Capitolo 16
Durante il pranzo abbiamo parlato molto dei nostri progetti futuri e entrambi non vediamo l'ora di partire. Chissà cosa ci riserverà il futuro, se riusciremo a farcela, insomma, i soliti dubbi esistenziali che hanno tutti. Ora siamo nella sua macchina, nei parcheggi del locale, lo osservo mentre sistema meglio lo specchietto retrovisore, infine mette in moto. Sam è diventato molto importante per me e non sopporterei l'idea di perderlo. Non so perché penso a certe cose, ma ho paura, perché quando sei felice accade sempre qualcosa che rovinerà quella felicità.
«Ti accompagno a casa?» mi chiede, scuotendomi dai pensieri.
«No, devo tornare a scuola per recuperare la mia macchina.»
«Va bene, allora ti accompagno a scuola.» sorride, mentre parte.
«Sei ancora interessato a Mark?» gli chiedo.
Oramai l'imbarazzo tra di noi è superato da un pezzo, quindi parliamo di tutto senza problemi.
«No.» risponde convinto. «Da quando sei mia amica, ho lasciato perdere Mark Johnson, detesto che qualcuno ti faccia del male.» Sorrido e non posso fare a meno di pensare che sia proprio il migliore amico del mondo. «Posso farti una domanda, Emy?» chiede serio.
«Certo.»
«Dovrai essere sincera.»
«Sì, ovvio. Chiedi pure.»
Sono sempre sincera.
«C'è qualcosa tra te e lui?»
Il mio cuore perde un battito.
«Mi pare... di averti già risposto ad una domanda simile.» dico a disagio.
«Sì, ma voglio sapere la verità.»
È questa la verità, cos'altro vuole che gli dica.
«Non c'è nulla tra me e Mark.» insisto. «Insomma... lui è il mio fratellastro, no?»
«Emy, lo vedo come ti guarda.»
Sgrano gli occhi. Mark mi guarda in qualche modo particolare? Sta delirando, non c'è altra spiegazione.
«Ti sbagli e poi tra noi due è impossibile.»
«Perché impossibile?»
«Viviamo sotto lo stesso tetto, è come se fosse mio fratello.»
Fa una frenata brusca, facendomi sobbalzare appena. Cosa diavolo gli passa per la testa? Fortuna che ho la cintura di sicurezza. Mi guarda serio e cerca di tirar fuori chissà cosa dalle mie labbra.
«Perché non ti fidi di me?»
«Io di te mi fido ciecamente.»
«Se così fosse non me lo avresti tenuto nascosto, che tu e lui siete fratellastri, ho dovuto scoprirlo da solo.» Adesso è offeso? Non ci posso credere, gli ho spiegato i motivi per cui non gliel'ho detto. «E non ammetti nemmeno a te stessa che ti piace.»
Sì, è praticamente fuori di testa.
«Ti sbagli!» ribatto con tono più alto. «Non pensarlo nemmeno per scherzo. Mark è l'artefice di tutti i miei mali, quindi levati questa stronzata dalla testa, perché è assurdo!»
«Scusa, non avrei dovuto insistere in quel modo.»
Rimette in moto la macchina e parte.
Durante il tragitto non ci siamo rivolti la parola e ho paura di aver esagerato con le mie urla. Non posso prendermela ogni volta che qualcuno fa delle insinuazioni su me e Mark, non è proprio da me.
«Scusa, non avrei dovuto alzare la voce in quel modo.» dico dispiaciuta, appena arrivati fuori scuola.
«È tutto a posto, tranquilla.» sorride.
So bene che ci è rimasto male. Mi dispiace tanto, ma non potevo confermare la sua teoria, non provo assolutamente niente per Mark, a parte dell'odio infinito, è il mio fratellastro e basta!
«Ci vediamo domani a scuola, allora?» gli chiedo speranzosa.
«Certo.»
Scendo dalla sua macchina e mi saluta con la mano, dopodiché va via, lasciandomi nei parcheggi del liceo. Spero che quel pensiero che ha di me e Mark, svanisca presto dalla sua testa. Mi volto, cercando la mia macchina ma non la trovo. Il cuore mi balza in gola, pensando immediatamente al peggio. Me l'hanno rubata? Cammino per qualche metro, fino a che la mia attenzione non viene attirata da un post-it attaccato ad un palo della luce. Senza esitare lo stacco e leggo cosa c'è scritto: Se vuoi riavere la tua macchina vieni al Topic. Sarà parcheggiata lì fino alle 17:00, poi sparirà. Non chiamare nessuno oppure accadranno cose spiacevoli. Sapevo che ci fosse lo zampino di qualcuno. Irritata, accartoccio il foglio nelle mie mani. Non chiamare nessuno oppure accadranno cose spiacevoli. Non mi spaventano affatto quelle parole e immagino chi possa essere stato. C'è solo una persona capace di fermare tutto questo, l'artefice iniziale di ogni cosa. Apro lo zaino e tiro fuori il cellulare, fino a comporre il numero di Mark. Sì, ho il suo numero, perché Cindy una volta gli telefonò dal mio telefono, dato che il suo era scarico. Non fate domande.
«Pronto, chi parla?» risponde.
«Mark.»
«Emy?» Be', almeno ha riconosciuto la voce. «Dove cazzo hai preso il mio...»
«Sta zitto!» lo interrompo. Non ho tempo per queste stupidaggini. «Mark, ho bisogno di te.»
Forse avrei dovuto usare delle parole diverse, ma oramai, quel che fatto è fatto.
«In che senso?»
Sapevo che avrebbe frainteso.
«Mi hanno rubato la macchina.»
«E perché dovrei aiutarti?»
«Perché credo di sapere chi è stato e non posso andarci da sola... Per favore, aiutami.»
Sono davvero patetica, mi sono messa a pregarlo.
«Chi è stato?»
«Ma dai, davvero non lo sai?» chiedo ironica.
«No.»
«Magari sei stato proprio tu.»
«Senti, non ho tempo da perdere dietro alle tue cazzate, quindi addio.»
«Aspetta!»
«Cosa ti fa pensare che io c'entri qualcosa?»
«Perché devi sempre rendere le cose difficili? Mi aiuti o no?»
«Perché non ti fai aiutare dal tuo fidanzatino?»
Questo ragazzo è davvero un coglione, ho fatto male a chiamarlo.
«Va bene, ho capito, ci andrò da sola!»
Gli attacco il telefono in faccia e pochi secondo dopo comincia a squillare. Sono tentata dal non rispondergli, ma infine lo faccio.
«Okay, Mark, ho capito, non vuoi aiutarmi...»
«Dove sei?» chiede, interrompendomi.
«Nei parcheggi della scuola.»
«Non muoverti, arrivo.»
Incredibile, pensavo mi avrebbe piantata in asso. Non credo che sia stato lui a far sparire la mia macchina, però dovevo stuzzicarlo in qualche modo, altrimenti non avrebbe accettato di aiutarmi. Con lui devo usare la psicologia inversa, è così strano. La mia attenzione viene attirata dalla sua macchina che entra nel parcheggio. Ci ha messo pochissimo. Raggiungo la macchina ed entro al suo interno. Il suo profumo ha occupato tutto l'abitacolo ed è davvero buono.
«Dove andiamo?» mi chiede scocciato.
Che antipatico, invece di essere contento che gli permetta di aiutarmi, ha sempre quell'aria imbronciata.
«Al Topic.»
«Quel locale di drogati?»
Ma se è uno dei locali che frequenta, perché è così falso?
«Sì, Mark, uno dei tuoi posti preferiti.» lo prendo in giro.
«Mi stai dando del drogato?»
«Vedi come sei? Con te non ci si può parlare, fraintendi subito.»
Mi volto verso di lui e noto immediatamente la sua espressione irritata. Dio, perché non sorride un po', ha sempre il solito sguardo corrucciato e ce l'ha col mondo intero. I miei occhi si posano nei suoi, celesti e quasi di ghiaccio. Quel tipo di sguardo mi ha sempre messa in soggezione e anche affascinata. Oddio, sono fuori di testa.
«È questo che pensi di me?»
Ma perché si sta fissando su una stupida battuta? Gli ho solo detto che è uno dei posti che frequenta, non vuol dire che si droghi. Che ragazzo difficile, neanche con le istruzioni lo capirei. Non riesco a sopportarlo.
«No.»
«Odio pure il fumo, figuriamoci la droga.» precisa.
«Okay. Ora parti, sono quasi le cinque.»
«E allora?»
«Sul post-it c'era scritto che la macchina sarebbe rimasta lì fino alle cinque e che sarei dovuta andare da sola.»
«Ti hanno scritto un biglietto?»
«Sì.»
«Tipico di Jake.» Jake! Ecco chi è stato. «Non gli è bastata la lezione!»
La seconda frase l'ha detta quasi in un sussurro, ma abbastanza forte perché sentissi. Sapevo che fosse stato lui a picchiarlo o almeno lo speravo. Rimette in moto e non dice più una parola.
Dopo dieci minuti circa, Mark parcheggia la sua macchina fuori dal locale e il suo sguardo è strano, a parte freddo. Mi guarda ed ho un brivido. Smettila di fissarlo!
«Adesso vai dove ti hanno detto, da sola...»
«Ma come, ho chiamato te per non essere sola.» lo interrompo.
«Se mi lasciassi finire qualche cazzo di frase, forse capiresti!» sbotta irritato. Come si fa ad essere così antipatici. «Vai dove ti hanno detto, io sarò qui nei paraggi. Se cercherà di farti del male, interverrò immediatamente.» Per un attimo mi è sembrato che il suo sguardo si fosse addolcito e non riesco a trattenermi dal sorridere. «E smettila di sorridere, non lo faccio per te!» aggiunge, con la solita aria imbronciata.
Al momento poco importa, mi basta sia dalla mia parte, soprattutto che sia insieme a me, senza troppe pretese. Apro la portiera della macchina e raggiungo il parcheggio dietro al locale.
Riesco a trovare quasi subito la mia macchina, anche perché è una delle poche nel parcheggio. In giro non sembra esserci nessuno e mi avvicino pian piano, aspettando che qualcuno sbuchi dal nulla. Ma questo non accade, allora tiro fuori le chiavi dalla tasca e le inserisco nella toppa.
«Hai mantenuto la parola, sei sola.» la voce alle mie spalle mi fa sobbalzare e le chiavi finiscono sull'asfalto.
Mi volto e finalmente posso vederlo, esattamente chi mi aspettavo che fosse.
«Jake, ma sei stato tu?» chiedo, fingendo stupore. Comincia a ghignare, un suono così diverso da quello di Mark, più cattivo. Non pensavo che ci fosse di peggio. «Che cosa vuoi da me?»
Si avvicina e in automatico faccio dei passi indietro, ritrovandomi con le spalle lungo la fiancata della macchina. Jake continua a ghignare e a guardarmi da maniaco, mentre nella mia testa ho mille immagini di lui che cerca di violentarmi. Ora sono in trappola e se Mark non arriverà a salvarmi, sarò spacciata. Si avvicina sempre di più, lentamente, e il mio cuore perde un battito dalla paura che sto provando.
«Sai, piccola Emy, mi hanno sempre affascinata quelle come te.»
«Quelle come me, in che senso?»
«Le santarelline, o meglio, quelle che fanno finta di esserlo, per poi rivelarsi le peggiori.» ridacchia in modo malefico.
«Smettila, mi fai schifo!» quasi urlo, sperando che Mark sia in ascolto.
«Eppure sono un bel ragazzo, occhi azzurri e capelli castano chiaro, non ti eccito?»
«Per niente!» dico con una smorfia di disgusto. Ormai è vicino e Mark non accenna ad uscire allo scoperto. Una brutta idea si sta impossessando dei miei pensieri; e se fosse andato via? Jake allunga una mano verso il mio viso, mentre io resto paralizzata e disgustata allo stesso tempo, e credo che dalle mie espressioni se ne sia accorto. Avvicina il suo viso al mio e comincio a tremare. Non vorrà mica baciarmi? «Hai... fatto tutto da solo?» chiedo con difficoltà, a pochi centimetri dalle sue labbra.
«Sì, volevo farti mia da solo.» sussurra e fa scivolare lo sguardo sulla mia bocca.
È davvero fuori di testa. Devo prepararmi a colpire, se Mark non arriva sarà la fine. Chiude gli occhi e si avvicina ancora di più alle mie labbra.
«Giù le mani da lei!» urla Mark alle sue spalle.
Ritorno a respirare, mentre Jake si volta di scatto, completamente spiazzato dal suo arrivo.
«Mark, cosa ci fai qui?» chiede e poi ritorna a guardare me, furioso. «Puttana! Eri con lui.»
Come mi ha chiamata?
«Come l'hai chiamata?» chiede Mark, furioso.
Si avvicina a Jake e lo afferra per il colletto della polo.
«Io l'avevo sospettato...» borbotta Jake. «tu sei innamorato di questa santarellina.» mi indica.
Sgrano gli occhi.
«Ma che cazzo dici?» urla Mark, spingendolo, fino a farlo cadere al suolo.
«Sì, l'ho capito da quando sei venuto a prendermi a botte per essermi preso la briga di farle qualche scherzo! E ora sei corso in suo aiuto.»
«Sta zitto!» lo interrompe Mark, sferrandogli un calcio allo stomaco, un altro e un altro.
Oddio, così lo ammazza.
Corro verso di lui e lo afferro da dietro. «Basta!»
«Lasciami.» dice poco convinto.
«Mark, ti prego, ritorna in te.» lo supplico con le lacrime in gola.
Sembra rispondere alle mie suppliche, infatti si calma immediatamente.
«Torna a casa.» mi dice, guardandomi negli occhi, ma io scuoto la testa in senso negativo. Se me ne vado farà qualche stupidaggine, lo conosco. «Ti ho detto vattene!» ripete in tono più aggressivo.
«Vieni con me.» cerco di afferrargli un polso, ma si ritrae subito.
«Lo vuoi capire che non puoi stare qui? Vattene a casa!» quasi urla.
Perché deve sempre trattarmi male e ferirmi con le sue stupide parole senza sentimenti? E va bene, che faccia quel che gli pare, sono stufa di lui. Raggiungo la mia macchina, raccolgo le chiavi sull'asfalto e le inserisco nuovamente nella toppa, fino ad aprire la portiera ed entrare all'interno.
«Emy» mi richiama, un po' a disagio. Lo guardo, senza degnarmi di rispondergli. «scusami... e per favore, torna a casa.»
Ne ho abbastanza dei suoi sbalzi d'umore, è come se avesse una doppia personalità. Un giorno è buono, il giorno dopo cattivo. Non lo capirò mai. Che si prendano pure a pugni, non mi importa più di niente! Da oggi in poi non mi preoccuperò più, ho chiuso!
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