certo, non è gentile, ma almeno non mi tormenta. Sto imparando a gestire meglio i clienti, ho imparato i prezzi e i luoghi in cui si trova ogni singolo capo e la Kent è soddisfatta di me, almeno credo. Non mi ha rimproverata nemmeno una volta ed è un buon segno, e poi sono stata assunta, questo è assolutamente un buon segno. Anche Sam ha trovato lavoro, come barman, torna sempre tardi la sera. Spero che questo lavoro non influisca con il college, non può permettersi di non superare i corsi. Stamattina sono stata dal medico e ho finalmente tolto i punti al braccio. È rimasta una cicatrice ben evidente, ma il dottore mi ha assicurato che col tempo si vedrà sempre meno. Sono passati quattro giorni da quando Mark è venuto nel mio appartamento, da quella sera non l'ho più visto, né sentito, credo che sia tornato a casa. Non so proprio in che modo interpretare questo suo comportamento. Non riesco a smettere di pensarlo, per quanto Sam mi faccia distrarre, non serve a molto. Mi chiedo ancora oggi, se non fossi stata adottata dai Johnson ed io e Mark ci fossimo conosciuti altrove, avremmo potuto stare insieme, oppure ci saremmo ignorati ed odiati lo stesso? Il mio cellulare comincia a squillare, interrompendo i miei pensieri. Guardo sullo schermo e leggo il nome di Tiffany. Non la sento da quando sono partita.
«Ciao, Tiff.»
«Ehi, straniera, come procede la vita in America?»
«Abbastanza bene, tu cosa mi racconti, hai fatto pace con Hunter?»
«Sì, siamo a Miami.»
«Wow.»
«Ti avevo detto che volevamo fare una vacanza insieme.»
«Quando siete partiti?»
«Siamo qui da ieri, è un paradiso, Emy.»
«Lo so, ci sono stata con i miei.»
«Hai più sentito Mark?»
Nel sentire il suo nome, mi incupisco. Adesso cosa le rispondo? Lei non sa che è venuto a New York e che stavamo per fare sesso.
«No.»
«Pensavo di sì, insomma, ero convinta che ti avesse cercata.»
«Be', non è stato così.»
«Mi dispiace.»
«È tutto superato, non preoccuparti.»
«Adesso non mentirmi.»
«Non ti sto mentendo.»
«Emily Johnson, ti conosco troppo bene.»
«Credimi...» emetto un colpo di tosse e cerco di accorciare la telefonata, non posso più andare oltre con questo discorso. «Devo andare, ci sentiamo. Divertiti, mi raccomando.»
«Sì, grazie e tu non mentire a te stessa.» riattacca, senza darmi il tempo per ribattere.
È proprio vero che Tiffany mi conosce benissimo, però devo dare una svolta alla mia vita, ormai si è capito che Mark non vuole stare con me, gli piace solo fare sesso, non ha sentimenti, quindi devo dimenticarlo a tutti i costi. Fra tre settimane andrò al college e non devo avere pensieri inutili. Sam ultimamente si comporta in modo strano, è sempre con quel cellulare tra le mani e quando gli arriva un messaggio cerca di nasconderlo, con me è sempre gentilissimo e carino, ma non riesco a capire cos'abbia. Viviamo insieme, ma non ci vediamo quasi mai, purtroppo i nostri orari di lavoro non coincidono e ammetto che mi sento un po' sola. Oggi mi ha telefonato Cindy, anche lei e Bryan sono andati in vacanza, non ho avuto il coraggio di chiederle di Mark, ma è stata lei a parlarne. Mi ha detto che è partito quattro giorni fa per una vacanza, non ha specificato dove e neppure gliel'ho chiesto. Immagino già cosa combinerà; feste, sesso, alcol... Mi viene il voltastomaco al solo pensarci. A proposito di feste, ieri Katy mi ha invitata ad una festa, la solita festicciola di ragazzi liceali, inizialmente non volevo andarci, anche perché mi sentivo troppo vecchia in mezzo ai ragazzini del liceo, ma poi mi sono lasciata convincere. Sarà stasera, ovvero, tra poche ore, verrà anche Sam e gli farò conoscere la mia amica.
Sono in camera da un bel po', aspettando che Sam esca dal bagno, ci ho lasciato il cellulare e non vorrei andare a disturbarlo, ma dovrò farlo.
«Sam, hai finito?» chiedo fuori la porta.
Pochi istanti dopo, sento la serratura girare.
«Entra pure.» Apro la porta e lo vedo a petto nudo, con un piccolo asciugamano avvolto intorno alla vita. Il mio viso diventa color aragosta e resto immobile sulla soglia a fissarlo, ha i capelli bagnati e si sta radendo con un rasoio elettrico. «Ehi, cosa ci fai lì, imbambolata?»
«Ehm... il mio cellulare, l'ho dimenticato in bagno.» Si guarda intorno alla sua ricerca, fino a che lo vede sulla lavatrice. Lo afferra e me lo porge. «Grazie.» faccio un passo in direzione della mia camera.
«Emy?» Mi volto verso di lui e lo fisso con aria interrogativa. «La tua amica è carina?»
Non mi ha davvero chiesto se Katy è carina, vero?
«Eh?» riesco ad emettere solo quel verso, non credo alle mie orecchie.
«Cosa c'è di strano?»
«Sam, da quando ti interessi all'aspetto fisico delle ragazze?»
«A dire il vero, da sempre.» Mi sta dicendo che gli piacciono le ragazze? È bisessuale? «Non fraintendermi, mi piace la loro pelle, il modo in cui si pongono, ma non ho mai provato attrazione verso di loro.»
Ritorno a respirare nuovamente. Per un attimo ho pensato al peggio e che la sua fosse tutta una finta per portarsi a letto le ragazze.
«Ah... va bene.» rispondo con tono più convincente possibile. «Comunque sì, lo è.»
Sorride e poi ritorna a guardarsi allo specchio.
«Preparati, che tra poco usciamo.» mi informa.
«Di già? Mancano quasi due ore all'inizio della festa.»
«Sì, preparati con calma, poi andremo a fare un giretto noi due.» mi fa un occhiolino.
Va bene, l'idea sembra abbastanza carina. Ritorno in camera e poggio il cellulare sul comodino. Vado verso l'armadio e scelgo qualcosa di carino da mettere. Indosserò un vestitino abbastanza sportivo, in modo tale da abbinarci le mie converse, non ho proprio voglia di camminare sui trampoli.
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