¿DÓNDE ESTÁS?
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||MARC||, Aragon - Gara 14/18
GIOVEDI'
Il sole leggero di fine settembre riscalda l'aria sulla pista di Aragon, le uniche gocce che cadono sul tracciato sono quelle che scivolano via dalla mia fronte mentre percorro il circuito correndo, il cielo terso spazza via i miei timori su una potenziale pioggia durante il weekend.
Sarebbe la terza gara bagnata di fila e non credo che potrei sopportarlo. E anche se il Gran Premio di San Marino l'ho vinto la scorsa settimana non toglie che è stato un inferno restare in sella alla moto sotto la pioggia scrosciante, mentre tutti cercavano di accaparrarsi il posto migliore puntando su chi riusciva a chiudere la staccata più profonda - e ignorante - senza finire nel ghiaione.
E se l'ho scampata e mi sono preso la vittoria è solo perché ho fiutato prima degli altri la necessità di un cambio moto.
Comunque, anche questa prima posizione non cambia troppo le carte in tavola in ottica mondiale. Probabilmente per avere una minima chance di vittoria dovrei chiudere primo domenica e Rossi e Lorenzo dovrebbero entrare in zona zero punti. Dovrei poi vincere fino a Valencia.
Scenario improbabile.
Però tornare sul podio mi ha fatto bene, ne avevo disperatamente bisogno. Sto cercando di tornare ad incanalare tutte le energie su me stesso, sulla moto.Lavorare sodo non mi fa pensare a Reina e mi rende felice. Cosa c'è di meglio?
Ispiro. Espiro.
Continuo a correre seguendo il tracciato, percorrendo le stesse traiettorie che farei se avessi due ruote al posto delle gambe. I muscoli fremono per lo sforzo ma non mollo.
È sul traguardo del limite che ritrovo me stesso.
Ed è una versione di me sempre migliore.
«Marc» nel silenzio surreale di questo lato della pista, Alex grida il mio nome.
Non mi fermo, nè rallento, non riuscirei a riprendere il ritmo.
«Marc, perché devi essere così veloce anche nella corsa?» continua a gridare Alex, con un leggero fiatone. Mi concedo di sorridere alla sua frase anche se lui non può vedermi.
Seguo la curva dolce di una chicane che invece Alex taglia, finendo al mio fianco.
Mi giro a guardarlo, approfittandone per asciugarmi il sudore dalla fronte con l'estremità della t-shirt anche se bagnata.
Alex è altrettanto sudato, con i capelli chiari scompigliati e gli occhi leggermente preoccupati.
Brutte notizie nell'aria.
«Marc so che non ne vuoi parlare e che non vuoi neanche sentirla nominare, ma...» comincia Alex, bloccandosi quando lo fulmino con lo sguardo.
«Alex, ti sei risposto da solo. Non voglio parlarne» taglio corto, accelerando il passo.
Alex sembra fare lo stesso e in pochi attimi la sua spalla è nuovamente al fianco della mia.
«Marc non voglio parlare di voi, è che credo sia successo qualcosa a Reina. E non mi risponde al telefono»
Mi lascio scivolare le parole addosso come scivola il sudore sulla mia pelle. Forse sto esagerando con l'allenamento di oggi, forse dovrei rientrare, ma dopo aver sentito il suo nome sento il bisogno di fare altri giri del circuito prima di poter tornare in mezzo alla gente senza avere un esaurimento nervoso.
«Prova a richiamarla, sicuramente risponderà più facilmente a te che a me» commento semplicemente. Non mi giro a guardare Alex ma riesco perfettamente ad immaginare l'espressione scocciata che avrà sul viso.
Smette di correre ora che siamo ad un centinaio di metri dalla linea del traguardo e lo sento gridare un «quando sei diventato così menefreghista?»
Mi viene quasi da ridere. Perché a nessuno va mai bene come mi comporto?
Faccio un giro su me stesso, continuando a correre all'indietro il tempo di guardare Alex fermo al centro della pista mentre lentamente si allontana.
«Forse lo sono sempre stato, no?» gli rispondo, con un tono stizzito che forse sto usando troppo ultimamente e che non mi appartiene.
Poi torno a correre abbassando lo sguardo sul traguardo e proiettandomi già verso un nuovo giro.
«Va' al diavolo Marc» la voce di Alex è ormai lontana, le parole quasi indistinguibili.
«Cambia destinazione, perché lì c'è già Reina» è l'ultima cosa che grido prima di tornare a concentrarmi solo su quest'altro giro di pista.
✖️✖️
VENERDI'
La situazione dopo le prime prove è catastrofica. Non capisco la moto, non capisco le gomme, l'unica cosa che capisco è che siamo spacciati. L'umore propositivo che avevo lentamente e con tanto sforzo ricostruito si distrugge inesorabilmente dopo ogni giro sulla moto, facendomi rendere conto di come purtroppo la mia felicità dipende da troppe persone e da troppi fattori altamente variabili, donandomi un'instabilità costante.
Sento di essere sul punto di impazzire.
«Se devo continuare a spingere su questo catorcio lo faccio, ma finirò per farmi male» intimo al team, guardando Santi nello specifico mentre mi sfilo il casco.
Le FP1 sono finite e spero che per il prossimo turno di prove ne caveremo qualcosa di costruttivo.
Santi ricambia il mio sguardo decisamente spiazzato. Non ho mai detto una cosa del genere, non ho mai davvero paura di farmi male.
Ma con questa moto è diverso. Questa moto non è mia.
«Marc devi restare calmo» mormora lui, sedendosi su una sediolina di fronte a me.
«Io sono calmo, Santi» rispondo, cercando di trattenere nei polmoni tutte le cose che vorrei gridare «e vorrei pensare solo a cercare di rimediare a questo campionato disastroso, ma ho una moto che non risponde a ciò che voglio e il fare schifo senza che sia colpa mia mi fa incazzare ancora di più»
«Stai dicendo che è colpa del Team? Giochiamo a scarica barile ora?»
«Sto dicendo che la prossima volta che gli sponsor o chiunque altro mi riprenderà per dirmi che quest'anno ho fatto pena, gli risponderò che la colpa non è mia ma di questa merda di moto del 2015» sbotto.
Santi mi guarda, anzi mi studia. Lui ha questa capacita di capire prima di tutto me, poi la moto.
Questa volta però non aggiunge niente. Annuisce, abbassando leggermente il capo. A volte dimentico che la sconfitta non è solo la mia, è anche la loro.
«Reina avrebbe fatto meglio a restare qui come vice ingegnere piuttosto che andare a correre in Moto3, ci sarebbe servita la sua mano quest'anno» dice prima di alzarsi e tornare accanto alla moto.
Non so cosa pensare di questa frase e decisamente non ho parole per rispondere, così semplicemente mi abbasso parte della tuta ed esco dal box incamminandomi verso l'ospitality per andare a mettere qualcosa nello stomaco che non sia rabbia e parole non gridate.
Evito i giornalisti nel paddock, sperando che la mia espressione eloquente si esprima per me.
Una voce familiare però attira la mia attenzione, un pilota con la tuta rosso ducati si fa strada tra la folla finché con la mano non afferra la mia spalla.
«Giornata no oggi?» domanda Iannone non appena riusciamo a varcare la zona riservata ai piloti.
«Ce l'ho scritto in faccia o hai letto i tempi delle prove?» gli lascio una pacca sulla schiena e scrollo le spalle.
«Entrambe» risponde lui, ridacchiando «Sicuramente c'è chi è contento che tu non ti metta in mezzo alla lotta per il campionato»
«Per la guerra che ho in testa se avessi una moto decente dovrebbero cominciare a spaventarsi, ma tanto non è così»
Andrea se la ride, poi con il gomito mi spintona il fianco e mormora un «c'è chi sta peggio»
Spalla a spalla camminiamo nella zona riservata del paddock mentre Andrea mi parla dei suoi problemi con il team, ma c'è qualcosa nella sua espressione corrucciata e nel modo in cui mi guarda di sottecchi che non mi convince.
Così ad un certo punto mi fermo e lo guardo, ricevendo in cambio un'espressione leggermente stranita.
«Andrea» lo richiamo, incrociando le braccia sul petto «che sta succedendo?»
Andrea si accarezza la mascella possente ricoperta dalla barba incolta mentre sembra soppesare le parole. Apre la bocca una volta, poi la richiude.
Poi ci ripensa.
«Tu lo sai vero che Reina non è qui?» riesce a dire alla fine.
La sua frase non trova senso compiuto nella mia testa, così l'unica cosa a cui penso è che è l'ennesima persona che parla di lei ed io vorrei soltanto che tutti la smettessero.
«Devo andare girando con un cartello con su scritto non parlatemi di Reina?» rispondo male, abbastanza girato. Sembra quasi che più provo a non pensare a lei, più il mondo mi ricorda che esiste, che ha una vita al di fuori di me, e che a quanto pare si caccia in un guaio dopo l'altro.
«Reina non c'è, Marc» ci riprova comunque Andrea, facendosi un po' più vicino «Non si è ancora presentata al circuito. E i suoi meccanici parlano di infortunio fuori dalla pista»
Solo quando afferro ciò che Andrea mi sta dicendo riesco a guardare sopra tutto il risentimento, sopra la rabbia e la mancanza, e capire che qualcosa sta succedendo. Qualcosa di brutto.
Perché Reina non salterebbe mai una gara, non se potesse scegliere di correre.
E allora perché non può correre?
«Nessuno di noi riesce a contattarla» continua il ragazzo davanti a me, che ora può lasciar intravedere la palese preoccupazione nella sua espressione «Alex è andato da Barbara ma lei l'ha mandato via»
Quindi Barbara sa.
Quasi istintivamente mi tasto le cosce alla ricerca del telefono, che chiaramente non ho con me indossando ancora la tuta. E se anche ce l'avessi, cosa potrei fare? Ho fatto delle promesse a Reina. Promesse che ho intenzione di mantenere.
«Andre, ho giurato a Reina che non l'avrei più cercata» confesso, rendendomi conto di quanto sia surreale aprirmi per la prima volta su quanto è successo due settimane fa proprio con Andrea Iannone. «E se non risponde a voi, che siete suoi amici, non vedo perché dovrebbe rispondere a me»
Andrea non sembra giudicarmi, non subito almeno, né se ne esce con qualche commento improbabile a modo suo.
«Forse puoi provare a parlarci tu con Barbara» suggerisce.
Ci penso prima di annuire, è una questione delicata. Andare a parlare con la migliore amica della mia ex ragazza è un po' come andare a parlare direttamente con lei, ma confido sul fatto che Barbara è diversa dalle altre, diversa come lo è Reina.
In silenzio facciamo dietro front e torniamo nella zona paddock, dove i giornalisti sono leggermente defluiti per andare ad intervistare il leader delle FP1, un Jorge Lorenzo decisamente soddisfatto che li intrattiene poco lontano dall'ospitality.
Eppure qualche telecamera inquadra comunque me e Andrea mentre entriamo nel box Yamaha, comandata da qualche giornalista che ci monterà su qualche assurda storia.
Il manager del Team di Valentino Rossi ci blocca poco dopo l'entrata, domandandoci giustamente cosa diavolo vogliamo dal box del nostro rivale. Resto in silenzio mentre Iannone, leggermente surriscaldato dopo essere stato gentilmente cacciato, cerca di spiegare a Lin Jarvis che "non ce ne frega un cazzo di scoprire il set up della moto di Rossi" e che "vogliamo solo parlare con il vice-ingegnere di pista"
E mentre lo stallone italiano si fa prendere dal momento io divento sempre più glaciale. Probabilmente due settimane fa avrei messo a soqquadro tutto il paddock per avere risposte, ora invece mi sento come se delle catene mi trattenessero.
So cosa sono quelle catene. E' il mio corpo che cerca di difendersi da altro male.
Come se sapesse che un'altra goccia farebbe traboccare il vaso del mio già precoce equilibrio mentale.
«Lasciali entrare Jarvis» sento dire da Valentino all'interno del box, anche se non riesco a vederlo.
«Me ne occupo io» risponde invece Barbara, spuntando alle spalle del manager e intimandogli di farsi da parte.
Con la polo blu sporca di olio e i capelli ormai non più così corti tenuti legati in una coda, sorpassa Jarvis e afferra il mio polso e quello di Andrea per trascinarci fuori di lì.
«Ho già detto ad Alex di lasciarmi perdere, cosa volete voi?» ci attacca subito, aggrottando la fronte dopo aver mollato la presa su di noi.
Conoscendo Barbara e immaginando che Andrea la farà sicuramente incazzare poggio una mano sul petto del pilota mentre fa per parlare e lo spingo leggermente di lato, intimandogli di star zitto.
«Che sta succedendo?» chiedo semplicemente, in tono neutro. Non un'espressione, non un'inclinazione della voce.
Persino Barbara sembra sorpresa di vedermi così cauto, infatti alza un sopracciglio leggermente sorpresa.
«Non sono assolutamente fatti che ti riguardano» risponde lei.
«Barbara te lo sto chiedendo come amico, perché Reina non è qui?» continuo. Lei resta un muro, vestendo la solita faccia tosta che la caratterizza. E' così simile a Reina sotto questo punto di vista e sopratutto, per questo legame particolare che le lega, so che non la tradirebbe mai. Ma provare non costa niente.
Lancio uno sguardo di traverso ad Andrea, che osserva la scena in silenzio.
Mi avvicino a Barbara, poco più bassa di me, e la guardo dritta negli occhi abbassando la voce. «Le avevo promesso che non mi sarei fatto sentire, e non lo farò. Ti sto solo chiedendo se sta bene, se è successo qualcosa, perché io sto per impazzire e l'idea che lei si sia fatta troppo male per correre mi sta trapanando il cervello. Quindi cosa è successo? Quando? Come?»
Alla fine quasi digrigno i denti, cercando di mantenere la calma mentre tengo i pugni stretti come unica fonte di sfogo.
«Marc stai bene?» è la sua unica risposta.
«Ti sembro star bene?» mormoro, quasi in un sussurro.
Mi mette in imbarazzo fare questa scenata con Andrea accanto, quando poi noto Valentino affacciato dal box intendo ad osservare la scena vado in escandescenza.
Però è tutto un processo che succede all'interno.
Fuori, mantengo un'espressione cauta ad eccezione dei pugni stretti.
«Reina sta bene, non ti preoccupare» dice Barbara dopo eterni attimi di silenzio nei quali nessuno dei due ha abbassato lo sguardo. Qualcosa però nella sua espressione è cambiata.
Sembra spiazzata, quasi spaventata.
Allunga una mano diretta verso il mio braccio ma mi scosto quasi senza rendermene conto.
«Fantastico, ora che abbiamo appurato che Reina non è in punto di morte, vi prego di non venire a nominarmela più a meno che non abbiate notizie sul suo conto» dico, lanciando uno sguardo veloce a testa.
Mi giro e faccio dietro front, tornando al mio box senza neanche andare a prendere il pranzo.
Santi è rimasto lì a lavorare ed è da lui che vado, accovacciandomi al suo fianco accanto alla mia moto. Non ricambio il suo sguardo.
«Scusa per prima» gli dico, allungando una mano per sfiorare il codino arancione della Honda «ti prego, lavoriamo sulla moto»
✖️✖️
SABATO
La gamba destra fa su e giù in maniera incontrollabile mentre seduto sulla mia poltrona nel box aspetto che le Q1 finiscano.
Ho già i tappi nelle orecchie e guardo lo stesso punto dritto davanti a me da più di dieci minuti, più per una questione di estraniamento dal mondo che di concentrazione.
Voglio solo salire sulla moto. Solo questo.
Sta notte ho dormito poco e niente, e quando ho dormito non è stato decisamente un sonno tranquillo.
Ammetto di aver tenuto la chat di Reina aperta per gran parte della notte, chiedendomi se fosse il caso di scriverle. Non l'ho fatto, ma obbligarmi a non farlo mi ha distrutto.
Forse è stato il momento in cui ho realizzato davvero che fosse finita: non poterle neanche scrivere per sapere cosa le è successo.
Ma anche se la questione non finisce qui, non è questo il momento per pensarci.
"Q2 starting in 5 minutes" mormora una voce metallica dall'altoparlante.
Finalmente, penso, eppure persino questi cinque minuti sembrano eterni.
Infilo guanti e casco, lentamente, per impiegare il tempo. Poi raggiungo Santi accanto alla moto, aspettandomi parole che però non arrivano.
Questo silenzio in realtà, in questo preciso momento, significa tanto per me.
Sono agitato come lo sono stato davvero poche volte ma salire sulla moto mi fa stare un po' meglio e con il set up studiato ieri e provato nelle prove sta mattina sento un po' più di confidenza.
Con la moto accesa che trema sotto le mie gambe attendo la partenza con ansia, finché Santi con una pacca sulla spalla mi fa segno di uscire in pit lane.
E giuro che in questa qualifica ci metto tutto me stesso, affidando la mia vita alla manopola del gas.
La moto non ha grip, scodinzola da un lato all'altro del circuito e per non finire a terra devo frenare molto prima di quanto vorrei ad ogni staccata.
Però sembra accogliere il mio appello disperato e nell'ultimo flying lap conquisto la pole position, gridando dentro il casco con tutto il fiato che mi è rimasto nei polmoni non appena taglio per l'ultima volta il traguardo.
E' stupido, ma questa pole ha lo stesso peso di una vittoria per me, e non solo. Anche la luce negli occhi del team è diversa quando vado ad abbracciarli al parco chiuso.
Anche se è solo un palliativo mi godo il momento, conscio che quando finirà tornerà ad essere tutto una merda.
In effetti, quando mi ritrovo solo più tardi a spogliarmi nella camera dietro i box, la voglia di far festa viene schiacciata da un'ansia che mi opprime il petto e che non ho ancora capito come mandar via.
Nella stanza semi buia mi siedo sulla panca di fronte allo specchio e cerco il telefono nelle tasche dei jeans, scorrendo subito dopo tra tutte le notifiche sullo schermo alla ricerca di un messaggio che ovviamente non c'è.
Dove scriverle io? Certo che no. Non voglio farlo, vorrei solo sapere cosa è successo a Reina.
Perché neanche oggi è qui in pista.
Vado ad aprire la rubrica sul telefono e fisso i numeri recenti per qualche secondo prima di premere su Camilla.
Mentre inizia a squillare guardo il mio riflesso allo specchio, osservo la mia faccia contrariata, la gamba che continua a fare su e giù in preda all'ansia.
Sei una persona cattiva, mi dico. Non chiudo però la chiamata.
«Ehi campione, mi dispiace non essere lì. Ho il treno nel pomeriggio da Cervera per raggiungerti» risponde dopo poco Camilla, sempre così allegra che quasi credo di non meritare la sua dedizione. Mi dispiace che, tra otto miliardi di persone, lei voglia stare proprio con me.
«Cami» la richiamo, prendendo un bel respiro «Tu sei sempre prima di tutto la mia manager?»
«Si Marc, ne abbiamo già parlato» risponde lei dopo un attimo di silenzio «Sei stato piuttosto chiaro anzi sul fatto che sono solo la tua amica manager»
Riesco ad immaginare le piccole rughette che si increspano sulla sua fronte e il modo in cui si sarà portata i capelli dietro le orecchie come se fosse qui davanti a me.
«Cami non te lo chiederei se non fossi la mia manager» dico, giustificandomi prima ancora di parlare.
Sto per farle male.
«Parla Marc o riattacco, devo andare a fare la valigia»
«Cami, Reina non è qui ed io credo che non arriverò alla gara di domani se non saprò cosa le è successo» mormoro, sentendo quasi il rumore del grande cuore di Camilla che va in pezzi.
E' stata lei a cacciarsi in questa situazione, è stata lei a volerlo, sapeva meglio di tutti che non mi avrebbe mai avuto come voleva lei e le è andato bene, eppure sento di ferirla costantemente in modi che non potrò mai aggiustare.
«Mi stai chiedendo di andare a cercare Reina?» chiede lei, con un tono neutro che mi ricorda tanto il mio mentre ieri cercavo di far capire a Barbara quanto avessi bisogno di sapere dove fosse Reina.
Anche Cami è forte, più di quello che pensa.
«Si» le rispondo in un soffio, annuendo al mio riflesso nello specchio.
Dall'altra parte sento un sospiro.
«E il non avere notizie su di lei comprometterebbe il tuo rendimento sportivo?» continua con una nota ora quasi divertita nella voce.
«Decisamente» affermo, cercando di scherzare a mia volta.
«Vedrò cosa posso fare per assicurare dello show anche questa domenica»
Subito dopo chiude la chiamata, lasciandomi leggermente stupito.
A Camilla non importa fare troppe storie su cose futili, Camilla non combatte ogni battaglia pensando che potrebbe ledere il suo orgoglio o la sua reputazione da faccia tosta.
Camilla è diversa da Reina sotto tanti punti di vista, che poi è anche il motivo per il quale non potrà mai esserci altro tra noi se non un rapporto professionale, un'amicizia e del sesso scadente.
Lascio la stanza quando l'ansia allenta un po' le briglie, pronto ad affrontare conferenza e giornalisti aggrappandomi alla speranza di avere presto notizie sulla ragazza che non voglio neanche sentir nominare. Ed è tutto normale, noi saremmo noi se non ci contraddicessimo costantemente.
||REINA||
DOMENICA
Esci tu o entro io?
Il messaggio illumina lo schermo del mio telefono, poggiato sul comodino accanto al letto sul quale sono sdraiata.
Il mittente non mi sorprende, me l'aspettavo. Certo è che decisamente preferisco zoppicare fino a raggiungerlo piuttosto che farlo entrare in casa.
Mi rotolo sul materasso sino ad arrivare all'estremità del letto, poi trascino sul pavimento sia il piede sano che il piede ingessato. Le stampelle sono poco distanti e quando riesco ad afferrarle mi ci aggrappo per tirarmi su, cominciando a saltellare verso la porta della mia camera.
Maledetto gesso è tutto ciò che riesco a pensare mentre uno alla volta cerco di scendere gli scalini che mi separano dal piano terra. E maledetta me e le mie idee.
«Vuoi una mano?» grida Mati dal divano in salone, probabilmente dopo aver sentito i miei lamenti poco carini. Non gli rispondo, ma quando arrivo alle sue spalle gli passo una mano tra i capelli.
«Dovresti o ripristinare le mie ossa o portarmi in giro in braccio» gli rispondo, sorridendo.
«Posso portarti in braccio» afferma convinto. Di sicuro la convinzione di poter fare tutto l'ha presa da me. «Sta per iniziare la Motogp, la vedi con me?» aggiunge dubito dopo.
«Torno subito» gli dico.
Continuo a zoppicare aggrappata alle stampelle fino alla porta di casa, abbasso la maniglia con il gomito e solco il sentiero fino al cancello di ferro che separa il nostro giardino dalla strada.
Una macchina bianca è parcheggiata lì davanti, i finestrini oscurati sono leggermente abbassati e dallo spiraglio fuoriesce una leggera nuvoletta di fumo.
Apro la portiera decisamente con poca grazia, nello stesso modo in cui mi getto sul sedile del passeggero.
Eric, stravaccato sul sedile, mi guarda da dietro le lenti specchiate dei suoi Oackley con una sigaretta in bocca e una mano tra i capelli che cerca di portare all'indietro ma che dopo due secondi gli finiscono nuovamente sul suo viso.
«Che vuoi?» gli domando, infilando una mano nella tasca dei pantaloni della tuta - gli unici che riesco ad infilare sopra il gesso - alla ricerca del mio pacchetto di sigarette.
Eric però mi ferma, allungandomi il suo pacchetto di Marlboro fin sotto il mento. Accetto senza far storie per pura pigrizia.
«Non si respira qui dentro» attesto dopo qualche attimo, abbassando tutto il finestrino dal mio lato per far entrare l'aria fresca di questa domenica di settembre.
«Volevo solo sapere come stessi» mi dice Eric, imitando il mio gesto con il finestrino e mettendo il gomito fuori dalla macchina. Non vedendo arrivare una mia risposta si sfila gli occhiali dal viso e li lancia sul cruscotto per poi farsi più vicino a me. «C'è qualcosa che posso fare per te?»
Una risata sarcastica fuoriesce dalla mia bocca insieme ad una sbuffata di fumo.
«Vuoi solo sapere quando potrò tornare a correre» dico, fissando i miei occhi nei suoi. E' da quando la scorsa settimana sono finita in ospedale dopo una delle sue gare che non si domanda altro. Potrà ancora far soldi, scommettendo su di me? Chi se ne frega che l'ultima volta per interrompere la mia scia di vittorie hanno dovuto buttarmi giù dalla moto e passarmi sulla gamba con una ruota.
«Non è vero, a me importa prima di tutto di te» controbatte Eric, le dita che prima aveva tra i capelli ora si poggiano sulla mia gamba e ci lasciano una piccola carezza. Seguo i movimenti delle sue falangi con lo sguardo, probabilmente con un'espressione palesemente contrariata.
Non mi scanso però, anzi approfitto del suo voler fare il carino per far tornare la situazione a mio favore.
«Allora non ti dispiacerà se non correrò più con gli OutRiders» affermo, un leggero sorriso si fa strada sulle mie labbra «Troverò un altro modo per racimolare i soldi mancanti, ma almeno non rischierò di farmi ammazzare»
Eric, preso alla sprovvista, lascia scivolare via la mano dalla mia gamba e scoppia in una risata nervosa.
«Non puoi farmi questo» afferma scuotendo la testa.
E' una decisione ragionata invece, ho avuto modo di pensarci in questi giorni mentre sono rimasta bloccata a letto. Avevo bisogno di Eric, dei soldi che avrebbe potuto offrirmi, e quei soldi mi servono per correre. Come faccio però a correre se rimango ammazzata?
Me la sono vista brutta l'ultima vota. E non voglio mettere a repentaglio la mia vita, e conseguentemente la mia carriera, più di quanto già faccio correndo in Moto3.
«Lo sto facendo invece, trovati un altro campione. Io non sono carne da macello»
Ovviamente sapevo a cosa stavo andando in contro quando mi sono unita agli OutRiders, e anche giocando sporco resto la migliore tra loro. Non però se giocare sporco significa finire investita e con un'operazione tra qualche giorno per farmi mette un paio di bulloni nelle ossa.
Eric mi guarda in silenzio, tirando l'ultima boccata dalla sigaretta prima di gettarla fuori dal finestrino. La sua espressione cambia lentamente, attimo dopo attimo, fino a diventare seriosa e decisamente poco confortevole.
«Devi correre Reina, non appena ti danno il via libera in ospedale» dice, scrollando le spalle «Non solo, devi anche vincere»
Non aspetto neanche che concluda la frase per cominciare a scuotere insistentemente la testa.
«Finisce qui. Tutto. Io e te che ci parliamo, io e te che facciamo i soci in affari. Basta così» dico, restando ferma sul mio punto di vista.
«No» ripete lui.
«Scusa?»
«Ho detto no. Devi correre» dice, mentre con le dita mi afferra il mento «Non ti farebbe una bella pubblicità se dicessi ai giornalisti cosa fai, non credi?»
Mi verrebbe quasi da sputagli in faccia, ma al suo contrario le buone maniere me le hanno insegnate. Mi allontano semplicemente finché la sua mano lascia il mio viso.
«Non ti crederebbero»
«Ho le mie prove»
Stronzo.
Lo sapeva, sapeva che sarebbe arrivato il momento in cui mi sarei voluta tirare fuori.
E ovviamente avrei dovuto aspettarmi che non avrebbe voluto lasciarmi andare.
«Fa quello che ti pare Eric» gli dico gettando via la sigaretta e portando una mano sulla maniglia dello sportello, pronta ad andare via.
«Immagina le testate, la fidanzatina del Campèon nei giri illegali di Cervera. E ancor prima dei giornalisti, pensa a come la prenderebbe Marc. Pensa a come lo feriresti»
Per qualche motivo non specifico che Marc ed io non stiamo più insieme, anche perché il ricatto resta in piedi allo stesso modo. E non ho intenzione di far andare lui di mezzo per una cazzata nella quale ho voluto mettermi in mezzo io.
«Mi stai minacciando Eric?» domando, altrettanto intimidatoria.
Avrei dovuto prevedere tutto ciò, e invece ho pensato solo a me stessa. Al mio bisogno di vincere. Quando invece, come sempre, per ogni mia scelta ci andrà di mezzo Marc.
«Non è una minaccia, più un do ut des. Tu corri per me un'ultima volta non appena ti riprendi, io dimentico tutto e né Marc né i giornalisti non ne sapranno mai niente»
«Fottiti» rispondo, aprendo la portiera.
Impacciata cerco di scendere dal sedile il prima possibile, maledicendo il gesso che mi rende così lenta e poco agile.
«Pensaci» è l'ultima cosa che Eric dice, allungandosi fino alla tasca dei miei pantaloni prima che riesca ad uscire per infilarci un bigliettino bianco. So benissimo che lì sono scritti data e luogo della prossima gara senza neanche aver bisogno di vederlo.
Sbatto la portiera della macchina con tutta la forza che ho in corpo e faccio per rientrare in casa, anche se non senza aver prima lanciato uno sguardo omicida al pilota della BMW bianca mentre parte sgasando a pochi centimetri dai miei piedi.
Ho tante brutte parole per lui che cerco di trattenere tra le labbra mentre torno a zoppicare verso l'ingresso, e anzi cerco anche di darmi un tono per non far preoccupare Mati.
Poi però un rumore di passi vicini attira la mia attenzione. E ciò che mi fa insospettire davvero è che non sembra esserci nessuno per strada.
Almeno finché non vedo una treccia fatta di capelli rossi che ondeggia sulla schiena di una ragazza riconoscibilissima che cammina frettolosamente sul marciapiede di fronte al cancello di casa.
Sento per un attimo un vuoto nel petto, finché il cuore non ricomincia a battere come un treno.
«Camilla» grido, cercando anche di tornare sui miei passi ed uscire per strada. Prima però che possa solo arrivare al cancello la ragazza gira l'angolo e sparisce dalla mia visuale.
Non può essere penso mentre rientro in casa, Camilla sarà ad Aragon a tenere d'occhio Marc, come sempre.
Con la testa tra le nuvole e un brutto presentimento, il tutto condito con la rabbia dell'essere appena stata minacciata e costretta a correre per salvare l'integrità del campione di Cervera, mi getto sul divano al fianco di Mati.
Il mio fratellino, con il cappellino numero 93, fissa lo schermo come se fosse di vitale importanza non perdersi un attimo neanche delle interviste in griglia. Quando poi la gara comincia spalanca gli occhi e se potesse non li chiuderebbe mai.
Rido guardandolo, dandogli poi una spinta per distrarlo anch'essa inefficace.
Lui si lamenta e mi intima di lasciarlo stare, poi però smette di parlare e spalanca la bocca.
I commentatori gridano.
Mi giro verso il televisore e ciò che vedo è Marc Marquez a terra, dopo neanche il primo giro. Ancora una volta.
L'ennesimo zero nella stagione sfortunata dei quello che era e che non potrà sicuramente essere campione del mondo.
🙆🏼♀️🙆🏼♀️🙆🏼♀️🙆🏼♀️
CAMPIONIIIIII, CAMPIONIIIIIII
Ragazze non credo ancora a ciò che è successo oggi.
Anno dopo anno, è sempre più emozionante vedere il cabroncito vincere (anche se l'ho saputo purtroppo ancor prima di vedere la gara).
E niente, mi sembrava d'obbligo anticipare oggi il capitolo anziché aspettare domani, anche se il destino di Marc ad Aragon 2015 è stato ben diverso da ciò che è successo oggi ahahah (come tutto il 2015).
Che dire, il capitolo a. non mi fa impazzire b. anche questa volta è venuto troooooppo lungo
Ciò che mi piace però è questo pizzico di illegalità che sta prendendo la storia muahahaha
Una cosa che vorrei farvi presente è che SIAMO QUASI ALLA FINE DI THRONE.
Togliendo l'epilogo, sappiate che non mancheranno più di 5/6 capitoli. Ebbene si.
Dopo di che, come vi avevo annunciato su IG, credo che tapperò il vuoto creato dalla mancanza di Marc e Reina con una fanfictino su Verstappen che mi sta stuzzicando abbastanza 🤔
Maaaa non parliamo adesso di futuro, OGGI E' UN GIORNO MERAVIGLIOSO e basta. Mi dispiace solo che Dovi sia caduto, vederli lottare fino al traguardo sarebbe stato bellissimo.
Benissimo girls noi ci sentiamo nei commenti e su instagram (per chi ancora non mi segue potete trovarmi come donna_wattpad) e niente, spero che a voi il capitolo sia piaciuto e ci sentiamo alla prossima!
p.s. settimana prossima sarò in Inghilterra (casa dolce casa <3) e penso che aggiornare da lì sarà piuttosto difficile quindi il prossimo capitolo potrebbe slittare un po'.
Vvb, un bacioneeee
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