Capitolo 19

Mi alzo di scatto, stringendo i lembi del mio accappatoio, appena vedo Mark furioso. Respira in modo irregolare e i lividi che ha sul viso lo rendono ancora più cupo.

«Mark...» Riesco a dire soltanto il suo nome.

Non voglio farlo irritare ancora di più nel chiedergli perché è venuto in camera mia, conosco già il motivo. Si avvicina a passo lento e a pugni stretti, stringendo la stampella al fianco. Stavolta ho davvero paura. Non ho mai pensato a cosa sarei andata incontro se avessi rivelato la nostra parentela, mi sono limitata ad assecondare la cosa. So benissimo di aver sbagliato e che avrei dovuto dirlo dal primo momento, ma se Ashley non mi avesse costretta, l'avrei tenuto per me ancora per molto. Il suo sguardo è un misto fra incredulità e irritazione, quegli occhi di ghiaccio sembrano volergli schizzare via dalle orbite. Si avvicina sempre più, mentre io faccio dei passi indietro, ritrovandomi sdraiata nuovamente. Con fare veloce mi raggiunge, schiacciandomi col suo corpo, e lasciando cadere la stampella.

«Hai fatto una cazzata enorme!» Lo guardo dritto negli occhi, aspettando chissà cosa. «Come hai potuto?» Mi libero dalla sua presa, cercando di scappare, ma mi afferra, fino a che entrambi cadiamo sulla moquette. Si mette a cavalcioni su di me e mi tiene ferma per i polsi. «Sei solo una povera sfigata, me la pagherai cara stavolta, hai capito?»

Quelle parole mi fanno accapponare la pelle, le ha dette con tanta crudeltà che non mi resta altro che pensare al peggio.

«Mark, io...»

Si avvicina al mio viso, così tanto che riesco a sentire il suo respiro sulle mie labbra.

«Cosa, Emily?» chiede sussurrando. Deglutisco, non sapendo cosa dire e d'un tratto comincio a tremare. Il battito cardiaco aumenta visibilmente, lasciando spazio all'ansia. «Perché stai tremando?» mi domanda.

Mi fa davvero uno strano effetto, ho paura, sì, ma mi piace che sia così vicino a me. Cosa mi prende, d'un tratto mi sento accaldata.

«Non... ho potuto evitarlo.» riesco a dire.

Mark serra le labbra e da un pugno alla moquette, proprio al lato della mia testa. Chiudo gli occhi e senza volerlo, mi lascio scappare una lacrima. Sento il suo respiro meno intenso e uno strano verso esce dalle sue labbra, quasi un sussulto. Si alza e va via, lasciandomi sola a terra. Perché diavolo non ho reagito? Gli ho permesso di vedermi debole, ancora una volta. La verità è che il suo sguardo mi ha ipnotizzata e le sue mani, immobilizzata. Ammetto che la paura era tanta, ma l'adrenalina di più. Ma cosa mi succede, sembro quasi attratta da lui. Ma è impossibile, non sono così malata. Vero?

***

La suoneria del cellulare mi fa svegliare di scatto, allora afferro il telefono e leggo il nome di Tiffany sullo schermo. Ma sono solo le sette del mattino, come mai mi telefona a quest'ora?

«Tiff.» rispondo con voce roca e assonnata.

«Ehi, secchiona, come mai sei ancora a letto?»

Sembra di buon umore, il mio invece è pessimo, già di primo mattino. La scorsa notte non ho dormito granché bene, sono stata a pensare per tutto il tempo. Non mi fa proprio bene litigare con quel demonio.

«La domanda giusta è: Cosa ci fai tu già sveglia?» le chiedo con sarcasmo.

«E chi ha dormito, sono tornata solo venti minuti fa.»

Mi alzo a fatica dal letto «Quindi non verrai a scuola?»

«Certo che verrò!»

«Mi chiedo dove lo trovi tutto quest'entusiasmo.»

«Sto parlando davvero con Emily Johnson, oppure con una sosia? Dov'è finito il tuo buonumore mattutino? Di solito sono io che mi lamento.»

«Hai ragione, ma ho passato una nottataccia.»

«C'entra quel disastro di tuo fratello?»

«Fratellastro!» la correggo. «Sì, ma ti racconterò oggi a scuola e anche tu hai qualcosa da raccontarmi, vero?»

Chissà cos'ha combinato ieri notte.

«Sei davvero maliziosetta, lo sai?» sghignazza.

«Niente affatto, sono una brava ragazza che vuole solo sapere cos'ha fatto la sua migliore amica.» dico da finta ingenua.

«Certamente.» ride ancora. «Ci vediamo dopo.»

«A dopo.»

Riattacco e ripongo il cellulare sul comodino. Faccio uno sbadiglio e mi dirigo goffamente al bagno. Sto per aprire la porta chiusa, quando un fulmine si fionda prima di me.

«Levati!» sbotta e si chiude in bagno al mio posto.

«Mark!» urlo, sbattendo il pugno sulla porta. «C'ero prima io.»

Ma mi ignora. Che idiota, lo odio! Sembrava stare meglio, infatti non aveva nemmeno la stampella. Al lato opposto del corridoio c'è Cindy poggiata al muro e con le braccia incrociate al petto. Ha appena assistito alla scena.

«Credevo che le cose tra di voi si stessero risolvendo.» mi dice con tono triste.

Lo credevo anche io, ma mi sono illusa che potesse cambiare atteggiamento nei miei confronti.

«Mark è fatto così, non smetterà mai di odiarmi.» le confesso con un certo imbarazzo.

«Mark non ti odia, tesoro.» mi posa un bacio sulla testa e va via.

Certo che mi odia, come fa a non rendersene conto? Persino i sassi lo sanno. Be', il sentimento è reciproco. Chissà perché non riesco a convincere me stessa di ciò.

Sono quindici minuti che aspetto che esca, mi farà fare tardi a scuola e finirà tutta l'acqua calda.

«Mark, idiota, esci da questo bagno.» urlo.

Dopo un paio di minuti, la porta si apre e davanti a me appare un Mark a torso nudo, coi capelli bagnati che gocciolano e avvolto soltanto da un piccolo asciugamano in vita. Mi ritrovo ad osservare il suo corpo, i suoi tatuaggi e non posso fare a meno di pensare che sia perfetto. Devo smetterla di pensarci.

«Ecco, il bagno è tutto tuo.» ghigna e poi mi guarda dalla testa ai piedi, mordendosi il labbro col piercing.

Cos'ha, una paralisi? Ma poi si riprende e mi passa di fianco, dandomi una piccola spallata. È così infantile. Entro in bagno e chiudo la porta alle mie spalle. Mi spoglio velocemente e poi entro nella doccia. Apro il rubinetto e aspetto che arrivi alla temperatura giusta, ma l'acqua resta fredda. Maledetto, lo sapevo! L'ha fatto apposta.

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