WEDDING

*nda nel momento in cui Cal chiede a Reina di ballare, vi consiglio di ascoltare Like I'm Gonna Lose You  nella versione di Jasmine Thompson

It slips through, my fingers
I'm trying hard to let go
It comes and goes in waves
And carries us away

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|| REINA ||

Il mattino dopo la gara è caratterizzato da un evento di altrettanta portata: il matrimonio di Cal Crutchlow.

Dopo aver smosso tutte le chiese della contea per trovarne una libera il giorno dopo il GP d'Inghilterra, di lunedì, così da avere anche i suoi amici piloti in loco, Cal è riuscito a trovare il posto perfetto nel bel mezzo della campagna del Northamptonshire dove festeggiare la coronazione del suo amore con la povera Lucy che lo sopporta da ben otto anni.

Immagino che il suo essere... beh, il suo essere Cal possa avere i suoi pro e i suoi contro, se poi ci aggiungiamo il fatto che è un pilota e sappiamo tutti che i piloti sono soggetti sui generis, credo che Lucy si meriti proprio un applauso al coraggio.

Ed oltre che coraggiosa è bellissima oggi, mentre percorre la navata della piccola cappella privata della villa di campagna dove si svolge il ricevimento.

Il mio sguardo corre da lei, con un semplice vestito bianco di pizzo e i capelli biondi raccolti dietro la nuca che sorride teneramente aggrappata al braccio di suo padre, a Cal, che attende il suo arrivo all'altare con lo sguardo tra il sorpreso e il nervoso, senza riuscire a toglierle gli occhi di dosso.

La semplicità del tutto rende questo momento ancora più magico, due persone che si amano e decidono di voler stare insieme per sempre e nient'altro.

Nella piccola chiesa circolare, in mattoni e senza troppi sfarzi, la vera luce sono loro e tutti, tutti, non possono fare a meno di emozionarsi.

Lancio uno sguardo di traverso ad Andrea Iannone, al mio fianco, durante la pronuncia dei voti e sorrido alla vista dei suoi occhioni rossi.

Subito dopo mi arriva una sua spallata.

«Ho qualcosa nell'occhio che mi dà fastidio» si giustifica, stropicciandosi le palpebre.

«Si, certo» sussurro, ridacchiando.

E sono sicura che anche Valentino, poco più lontano da me, abbia solo qualcosa nell'occhio.

Torno ad osservare la coppia sull'altare mentre si scambiano gli anelli e mi costringo a non guardarmi attorno, a non cercare Marc.

Lui non c'era quando siamo arrivati, il che mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Ma non riesco a non pensare a lui in questo momento.

Sarà in ritardo? Arriverà?

Avrà dolore dopo la caduta?

Se ieri ero convinta che non mi importava di vedere come stesse, se nei giorni scorsi ho addirittura pensato che potessi completamente dimenticarlo, ora, in questo momento, davanti a questa scena, non posso fare a meno di pensare alla sua mancanza.

E il fatto che non sia qui pesa più della paura che avevo nel rivederlo.

«Sorridi» mormora Andrea, avvicinandosi al mio orecchio.

La sua voce mi scuote, tirandomi via dal ciclone dei miei pensieri. Tutti intorno a me sono in piedi e stanno applaudendo e neanche me ne ero accorta.

Cal e Lucy Crutchlow sono ufficialmente marito e moglie.

Imito il resto della sala come se niente fosse, ma sento il peso dello sguardo inquisitorio di Andrea.

«Dov'è Marc?» mi domanda, la voce semi coperta dagli applausi.

Non rispondo.

Pensavo che il solo fatto di avergli chiesto di venire qui al matrimonio insieme fosse indicativo della situazione tra me e Marc.
Evidentemente non lo credeva possibile.

Pensavo che tutti sapessero.

«Reina» mi richiama Andrea.

Approfitto del formarsi delle file nella navata per andare a congratularsi con gli sposi per scivolare via dal nostro banchetto, seguita però da lui e Valentino a ruota.

Per fortuna è Vale ad attirare l'attenzione di Andrea, chiedendogli qualcosa che non riesco a sentire. Ne approfitto per continuare a far finta di niente con lo sguardo rivolto verso Cal e Lucy che attendono tutti sotto l'altare.

Quando è il nostro turno vado prima da Lucy, il cui sorriso non può far altro che tirare il mio nonostante tutto.

Le dico che è bellissima, cosa che probabilmente non ho mai detto a nessuna donna, ma lei lo è davvero. E non solo per l'aspetto. Oggi è meravigliosa in tutto.

Lucy, che se possibile sorride ancora di più, mi accarezza leggermente la testa con le dita che ancora un po' le tremano.

Annuisco, come se mi stesse dicendo qualcosa con gli occhi. Qualcosa che non esiste, che non trova neanche senso nella mia testa, ma che mi fa sentire qualcosa.

Faccio un passo di lato non appena Andrea finisce di salutare Cal e mi allungo per dargli un bacio sulla guancia mentre mormoro un «congratulazioni» un po' emozionato. Poi però anziché limitarmi al bacio allungo un braccio attorno al suo collo e lo stringo.

Sento Cal ridacchiare.

«Quanto affetto» commenta.

Le sue braccia si stringono attorno al mio bacino e mi lascio cullare per un attimo dalla forza che mi trasmettono.

«Sono così contenta per voi» dico, mollando la presa.

Cal sorride mentre mi allontano, prima di essere preso d'assalto dal resto degli invitati.

Tenendo quel sorriso familiare per me, percorro la navata fino all'uscita, dove mi aspettano Andrea e Valentino.

Vicini fanno un po' ridere.

Andrea con le spalle possenti evidenziate dalla giacca a doppio petto blu che gli cade divinamente, Valentino più alto e più smilzo, con uno smoking nero nel quale sembra piuttosto a disagio.

Lascio che parlino loro anche per me, restando semplicemente al loro fianco mentre mi accendo una sigaretta e osservo il fumo grigio che ne fuoriesce confondersi con il cielo dello stesso colore.

E quando Valentino mi chiede un parere sull'argomento del quale stavano discutendo e del quale non avevo ovviamente seguito niente, rispondo semplicemente «sta per piovere».

In effetti, il tempo regge fino al buffet ti benvenuto. Dopo di che iniziano a cadere dal cielo delle sottili e fastidiose gocce di pioggia che ci costringono a spostare il ricevimento all'interno.

In realtà anche se la sala è coperta sembra di stare ancora in giardino. Una vetrata in lungo e in largo costeggia la stanza, aperta su di un portico collonnato in marmo di un'eleganza e una raffinatezza unica.

La pioggia che batte calma sui vetri, riempiendoli di goccioline, crea un sottofondo magico in sala, presto accompagnato da una musica leggera.

Non c'è troppa gente, giusto sei tavoli tondi occupano la sala.

«Trovato» grida Andrea, sbracciandosi davanti al tavolo più vicino al porticato. Il fatto che ci fossero Jack Miller e Scott Redding già seduti credo bastasse ad indicare quale dovesse essere il tavolo dei piloti.

I ragazzi si alzano e ci salutiamo. Non abbiamo mai avuto modo di conoscerci bene, tuttavia non risparmiano baci e abbracci a nessuno.

Scott è al settimo cielo, ieri ha chiuso la gara di casa quinto, dietro Lorenzo. Il suo miglior risultato di sempre.

Felice quanto lui, se non più di lui, è Valentino che con la vittoria di ieri è tornato in vetta alla classifica del mondiale. Certo, aiutato dal quarto posto di Lorenzo e dalla caduta di Marc, ormai quasi fuori dai giochi.

Giro attorno al tavolo, leggendo i nomi scritti con una complicata calligrafia sui segnaposto.

Più che il mio di nome, in realtà, sono alla ricerca di quello di qualcun altro.

Divertente come riesca a trovare entrambi in un colpo solo, uno accanto all'altro.

Fantastico.

Nel dubbio che Marc arrivi afferro il mio segnaposto e cerco di individuare il posto più lontano da lui. Peccato che in un tavolo circolare la sedia più lontana sia esattamente quella di fronte a lui. Averlo diventi tutto il tempo potrebbe risultare davvero sconveniente.

Opto per la via di mezzo.

C'è un posto non segnato al tavolo che sistemo accanto a Marc, vicino al posto vuoto sposto il cartellino di Iannone e, accanto a lui, io.

In quel momento accadono due cose, quasi contemporaneamente.

Qualcuno bussa sulla mia spalla.

«Che stai facendo?» mi domanda Cal mentre, colta sul fatto, lascio cadere il mio cartellino al nuovo posto.

Spalanco la bocca, cercando di costruire un discorso nella mia testa che abbia senso. È ovvio che lui e Lucy abbiano messo me e Marc vicini, ma come faccio a spiegargli che preferirei spararmi ora piuttosto che passare una giornata al suo fianco ?

«Cal ecco, io e Marc...» cerco di rispondere, ma i miei occhi passano quasi involontariamente dal volto corrucciato di Cal alla figura in abito scuro che sta varcando l'ingresso della sala.

Un ragazzo leggermente zoppicante su cui tutti puntano gli occhi.

Ovviamente, Marc.

E il fatto che io in questo momento sia accanto allo sposo significa che, volente o nolente, lui verrà qui.

Dò immediatamente le spalle a Cal, cercando Andrea e impostando il primo passo verso di lui. Cal però mi afferra il polso, trattenendomi.

Spero che Marc non stia guardando questa scena patetica.

«Tu e Marc cosa?» ripete Cal, studiandomi con lo sguardo.

Il mio, in risposta, chiede pietà.

Ma è troppo tardi, perché Marc è appena arrivato alle spalle di Cal ed ha poggiato una mano sulla sua spalla, cercando di attirare la sua attenzione.

«Congratulazioni amico» dice mentre abbraccia Cal, riempiendolo di pacche sulla schiena.

Il mio sguardo, che corre ovunque tranne che sul suo viso per fortuna ancora parzialmente nascosto dallo sposo, finisce col notare il tutore che fascia la gamba destra di Marc, da sopra i pantaloni eleganti.

Almeno riesce a camminare e stare in piedi senza stampelle.

«Non è niente» dice Marc, rispondendo alle mie domande implicite.

Mi rendo però conto che sta parlando con me solo dopo secondi abbondanti, restando imbambolata ad osservare la sua gamba.

E quando ci faccio caso quasi sobbalzo, costringendomi a ricambiare il suo sguardo per evitare almeno un'altra figura di merda.

È stupido pensare ogni volta che lo rivedo a quanto sia bello ?

«Ciao» lo saluto, frettolosa, tant'è che ho quasi paura di aver detto qualcos'altro o di essermi mangiata qualche lettera.

Marc fa una faccia strana, un sorriso imbarazzato, un sorriso che forse non voleva che fosse sul suo viso.

«Ciao» mi risponde «non ti avevo riconosciuto»

La sua voce era tanto che non la sentivo.

Le sue guance sono leggermente rosse, ma come posso giudicarlo quando il mio cuore sembra sul punto di uscire dal petto?

Penso a ciò che ha detto solo dopo e mi ricordo che, beh, non aveva ancora visto i miei nuovi capelli. Nella testa risuona la voce di Barbara che che dice "A Marc non piaceranno"

Distolgo lo sguardo, girandomi verso il tavolo. Fingo di lasciare la giacca sulla sedia, poi ci ripenso e la tengo tra le braccia, pensando che dovrei proprio uscire a fumare.

E Marc resta lì impalato, non so se a guardare me o a fare altro.

Fatto sta che quando mi decido a rialzare gli occhi su di lui, una mano dalla unghie curate agguanta la sua spalla.

«Avevi lasciato il telefono in macchina» asserisce la ragazza, poco prima che i suoi capelli rossi, raccolti in una treccia attorno alla testa, entrino nella mia visuale annunciando la sua presenza.
Camilla.

«Reina ciao» esclama poi, con fin troppo entusiasmo.

Rispondo con un sorriso tirato.

Da quando ai matrimoni ci si porta il manager ?

Allora, forse, non è più solo la sua manager.

Che mi importa del resto, a me di Marc non frega più niente.

Facessero ciò che vogliono.

Io nel frattempo giro sui tacchi e torno sulla mia traiettoria, andando ad agguantare il braccio di Iannone per trascinarlo fuori a fumare una sigaretta. Ma anche due. Ma anche per tutto il resto del ricevimento.

Il tutto sotto gli occhi attenti di Cal che, a questo punto, credo abbia capito senza che debba più spiegargli niente.

Quando io e Andrea torniamo dentro quasi tutta la sala è accomodata attorno al proprio tavolo, nostro compreso.

Andrea si trova Camilla accanto, alla quale a quanto pare apparteneva il posto senza cartellino, io ho lui ad un lato e Vale all'altro.

Camilla si sporge oltre Andrea per mandarmi un bacio al volo mentre mi aggiusto sulla sedia.
Il gesto mi fa rabbrividire.

Non devo saltare a conclusioni affrettate però, alla fine io e Camilla siamo "amiche". O almeno c'è stato un periodo in cui pensavo quasi che potessimo esserlo.

Non è detto che sia successo qualcosa, forse Marc non voleva venire da solo, così come io sono qui con Andrea. Forse voleva una mano visto che ha mezza gamba fuori uso.

«Il bacio è per me?» si intromette Andrea, allentando la tensione con il suo solito modo di mettersi in mezzo «Immagino che tu sappia come mi chiamo, tu chi sei?»

L'italiano, senza neanche sforzarsi di provare a parlare in spagnolo, esattamente come fa con noi, allunga una mano verso la rossa che però resta lì a mezz'aria.

«Faccio prima a dirti che non mi piacciono le persone arroganti» ribatte lei, leggermente stizzita dai modi di Andrea.

Una risatina mi esce spontanea e l'attimo dopo mi copro la bocca con la mano, sperando che nessuno mi abbia visto. Cosa che ovviamente è successa.

Marc è una delle persone più arroganti sulla terra, forse solo meno sfacciato di Iannone. E credo proprio che a Camilla piaccia stare in sua compagnia, altro che.

Dell'ennesima figura della giornata ridacchiano sia Vale che Andrea, purtroppo Jack e Scott non hanno capito una parola e comunque non avrebbero afferrato il motivo del disagio.

Ad un certo però ridono comunque.

Decisamente non ho intenzione di vedere la reazione di Camilla e Marc.

«English please» afferma Scott, con il suo accento perfetto.

Così diverso da quello di Jack, l'australiano che ancora divertito da non so cosa chiede "Volete sapere qual è la mia parola preferita in inglese?"

Lo guardo, abbastanza confusa. Un po' come tutti.

Lui sorride, alza un braccio e lo agita finché non cattura l'attenzione di un cameriere.

«WINE» grida poi.

Scoppio nuovamente a ridere, questa volta senza problemi. Anzi è una risata contagiosa, persino Cal dal suo tavolo urla qualcosa in inglese stretto e si lascia scappare una risata.

«Grazie, Jack» gli dico, annuendo con approvazione. Lui mi risponde con un occhiolino.

Meglio iniziare a bere o non sopravviverò a questa giornata.


Ecco, il problema di mettere a disposizione del vino a volontà a dei piloti è che bevendo non troppo spesso e sopratutto non tanto già dopo due bottiglie tutto il tavolo è abbastanza divertito.

Il che è un bene, perché preferisco guardare Vale che cerca di interagire con Scott anche se è completamente sbronzo in un inglese abbastanza penoso piuttosto che spostare l'attenzione dall'altra parte del tavolo dove anche Andrea e Marc se la ridono alla grande, ma appunto, c'è Marc.

E purtroppo, purtroppo, l'unico momento in cui mi concedo di lasciar perdere Vale e allungare un'orecchio verso ciò che accade alla mia sinistra, ovviamente me ne pento.

«Che hai combinato alle mani? È entrata la ghiaia mentre cadevi?» chiede Andrea a Marc.

Devo prendere un bel sorso di vino per mandare giù il groppone che mi si forma in gola quando Marc risponde «no macché, è colpa di Argo che sta mettendo i dentini»

Lasciando stare la tenerezza con la quale lo dice, sento un buco nero formarsi nello stomaco pensando a Marc e al mio cane, il mio regalo di compleanno, il motivo della nostra stupida lite, che neanche sapevo come si chiamasse.

«Ti piace?» sento Camilla domandare.

Capisco che si è rivolta a me solo quando Andrea mi dà una stampata col piede.

Oggi è lui la mia ancora sulla realtà.

«Cosa mi piace?» domando a mia volta, girandomi lentamente verso Camilla.

Non guardare Marc. Non guardare Marc. non guardare Marc.

E più mi ripeto di non farlo, più con forza propria lo sguardo cerca il suo viso.

È lui però che non sta guardando me, piuttosto osserva il cibo rimasto nel piatto e ci giocherella leggermente.

«Il nome, Argo. Non c'eri quando l'abbiamo scelto» risponde.

Quel tocco leggermente acidulo con il quale condisce la frase mi fa accapponare la pelle.

«Sapevo che i manager di oggi fossero polifunzionali, ma non pensavo che la loro competenza arrivasse addirittura alla scelta del nome del cane altrui. Il prossimo passo qual è? Andare a vivere insieme? Marc dovrebbe pagarti di più» dico col mio tono più sprezzante, ridacchiando subito dopo come se avessi detto la cosa più divertente del mondo.

In realtà avendo la testa leggermente annebbiata dal vino non mi rendo conto della portata della mia frase.

Solo quando vedo Andrea nascondersi il viso tra le mani e Camilla fare una faccia indignata capisco di aver leggermente esagerato.

«Toglietele il vino» commenta Andrea, la voce ovattata dalle mani ancora davanti alle labbra.

«No perché, così continua la mia telenovela preferita» si aggiunge Valentino, sporgendosi leggermente sul tavolo per avere tutti a portata d'occhio.

«Reina» mi richiama Marc, improvvisamente serioso. Zittisce persino Camilla, in procinto di controbattere.

Ora mi guarda con quegli occhioni marroni che conosco così bene, ma che non mi riservano più lo stesso sguardo di prima.
Questo è buio, ed è uno sguardo pesante da mantenere.

«Non riprendermi come se fossi il tuo cane» rispondo, senza pensarci due volte, forse marcando troppo su tuo.

Marc sembra dover prendere un respiro prima di controbattere, mentre io mi sento improvvisamente un fuoco, pronta a cimentarmi in qualsiasi discussione.

«Il cane è tuo Reina, sei tu che non l'hai voluto» mormora, glaciale.

Essere freddo non è mai stata una delle grandi abilità di Marc, ma in questo momento è decisamente convincente.

«Ragazzi, andiamo, è un cane mica un bambino» interviene Andrea, sempre pronto a dire la cosa giusta.

Marc si toglie velocemente il fazzoletto di tessuto dalle gambe e lo getta sul tavolo, vicino al suo piatto.

«Non ho più fame» annuncia, scostando la sedia all'indietro per poi alzarsi. Quando Camilla cerca di aiutarlo, lui si scosta «vado a sgranchirmi la gamba»

Mi alzo anche io, contemporaneamente.

Infilo la borsetta a tracolla e per la fretta dimentico anche la giacca, ma non importa, purché arrivi il prima possibile all'aria aperta e sopratutto lontana da Marc Marquez.

Mi accendo l'ennesima sigaretta di oggi restando sotto il porticato, poggiata ad una colonna, ad osservare il resto degli invitati che si trascinano a vicenda davanti alla piccola band per ballare.

La pioggia scende ancora, leggera, e nonostante sia coperta qualche goccia riesce comunque a bagnarmi. E' piacevole. Sicuramente è meno intensa della tempesta che ho dentro.

Trovo un po' di pace qui, in questo angolino solitario, sgomberando la testa mentre mi lascio trasportare dalla voce dolce della cantante, accompagnata ora da una chitarra e un violino.

Non è struggente, solo dolce.

Forse un po' triste.

È il festeggiato a venirmi a disturbare non so quanto tempo dopo. Gli sorrido anche, Cal mi fa sempre sorridere.

«Andiamo, balliamo» mi ordina, facendomi segno con le dita della mano che ha allungato verso di me.

Sto per dire di no quando poi penso che ballare con Cal potrebbe risultare la cosa più bella della giornata, così afferro la sua mano e mi lascio trascinare verso il centro del patio, in mezzo agli altri ospiti.

«Ti sei bagnata il vestito» mi fa notare Cal, e in effetti le gocce di pioggia hanno creato delle macchie più scure sulla lunga seta rosa del vestito, ma non mi importa.

Pensavo che Cal volesse parlare, invece restiamo ad ondeggiare in silenzio. Poggio la testa sulla sua spalla e mi lascio guidare, seguendo le note di una canzone che mi piace da matti.

Da dietro la spalla di Cal riesco a intravedere Marc che, sorridente, cerca di far ballare la sposa nonostante la gamba bloccata. È carino ed impacciato.

E mi viene improvvisamente da piangere guardandolo lì, così, solo guardandolo.

Guardando ciò che ho perso, ciò che siamo diventati.

«Non ti spaventa l'idea di stare con una persona per sempre?» domando, quasi in un sussurro.

Non pensavo che Cal riuscisse a sentirmi, e invece risponde.

«Non ti spaventa l'idea di passare la vita senza quella persona?»

E un pochino il cuore inizia a sobbalzare.

Cal mi costringe a lasciare la sua spalla per farmi fare una giravolta. Rido mentre torno tra le sue braccia, un po' per l'improbabilità del tutto, un po' perché Cal è una di quelle persone che ti fanno stare bene.

«Sei una stronzetta, Reina Del Gado. E un'egoista, egocentrica, sprezzante e arrogante" mi dice, sorridendo "ma sei una bella persona. E Marc è non è altro che la versione meno stronza di te, solo che lui è disposto a mettere i suoi difetti da parte per te»

«Non ne sono convinta. Ci siamo fatti troppo male»

«Ehi i masochisti esistono, potete anche frustarvi a letto per quanto mi riguarda»

Scoppio a ridere, leggermente imbarazzata. Poi Cal mi allontana di nuovo e con il braccio mi dà la spinta per girare su me stessa. Non fosse che il vestito lungo si incastra leggermente tra le mie gambe, dandomi la sensazione di essere in procinto di cadere.

E nel momento di maggiore instabilità, Cal lascia la mia mano.

Solo che anziché trovarmi senza appiglio, due braccia mi afferrano. E non sono quelle di Cal.

«Avrai anche cambiato colore di capelli, ma la tua incapacità di ballare ti rende così riconoscibile» sussurra Marc, nascondendo una certa sorpresa celata nelle rughette della sua fronte aggrottata.

Accanto a noi, Cal e Lucy volteggiano ridacchiando.

Dannato Cal.

Le mie mani, che nel frattempo hanno agguantano le spalle di Marc, mollano immediatamente la presa e cadono ai miei fianchi, molli.

Faccio anche per allontanarmi, imbarazzata dalla stupida mossa di Cal per cercare aggiustare l'inaggiutabile situazione tra me e Marc, ma lui non me lo permette.

«Aspetta, ti prego» mormora, facendosi più vicino. Siamo due puntini immobili nel mezzo di una stanza che balla.

Lo ascolto, senza farmelo ripetere nuovamente, e lui sorride davanti all'evidenza: non sto scappando.

«Litigare con te è così estenuante» continua, evitando però il mio sguardo. Piuttosto le sue mani si poggiano sulle mie braccia e scendono in una lenta carezza fino alle mie dita, per afferrarle e riportarle sulle sue spalle «e se tu vuoi dirmi davvero addio lo capisco, forse pensandoci lucidamente sarei anche d'accordo, però per favore concedimi questo momento. Non abbiamo mai avuto un attimo tra noi prima di chiudere davvero questa storia»

«Marc, non fare così» lo riprendo, nascondendo dietro la sua ingenua fragilità il mio disperato bisogno di stargli così vicino ora che vince sulla voce nella mia testa che grida di andar via.

Poi le sue braccia stringono il mio bacino un po' di più, un po' più forte, e la mia testa si scontra con il suo petto e come succede sempre la sensazione che tutto potrebbe aggiustarsi mi pervade. Ma è solo una fantasia ben lontana da quella che è la realtà.

«Secondo te è folle sperare di continuare a litigare con te pur di avere un qualcosa che ci leghi? Che sia pure l'odio» dice, nascondendo il viso tra i miei capelli, sulla mia spalla, e respirando forte.

Poi inizia a muoversi a ritmo della canzone in sottofondo e mi lascio guidare.

Si, è folle. Come è insana la mia voglia di voler restare tra le sue braccia per sempre quando fino a qualche ora fa ero pronta a giurare che di lui non me ne importasse più niente.

Ma ciò che c'è tra noi è sempre stato così. Sopra le righe.

Cosa c'era da aspettarsi da due pazzi come noi?

Attorciglio le braccia attorno al suo collo possente e sento le sue spalle rilassarsi.

«Io non voglio farti male, Marc» rispondo, le mie labbra che sfiorano il tessuto della sua giacca.

«Allora non lasciarmi» mormora.

Spezzandomi il cuore.

«E invece se stessimo insieme te ne farei tutti i giorni, e tu ne faresti a me, perché siamo fatti così. Non possiamo permettercelo. Non possiamo distruggerci a vicenda»

Neanche io sembro convinta delle mie stesse parole e Marc semplicemente non risponde, restando aggrappato a me tanto quanto lo sono io a lui, ballando sulle note di questa stupida canzone d'amore in sottofondo.

I'm gonna love you, like i'm gonna lose you,

I'm gonna hold you like i'm saying goodbye.

Non so precisamente quando inizio a piangere, ma lacrime calde bagnano la giacca di Marc contro la quale è poggiata la mia guancia.

Che male abbiamo fatto, per amarci così tanto ed essere così sbagliati insieme?

Non so se lui si accorge delle mie lacrime, continua a non dire niente ed io continuo a godermi il calore della sua stretta.

E quando la canzone finisce e il caposala ci richiama ai tavoli restiamo semplicemente lì abbracciati, senza neanche più ondeggiare, lasciando che il patio sfolli.

Per un attimo è tutto perfetto.

Due accordi di chitarra, la pioggia che cade oltre il patio, il profumo di Marc.

Ed è un attimo così perfetto che mi costringo a lasciarlo andare per non restarne incastrata.

Lascio andare Marc, liberandolo dalla mia stretta. Lui fa altrettanto.

Ho smesso di piangere ma per paura che quel poco trucco che indosso mi tradisca mi volto verso la sala e con la testa bassa vado alla ricerca del bagno.

«Reina» mi richiama Andrea, seduto al nostro tavolo. Lo guardo con la coda dell'occhio quando gli passo davanti, senza rispondere. La sedia accanto accanto a lui è vuota.

A qualcuno non deve essere piaciuto vederci ballare.

Camilla però è l'ultimo dei miei problemi in questo momento.

Finita di attraversare la sala svolto nel corridoio a sinistra, potendo finalmente passarmi una mano tremante sotto gli occhi sperando di debellare l'eventuale mascara sbavato.

C'è silenzio qui, una strana quiete che stride a contratto del battito frenetico del mio cuore.

Ed è anche per questo che mi spavento quando qualcuno alle mie spalle mi afferra il bacino e mi spinge nella rientranza sulla destra, l'ingresso del guardaroba.

Il suo profumo, la sua stretta, le sue mani, non può che essere Marc.

Ed il cuore mi salta in gola.

Nella stanza in penombra, tra gli stendini con le giacche, Marc mi spinge con irruenza fino a raggiungere il fondo, poi mi rigira tra le sue mani e mi blocca tra il suo corpo e la parete.

«Hai ragione» dice, portando la sua fronte contro la mia. Il suo respiro affannato riscalda le mie labbra e alla lotta tra il mio cuore e il mio cervello ora si aggiunge anche un desiderio più di pancia «Forse un giorno staremo insieme di nuovo e sarà per sempre»

Il suo tono di voce è leggermente alterato, ma cerca di dargli una parvenza di leggerezza, come se una parte di lui si fosse rassegnata davanti all'evidenza.

Le sue mani però dicono il contrario, correndo ad afferrarmi il viso e tenendolo ancora più saldo contro il suo.

Ed io lo guardo, i suoi occhi a pochi millimetri dai miei. Sento caldo. Sento il mio corpo fremere per qualcosa di più di questa vicinanza.

Sento tutto.

«E quello sarà il giorno più bello della mia vita» continua, improvvisando un mezzo sorriso amaro «ma ora siamo troppo stupidi e incoscienti, viviamo vite troppo al limite e ci sono successe cose troppo più grandi di noi che evidentemente ancora non riusciamo a superare»

La maturità che sta dimostrando in questo momento mi scuote, è riuscito a capire ciò che ho sempre sostenuto. E allora perché fa così male?

Con le dita afferro la sua giacca all'altezza del petto e la stringo, come per tenerlo stretto a me nonostante sappia quale sarà la conclusione del suo discorso. Anzi, forse proprio perché so a cosa vuole arrivare. A cosa anche io pensavo di voler arrivare.

Sposto leggermente il viso in po' più in su e le nostre labbra si sfiorano.

Lui stringe la presa sulle mie guance.

«Quindi Reina, va bene così. Finiamola qui» sussurra.

E mentre parla le sue belle labbra accarezzano le mie, sottolineando la contraddittorietà del tutto.

Per un attimo mi scosto, lasciando che la mia guancia accarezzi la sua.

«E' per il nostro bene» gli mormoro vicino all'orecchio, dove poi lascio un piccolo bacio.

Lo sento sospirare mentre inarca la schiena ancora di più verso di me.

Questa è l'ultima volta che potrò averlo così vicino, che potrò stringerlo, quindi lascio che le mie mani salgano lungo il suo collo e poi vadano ad intrecciarsi tra i suoi capelli.

Mi è sempre piaciuto farlo.

E quando torno a guardarlo trovo un leggero sorriso sulla sua bocca.

"Smetterò di cercarti, smetterò di combattere" dice, ed io annuisco.

"Riusciremo a lasciarci andare" rispondo, senza sapere se sia un'affermazione o una domanda.

Poi stranamente sorrido anche io.

Lo so che non ha senso, ma mi viene naturale.

Subito dopo che le nostre labbra si cercano nuovamente, questa volta per qualcosa di più di un leggero sfiorarsi.

Ed io lo spingo verso di me, tirandogli leggermente i capelli. Lui mi trattiene contro di lui, stringendomi il viso tra le mani quasi fino a farmi male.

La mia lingua trova la sua e, se dipendesse da lei, non la lascerebbe più andare.

Sono così tanto sopraffatta dalle emozioni che mi viene nuovamente da piangere, ma al tempo stesso vorrei ridere e vorrei continuare a baciare Marc e vorrei che questo nostro piccolo momento durasse per sempre. Che potessimo dirci addio all'infinito, senza mai dividerci davvero.

E invece succede, succede che le nostre labbra si allontanano e le mie mani lo lasciano andare e le sue dita scivolano dalla mia guancia in un'ultima carezza.

E' finito tutto per davvero.

«Sappi solo che ti amo, Reina» dice, i suoi occhi che brillano leggermente nella penombra «un giorno...» inizia, poi sembra ripensarci e lascia cadere la frase.

Quando si gira, le spalle leggermente incurvate, la camminata storta imposta dal tutore alla gamba, so che è definitivo.

E infondo è ciò che volevo? no?

Sono io ad averlo voluto. Sono sempre stata io.

Solo che prima sapevo che lui sarebbe sempre rimasto lì, a cercarmi anche solo con lo sguardo, a combattere per salvare quello sfacelo che era la nostra relazione. Ora che ha mollato anche lui sembra tutto così freddo, così vuoto.

Come questa stanza buia, dove mi nascondo ancora qualche minuto prima raggiungere gli altri.

E quando mi decido a tornare al tavolo Marc è già lì, che sorseggia in silenzio un calice di vino rosso.

Tutti hanno notato il cambio d'atmosfera, ma nessuno fa più commenti.

Vorrei solo tornare a casa, a Cervera, togliermi questo stupido vestito, entrare in una tuta e mettermi in moto. In realtà mi accontenterei anche semplicemente di andare via da qui, ma per rispetto di Cal rimango fino al taglio della torta. E per tutto il tempo Andrea continua a provarci spudoratamente con Camilla, Vale viene rapito a destra e sinistra per fare un po' di foto con qualche fan, poi torna e raccolta qualche aneddoto divertente, Jack e Scott ormai alle pezze ridono di cose che non provo e che non voglio capire.

Mentre io e Marc osserviamo il vuoto, in silenzio, che sarà sicuramente più pieno di ciò che c'è rimasto dentro.

||MARC||

«Marc, non hai detto una parola» commenta Camilla mentre passeggiamo verso i motorhome, dopo che la macchina affittata da Cal ci lascia all'ingresso del circuito di Silverstone. E' strano vedere il circuito così vuoto, con giusto quattro o cinque case sulle ruote.

E' sera e il sole non è tramontato da tanto, ma sono così distrutto che avrei bisogno di dormire per giorni.

Non rispondo e Camilla mi dà una spallata.

«Marc ti prego, così mi fai preoccupare» continua lei, senza comunque riuscire a suscitare una mia reazione.

In silenzio arriviamo davanti al mio motorhome dall'aria così vuota ora che Alex è tornato a casa. Infilo le chiavi e lascio entrare Camilla, chiudendo la porta alle nostre spalle.

Il silenzio ci avvolge e senza neanche accendere le luci inizio a sfilarmi la giacca, gettandola sul divano al mio fianco.

Camilla è ferma al cento della stanza e mi guarda.

Ricambio il suo sguardo con durezza.

«Cosa vuoi da me, Camilla?» le domando, senza aver bisogno in realtà di una risposta. Non sono stupido, l'ho capito.

L'ho sempre saputo.

«Marc, io...» risponde lei, vacillando. Non l'ho mai vista in difficoltà come in questo momento ma non ho altri sentimenti da esternare, sono svuotato, non riesco neanche a dispiacermi per lei.

Quasi mi dà fastidio persino sentire il mio nome pronunciato da una voce femminile.

«Spogliati» dico, facendo un passo verso di lei.

«Non così, Marc» mormora Camilla, scuotendo leggermente la testa.

I capelli rossi ondeggiano sulle spalle piccole e magre dove poggio la mia mano quando le sono abbastanza vicino. Con la punta delle dita le accarezzo leggermente il collo.

«Se mi vuoi, questo è l'unico modo»

Camilla tentenna, poi la sua mano abbassa la prima spallina del lungo vestito nero. Al suo segnale accompagno l'altra spallina giù, lungo il braccio, e lei spinge il resto del tessuto verso il basso, restando davanti a me con uno stupido completino intimo che mi suggerisce che aveva preventivato, o almeno sperato, che tutto ciò succedesse.

Bisogna stare attenti ad esprimere i propri desideri, non credo che ciò che sto facendo con lei potrebbe mai essere il desiderio di qualcuno.

Afferra la mia mano e inizia a tirarmi verso la mia stanza, ma davanti alle due porte devio e apro quella della camera di Alex, facendo cenno a Camilla di entrare lì.

Lei non discute.

Mi degno a baciarla solo quando siamo davanti al letto, lasciando che le sue mani mi spoglino a dovere mentre cerco di focalizzarmi più sulle sensazioni del mio corpo che sul casino che ho in testa, senza parlare del buco nero che sento all'altezza del petto.

Mi accendo quando le mani di Camilla abbassano la cerniera dei miei pantaloni, sfiorandomi le mutande.

Le mie labbra lasciano le sue e vanno a mordicchiare il suo collo, la sua spalla, prima di afferrarle    il bacino e girarla tra le mie mani, giocando un po' con il suo corpo  mentre la sua schiena si inarca contro il mio petto.

Poi la spingo leggermente verso il materasso, liberandomi definitivamente di ogni indumento, dedicandomi al sesso più triste della mia vita.

Il tutto nella speranza che quel maledetto buco nel petto si riempia almeno un po', almeno per qualche minuto. Che capisca che un giorno nel mio letto ci tornerà la persona giusta, ma che no, non è questo il giorno. E non lo sarà per tanto tempo.



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Alla fine di questo capitolo sono un po' distrutta psicologicamente ahahahah
Lo so che sono molto drammatica, e inizialmente le cose dovevano andare in un modo completamente diverso... ma ormai Reina e Marc faccio ciò che vogliono loro.
Fatemi sapere cosa ne pensate per favore, ci terrei davvero ad avere un parere su questo capitolo 🙏🏻

Grazie mille a tutti per star rendendo anche la scrittura di THRONE un'esperienza fantastica.

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