Capitolo 40
La suoneria del mio cellulare sta suonando, ma sono troppo stanca per rispondere. Infilo la testa sotto al cuscino, chiunque sia, richiamerà più tardi. La scorsa notte sono stata tutto il tempo a pensare a Mark, alla sua nudità, ad Adam, alle parole di Tiffany. Odio la notte, è l'unico momento in cui i pensieri ritornano a tormentarmi, impedendomi di dormire. Quanto mi piacerebbe con un clic eliminare tutte le cose brutte dalla mia testa. Cara Emy, ti ricordo che hai un appuntamento con Sam Watson, potrebbe essere lui che ti sta chiamando. Cacchio! Me ne ero completamente dimenticata, ma dove ho la testa? Da Mark, ovviamente, ti ha fuso il cervello. Non è affatto vero! Afferro il cellulare dal comodino e leggo sette chiamate perse da Adam. Inizio a sbuffare e penso che non ho proprio voglia di sentirlo. Non mi è piaciuto affatto il modo in cui si è comportato ieri e poi dopo quello che mi hanno rivelato Tiffany e Mark, non voglio più saperne di lui. A dire il vero, sei contenta che lui abbia fatto quello che ha fatto, così hai un buon motivo per scaricarlo. Ma no, avevo già intenzione di farlo, però adesso le cose sono peggiorate, non posso proprio stare con uno così. Perché no? Tutto questo è successo prima che ti conoscesse. Perché no. Basta, sta zitto! Il cellulare squilla di nuovo ed è ancora lui. Lo lascio squillare, fino a che non si arrende. Ora lo spengo, così capirà che non deve più chiamarmi. Aspetta... non posso tenerlo spento, devo chiamare Sam per chiedergli a che ora dobbiamo vederci, che sbadata. Riaccendo il cellulare e mi arriva un messaggio.
Messaggio da Adam: Emy, ti prego, rispondi al cellulare, ho bisogno di parlarti.
Niente affatto, non voglio parlargli, non adesso. Compongo il numero di Sam e proprio mentre sto per chiamare, riprende a squillare. Oddio, che nervoso, perché insiste così tanto? Aspetto che smetta di suonare e ricompongo il numero di Sam e stavolta riesco a chiamarlo senza intoppi.
«Ehi, piccola.» risponde affettuoso.
«Sam, come stai?»
«Tutto bene, ti stavo chiamando per dirti che tra poco passerò a prenderti, ma trovavo sempre occupato.»
«Sì, è una lunga storia, te la racconterò dopo. Vado a farmi una doccia e sarò pronta.»
«Perfetto, passo tra un'ora. Ce la fai?»
«Sì, un'ora è più che sufficiente.»
«Benissimo. A tra poco.»
Riattacco e ripongo il cellulare sul comodino. Pochi istanti dopo, squilla di nuovo. Ancora Adam, non riesco più a sopportarlo e credo che se non gli riponderò continuerà all'infinito.
«La smetti di chiamarmi in continuazione?» chiedo irritata.
«Emy, finalmente... Ma perché ce l'hai così tanto con me?»
«Per ovvi motivi.»
«Mi dispiace, okay? Non volevo che tu fossi influenzata da Tiffany, lei è pericolosa.»
«Ancora insisti con questa storia? Smettila di fare la vittima, so tutto!»
«Tutto, cosa?»
Dal tono di voce deduco che è nervoso.
«Tutto quello che hai fatto.»
«Cos'è che sai?»
«Lascia perdere, solo non chiamarmi più.» riattacco, senza dargli il tempo per dibattere.
Ma non si arrende, richiamando ancora. Basta, mi ha stancata. Lo lascio squillare a vuoto, intanto vado a farmi una doccia.
Che bello restare sotto il flusso dell'acqua tiepida, mi rilassa i sensi e per un attimo riesco a dimenticare tutte le brutte cose. Improvvisamente, la mia quiete viene interrotta da qualcuno che da dei colpi forti alla porta.
«Chi è?» chiedo scocciata.
«Sei da un'ora in questo fottuto bagno, ti decidi ad uscire, oppure butto giù la porta?» E chi poteva essere se non lui? Deve sempre mostrare il suo lato aggressivo, incredibile. «Ehi, sei morta?» insiste. Che guastafeste e poi non è vero che ci sto da un'ora, altrimenti Sam sarebbe già arrivato. Chiudo il rubinetto e mi costringo a scendere dalla vasca. Mi guardo intorno e ho dimenticato l'accappatoio. Perfetto, ora dovrò affrontare quel maniaco, avvolta solo da un piccolo asciugamano. «Cazzo, ti decidi ad aprire?»
Mi ha rotto le scatole. «Un attimo!» mi avvolgo nell'asciugamano ed apro la porta. «Sei davvero un rompiscatole!»
«Devo pisciare e tu ci passi la vita nel cesso.»
«Andavi al bagno dei nostri genitori.»
Si acciglia e poi afferra le mie spalle bagnate, avvicinandosi tantissimo al mio viso. Il mio cuore perde un battito, ogni volta che mi è vicino.
«Punto primo, non sono i nostri genitori ma i miei! Secondo, era occupato, altrimenti ci sarei andato.»
Ancora con questa storia, perché non vuole accettare che Bryan e Cindy sono anche i miei genitori? Certo, non naturali, ma mi hanno cresciuta e li considero come tali. Alzo lo sguardo verso il suo viso e incontro i suoi occhi di ghiaccio, sembrano schizzargli dalle orbite. Mi odia davvero così tanto? Ma allora perché mi ha baciata? Smettila di pensarci, l'ha fatto perché era ubriaco e te l'ha pure detto. Ignoro quel pensiero e continuo a fissarlo, non riuscendo a trattenere le emozioni. D'un tratto lo vedo squadrarmi dalla testa ai piedi e sembra quasi che voglia dire qualcosa, ma si limita a stringere i pugni lungo i suoi fianchi e poi si chiude in bagno. Certo che è proprio strano.
Ho indossato una t-shirt abbastanza comoda, nera, dei bermuda di jeans e ai piedi un paio di ballerine dello stesso colore della t-shirt. Ho messo un velo di blush sugli zigomi e un lucidalabbra trasparente. Sam è di sotto che mi aspetta, è venuta Cindy ad avvisarmi poco fa. Sono pronta, non mi resta che scendere al piano di sotto. Apro la porta della mia camera e vengo travolta dalla furia Mark. È fermo in corridoio e mi guarda con aria minacciosa. Non ho proprio voglia di sentirlo urlare, quindi lo ignoro e mi dirigo verso le scale. Ovviamente non mi lascia andare via, afferrando il mio polso e costringendomi a guardarlo.
«Non ci posso credere, ti sei truccata?» chiede incredulo.
«Sì, e allora?»
«Per Watson?»
«Ma cosa ti importa?» cerco di liberarmi dalla sua presa, ma lui stringe ancora di più, provocandomi un gemito di dolore. «Mi fai male.»
«Posso capire con chi stai, in realtà?»
Non gli confesserò mai che Sam è gay, preferisco che si mangi il fegato. Stronzo.
«Io e Sam siamo solo amici, ma ripeto che questi non sono affari tuoi.»
«Certo che sono affari miei!»
Si sta irritando, lo noto dal suo sguardo, ma non mi importa, vuole sapere tutto della mia vita, però continua a trattarmi male.
«Perché?» chiedo.
«Ho la responsabilità...»
Cosa? Mi viene da ridere. Non è nessuno, non può comandarmi a bacchetta.
«Lasciami!» sfilo il braccio dalla sua presa e lo guardo in cagnesco. «Non sopporto il fatto che tu voglia sempre controllarmi. Dici di odiarmi, e poi? Ti da fastidio se mi vedo con qualche amico. Sei davvero incoerente e bipolare.»
Inizia a sghignazzare. «Puoi vederti con chi cazzo ti pare» si avvicina al mio orecchio: «ma... se scopro che qualcuno ti fa del male, io...»
«Emy, sei pronta? Sam è qui da un bel po'.» dice Cindy dal piano di sotto, interrompendo il suo discorso.
Come non detto.
«Sì, arrivo.»
Volto lo sguardo verso di lui e aspetto che concluda, ma resta in silenzio, poi molla la presa e va a chiudersi in camera. Uffa, che nervi quando fa così. Resto ancora per un po' spiaccicata al muro, non riesco a capire perché ogni volta che sta per dire qualcosa viene sempre interrotto, come se il destino ce l'avesse con noi.
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