Capitolo 22
"A-Anna" singhiozzai disperata. Le lacrime mi soffocavano ma non m'importava. Lara si aggregò a me e ci abbracciammo per darci sollievo. Poi diedi una occhiata alla cartella clinica per vedere cosa le era capitato.
Anna Stone, sala BFH, incidente d'auto.
La paziente è in stato di coma. Le lesioni provocate al cranio presentano danni gravi. La paziente ha il 94% di possibilità guarire entro otto mesi.
Il restante 6% di possibilità prevede che la paziente non si svegli dal coma.
Nella maggior parte dei casi la percentuale più alta sovrasta rispetto a quella minore.
Dr. Wilson
Ogni parole era un tormento. Un tuffo al cuore. Quanto avrei voluto essere io al suo posto. Lei per me era come una sorella. Vederla soffrire così tanto era devastante anche per me.
Non riuscivo a stare più di un minuto in quella stanza che emanava tristezza, così diedi un bacio sulla fronte di Anna e la salutai anche se probabilmente non mi poteva sentirmi. Varcai la soglia della stanza con Lara e solo dopo notammo che la madre di Anna era ancora dentro. Così consigliai a Lara di sederci in una delle sale d'attesa dove una donna minuta aveva preso una rivista dal mucchietto sopra il tavolo e faceva finta di leggere, ma si vedeva che era assolta nei pensieri come noi.
Quando una figura femminile entrò nella stanza ci alzammo per avviarci nel parcheggio e per ritornare a casa Stone.
Arrivate sulla porta la signora uscii il cellulare dalla borsa che si era portata in fretta e furia e decide di chiamare il padre di Anna per comunicargli l'accaduto. Fu strano vedere l'espressione della signora perché sembrava quasi felice e non c'era nulla di felice in questo.
Mentre continuava a parlare al telefono io mi affrettai a prendere il mio e a digitare il numero di Niall. Doveva sapere quanto dolore aveva provocato a me, a Lara, a sua madre... ad Anna.
Doveva soffrire quanto stava soffrendo lei, e in quel momento non mi interessava se era mio fratello, era la persona più odiosa che mi venisse in mente in quell'istante.
Chiamata
Niall: pronto.
Mary: stronzo sei solo un lurido figlio di..
Niall: ehi calma. Che ho fatto.
Mary: c-che hai f-fatto?!
Niall: Mary tutto bene? Perché piangi?
Mary: TE LO DICO IO IL PERCHÉ! PERCHÈ PER COLPA TUA ANNA È IN COMA ED È ALL'OSPEDALE CON IL 6% DI POSSIBILITÀ DI NON SVEGLIARSI PIÙ. Urlai con tutta la rabbia che potesse uscirmi
Niall: A...Anna.. è in..
Fine Chiamata
Niall POV's
Riattaccai il telefono con le lacrime che mi rigavano le guance e cercai le chiavi della macchina nel giubbotto.
Quando non le trovai ricordai che Zayn le aveva prese perché doveva andare al cinema ed era lontano dal nostro appartamento.
Così senza esitare uscii dalla porta e cominciai a correre. Sapevo dov'era l'ospedale ma non c'ero mai andato perché emanava alla mente troppi incubi.
Ma questo non era un incubo, era la realtà. Ed è meglio convivere con del dolore immaginario e soffrire, invece di farlo diventare reale.
Corsi più veloce possibile ma le mie gambe tremavano e faticavano a reggere il mio corpo. Continuai a correre comunque senza badare al peso che -in confronto a quello di Anna- non era nulla.
Una goccia d'acqua mi bagnò la guancia e pensai fosse una delle mie tante lacrime ma quando mi arrivarono pure sui capelli capii che era la pioggia, che capitava proprio nel momento meno opportuno. Ma si vede che il mondo ce l'ha con me.
Non potrebbe dimostrarmelo in modo più chiaro.
Ho sbagliato, e non me lo perdonerò mai. L'ultima cosa che avrà pensato Anna sarà stata: che stronzo... Lo odio non lo voglio più vedere.
Mi sento uno schifo. Come se tutte le cose brutte del mondo si fossero accasciate su di me.
Continuavo a correre sotto la pioggia salata che si mischiava con le mie lacrime.
Il volto impallidì. Dopo attimi interminabili di dolore scorsi un edificio alto e a pianta larga. Ci misi un po' a capire che era l'ospedale dato che le lacrime mi avevano offuscato la vista per quando bruciavano.
Corsi più veloce fino a raggiungere l'entrata. Entrai senza dare importanza alle occhiate delle persone al mio abbigliamento fradicio che perdeva acqua.
Mi avvicinai al bancone e tutto agitato chiesi alla signora dall'altra parte "ANNA STONE!? LA PREGO MI DICA DOVE..."
"Sala BFH secondo piano."
"La ringrazio." Dissi sospirando
Mi precipitai alle scale e cominciai a salire fino al numero 2.
Camminai lungo il corridoio in cerca della sala BFH.
BFF...BFG...BFH!
Esitai ad entrare ma poi mi ci piombai vedendo solo un lettino vuoto. Il fuoco divampò nel mio cuore. Dovevo aver sbagliato, Anna forse era in un'altra stanza...
Passò un medico e con le lacrime chiesi "scusi. Anna Stone, mi sa dire dov'è? Mi hanno detto che era nella sala BFH ma qua non c'è..."
Il dottore uscì una cartella clinica da un borsone marrone e mise gli occhiali per leggere. "Oh certo. Ora si trova nella sala CFH , l'hanno trasferita al piano di sopra." Disse con gentilezza e pietà vedendo come ero conciato.
"Grazie mille." Ringraziai sogghignando. Mi lanciai a capofitto verso l'ascensore perché questa volta le gambe erano già cedute e a stento riuscivo a stare in piedi.
Salii al terzo piano e mi avviai verso la sala CFH.
Quando vidi le tre lettere su una porta entrai e la vidi.
Il suo corpo era coperto solo da una vestaglia medica, ma si scorgevano lividi nelle gambe e nelle braccia.
Il viso era bello come sempre ma pallido e bianco, simile al mio quando la vidi. Era immobile e se non sapessi che era in coma l'avrei scambiata per morta...
Gli occhi chiusi mantenevano le ciglia lunghe e folte. I capelli castano scuro erano rovinati e bruciati, e notai subito che erano di meno. Tanti tubicini erano collegati al suo corpo e facevano scorrere del liquido colorato.
Mi avvicinai a lei e le accarezzai una guancia delicatamente. Una lacrima -proveniente da me- le bagno il viso. Era così bella. Nonostante tutto era così bella.
Sono uno stupido. Come ho potuto. Ci dovrei essere io la, a soffrire. Soffrirei sempre meno di quanto sto soffrendo ora.
Mi avvicinai e le diedi un bacio lieve sulle labbra screpolate e poi sussurrai "scusami amore mio..."
Restai li a tenerle la mano e guardarla per circa un ora quando mi dissero che me ne dovevo andare perché l'orario delle visite era finito.
Tornai a casa. Non dissi niente a Zayn, forse perché non riuscivo a parlarne...
Non riuscivo a dormire. Riuscivo solo a piangere silenziosamente per non attirare attenzioni indesiderate.
L'unica ora che chiusi gli occhi sognai Anna, stava bene e i lividi erano scomparsi. Sorrideva, verso di me. Ma non sorrideva a me, sorrideva ad un ragazzo sconosciuto. Nemmeno mi vide. Io stavo da solo a piangere e poi... Mi svegliai.
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