Capitolo 28
Le cose si mettono male, questi due si sfidano con lo sguardo e non vorrei che si prendessero a pugni. La tensione aumenta sempre più e comincio ad avere paura. Persino Ashley è preoccupata e non l'avevo mai vista così. Non mi piace affatto che Adam la stia difendendo, insomma, in teoria sarebbe il mio ragazzo e ciò mi infastidisce.
«Ragazzi, adesso basta.» dice Ashley, ponendosi fra i due.
Adam interrompe il suo contatto visivo e torna verso di me. Afferra la mia mano, ma stavolta non oppongo resistenza, fino a che entrambi ci allontaniamo da loro. Mi ritrovo più volte a voltarmi e mi meraviglia il fatto che Mark non abbia mai smesso di fissarmi, chissà perché. Ma adesso basta stare zitta, Adam deve darmi una spiegazione. Mi libero dalla sua presa e incrocio le braccia al petto, fissandolo torva.
«Cosa c'è?» mi domanda preoccupato.
«Non posso credere che tu abbia difeso Ashley.» mi lamento.
«Non l'ho difesa.»
«E cos'hai fatto?»
«Tuo fratello faceva il prepotente e così mi è sembrato giusto impedirglielo.»
«Mark non è mio fratello!» sbotto irritata, alzando la voce.
Cacchio! Perché gliel'ho detto? Mi guarda con occhi sgranati e anche un po' irritato. Spero solo che non sia il tipo che subito se la prende. Avrei dovuto riflettere prima di sparare quella notizia.
«Ma... cosa stai dicendo?» chiede a disagio.
Ormai il danno è fatto.
«Quello che hai sentito. Io e Mark non siamo fratelli di sangue.» Aspetto che dica qualcosa, che reagisca, ma niente, resta in silenzio. Be', non ha il diritto di arrabbiarsi, quella arrabbiata sono io. «Vado a casa.» dico per scuoterlo dai suoi pensieri.
«Aspetta, ti accompagno.»
Afferra di nuovo la mi mano, ma la scaccio via.
«No, ci torno da sola.»
Non voglio stare insieme a lui in questo momento, ho bisogno di pensare a cosa sto combinando, al vero motivo per cui ho accettato di mettermi con lui. Mi sono sentita umiliata quando ha preso le difese di Ashley, per di più davanti a Mark. In questo momento mi starà prendendo in giro con la sua stupida ragazza, o non ragazza, quello che vuole. Al solo pensiero mi viene un nervoso, vorrei spaccare tutto. Devo smetterla di pensare certe cose violente, non sono come Mark, lui è un idiota e basta.
Sto camminando da ore, ormai, Adam non mi ha seguita e non mi va di tornare a casa e vedere la stupida faccia del mio fratellastro, immagino già cosa dirà al mio arrivo; che c'è, sfigata, sei stata piantata in asso? E mi riderà in faccia. Il mio cellulare comincia a squillare, riportandomi alla realtà. Lo sfilo dalla tasca e guardo lo schermo. Non credo ai miei occhi, Mark che mi telefona?
«Pronto?» rispondo.
«Stronza, dove sei?» Il suo tono non mi piace affatto, ma come osa insultarmi sempre? Sto per dibattere, quando comincia a parlare di nuovo: «Cazzo, ti sto cercando da ore!»
Davvero? Chissà perché mi risulta molto difficile crederci.
«Tu che mi cerchi?» rido sarcastica.
«Dimmi dove cazzo sei.»
Odio quando insiste così tanto, mi fa diventare isterica, soprattutto il linguaggio scurrile che usa. Sicuramente non gliela darò vinta, resterà col dubbio.
«Non sono affari tuoi!» sbotto e gli attacco il telefono in faccia.
Pochi istanti dopo, mi richiama, faccio scorrere il dito sullo schermo e rifiuto la chiamata. Ma non si arrende, chiamando ancora. Dio, quanto è insistente. Lo lascio squillare, ignorandolo del tutto. Non era in compagnia della strega? Ora che ha finito con lei vuole tormentare me? Ne ho abbastanza dei suoi sbalzi d'umore, è così bipolare. Non lo capirò mai e non mi sforzerò più di farlo. Mi telefona per altre due volte e poi finalmente si arrende. Era ora, non ne potevo più. Fisso la gelateria di fronte a me e decido di andare a prendere un gelato.
Mentre gusto il mio cono alla vaniglia e nutella, mi ritrovo a controllare il cellulare; nessun messaggio o telefonata da parte di Adam. Evidentemente Ashley è più importante di me. Mi sono sentita davvero una stupida e ora non prova nemmeno a telefonarmi. Un altro idiota da aggiungere alla lista, a quanto pare. Credo che ora sia arrivato il momento di tornare a casa, sono da ore in giro da sola e non vorrei far preoccupare Cindy.
Manca ancora un po' al mio arrivo a casa, ho camminato così tanto che mi sono allontanata troppo. Incontrerò sicuramente Mark, mi guarderà male per poi farmi una ramanzina. Ne ho abbastanza delle sue prediche, non è nessuno per giudicarmi. Qualcuno sta urlando, attirando la mia attenzione. Più che urla sembrano dei lamenti. Provengono proprio dalla vecchia villa abbandonata, lì in fondo. Chi è così matto da decidere di avvicinarsi? Dicono che sia infestata dai fantasmi. I lamenti diventano più intensi e i sensi di colpa mi assalgono. Non posso fare finta di nulla, devo andare a controllare, qualcuno potrebbe essere in pericolo. E tu sei la paladina della giustizia, vero? Persino il mio cervello mi prende in giro, è assurdo. Esito ancora un po', poi raccolgo tutto il mio coraggio e mi dirigo in quella direzione. Ho il cuore in gola e l'ansia si sta facendo strada in me. Forse è una pessima idea, ma voglio vedere chi è. Raggiungo il retro della villa, facendo attenzione agli arbusti e alle erbacce taglienti. Resto immobile a fissare davanti a me, c'è qualcuno sdraiato a terra. Mi avvicino con cautela, per evitare che mi veda. E se qualcuno sbucasse dal nulla, saltandomi addosso? Non ho considerato questa opzione. Mannaggia a me, perché mi caccio sempre in queste situazioni bizzarre? Basta, mi sto lasciando suggestionare dal nulla, queste cose accadono soltanto nei film. Ormai sono vicinissima, il ragazzo a terra si dimena e piange, sembra così fragile. Ho una fifa tremenda e non so come ho fatto ad arrivare fin qui. Mi chino verso di lui, allungo una mano sulla sua spalla, cercando di voltarlo nella mia direzione. Mi afferra prontamente per un polso, spaventandomi a morte.
«Aiutami!» urla.
Cavolo, ho riconosciuto la voce. Lo volto con forza e lo vedo. Sono senza parole, mi aspettavo di trovare chiunque ma non lui. Dovrei lasciarlo qui e andare via, se lo meriterebbe proprio. Ma ovviamente, il buon senso mi impedisce di farlo.
«Jake, ma cosa ti è successo?» chiedo. Ha il viso tumefatto e il sangue si è raggrumato. Ho il voltastomaco. Chissà da quanto tempo è sdraiato qui. Fa un bel respiro. Cerco di afferrarlo e tirarlo su. Pesa un quintale.
«S-sei... Emy?» chiede balbettando e con un filo di voce.
«No.» mento. Non dovrei nemmeno aiutarlo, infatti sono pazza. Riesco finalmente a tirarlo su, ma non so cosa fare, sono senza macchina e quindi non posso portarlo in ospedale. «Chiamo l'ambulanza.» dico infine.
«No... per... favore.» E cosa me ne faccio di te? Non mi resta altra scelta, devo entrare in questa villa. Il solo pensiero mi fa accapponare la pelle, ma devo farlo. Lo trascino fino all'entrata, ma lui si rifiuta di entrare. «N-non... voglio.»
Fa tanto il duro e poi ha paura di entrare qui dentro? Che tipo stupido, degno amico di Mark.
«Jake, dobbiamo entrare.»
«No... no...»
Mi sta stancando. Sbuffo e lo trascino con la forza, fino a che siamo dentro. L'atmosfera è cupa e tetra, ci sono solo degli spiragli di luce che penetrano dalle finestre sbarrate. I vecchi mobili sparsi per la casa, mi danno un senso di inquietudine. Volto lo sguardo alla mia destra e posso vedere un vecchio divano, in quello che una volta era un soggiorno. Bene, adagerò Jake lì. So già che opporrà resistenza, ma non posso fare altrimenti. Devo chiamare qualcuno. Lo trascino con fatica e lo faccio sdraiare. Spero che questo coso regga il suo peso, sembra molto usurato. Jake tira un urlo di dolore, spaventandomi. Gli tasto il corpo e non sembra avere nulla di rotto. Infilo la mano in tasca, sto per prendere il cellulare, ma Jake mi tira verso di sé, fino ad afferrare il mio viso e baciarmi. Riesco a sentire il sapore metallico del sangue e la cosa mi disgusta tantissimo. Mi allontano immediatamente e pulisco la mia bocca con il dorso della mano. Un senso di nausea si sta impossessando di me. Cerco di trattenermi e faccio dei lunghi respiri. Cosa diavolo gli è saltato in mente, è uno psicopatico.
«Emy... sapevo... che fossi tu.»
Lo guardo confusa e vorrei solo scappare via. Devo stare calma, soprattutto essere forte. Riesco finalmente a prendere il telefono. Cosa faccio, chi telefono? Sono sola con Jake in questa villa raccapricciante e non so quale delle cose sia peggio. Ma come mi è saltato in mente di trascinarlo qui dentro, avrei potuto lasciarlo fuori. Volto lo sguardo su di lui e mi sta fissando. Rabbrividisco, mi fa paura. Questo tipo è peggio di Mark. Ma esiste davvero qualcuno peggio di lui? Distolgo lo sguardo e comincio a guardarmi intorno, lasciando perdere la telefonata. Il parquet è rovinato e ci sono delle crepe, ho paura di affondare in una di esse. Il solo pensiero mi mette i brividi, chissà cosa si cela sotto questa villa. Oddio, sembro essere finita in un film dell'orrore.
«Emy... dove sei?» urla Jake, dal piano di sotto.
Aspetta... ma cosa ci faccio qui? Stavo camminando per la casa e non mi sono resa conto di essere salita. Continuo a guardarmi intorno, mi trovo in un lungo corridoio e a destra e sinistra ci sono delle porte chiuse, che ovviamente non apro, non ci tengo a sapere cosa si trovi al loro interno. In fondo c'è un'altra porta ma è sbarrata. Sulla vecchia porta ci sono inchiodate delle travi di legno e un vecchio catenaccio sulla maniglia. Meglio tornare indietro, non mi piace affatto la situazione. Un rumore improvviso mi fa spaventare a morte. Proveniva da quella stanza? Mi volto e non so perché, raggiungo di nuovo quella porta. Devo essere diventata pazza. Allungo una mano verso la maniglia. Sto per afferrarla, quando qualcuno posa una mano sulla mia spalla. Urlo come una pazza, mentre mi dimeno per liberarmi. Mi volto di scatto e d'istinto sferro un calcio alla persona davanti a me.
«Ma sei una povera pazza?» urla dolente e si accascia sul parquet logoro. «Ahh, le palle.» si tiene le parti intime. Cacchio, devo avergli fatto molto male.
«Mark, cosa fai qui?»
Non riesco a credere che lui sia qui.
«La domanda giusta è: Cosa cazzo ci fai tu qui?» Mi chino davanti a lui e cerco di aiutarlo. Lo afferro per un braccio ma lui si ritrae. «Rispondi!»
«Be'... è un po' lunga da spiegare.»
Mi guarda malissimo. Stavo solo cercando di aiutare Jake, uno dei suoi stupidi amici.
«Ti sei rinchiusa in questa villa desolata con quel coglione di Jake, poi mi dici che è lunga da spiegare?» sbraita irritato.
«Sì... ma non mi sono rinchiusa qui con Jake.»
Non capisco perché mi stia giustificando, lui non ha alcun diritto di rivolgermi queste domande.
«Allora, cosa ci fa quel coglione sdraiato su quel divano al piano di sotto?»
Non penserà mica che io e Jake... Mi vengono i brividi al solo pensiero.
«Se hai notato questo, allora avrai anche notato che è messo male... cioè, hai visto come sta?»
«Sì.»
«Qualcuno l'avrà aggredito?»
«E a te cosa importa?»
«L'ho sentito piagnucolare e l'ho portato qui dentro, dato che sono a piedi.»
«Perché non mi hai chiamato?»
«Perché...» non so cosa rispondergli.
So il motivo per cui non l'ho chiamato, ma non voglio dirglielo. È una strana situazione, come se lui pretendesse delle spiegazioni da me. Mi fissa, aspettando una mia risposa che non arriva.
«Allora?» mi incita.
«Allora, niente. Non ti ho chiamato e basta!»
Perché avrei dovuto chiamarlo? Mi avrebbe umiliata come fa sempre. Si alza e mi prende per mano. Quel gesto mi lascia senza parole, anche se non è nulla di che. Raggiungiamo il piano di sotto e lui si avvicina a Jake, che è ad occhi chiusi. Sembra che abbia perso i sensi.
Se lo carica in spalla e poi torna a guardarmi. «Andiamo via di qui.» Annuisco e lo seguo fuori. Apre la portiera posteriore della sua macchina e posiziona Jake sui sedili, che non accenna a svegliarsi. Non mi aspettavo di vederlo aiutare qualcuno, soprattutto Jake, almeno non dopo quello che è accaduto. Entro in macchina al lato del passeggero e lui mi raggiunge pochi istanti dopo. Poggia le mani sul volante e mi fissa in modo strano. Cosa vorrà, adesso, dirmi qualche altra cattiveria? «Lo portiamo in ospedale.» Resto sorpresa e annuisco. «Non guardarmi con quella faccia da cazzo!»
Ecco, il solito gentiluomo. Scuoto la testa ed alzo gli occhi al cielo, dopodiché smetto di guardarlo. È la seconda volta, da quando lo conosco, che mi permette di dividere la macchina con lui. È sempre stato così riservato. Mi sento bene quando è con me, nonostante mi tratti male, sono felice che sia mio... amico? Oddio, ma cosa mi prende, non riesco più a capire cosa siamo. Mark mette in moto e parte. Vorrei tanto sapere come ha fatto a trovarmi, ha per caso installato qualche cimice sui miei vestiti? Che pensiero assurdo.
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