Suit and Tie


[colori, cravatta, fidanzamento]


Indaco, turchese, navy, ocra, magenta, ambra, cardo, vermiglio e tiffany.

Ce n'erano talmente tanti, al mondo, di colori e tra quelli scelti dalla signorina Potts, ce ne fosse stato uno con un nome riconoscibile! Peter sospirò, stringendo tra le mani la carta ruvida e artificialmente ingiallita di quell'invito di nozze. Se qualcuno gli avesse detto, qualche tempo prima, che Tony Stark si sarebbe spostato, non ci avrebbe mai creduto. O almeno lo avrebbe pensato come un matrimonio di facciata, eppure da quando aveva conosciuto la sua compagnia, non gli era parso poi così assurdo, che avesse preso infine quella decisione. Lo scapolo d'oro, l'uomo d'acciaio al di fuori e nel cuore e, non meno importante, il playboy. Rise, all'idea che quella parola, ormai, non gli si addiceva più, al signor Stark. Scosse la testa e, tornando a studiare quel foglietto pieno di indicazioni, consigli – che non erano consigli, ma imposizioni – sul vestiario e sugli accessori, ma a pensarci bene non gli era stato richiesto poi chissà che. Solo un gadget che fosse di uno di quei colori lì; se solo Peter avesse avuto un briciolo di conoscenza più approfondita, nel campo delle cromie, avrebbe di certo saputo a quale colore si avvicinava il cardo, o il vermiglio.

«Ed io che credevo esistessero solo il rosso, il blu e il giallo...», sospirò, mentre zia May, raggiante, si sorprendeva che quell'invito fosse stato esteso anche a lei e gli sorrideva, probabilmente con la mente già dentro un atelier, pronta a provare almeno una dozzina di vestiti, per poi non sceglierne nemmeno uno. Erano i suoi momenti preferiti, ed erano anni che non andavano ad un matrimonio; le avrebbe lasciato godere quel momento di spensieratezza, sperando che non reclamasse la sua presenza, ovviamente.

«Ti sorprenderesti di quante tonalità esistono al mondo! A te starebbe bene un tiffany. Magari qui, un bel fiorellino di carta.» Gli puntò un dito contro il petto, su un'immaginaria giacca elegante. Si posò poi una mano sul mento e inclinò la testa di lato, studiandolo. I lunghi capelli scuri le caddero su una spalla, e fu come vedere una bambina intenta a giocare con il vestiario delle proprie bambole. Fu tenera e imbarazzante allo stesso tempo.

«Devo proprio mettermi in mostra?», domandò lui, con un sopracciglio alzato e lei aprì la bocca in una "o" che precedette una risata ironica.

«Oh, no! Sarà solo un elemento decorativo! E poi, diciamocelo, non sei tu la star della giornata, ti noteranno a malapena.»

«Giusto, è il giorno della sposa!»

«È il giorno di Tony Stark, Peter. Davvero credi che non farà di tutto per spiccare tra tutti? Io non penso che metterà da parte la sua competività solo per lasciare che sua moglie si goda la sua giornata.» Zia May gli sistemò l'etichetta della maglietta all'interno, che sporgeva come al solito, visto che era un disastro pure a vestirsi. Gli lisciò i capelli e gli carezzò una guancia. Povero, ingenuo ragazzo, voleva dire quel gesto.

Peter sbuffò via una risata. «Sì, vero. Il signor Stark è un tantinello egocentrico!»

May rise, a quella risposta, e lui la seguì a ruota, finché il suo cellulare non squillò, con la suoneria della Marcia Imperiale di Star Wars. Sapeva già di chi si trattava. Aveva affibbiato quella musica a una sola persona e, difatti, quando tirò fuori il telefono dalla tasca, impresso sullo schermo, c'era il nome Godfather.

«Signor Stark, aspettavo questa telefonata minuti fa!», rispose.

L'uomo dall'altra parte si esibì in un sospiro fintamente stanco. «Non me ne parlare, Parker. Ho fatto un giro di telefonate infinito. Nessuno ha idea di quali colori debba scegliere. L'ignoranza artistica dilaga, tra i nostri. Mi auguro che tua zia ti abbia istruito a dovere.»

«Le donne hanno una marcia in più, anche in questo», sorrise e zia May gli riservò un'occhiata orgogliosa, poi si allontanò e, a quel punto, Peter abbassò la voce. «È un incubo. Da quando in qua esistono tutte queste sfumature di colore?»

«Non ne ho la più pallida idea, ma Pepper è un fascio di nervi, dunque devo assecondarla se voglio arrivare al mio matrimonio almeno con la parte inferiore del corpo perfettamente integra. E vuole sapere se ti serve una mano con il vestito.»

«Intende un consiglio?», chiese, e incrociò le braccia al petto, dopo aver posato il cellulare sulla spalla, tenendolo con la pressione dell'orecchio.

Il signor Stark rimase in silenzio per qualche secondo, poi sospirò di nuovo. «No, intende un aiuto economico. Sta organizzando persino i tour negli atelier, così che nessuno rischi di arrivare al matrimonio vestito uguale all'altro. Non che per gli uomini ci sia problema, ma le donne ci tengono a questa cosa. Ne va della loro dignità, e non voglio vederle tirarsi per i capelli mentre noi beviamo birra e... non so, facciamo una gara di rutti?»

«Stiamo sempre parlando del suo matrimonio o di una manifestazione folkloristica europea?», ridacchiò Peter, e seppe che anche l'altro si era concesso una mezza risata, che però aveva cercato di nascondere. «No, non si preoccupi. Ho un vestito praticamente nuovo, messo solo una volta...», continuò, e si rese conto del fatto che, in effetti, quell'unica volta non gli piaceva ricordarla neppure. Un vestito elegante per un evento solenne. Un funerale, a dirla tutta. Quello di zio Ben.

Gli si strinse il cuore, e Tony parve capirlo. Forse per quello non si esibì in alcuna battuta pungente, riguardo a quel fatto.

«Se vuoi comprarne un altro, per noi non c'è problema. Ti firmo un assegno non appena lo avrai scelto, Peter. Dopotutto non mi manderà di certo sul lastrico l'acquisto di un abito da cerimonia. A meno che tu non lo voglia tempestato di diamanti... ma no, nemmeno in quel caso mi rovineresti.» Il tono dell'uomo fu un misto di ironia e affetto; qualcosa che, in qualche modo, lo tirò su di morale. Non era mai bello ricordare zio Ben; non in quel frangente dove l'aveva seppellito. Riprese in mano il telefono e, quella libera, la spalancò sul petto, alla ricerca del proprio battito cardiaco, che riconobbe come troppo accelerato. Prese un lungo respiro e cercò di calmarsi. Si sforzò di sorridere; se lo impose, poi accennò un diniego della testa, che comunque Tony non avrebbe mai potuto vedere, dietro la cornetta.

«No, non si preoccupi. Magari è un modo per esorcizzare la cosa. Usare lo stesso vestito per un evento migliore. Mi farà bene dargli un altro ricordo, a quel pezzo di stoffa», rise, e sentì di averlo fatto davvero quando, i suoi sensi, percepirono un lieve sospiro di sollievo dall'altra parte.

«D'accordo, allora. Non insisterò. E fai parlare tua zia con Pepper; sarà felicissima di discutere su qualunque cosa, tipo tacchi a spillo o borsette minuscolo dove, non so come sia possibile, ci fanno entrare di tutto. Ci sarà un portale dimensionale, là dentro?»

«Ho sempre pensato una cosa del genere», rispose, poi si grattò la testa. «E... senta, signor Stark, volevo farle le mie congratulazioni per il fidanzamento e per il lieto evento. Dopotutto, da quanto ho capito, è stato anche grazie a me, se avete finalmente deciso», disse e Tony quasi lo interruppe con uno dei suoi lamentosi grugniti infantili.

«Grazie? Diciamo pure per colpa tua! Se non mi avessi piantato in asso, quel giorno, non saremmo qui a discutere di colori tiffany, vermigli o chissà che altre strane tonalità di cui nessuno sentiva la necessità! Avrei gestito meglio uno Spider-Man negli Avengers, piuttosto che una cosa ordinaria come questa. La pagherai cara, Parker», lo minacciò, e tutto ciò che Peter riuscì a fare, fu ridere. Ridere di gusto, esorcizzando un po' quella tristezza che gli si era annodata nel cuore, mischiata a troppi ricordi tristi e un futuro decisamente più stabile, con una figura paterna, forse nemmeno consapevole di esserlo, che si prendeva cura di lui. Qualcuno di cui aveva bisogno. Qualcuno che gli indicava la retta via, come aveva fatto zio Ben in passato.

«Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, dunque facce ammenda. Se le serve un passaporto falso per il Messico...»

«Mi serve che ti fai perdonare questo grave errore. Per il resto sono già sceso a patti con me stesso. Era ora che mi sistemassi; sono maggiorenne da un po', ormai.» Il tono ironico del signor Stark era una manna dal cielo, specie quando dietro quel velo pungente non c'era alcuna intenzione di ferire nessuno. Peter gli fu grato per l'aiuto emotivo indiretto che gli stava dando, in quel momento come in nessun altro. «Per qualsiasi cosa chiama, ma se non c'è bisogno evita. Abbiamo già abbastanza da fare per conto nostro, e non voglio sposare un'omicida», dichiarò, infine.

«No, non si preoccupi. Me la caverò. Grazie mille, signor Stark.»

«Dovere, Parker. Dovere.» E riagganciò, lasciando Peter in bilico tra l'entusiasmo e la paura. Zia May si era rintanata in cucina, a preparare – o a bruciare, per meglio dire, la cena della sera. Fischiettava felice, sicuramente di buon umore all'idea che finalmente, i loro monotoni weekend, stavano per subire una smossa alla solita routine. Fu felice di sapere che, almeno lei, non doveva fare i conti col passato, in quel frangente. Si allontanò dal salotto, e raggiunse la propria camera. Aprì l'armadio ad angolo e, ispezionando ogni singolo vestito appeso alle grucce, finalmente trovò l'abito che cercava. Era scuro, posata sulla spallina c'era una cravatta blu scura e, sotto la giacca, una camicia bianca un po' impolverata.

Lo tirò fuori e lo guardò, mentre tentava di non cadere in quello che era il pozzo più oscuro dei suoi ricordi. Quello che tendeva a chiudere, lasciando sempre quello spiraglio aperto, che dolorosamente gli lasciava intravedere, nell'anima, cose che non gli piaceva affrontare ma che non voleva dimenticare. Deglutì aria, e cercò di immaginare quel giorno che lo aspettava. L'odore dei fiori, le donne sorridenti e in attesa di complimenti per l'impegno speso a mostrarsi sempre bellissime, la musica dolce, le foto ricordo e poi la sposa, al centro di tutto.

No, Peter era convinto che, almeno quel giorno, il signor Stark avrebbe lasciato che tutti potessero ammirare la donna che aveva scelto accanto a lui. Era convinto che, per una sola volta in vita sua, si sarebbe messo da parte. Un pochino, giusto quel tanto che bastava a rendere la signorina Potts la vera protagonista dell'evento. E se lo immaginava un po' commosso, il signor Stark, che la guardava arrivare e ricacciava la commozione dentro la gabbia toracica, solo per non sfigurare davanti a nessuno. Solo perché Iron Man rimaneva tale anche quando non c'era niente da combattere, a meno del proprio orgoglio.

Sorrise a quel pensiero, che lo risollevò e, quando decide di sentire che odore avesse un vestito chiuso dentro un armadio da anni, si pentì di averlo fatto. Puzzava di naftalina e polvere, muffa, probabilmente anche di altri odori che non conosceva, così, con una smorfia, buttò tutto nella cesta dei panni e si sentì in dovere di affiancare zia May e regalarle un bacio sulla guancia, di cui aveva immensamente bisogno.

...

Si infilò la camicia, e la abbottonò con cura. Era quasi diventato bravo ad annodare la cravatta, anche se zia May, prima di uscire, gliela sistemò. Le scarpe nere erano nuovo e si augurò che, durante l'evento, non gli avrebbero fatto troppo male. Forse avrebbe dovuto portarsi un paio di scarpe da ginnastica, solo per precauzione, ma se ne dimenticò, non appena si vide riflesso nello specchio.

Non era pronto. No, non lo era. Forse non lo era mai stato, sin dal primo momento in cui lo aveva saputo, che avrebbe dovuto partecipare ad una cosa del genere. Si sistemò i capelli come meglio poteva, con una notte insonne alle spalle; gli occhi rossi di sonno e di inquietudine, che lo avevano un po' annichilito.

Poggiò le mani ai margini del lavandino e abbassò lo sguardo. Cercò di ricacciare indietro il magone che gli si aggrovigliò in gola, perché non voleva piangere. Non di nuovo. Non più. Non adesso.

Si sciacquò la faccia e, quando riemerse dall'asciugamano, tornò a confrontarsi col proprio riflesso, e non si riconobbe, al di là di quell'immagine. Non era lui; no, non lo era. Peter Parker era da un'altra parte, e quello che vedeva era solo un corpo vuoto, in attesa di esplodere di nuovo di quelle emozioni di cui si sentiva svuotato.

Si abbottonò la giacca, si asciugò gli occhi e, senza alcun coraggio, uscì dal bagno per raggiungere zia May, nel suo tubino nero che la rendeva più bella di quanto già non fosse. Gli occhiali da sole neri a coprirle i begli occhi, forse anche i suoi stufi di piangere.

Dunque, quel vestito, non avrebbe mai visto un evento felice. Non lo avrebbe mai visto sorridere, divertirsi, smettere di pensare alle proprie responsabilità e alla propria esistenza in bilico. Dunque, a quanto pareva, quel vestito era destinato solo ad accompagnarlo a salutare per sempre le persone che amava, per poi non vederle mai più.

Prima zio Ben, e ora, il destino, gli aveva portato via anche Tony.

Fine


Note autore:

chiedo scusa per l'angst a sorpresa non previsto, ma questa shot nasceva così... per dilaniarvi il cuore... e se vi chiedete come mi vengano certe idee tremende, chiedetelo a mia mamma che mi ha fatto emotiva ç_ç

Alla prossima, sperando di potervi donare un poco di gioia, stasera è andata così. Ne avevo bisogno nell'anima...

A presto,

Miry

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