Capitolo 15

Siamo seduti a tavola da almeno venti minuti e Mark non mi ha ancora insultata. Persino Bryan e Cindy hanno un'aria meravigliata. C'è uno strano silenzio, nessuno dice una parola e qualcosa non quadra.

«Mark, mi puoi passare il sale?» chiedo, aspettando un suo attacco.

Alza lo sguardo freddo verso di me, passandomi il sale senza intoppi, poi si alza e va via. Sono davvero senza parole. Ma cosa gli sta succedendo? Quasi preferivo l'altro Mark. Lo so, sono strana, ma anche lui non scherza. Prima, se solo provavo a rivolgergli la parola, litigavamo come bestie, ora invece mi ha passato il sale senza fare storie e soprattutto senza dire nulla, è davvero incredibile. Voglio saperne di più, sono troppo curiosa. Mi alzo dalla sedia e lo seguo di sopra. Arrivo fuori la porta ed entro senza bussare. A cosa serve se non mi risponde?

«Che diavolo ci fai in camera mia?» chiede a tono basso.

«Che cosa ti sta succedendo?» vado subito al dunque.

«Fuori di qui!» sbotta.

«Aspetta, non essere così cattivo.»

«Ho detto fuori!» si avvicina talmente tanto che temo la sua reazione. Istintivamente, faccio dei passi indietro e vado a sbattere contro la porta chiusa. Avevo chiuso la porta?

«Scusami, io volevo solo...»

«Cosa volevi?» mi interrompe. «Rompere le palle, come sempre!»

Perché mi tratta così, cosa gli ho fatto?

«Ma cos'hai che non va?»

So già che quella domanda mi si ritorcerà contro.

«Non sono cazzi tuoi.» sussurra a pochi centimetri dal mio viso, poi distoglie lo sguardo da me. «Io ti odio! Mamma e papà non dovevano portarti a casa, sei un'estranea, un'esaltata e un'orfana!»

Sei un'estranea, un'esaltata e un'orfana!

Sei un'estranea, un'esaltata e un'orfana!

Sei un'estranea, un'esaltata e un'orfana!

Mi si spezza il cuore all'istante e non posso bloccare una lacrima che scende sul mio viso, quelle parole sono state davvero un duro colpo. Perché sto piangendo davanti a lui, dandogli la soddisfazione di vedermi crollare? Ha colpito un punto dolente e non doveva! Non riesco a muovermi, sono paralizzata davanti a lui, bloccata al muro, senza riuscire nemmeno a rispondergli male o arrabbiarmi.

«Emy... mi dispiace.» dice serio, mentre cerca di allungare una mano verso il mio viso.

La schiaffeggio e finalmente riesco a scappare via dalla sua stanza. Volevo solo aiutarlo, volevo che si confidasse con me, invece ha detto che sono un'orfana. Mi sento così triste e maledico il giorno in cui sono venuta al mondo. Raggiungo la mia camera, chiudendo a chiave la porta. Mi butto a letto e piango a dirotto, non riuscendo a fermarmi. Cosa ti ho fatto, Mark, perché mi odi così tanto? Eppure, nonostante tutto, io ti voglio bene. Mi vergogno di averlo solo pensato, ma è quello che provo. Quelle rare volte in cui mi ha aiutata, resteranno per sempre nel mio cuore, non dimenticherò mai le sue espressioni: Il Mark che mi difende, che mi aiuta, ed infine che mi passa il sale a cena. Resteranno solo dei ricordi trasparenti, che presto svaniranno nel nero dello sconforto.

***

La sveglia impostata sul cellulare continua a squillare e l'ho posticipata già tre volte. Sono molto stanca, ho pianto per quasi tutta la notte per colpa di quello stronzo. So bene che non merita le mie lacrime, ma mi sono davvero illusa che potesse cambiare i suoi atteggiamenti bruschi nei miei confronti. Be', avevo torto marcio, lui non cambierà mai. Fortunatamente manca poco alla fine dell'anno, così potrò partire per New York. Chissà lui cos'ha scelto dopo il liceo. Lo stai facendo di nuovo, te ne rendi conto? Cacchio, è vero! Non devo pensarlo più. Mi alzo dal letto ed esco in corridoio, diretta verso il bagno, sperando che non ci sia già Lucifero. La cosa negativa di questa casa è che presenta solo due bagni, mi sarebbe piaciuto averne uno in camera, così mi sarei evitata di battibeccare sempre con lui.

«Emy.» Mi volto e vedo Mark con indosso soltanto i boxer e il suo ciuffo ribelle che ricade sul viso. Perché è sempre in mutande? Me lo chiedo tutte le volte. Certo che è proprio bello... Smettila di pensare a lui in questo modo, è un'idiota arrogante e nient'altro. Mi ricorda la vocina nella mia testa. Non gli rispondo e continuo a camminare. «Emy, aspetta!» mi afferra per un polso.

«Non chiamarmi Emy, hai capito?» gli ordino irritata.

Inizia a sorridere. Perché gode nel rendermi la vita impossibile?

«Ok, "Emily"» mima due virgolette sul mio nome. Mi sta chiaramente prendendo in giro. Che faccia da schiaffi! «volevo chiederti... scusa... per quello che ti ho detto ieri.»

Mark Johnson che chiede scusa? Questa sì che è una scena comica.

«Non voglio le tue scuse. Ora lasciami!» Sfilo il braccio dalla sua presa e mi chiudo in bagno.

Resto ferma con le spalle appiccicate alla porta. Mi ha davvero chiesto scusa? No, non devo cascarci, sarà un altro dei suoi piani per farmi crollare ancora.

Sono entrata in aula prima di tutti, non volevo incontrare Mark con il suo gruppo, non dopo quello che è successo ieri. Avranno riso sicuramente di me e ne ho abbastanza. Improvvisamente sento squillare il cellulare. Cavolo, ho dimenticato di mettere il silenzioso, fortuna che non c'è nessuno. Lo tiro fuori dalla tasca e sullo schermo leggo il nome di Sam.

«Ehi, Sam.»

«Emy, tesoro, come va?»

«Bene, grazie.»

Quando mi chiama così, mi sento un po' a disagio, ma poi mi ricordo che è solo Sam.

«Pranziamo insieme dopo scuola? Ah, stavolta sul serio.» ridacchia.

«Certo! Ci vediamo dopo.»

«Perfetto! A dopo.»

Riattacco e subito dopo entrano i miei compagni di corso, esclusa Tiffany. Che disdetta! Avevo bisogno di confidarmi con lei. Ma poi la vedo apparire pochi secondi dopo e mi tranquillizzo. Quando non viene mi sento persa. Ha un sorriso smagliante, sembra felice. Viene a sedersi e mi fissa come una tonta. Cos'ha combinato, stavolta? Prepariamoci ad un'altra emozionante storia di Tiffany Evans.

«Emy, non puoi capire come mi sento.» dice con sguardo sognante.

«Be', no, se non me lo racconti.»

«Hai presente Danny Lewis del quarto?»

«Uhm... sì. L'ho visto qualche volta.»

«Bene! A letto è spettacolare.»

La fisso confusa. È stata a letto con quel moccioso?

«Sei stata con un diciassettenne?»

«Sì...»

«Hai vent'anni, pensavo ti piacessero gli uomini.» sghignazzo, ancora incredula.

«Credimi, Danny a letto è super uomo.»

«Risparmiami i dettagli, ti prego.» rido ancora, contagiando anche lei. «Be', sei innamorata?»

«Emy Johnson, quella parola nel mio vocabolario non esiste!» si acciglia.

La solita Tiffany che ha paura dell'amore. Chissà come andrà a finire questa storia. Almeno spero che stavolta sia una cosa seria e metta la testa a posto. Tiffany è una brava ragazza, ma è troppo impulsiva, il suo motto è sempre stato, "Carpe diem", e dice di continuo che se si presenta l'occasione di fare sesso non si tira indietro, vuole che io faccia lo stesso. Cara Emy, devi darti una mossa o resterai vergine a vita, tesoro mio. Be', non ci penso nemmeno!

La lezione è finita molto velocemente e alla ricreazione, Tiffany mi ha di nuovo parlato di Danny Lewis, le piace proprio tanto, quel tizio, peccato che non voglia ammetterlo. Mi ha chiesto se sabato sera mi va di uscire con lei, ma le sue serate non mi piacciono affatto. Ho rifiutato e ovviamente ha cercato di convincermi. «E dai, Emy, esci un po', divertiti, soprattutto truccati e metti qualcosa di scollato! Dai, ti ho convinta?» Eh no, non mi ha convinta, non mi va proprio di andare in uno di quei locali dove donne seminude si strusciano addosso a maschi drogati. Stai esagerando. Ha parlato quasi sempre lei ed io non ho avuto modo di raccontarle quello che è successo, mi sono così immersa nel suo racconto che mi è passato di mente. Volevo avere un consiglio da un'amica, anche se immagino cosa mi avrebbe detto: «Sei troppo buona, devi ribellarti!» Ma come avrei fatto? Erano tutti contro di me.

Esco dal liceo e mi guardo intorno, con la paura che mi giochino un altro brutto tiro e non so come reagirei stavolta. Scendo le scale con cautela, guardando bene ogni gradino. Vedo Mark insieme al suo gruppo e c'è anche quello stronzo di Jake. Aspetta... ha il viso tumefatto. Ma allora, ieri... l'ha davvero picchiato per me?

«Emy.» mi saluta Sam, riscuotendomi.

«Ehi, Sam, ciao!» gli sorrido.

Mi posa un bacio sulla guancia e insieme ci dirigiamo alla sua macchina.

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