Capitolo 70
Mentre mangio i maccheroni, consulto il sito dei voli disponibili, per mia fortuna ce né uno domani sera alle ventuno in business class. Devo prenotare, prima che sia troppo tardi.
«Tesoro, non sforzare troppo il braccio, mangia prima, dopodiché userai il cellulare.»
Spesso si preoccupa inutilmente, non capisce che sto bene, ho solo una leggera fitta di tanto in tanto e poi ho preso l'antidolorifico.
«Sì, hai ragione.»
Meglio assecondarla, non vorrei che mi impedisse di uscire. Cacchio, probabilmente lo farà, dovrò trovare una buona scusa. Mangio l'ultimo boccone e mi alzo per mettere il piatto nella lavastoviglie, ma lei lo afferra prima che possa farlo da sola. Certo che si comporta davvero in modo morboso, non so proprio che scusa inventare per uscire di qui.
«Hai bisogno di qualcosa?» mi chiede, mentre oltrepasso la soglia per uscire dalla cucina.
«No, sto bene così.»
Raggiungo il soggiorno e mi siedo sul divano, poi riapro google e guardo nuovamente il sito dei voli, prenotandolo immediatamente. So bene di non averne ancora parlato con Sam, né tantomeno con i miei, ma devo sbrigarmi o resterò fregata. Perfetto, il volo è risolto, ora devo solo trovare il modo per sgattaiolare via di casa.
«Tesoro, perché non vai a riposare un po'?» dice Cindy, poggiata allo stipite della porta.
«Ehm... mamma, io dovrei uscire.»
Mi guarda in modo strano, come se volesse impedirmi di farlo. «Ma... tesoro...»
«Mamma, per favore, ho una faccenda da risolvere, riguarda il college.» la interrompo prima che possa concludere la sua frase.
«Va tutto bene? Mi stai nascondendo qualcosa, Emily?» chiede aggrottando la fronte.
«Te ne parlerò appena tornerò. Sta tranquilla, non è successo nulla di cui preoccuparsi. Ci vediamo dopo.»
Mi alzo dal divano e mi dirigo alla porta di casa, afferro la borsa appesa all'attaccapanni ed esco. Vado verso la mia macchina e ci entro. Quanto mi è mancata. Frugo nella borsa, alla ricerca del cellulare e quando lo trovo, apro la sezione messaggi e ne invio uno.
Messaggio a Sam: Sto arrivando.
Dopodiché apro google maps e mi lascio guidare fino alla destinazione.
Parcheggio la macchina fuori dal locale e resto a fissare l'insegna. Ha un'aria familiare, come se ci fossi già stata. Probabilmente lo confondo con qualche altro locale. Aspetta... un paio di metri più avanti c'è la villa abbandonata, quella in cui portai Jake quando era ferito. Ma certo, ora capisco perché mi era familiare, lo avevo visto tempo fa, però non ci sono mai entrata. È arrivato il momento. Spengo il motore ed esco dalla macchina.
Entro nel locale ed è quasi vuoto, a parte qualcuno che beve una birra. Be', è più che comprensibile, è ancora presto. Mi guardo intorno alla ricerca di Sam ma non riesco a trovarlo. D'un tratto mi si avvicina un ragazzo alto, occhi e capelli scuri.
«Posso aiutarti?» chiede con un tono dolce e gentile.
«Sì. Sto cercando Sam Watson, lavora qui?»
«Sì, è sul retro, vieni con me.» Lo seguo, fino a che non raggiungiamo una porta color ciliegio, la apre e ci ritroviamo in una specie di cortile. Sam è in fondo, intento a pulire i tavoli. «Eccolo.» il ragazzo indica con un dito.
«Grazie mille.»
Mi dirigo a passo lento verso di lui, non si è ancora accorto della mia presenza. Non vedo l'ora di abbracciarlo, mi è mancato tantissimo, ho proprio bisogno di un abbraccio amichevole in questo periodo così buio della mia vita. Sam si volta e mi vede, e chissà perché resta molto sorpreso. Corre verso di me e avvolge le sue braccia forti intorno alla mia vita, sollevandomi da terra e facendomi fare un giro.
«Emy, quanto tempo.»
«Sono passati soltanto sei giorni.» cerco di nascondere il mio entusiasmo.
Anche io sono felicissima di rivederlo. Mi mette giù e mi squadra dalla testa ai piedi. Il suo buon umore sparisce in un attimo, appena nota la fasciatura al mio braccio.
«Cos'hai combinato?»
«Stavo litigando con Mark e ho urtato una roccia, senza rendermene conto. Otto punti.»
«Oddio.» si gratta la nuca. «Mark è il solito coglione?»
«Già.»
«Che idiota, come può farti stare male in questo modo?» Perché sta alzando il tono di voce? Inarco un sopracciglio e lo fisso. «Oh... siediti.» sposta due sedie dal tavolo e le avvicina a me. Ci sediamo entrambi e restiamo a fissarci per alcuni secondi. Non so proprio da dove cominciare, ho paura che possa rimanerci male, potrebbe addirittura pensare che non voglia partire insieme a lui. «Di cosa volevi parlarmi?» afferra le mie mani e le stringe dolcemente.
«Io...» abbasso lo sguardo, le parole mi si sono bloccate in gola.
«Emy, tranquilla, comincia dal principio.»
Il problema è che non so quale sia il principio. Se solo Mark non si fosse comportato così male, ora non sarei in difficoltà. Basta, devo smetterla di rimuginare, Sam aspetta una spiegazione, non posso più attendere oltre.
«Sam, ascoltami...» sospiro. «Ho deciso di... partire domani.»
Aggrotta le sopracciglia. «In che senso, vuoi fare un'altra vacanza?»
«No... partire per New York.»
«Non riesco a capire, perché vorresti partire per New York?»
Sfilo le mie mani dalle sue ed inizio a torturarmi le unghie con i denti, sono troppo nervosa.
«Voglio starmene un po' per conto mio, poi mi raggiungerai.»
«Stai parlando del college? Cioè, vuoi anticipare la partenza che dovevamo fare insieme?»
«Sì. Ma non devi pensare che io non voglia partire con te, ho solo bisogno di stare lontana da casa mia.»
Sam afferra nuovamente le mie mani e mi guarda con occhi duri. «Smettila di torturarti le unghie!» L'ho deluso, lo so. «Adesso mi racconti cos'è successo.» Non posso raccontargli la verità, non voglio che lo sappia, mi vergogno troppo. «Ho notato qualcosa di diverso in te, appena ti ho vista. Cosa mi stai nascondendo, Emy?»
«Sam, non ti nascondo nulla, solo che non voglio vedere Mark, tutto qui.»
Non riesco a parlargli guardandolo negli occhi, se lo facessi si renderebbe conto che non gli sto dicendo tutta la verità. Allunga una mano sotto il mio mento e mi costringe a guardarlo.
«Emy, confidati con me, non temere, non ti giudicherò.»
Ho una paura folle che possa rimanere deluso, non è da me fare quello che ho fatto. Non so cosa mi sia preso, ma Mark ha come un potere su di me.
«Io...»
«Emy, parla tranquilla.» mi incoraggia.
«Io e Mark abbiamo fatto sesso.» dico tutto d'un fiato, senza guardarlo in faccia.
Mi guarda con sufficienza e non mi piace affatto. Sono sicura che mi starà giudicando.
«Sai, in un certo senso, l'avevo immaginato. Non devi sentirti in imbarazzo, credimi.»
Perché le sue parole non riescono a convincermi? Sembra deluso, lo vedo. Chissà cosa starà pensando, in questo momento.
«È successo tutto improvvisamente...»
«Emy, guardami.» mi interrompe, costringendomi a guardare i suoi occhi azzurri, così chiari e limpidi. «Non devi darmi alcuna spiegazione, è successo perché lo ami, tutto qui.»
Quant'è vero, però non avrebbe dovuto succedere, ho sbagliato di grosso. Come fa ad essere così tranquillo? Dentro di me c'è un terremoto.
«Tu... capisci che io... non posso restare in quella casa, vero?»
Annuisce e si morde il labbro inferiore, come se fosse nervoso. Cosa gli sta succedendo, sembra così diverso.
«Puoi venire a stare da me, che ne dici?»
Purtroppo non posso, non servirebbe a nulla, devo allontanarmi dalla città, andare il più lontano possibile. Gli occhi di Sam diventano improvvisamente lucidi.
«Non posso... capisci che devo andare lontano?» dico con le lacrime in gola e lui annuisce, dopodiché una lacrima gli riga il viso. Mi si blocca il respiro, non posso credere che stia piangendo, non voglio essere la causa del suo dolore. «Sam... mi raggiungerai tra un mese.»
Si asciuga la lacrima con un pollice. «Scusami, sto esagerando, solo che mi dispiacerà non vederti per tutto questo tempo.»
«Dispiacerà anche a me, ma ci rivedremo.» dico con voce tremante e gli occhi lucidi.
«Mi raccomando, fa la brava.» dice, abbracciandomi.
«Certo, sono sempre stata brava!» ridiamo insieme.
«E se Mark ti farà ancora soffrire, ci penserò io a lui.» Sembra molto cambiato in questi sei giorni, è una persona nuova. Gli sorrido e gli poso un bacio sulla guancia. «A proposito, quando parti?»
«Domani sera, alle nove.»
«Ti accompagno!»
«Non ce né bisogno, davvero.»
«Finisco il turno e ti accompagno, non opporti!» mi punta il dito contro e sghignazza.
«Va bene.»
È davvero un ragazzo fantastico, l'unico che sa tirarmi su di morale, è il mio migliore amico, gli voglio un bene infinito, non so cosa farei se lui non ci fosse, anche mentre il mio mondo cade a pezzi, è pronto ad aiutarmi.
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