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I will never stop losing my breath
Every time I see you looking back at me
I will never get used to you
- 218 giorni
||REINA||
Barcellona è la città più bella del mondo.
Lo dico forse con un po' di orgoglio spagnolo, forse perché è dove io e Marc ci siamo finalmente resi conto di essere qualcosa, forse perché ogni giorno qui, tra queste strade, ha un sapore diverso.
Ciò di cui sono sicura però è che il panorama mozzafiato che si intravede dalla leggera tenda scostata davanti alla finestra della nostra camera non sarebbe così significativo se nel mio campo visivo non ci fosse anche il viso di Marc, sul cuscino accanto al mio, in preda alla più serena delle sue dormite.
Non si sveglia neanche quando, facendomi più vicina, poggio la mia fronte contro la sua e chiudo gli occhi. La sua pelle. Il suo profumo. I nostri respiri che si fondono alla luce tenue di questa mattina primaverile.
Tutto ciò di cui ho bisogno è qui, alla portata di un bacio.
L'orologio che ho al polso indica le nove e trenta, il che significa ovviamente che Marc non si sveglierà prima di un'ora.
Scostando piano le coperte lascio il calore di quel letto, così diverso dal freddo che i miei piedi percepiscono a contatto con il pavimento, per andare ad aprire le tende nella speranza che un po' più di luce possa aiutare Marc a tornare prima nel mondo dei vivi.
Afferro la vestaglia di seta dalla poltrona poco distante dal letto, infilo un paio di calze e lascio la camera, meno sveglia di quanto possa sembrare, per andare a preparare il caffè. Caffè che Marc berrà freddo.
Donna di casa si, ma fino ad un certo punto.
Io e Marc non stiamo esattamente convivendo, piuttosto con il prosperare della sua fama è sempre più richiesto dagli sponsor per qualsiasi tipo di attività ed è più comodo trovarsi già sul posto piuttosto che prendere ogni volta un treno da Cervera, dove comunque passiamo la maggior parte del tempo. Comprare una casa una settimana fa con i propri soldi a Barcellona, o meglio, sulla Barceloneta, è stato il suo primo vero atto da superstar.
Io semplicemente gli faccio compagnia in una casa vuota e colmo il mio continuo bisogno di averlo accanto.
È vero, continuiamo a litigare. Spesso. A volte sono stupidi battibecchi, altre volte finiamo col darci addosso, per poi tenere segnati i punti della resa. Chi pianta per primo la bandiera bianca scende in classifica. Però ci amiamo. Anche se non ce lo siamo detto, anche se nessuno ha trovato il coraggio per farsi avanti, lo vedo nelle piccole cose che faccio, e che fa anche lui.
In quello sguardo che riserva per me, solo per me.
Il modo in cui le mie mani tremano mentre lo accarezzo.
Tutto ciò è pericoloso. Questa tenerezza, questo amore, questo legame, è ciò che di più folle io abbia mai fatto nella mia vita. È come camminare su un filo sottile, consapevole di poter finire nel baratro alla prima mossa sbagliata. Del resto però, a chi più di me piacciono le sfide estreme?
Una volta in salone spalanco le vetrate che si affacciano sulla spiaggia, sull'oceano, dove i più temerari già si azzardano a fare il bagno in aprile. Dall'alto sembrano tanti scollegati puntini colorati.
Il profumo del mare però arriva persino qui, l'odore dell'infinito, inebriante e salato, accompagnato da una leggera brezza che mi scompone i capelli e lascia gonfiare la vestaglia.
Almeno finchè qualcosa le impedisce di volare all'indietro.
Il petto di Marc, contro la mia schiena.
Le sue braccia che mi si avvinghiano attorno alle spalle, il suo naso a strofinarmi il collo.
Con uno stupido sorriso porto una mano all'indietro ad intrecciarsi tra i suoi capelli mentre lo sguardo resta fermo ad osservare il movimento placido delle onde.
«Mi fai i pancake?» mormora con la voce rauca quel bambinone di ventidue anni che si suppone essere il mio fidanzato e che il mondo conosce come il temibile, disumanamente bravo, campione del mondo Marc Marquez.
Una risata sfugge dalle mie labbra mentre mi rigiro tra le sue labbra per lasciargli un bacio sulla guancia.
«Solo perché li voglio anche io» rispondo, piuttosto sorpresa anche dal vederlo sveglio prima delle dieci in una domenica senza gare.
Con lui che mi fa il verso in sottofondo, attraverso il salone ora immerso nella luce per raggiungere la dispensa della cucina open space alla ricerca del necessario. Marc, con il petto scoperto e dei pantaloni della tuta che scendono morbidi sui suoi fianchi, mi segue fino a sedersi su uno sgabello davanti all'isola e con la testa sostenuta dalle mani inizia a guardarmi.
Il modo in cui ancora mi fa sentire avere il suo sguardo su di me ha dell'incredibile.
Cercando di non farci caso, metto la caffettiera sul fuoco e inizio a sbattere gli ingredienti per i pancake.
«Sei inquietante» gli dico, conscia del suo sguardo nonostante gli dia le spalle. Marc ridacchia.
«Lo sai che mi piace guardarti mentre fai cose» è la sua intelligente risposta, con ancora la voce del sonno.
Scuoto la testa a ritmo con la mia mano che sbatte il frustino nell'impasto.
Siamo qui da una sola settimana, da quando siamo tornati dal Qatar, eppure non mi riesce difficile immaginare un'intera vita così. Amerei viverla così.
Marc incredibilmente si alza dallo sgabello per togliere il caffè dal fuoco, lo versa in due tazzine e lo beviamo mentre inizio a cuocere i pancake. In evidente bisogno di attenzioni, però, Marc non torna al suo posto. Piuttosto il suo busto si scontra di nuovo con la mia schiena, il suo mento si abbassa per poggiarsi sulla mia spalla. Le sue mani che, lente, vagano sul mio ventre coperto da una sottilissima camicia da notte rosa diventano improvvisamente molto più importanti del pancake nella padella.
Marc, con le dita leggere, scosta la vestaglia dalla mia spalla e ricopre di baci umidi il lembo di pelle che ha scoperto per poi risalire sul collo, dietro l'orecchio e ritorno, rendendomi preda di brividi incontenibili.
Con la mano che trema leggermente tolgo la padella dal fuoco per far scivolare il pancake pronto su un piatto, ma prima che possa mettere sulla fiamma dell'altra pastella Marc mi afferra con forza il mento e lo gira verso il suo viso, obbligandomi in un bacio irruento per niente sgradito.
«Non volevi i pancake?» mormoro, sorridendo contro le sue labbra morbide. I miei occhi si perdono nei suoi, accesi da una scintilla che ho imparato a riconoscere come voglia, passione, e forse un po' d'amore per me.
«Ora voglio qualcos'altro» risponde deciso, mentre il suo fiato mi solletica le labbra.
Qualcosa si muove nel mio stomaco.
Marc, pronto, allunga una mano per spegnere il fuoco mentre fa girare l'altro braccio attorno ai miei fianchi e mi solleva da terra, lasciandomi andare solo quando sono seduta sull'isola della cucina.
Un ghigno soddisfatto si disegna sul suo viso quando si accorge del modo in cui anche io lo sto guardando, totalmente presa, con le gambe attorcigliate intorno al suo bacino e le mie mani poggiate sui suoi pettorali tonici e scolpiti. Marc non può girare per casa mezzo nudo, non è giusto.
Soprattutto, è illegale essere bellissimo e dannatamente sexy anche con il viso assonnato e ancora gonfio del cuscino, i capelli scompigliati e le labbra sporche di caffè.
Quelle ci penso io a ripulirle, passando la lingua sull'angolo della sua bocca e godendomi poi l'espressione di totale devozione che lo possiede.
Marc fa partire il mio cuore, sfilandomi definitivamente la vestaglia e spingendo poi il mio ventre ancora più vicino al suo bacino.
Le nostre lingue si cercano, con le mani ci sfioriamo come se non conoscessimo già a memoria ogni singola parte del nostro corpo. Ci stringiamo. Ci tiriamo l'uno contro l'altro.
Finché non lascio cadere casualmente i pantaloni di Marc per terra e lui, dopo essersene liberato, spinge la mia schiena giù fino a farmi sdraiare sul bancone, per poi salirci a sua volta. Su di me, dentro di me.
L'impaccio delle prime volte è sparito, ma le sensazioni restano le stesse. Non potrei che sentirmi completa, sentendo me e Marc come una cosa sola.
Sicuramente, è un ottimo modo di fare colazione.
Con le dita artigliate nella schiena di Marc e le gambe attorcigliate al suo bacino, i miei occhi fissi nei suoi, sul suo viso, ora accaldato e con le labbra schiuse, mi godo il momento finchè un ronzio in sottofondo attira la mia attenzione.
Troppo presa dalla situazione per farci più di tanto caso, lascio che le mie mani scorrano sulla sua nuca fino a premere con forza per far avvicinare il suo volto al mio, rubandogli un bacio tra i gemiti.
Quando il ronzio si ripresenta, però, se ne accorge anche Marc.
Si guarda intorno, ci guardiamo intorno, per capire solo dopo qualche attimo la provenienza del rumore.
Il citofono accanto alla porta è illuminato.
E so anche benissimo chi, alle dieci di domenica mattina, possa venire a disturbare l'idillico momento a casa Marquez.
Per presa di posizione e intenzionata a non mettere fine a ciò che stiamo facendo, riporto l'attenzione del mio ragazzo su di me passandogli la lingua sul collo e invitandolo a continuare con un movimento di bacino.
«Così non vale» mormora lui, sorridendo leggermente.
«Andiamo campione, fammi vedere di cosa sei capace»
Marc sembra prendere la sfida con molto entusiasmo e mentre i suoi capelli mi solleticano la fronte e le nostre labbra si fanno la guerra a vicenda, il mio corpo asseconda i suoi movimenti veloci fino ad arrivare ad un punto di non ritorno.
Se non fosse che la porta d'ingresso, d'improvviso, si spalanca. Ed io inizio a pianificare un omicidio.
Marc si ferma all'istante con una smorfia quasi di dolore, ma resta su di me senza sapere come poter salvare la situazione.
Camilla entra trafelata nel salone di casa, portando una ventata di aria salmastra. Si guarda intorno come alla ricerca di segni di vita umana, si aggiusta i lunghi capelli rossi dietro le orecchie e poggia la cartella da lavoro su di una poltrona. Poi gira la testa e ci trova lì. Sull'isola della cucina, sdraiati, con Marc nudo sopra di me ed io con la sola camicia da notte sollevata abbastanza da renderla inutile.
Camilla sbianca.
«Come cazzo ti permetti ad entrare in casa senza permesso?» è la prima cosa che mi viene da sbraitarle contro, mentre Marc sembra ancora incapacitato a parlare.
In realtà la soglia decisamente bassa del mio pudore mi rende quasi contenta dell'accaduto, così che la bella e dolce Camilla tuttofare possa stamparsi in testa questo momento ed imparare a non intromettersi più costantemente nella nostra vita. Il fatto che si sia fatta dare persino le chiavi di casa da Marc è qualcosa di fuori dal mondo.
«Non guardo, non guardo» inizia a ripetere lei, dandoci le spalle.
Scocco un'occhiata omicida a Marc, il quale però è già preda dei suoi problemi e non può fare altro che tirare un grosso respiro e chiudere le palpebre per qualche attimo, scostandosi poi dal mio corpo e scendendo dal bancone.
Si infila frettolosamente i boxer, poi afferra la mia vestaglia e mentre lo raggiungo con i piedi per terra mi aiuta ad indossarla, sul suo viso è dipinta un'espressione che appare il perfetto mix tra frustrazione e disperazione.
«Vatti a mettere una maglietta» gli intimo sotto voce, spingendolo verso il corridoio della zona notte «A lei ci penso io»
Senza avere cura di sembrare delicata, muovo qualche passo verso la ragazza rossa che mi dà le spalle al centro del salone e che prima o poi si farà male per colpa mia.
«Ciao Camilla» dico con il tono più stizzito del mio repertorio, aspettando con le braccia incrociate di poter catturare il suo sguardo.
Quando lei si gira a guardarmi mostra un sorriso luminoso, con l'intera dentatura bianca in vista, e quel suo visino innocente si colora di allegria. Camilla è la figlia di Emilio, il manager di Marc. È da quanto l'anno scorso l'ho conosciuta al Sachsenring che sapevo non sarei più stata l'unica donna del Box e mi andava bene, Camilla doveva essere una semplice presenza. Da quando però Emilio ha deciso di volersi prendere una pausa dal lavoro per motivi di salute, Camilla è subentrata, prendendo il posto di manager di Marc Marquez.
Non ho niente contro di lei in realtà, talvolta è anche simpatica, il mio unico problema con lei è questa presunzione che ha di dover far parte della vita di Marc ventiquattro ore su ventiquattro, intromettendosi in cose che non la riguardano, controllandolo a vista.
«Buongiorno Reina» mi saluta, dandomi persino una pacca sulla spalla «Avete già preso il caffè?» come se non fosse successo niente, Camilla si avvicina alla cucina e controlla la caffettiera per poi arricciare il naso quando la scopre vuota.
Marc torna da noi, questa volta con una felpa del team Honda Repsol addosso e lo sguardo ancora leggermente disorientato.
«Sai Camilla, potresti avvisare prima di presentarti a casa mia» dice, passandosi una mano tra i capelli «non è per questo che ti ho dato una copia delle chiavi»
«Me l'hai data per le emergenze, è questa è un'emergenza. La Repsol vuole te e Dani come ospiti a sorpresa ad un pranzo. Oggi»
«E ce lo comunicano tre ore prima?»
«In realità me l'hanno detto ieri, ma mi ero dimenticata di dirtelo»
Uno sbuffo incontrollato fuoriesce dalle mie labbra, insieme agli occhi che si rivolgono al cielo. Marc semplicemente scuote la testa davanti al sempre sorridente faccino di Camilla, ormai mi sono rassegnata al suo essere fin troppo buono con le persone. Camilla, dal canto suo, credo non capisca mai quando sbaglia.
Non chiede scusa per essersi dimenticata del pranzo come non chiede scusa per essere balzata qui all'improvviso, ma è la manager di Marc. Non mi intrometterò nelle sue cose.
«Vieni con me?» mi domanda lui, consapevole però dell'occhiataccia che subito dopo gli rivolgerà Camilla. È una cosa per te e Dani sta per dire, ma la prendo in contropiede.
«Resto qui, ne approfitto per vedere un'altra volta il mio misero fallimento in Qatar» rispondo, scrollando le spalle.
Tra l'altro, trovo questi eventi di una noia mortale.
Sotto lo sguardo scrutatore di Marc torno dalla coppa con la pastella dei pancake, sicura questa volta di portare a termine l'opera.
«Uh, ho proprio voglia di pancake» esclama Camilla, guardando da sopra le mie spalle. Vorrei avere il suo stesso entusiasmo di mattina «Però su questo bancone io non ci mangio eh»
«Allora non dovresti mettere piede in questa casa» rispondo, tra lo stizzito e il malizioso.
Sento la risata di Marc alle mie spalle, accompagnata da quella di Camilla che, a questo punto, credo non abbia capito la battuta.
«Vado ad apparecchiare sul terrazzo» dice Marc, ancora divertito. Afferra i piatti dalla dispensa e prima di sparire si allunga verso di me per lasciarmi un bacio sulla guancia «Ti adoro quando marchi il territorio così» mi sussurra nell'orecchio, solleticandomi la pelle.
Questa volta sono io a sorridere.
«Siete proprio una bella coppia» cinguetta invece Camilla.
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BUONGIORNO BUONGIORNO BUONGIORNOOOO (#GuidoMedaMood)
Eccoci qui di nuovo, con i primi vero capitolo di My Immortal. (AGGIORNAMENTO: uhhh neanche ricordavo che si chiamasse My Immortal all'inizio)
Credo che gli aggiornamenti saranno di lunedì sera, ieri notte però ho finito Stranger Things dopo 48h e non mi sembrava il caso di aggiornare alle 4 ahahah
BY THE WAY, BENTORNATE A TUTTE!
E bentornate bei miei IPER MEGA LUNGHISSIMI SPAZI AUTORE. Non siete obbligati a leggere le mie arringhe, davvero.
In realtà ho una confessione da farvi, questa storia mi mette ansia, sto soffrendo di ansia da prestazione ahahhaha non so, ho paura di annoiarvi o cose così, e anche per pubblicare l'intro c'ho messo giorni quando in realtà era pronta già da quasi due settimane. Non voglio rovinare tutto e cercherò di non farlo.
Comunque, avete ragione, vi avevo lasciato con un "Young God è finita" e invece eccoci qui. Ecco "My Immortal" è quasi una forma di ribellione a Young God, vuole distruggere i personaggi idealizzati lì e, quasi come fosse un esperimento, metterli davanti a delle situazioni scomode per osservare il loro modo di reagire. Nasce da tre fattori:
-un documentario sui piloti più forti degli ultimi anni: Sic, Stoner, Pedrosa, Lorenzo, Rossi, Marquez. Hitting the Apex. Il documentario finisce con una dedica: ai gladiatori. Ve lo giuro, mi ha emozionato così tanto da voler tornare a parlare del mio gladiatore preferito, questa volta un po' più uomo.
- Due canzoni: 505 degli Arctic Monkeys e Robbers dei 1975. Per chi le conosce, quello sarà molto il mood della storia.
- Un'esperienza personale che mi ha ricordato come con due come Reina e Marc non si possa mai stare in pace.
L'unica cosa che voglio dirvi sulla trama, invece, è: godetevi questi momenti di tranquillità. Già dal quarto capitolo inizierà il caos ahahahha e davvero, aspettatevi di tutto, ci saranno diversi cambi di scenario, plurime decisioni stupide e Reina e Marc con problemi da affrontare più grandi di loro.
Vi lascio, dopo uno spazio autore forse più lungo del capitolo. Forse aggiornerò due volte a settimana per l'inizio, forse solo una e probabilmente di lunedì, sto ancora cercando di capire.
Ah e, vi lascerò alla fine di ogni capitolo la traduzione della canzone iniziale con il titolo 😚
ALLA PROSSIMA e grazie per essere sempre qui con me, Marc e Reina.
Non smetterò mai di perdere il respiro ogni volta che ti osservo mentre mi guardi.
Non mi abituerò mai a te.
Never stop - Safety Suit
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