15. Arianna
-Che mi devi mostrare? - chiesi felice. Finalmente mi stava facendo vedere quel giardino enorme che mi aveva molto incuriosito. Mi aveva un po' stupito il fatto che Ginny non fosse venuta con noi, ma a lui non sembrava importare.
-Seguimi- Gio si incamminò verso il retro della casa. Questo giardino è ancora più grande di quanto avessi immaginato.
-Quello è un ciliegio, dovresti assaggiare i muffin che cucina mia zia con i suoi frutti - Gio mi indicò un grosso albero.
-È questo che dovevi mostrarmi?- chiesi divertita.
-No, no tranquilla, ma se dobbiamo fare un tour completo devo spiegarti tutto. Il meglio lo lascio alla fine.
-D'accordo- risi.
Riprendemmo a passeggiare e Gio mi spiegò tutto quello che vedevamo.
-E alla tua destra c'è il gradino che mi ha fatto inciampare a 7 anni. Sono caduto e ho rotto un dente.
-Oh, mamma. Poverino.
-Di fronte a te invece c'è la piscina, è qui che ho imparato a nuotare. Quest'estate devi assolutamente venire a fare il bagno qui.
-Ti prendo in parola.
-Bene, ora andiamo all'ultima tappa, la migliore.
-Cosa c'è di meglio di una piscina?- chiesi stupita.
-Il mio paradiso- e quando lo disse gli si illuminarono gli occhi per l'entusiasmo. Mi prese per mano e iniziò a correre verso la parte opposta del giardino.
-Hey, vai piano!- risi per nulla infastidita per il fatto che mi avesse presa per mano.
Si fermò all'improvviso davanti a un albero, ma io non me ne accorsi in tempo e gli andai addosso, per poco non cademmo a terra.
-Hey, piano. Così ci ucciderai entrambi
-Così aggiungerai un'altra tappa al tuo tour qui è dove sono quasi morto- lo presi in giro.
-Stupida- rise lui.
-Non dirmi che devi mostrarmi un'altro albero, ne ho già visi almeno una ventina. Anche se questo devo ammettere che è enorme- indicai il pino sotto cui c'eravamo fermati.
-Guarda in alto.
Alzai lo sguardo e notai una grossa piattaforma di legno a circa quattro metri sopra di me inchiodata ai rami di due alberi.
-È una casetta sull'albero, è il mio rifugio. È perfettamente coperta dalle foglie, da lontano non si nota.
-Wow- dissi entusiasta.
-Di solito non faccio salire nessuno, ma farò un'eccezione. Sei capace di arrampicarti?
-Arrampicarmi? No- dissi dispiaciuta, mi sarebbe davvero piaciuto salire.
-Allora aspetta qui, di solito per salire mi arrampico sui rami. Quando ero piccolo peró non ci riuscivo e usavo una scaletta di corda. Salgo e te la lancio.
Annuii felice e lo guardai arrampicarsi con il fiato sospeso. Avevo paura che cadesse, ma in poco tempo raggiunse la piattaforma e tirai un sospiro di sollievo. Presto lui calò la scaletta-Forza, sali.
Titubante appoggiai il piede destro sul primo piolo e iniziai a salire. La scala traballava poiché non era fissata al suolo. Aumentai la stretta con le mani, ero sempre stata una fifona, avevo paura di cadere.
-Forza lumaca - Gio si affacciò dalla piattaforma e mi guardò sorridendo.
-Io soffro di vertigini- ammisi.
-Non ci pensare e continua a salire.
Facile per lui parlare, lui non aveva paura dell'altezza. Facendomi coraggio ripresi a salire finché non ebbi più appigli per le mani.
-Em, Gio? Ora come faccio? Io le mie mani da questa scala non le tolgo
Gio allungò le braccia -Forza, aggrappati a me, fidati.
Ignorando la paura staccai una mano dalla scala e afferrai quella di Gio.
-Anche l'altra, altrimenti è peggio.
Feci ciò che disse senza fiatare. Di lui mi fidavo.
-Ora riprendi a salire, un piede alla volta.
Lui mi strinse ancora più forte le mani e ciò mi diede un po' di coraggio.
-È stato traumatico -dissi quando finalmente riuscii a mettere i piedi sulla piattaforma. Mi guardai attorno, la grande piattaforma, sarà stat larga due o tre metri ed era completamente circondata da una ringhiera. Al centro della piattaforma era stata costruita la casetta, aveva persino la porta e le finestre.
-Entriamo?- chiese Gio.
Annuii. Gio si alzò in piedi e tirò su la scaletta. Si tolse una chiave dalla tasca e me la porse -Prego, a te l'onore di aprire la porta.
Reggendomi alla ringhiera mi alzai in piedi e presi la chiave. La infilai nella toppa e aprii la serratura. Appena aprii la porticina rimasi a bocca aperta.
-È fantastica, Gio.
Un tappeto blu ricopriva ogni centimetro del pavimento, su cui erano sparsi tantissimi cuscini colorati di tutte le forme e in angolo c'era una pila di coperte tutte accuratamente piegate.
-Togliti le scarpe, se il tappeto si sporca è difficile lavarlo- Gio si stava già slacciando le sue. Mi sfilai le mie prima di entrare e le lasciai fuori dalla porta.
-Fa come se fossi a casa tua
Presi un paio di cuscini e li appoggiai alla parete e poi mi sedetti con la schiena contro.
Gio mi imitò -Questo è il mio rifugio da quando avevo otto anni. Mio papà e mio fratello me l'hanno costruita per il mio compleanno. Quando ero piccolo ci venivo a giocare, ora vengo qui quando voglio essere lasciato in pace.
-Mi piace, è accogliente.
-Se vuoi togli la giacca, io di solito uso le coperte per scaldarmi in inverno, sono più comode.
-D'accordo.
Mi tolsi la giacca e Gio me la prese, si sfilò anche la sua e le mise su un appendino che prima non avevo notato.
-Scegli la coperta che vuoi
Mi avvicinai al mucchio di coperte, ne presi una scozzese e tornai a sedermi- Forza, vieni qua.
Gio tornò a sedersi e io distesi la coperta in modo che coprisse entrambi.
-Sei comoda?
-Certo- Mi piaceva che si preoccupasse per me.
Iniziammo a chiacchierare e non ci rendemmo conto del tempo che passava, finché non iniziò a diventare buio. Gio si alzò in piedi e accese una torcia da campeggio appesa al soffitto.
-Non sarà un lussuoso lampadario ma almeno fa luce
-È carina invece, da un tocco di classe.
-Se lo dici tu.
Sentimmo bussare e prima ancora che potessimo rispondere la porta si spalancò e compare Ginny rossa in viso -Em, scusate l'interruzione
-Come hai fatto a salire? - chiese stupito.
-Mi sono arrampicata- disse come se fosse ovvio.
-Ciao ragazzi - Paolo si affacciò alla porta- Carino questo posto, non ci salgo da anni.
-Che ci fate qui? Sapete che non voglio che saliate. É l'unico posto in tutta la casa in cui posso stare da solo.
-Ari, tua mamma è venuta a prenderti, è in casa che ti aspetta. Abbiamo provato a chiamarvi al telefono, ma non ci stavate rispondendo. Così siam dovuti venire fin qua- spiegò Ginevra.
-Cavolo, non abbiamo sentito - dissi alzandomi di scatto.
Gio sganciò la torcia dal gancio sul soffitto -Non credo che tu riesca a scendere al buio.
Uscimmo sulla piattaforma e ci rimettemmo le scarpe in fretta.
Gio lanciò la scaletta giù dalla piattaforma-Chi scende per primo?
-Vado io- Ginny scese velocissima.
-No ti facevo così agile cuginetta -le gridò Paolo.
-Ari, vai tu ora- mi disse Gio.
-Em, non c'è l'ascensore? - chiesi.
Lui scoppiò a ridere- No, non c'è. Forza dammi le mani come prima, all'inizio ti aiuto io.
Gli strinsi le mani e misi un piede fuori dal bordo della piattaforma
-Aiuto, traballa.
-Ginny, tieni ferma la scala- gridò a sua cugina.
Quando finalmente riuscii a scendere era il turno di Paolo. Appena pure lui era a terra Gio spense la torcia e tirò su la scala. Sentimmo il rumore della serratura che si chiudeva e poi Gio iniziò a scendere. Rimasi col fiato sospeso finché non toccò terra-Andiamo
Iniziammo a correre verso la casa, ma io, tanto per cambiare, restai indietro, dato che ero lenta. Gio rallentò per aspettarmi- Forza lumaca.
-Spiritoso- dissi col fiatone.
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