School's Out
[giungla, trapezista, bandiera]
Gioia.
Quella stradina alberata sprizza gioia da tutti i pori e, per quanto non ve ne sia molta da incanalare dentro all'anima dopo una lunga giornata di lavoro, Tony quasi la sente brillare. Forse sono i festoni arcobaleno appesi da un palo all'altro, forse è il colore celeste pastello che risalta tra le villette bianche e anonime che costeggiano la strada. Forse è il chiacchiericcio spensierato e senza pensieri dei bambini che escono da quell'asilo. Non lo sa esattamente, ma un sorriso gli balena sul viso riportando alla mente memorie lontane e alcune più recenti; tipo la nascita di sua figlia. Sembra ieri che la teneva tra le braccia con quella piccola paura che potesse cadergli dalle mani, e ora ha sei anni, i capelli a caschetto scuri come i suoi e due grandi occhi marroni pronti ad affrontare il mondo. A volte pensa che gli somiglia terribilmente. Forse troppo, ed è un concetto quasi spaventoso.
Costeggia l'auto nel primo parcheggio che trova; spegne il motore e esce dall'abitacolo sistemandosi la giacca elegante e annodando meglio la cravatta. È sicuro che il peso di quella giornata gli si legga in faccia, ma non può che vibrare di aspettative al pensiero che Morgan non si aspetti di vederlo lì. Non ha mai tempo di andarla a prendere a scuola, ma quando capita lo fa sempre volentieri. Pepper gli ha detto che oggi non può proprio farcela e, visto che questo weekend tocca a lui tenerla come ha deciso l'avvocato divorzista, può unire l'utile al dilettevole. Non ama particolarmente mostrarsi distante e, se c'è una cosa che lui e la sua ex moglie hanno concordato, è che la bambina deve comunque crescere in un contesto sereno. Sono rimasti in buoni rapporti, dopotutto. Lei è come se fosse la sua migliore amica, si occupa ancora delle Industries e non c'è mai stato odio, in quella separazione. Solo hanno rimandato sempre per il bene della piccola; la cosa più triste, però, sarebbe stato crescerla in un contesto familiare dove i due genitori non potevano dare amore che a lei, e non a loro, reciprocamente.
Triste, visto che era iniziato tutto fin troppo bene. Ma la vita era fatta anche di separazione, e si riteneva fortunato all'idea che non fosse andata affatto male, che non c'erano stati tradimenti ma solo prese di coscienza fin troppo razionali. Una decisione comune è sempre meglio di una presa dal malessere di un singolo. E Morgan alla fine è sempre serena, sebbene Tony sia convinto che, pur vivendo quella faccenda il più serenamente possibile, forse ne sta risentendo dentro senza nemmeno accorgersene. Si sente in colpa, ed è una rarità. Per lei, dopotutto, morirebbe. Magari in un altro universo lo ha fatto davvero.
Si approccia alla villetta celeste, mentre molti genitori attendono i loro bambini all'uscita, accompagnati dagli insegnanti. Alcuni corrono incontro alle loro mamme e si fanno abbracciare, altri non riescono a staccarsi dai loro amichetti; sono i bambini più socievoli, che di solito fanno così. Una vera goia per gli occhi. Si lascia sfuggire un sorriso gigante, quando la vede uscire, la sua Maguna, mano nella mano con un insegnante. Fa qualche passo avanti e, quando lei lo vede, i suoi occhi si spalancano e gli corre incontro. Tony pensa che tra quello e un encomio come miglior imprenditore dell'anno, Morgan vince a mani basse. La prende in braccio e lei lo riempie di baci. Gli posa le mani sulle guance e lo guarda come se non esistesse niente di più bello che trovarsi in quell'abbraccio rassicurante. Gli si è avvinghiata addosso come un trapezista al suo strumento di lavoro: un appiglio sicuro. Tony è orgoglioso di esserlo.
«Lei... è il papà della bambina?», chiede ad un tratto l'insegnante. Tony abbandona gli occhi di Morgan e posa i suoi sulla figura che ha davanti. È un ragazzo sulla ventina, poco più basso di lui – il che è tutto dire, pensa divertito. Ha due occhi marroni che sprizzano argento vivo e purezza. Una folta corolla di ciglia a contornarli, e che li rendono ancora più grandi. Le labbra arricciate di chi si sta preoccupando troppo, ma Tony non sa esattamente di cosa.
«Sì. C'è qualche problema?»
«In verità aspettavo la signorina Potts, come al solito. Avete avvertito l'asilo che sarebbe venuto lei a prenderla? Ho bisogno di una certificazione, sa... è la prassi, o non posso consegnargliela.»
«Ragazzo, sono suo padre. Mi ha appena sbavato la faccia di baci. O è il mio cane o è mia figlia. Decidi tu.» Lo dice sbrigativo, poi torna a guardare il suo mondo sotto forma di bambina di sei anni, che gli sta facendo le treccine al ciuffo. Vorrebbe fermarla, se non fosse che quel sorriso ha il potere di annichilirlo e farlo sciogliere come un la cera di una candela destinata a consumarsi lentamente.
«Signor Stark, è palesemente sua figlia – e vi somigliate anche molto, complimenti! –, ma ho bisogno di una dichiarazione scritta. Una dichiarazione che avrebbe dovuto inviare per fax o per mail alla direttrice; non la sto accusando di non essere chi dice, ma è una regola e se succede qualcosa ci andrò di mezzo io e non ne ho voglia siccome è la mia prima settimana di lavoro.»
«Oh, ma sei un novellino! E allora perché non l'hai detto subito?», dice, e l'altro gli rivolge un sorriso quasi sollevato, che si spegne quando Tony prende dalla taschino della giacca la sua penna personale e la usa a mo' di microfono. «Sono Anthony Stark, ma la gente preferisce chiamarmi Tony. In verità lo preferisco anche io, fa meno nonnetto! Sono nato il 29 maggio che... accidenti, ma è oggi? Buon compleanno a me! Mi piacciono le belle auto, la fonduta, la punta del cornetto e le bambine che vanno a letto presto, perché denotano un gran senso di responsabilità», conclude e Morgan lo abbraccia e affonda la testa nella sua spalla.
«Il mio papà oggi diventa vecchio», dice, e Tony alza le sopracciglia, ignorando poi di proposito quell'accusa infondata. Torna a guardare il giovane di fronte a sé, che ha iniziato a tartassarsi le pellicine delle mani, a disagio.
«Senta, penso che lei dovrebbe semplice-»
«Come ti chiami?» Alza una mano e lo interrompe. Il giovane si punta un dito addosso e balbetta qualche frase sconnessa.
«Peter. Peter Parker. Sono... senta, sono stato assunto a tempo pieno la scorsa settimana e non voglio guai; sono felice che le vada di scherzare e non le voglio rovinare il compleanno – anzi, a proposito, tanti auguri –, però mi serve quella certificazione.» Peter Parker arriccia le labbra, e lo guarda speranzoso. Si dondola sui piedi come un bambino in attesa di aprire i regali di natale. Sembra Morgan quando ha fatto una marachella e non vuole alcuna ripercussione, e allora passa per la via delle suppliche. Una ruffiana di prim'ordine, il che è ancora una prova che sì, è decisamente sua figlia.
«Parker, sono felice per te, ma per quale assurdo motivo dovrei giustificare la mia presenza qui? Devo sentirmi un terrorista solo perché sono venuto a prendere mia figlia a scuola?»
«Signor Stark, il motivo è che lei non ha compilato una delega, dove dice espressamente di essere suo padre e io non posso identificarla come tale. Ogni genitore è registrato nel nostro database di quest'anno, e le assicuro che lei non c'è. Ora, se gli altri insegnanti le hanno lasciato fare quello che voleva ne hanno tutto il diritto, ma io devo tutelarmi. Questo lavoro mi serve e non posso perderlo. La prego...» La serietà che ha preso quel discorso è quasi spiazzante. Peter Parker ha l'aria di essere un giovane aitante con grosse aspettative appallottolate nelle tasche dei jeans un po' vissuti. Magari non se la passa bene; è giovane, ha bisogno di un lavoro e forse anche di non lasciarselo sfuggire. Lui ha una cena in programma con amici e figli di amici – sperando che nessuno di loro si invaghisca di Morgan e decida di farle la corte, o per cena mangeranno stufato di bambini –, dunque una serata piacevole prima che un altro anno passi e lo faccia sentire ancora più vecchio. Guarda Morgan, che ha appena alzato lo sguardo sul suo. Si sta arricciando una ciocca di capelli tra le dita.
«Tu che dici, Maguna? Glielo facciamo questo piacere al tuo maestro?»
«È il mio preferito.» Non è esattamente la risposta che Tony si aspettava, ma non può di certo trattare male il maestro preferito di sua figlia. Non sarebbe educativo e... e si sente in colpa. È vero che in questo anno scolastico la sua scheda non è stata compilata, perché è stato talmente sommerso di lavoro che non era mai capitato di dover essere lui a recuperare Morgan all'asilo. Ha fatto l'arrogante, con quel teatrino messo su poco fa; con quella presentazione di se stesso atta a prendere in giro qualcuno che, alla fine, sta solo facendo il proprio lavoro.
«E sia. Ti seguo, insegnante preferito di Morgan. E vedi di rimanere su questo piano affettivo, ragazzo», lo redarguisce e quello sorride. È il primo sorriso genuino che gli rivolge, e si vede lontano un miglio che quell'accondiscendenza lo ha tranquillizzato. E ha tranquillizzato anche Tony, che per un oscuro e arcano motivo risponde con lo stesso gesto, mentre Morgan si aggrappa a lui quando iniziano a muoversi dentro l'edificio.
Quando sono dentro li accoglie il silenzio, ma l'aria leggera di un posto che accoglie bambini ogni giorno rimane quasi nell'aria. Sul muro sono appesi disegni coloratissimi e foto di ragazzini che fanno giardinaggio o che giocano tra loro in giardino. Una spensieratezza lontana, ma che è ancora impressa nel cuore di un adulto che oggi compie un anno di più.
«Guarda, papà! Quello l'ho fatto io!» Morgan gli indica un disegno appeso sul muro. È una massa indefinibile di linee, che compongono quella che deve essere una figura umana. Sopra la testa del pupazzo c'è un sole giallo gigantesco. Tony pensa che, se fosse così grande, ora la terra sarebbe un deserto. O forse sarebbe già esplosa. Reprime una risata.
«Fammi indovinare, quello sono io!», sorride, e Peter ride e gli lancia un'occhiata frizzante.
«Mi dispiace deluderla, signor Stark, ma quello sono io!»
«Cosa? Come sarebbe a dire? Stai tradendo il tuo papà?», chiede Tony, con una finta stizza che però ha un fondo di verità. Un po' male, in fondo, c'è rimasto.
«C'è un cassetto pieno di disegni che la rappresentano. Questo è l'unico dove ci sono io. Mi sono abrogato il diritto di appenderlo come trofeo», sorride ancora Parker, e proseguono poi il loro cammino verso la segreteria studentesca.
«Una settimana che sei qui e mia figlia già ti disegna. Parker, vuoi rubarmi il primato?»
«Non mi permetterei mai di sostituirmi a lei. Dopotutto è Tony Stark. Pensi che anche altri bambini la disegnano. Per lo più quando indossa la sua armatura, sa?», lo informa, e Tony ci rimane un attimo. Poi si ricorda che lui è Iron Man e che i supereroi sono una costante nell'immaginario dei bambini. Ne va fiero, ma vorrebbe su Morgan l'esclusiva totale. Però non ci riesce proprio ad arrabbiarsi con quel giovane. Ha troppa energia da donare, per rubargliela. Quasi è contagiosa, quella frizzante allegria. Un po' capisce perché Morgan lo prediliga ad altri insegnanti. Forse si somigliano.
Arrivano davanti al bancone della segreteria. Una donna un po' in là con l'età, con una permanente quasi ridicola di capelli rossi, li squadra dietro ai suoi occhiali minuscoli appoggiati sulla punta del naso. Passa lo sguardo da Peter, poi a Tony e infine su Morgan e la sua bocca tirata si stende in un sorriso affettuoso.
«Oh, la piccola ingegnera. Me la volete lasciare qui per farmi compagnia? Finisco il turno alle sei», dice, e Morgan le fa "ciao" con la manina. Lei ricambia e sembra una nonnina.
«Noel, mi serve un foglio di registrazione per i genitori. Il signor Stark non è nel nostro database e... be', le regole dicono che se non c'è non posso lasciargli prelevare la bambina», dice Peter, e sembra a disagio nel proseguire su quel fatto. La donna lo squadra.
«Dio, Parker. Come sei perbene. Ma capisco il tuo bisogno di seguire le regole. Tieni.» Noel gli cede un foglio prendendolo da sotto la scrivania e Peter lo passa a sua volta a Tony. Fa scendere Morgan dalle sue braccia e sospira. «Mentre voi fate qui io vado a prendermi un caffé. Ne volete uno?»
«Macchiato con panna», risponde Tony, senza guardarla, mentre inizia a leggere il foglio.
«Signor Stark, non siamo al bar. C'è solo una lurida macchinetta che eroga bevande», risponde la donna, e lui alza gli occhi e un sopracciglio.
«Allora qualcosa che sia nero, forte e che mi provochi una tachicardia parossistica», dice e per quanto sia calato il silenzio, alla fine sia Noel che Peter si concedono una risata.
Tony reprime un sorrisetto. Sa che le sue battute hanno due effetti: l'odio totale verso di lui o l'amore incondizionato. A quanto pare li ha conquistati e, per questo, quando torna a confrontarsi col foglio, lancia un'occhiata a Parker; lo sorprende a fissarlo.
«Allora... una settimana di lavoro e tante responsabilità. Hai studiato per fare questo?»
«Si e no. Mi sono laureato al MIT, ma in parallelo ho fatto un corso da educatore socio-pedagogico. Questa carriera mi piace tanto quanto quella scientifica.»
«Oh, al MIT. Come me. E ti stai muovendo in quel campo?»
«Solo nei weekend. Faccio da assistente in uno studio farmaceutico. Aiuto gli studiosi a mandare avanti le loro ricerche. Mi piace parecchio, ma per ora è solo un ripiego. Mi... mi serve per vivere, ecco», ammette il giovane e i dubbi di Tony sono dissipati. Non se la passa bene, o almeno non benissimo. Si chiede se viva solo o con i suoi genitori; se ha una ragazza, se convive e deve lavorare per entrambi. Poi si chiede di nuovo se ha una ragazza, e si sente stupido perché non sono domande da porsi, ora come ora.
«Hai una ragazza da mantenere?», chiede, e ho fatto la domanda più idiota che potessi fare.
Peter ride. «Non ho una ragazza.»
«Bene. Cioè una bocca da sfamare in meno. Almeno basti per te stesso, no?»
«Siamo io e mia zia. Vivo con lei. Ci aiutiamo come possiamo, per questo non posso perdere il lavoro, signor Stark e anzi... la ringrazio per non avermi dato un pugno in faccia per la mia troppa insistenza. Questo posto è una giungla e se non fai un errore sei fuori e non è quello che voglio. Specie quando ti svegli la mattina e hai proprio voglia di venirci, qui dentro», sorride, e Tony vede una sorta di malinconia negli occhi che quasi gli fa venire voglia di invitarlo a cena a casa sua a festeggiare il suo compleanno. È certo che, entro la fine di quella conversazione, probabilmente avrà la faccia come il culo di proporglielo.
«Non è una cosa così scontata.»
«No, non lo è. E lei? Quando si sveglia al mattino le va di andare alle Industries?»
«Non sempre, dipende quanto mi hanno fatto arrabbiare i miei dipendenti il giorno prima», ironizza, ma la verità è che sono uguali. Sua figlia e il suo lavoro sono la sua medicina, il suo ossigeno, la sua vita. Per loro alzerebbe bandiera bianca davanti al nemico più spietato, pur di saperli salvi.
Il giovane insegnante si lascia sfuggire un'altra risata. Morgan nel frattempo gli si è aggrappata ai pantaloni. Tony vorrebbe esserne geloso ma la verità è che si sente felice all'idea che lì dentro lei si senta a suo agio. Così tanto da aver trovato un punto di riferimento. Sarebbe un bel dramma dividerla anche da un insegnante che le ha rubato il cuore. Fa male quella competizione, ma non così tanto come dovrebbe. Non si sente meno di Peter, si sente quasi... no, non può dirlo o si sentirebbe un idiota.
«Le serve una mano a compilare il modulo?», chiede Peter, forse perché ha notato che ci sta mettendo una vita. Lui glielo cede.
«In realtà ho finito da un pezzo. Stavamo facendo conversazione, mi sono distratto. Hai del potenziale, ragazzo. Non so in cosa, di preciso, ma ce l'hai», dice e l'altro si gratta la testa, quasi in imbarazzo.
«Qualunque cosa sia è un onore sentirsi fare un complimento da lei, sa?», ammette il giovane, e il silenzio che cala è fatto di troppi occhi che si incrociano. C'è un silenzio che non ha la benché minima traccia di imbarazzo e Tony è nei guai. Lo sa benissimo, che è nei guai.
Non guarda così qualcuno dai tempi in cui ha conosciuto la sua ex moglie. Sa di averla amata più di chiunque altro, sa di volerle ancora un bene che va oltre ogni immaginazione, sa che ha sempre provato cose forti, con lei, e non le rinnega. Solo non le sentiva più da tempo, quelle emozioni e forse Peter non sa nemmeno che dentro al suo stomaco sta succedendo qualcosa che lo fa sentire più simile ad un ragazzino, che a un uomo adulto padrone di un impero.
Noel torna con il caffé. Glielo porge con fare sbrigativo e, quando torna a sedersi stancamente sulla sedia girevole che fa una serie di rumori imbarazzanti, il loro contatto visivo si interrompe e tutto torna in quell'asilo, e non sono più nel suo cuore. O nel suo stomaco ingarbugliato.
Cede il foglio alla donna, la ringrazia del caffé e si congeda. Morgan torna tra le sue braccia e il calore di quel pasticcino ripieno di pistacchio gli riempie il cuore di gioia. È il suo compleanno, ha una principessa aggrappata alle spalle, una serata vecchio stile in programma e un ragazzo che gli sorride frizzante ad ogni sguardo che gli lancia. E le farfalle nello stomaco.
Vorrebbe stritolarle; una ad una. Vorrebbe vomitarle via e smettere di sentirsi così bene. Se non fosse che è una rarità, ultimamente, provare qualcosa di diverso che sia solo frustrazione adulta e carica di responsabilità.
Raggiungono l'uscita dell'asilo e Morgan sembra così combattuta, all'idea di dover salutare il suo insegnante preferito, che ha messo su un broncio adorabile, ma allo stesso tempo ha gli occhi che brillano come due fari nel buio. Non sa cosa vuole, ed è giusto che sia così. Deve volere entrambe le cose, almeno finché non crescerà e si renderà conto che a volte non può avere niente.
«Signor Stark, le chiedo ancora scusa per averle fatto perdere tempo», esordisce Peter, prima però ha tirato un grosso respiro, come se stesse trattenendo quelle parole da quando hanno lasciato la segreteria. Tony alza una mano, cercando di rassicurarlo che è tutto okay. Si sistema gli occhiali da vista contro la fronte in un gesto abituale.
«Non dirlo. E poi è stato un modo per conoscerti. Almeno so che gente frequenta mia figlia. Non sei male, Parker. Per ora non ti metto addosso la CIA, ma ti starò un po' col fiato sul collo. Mia figlia è pur sempre mia figlia, e sarei capace di uccidere per lei.»
Peter reclina la testa all'indietro. «Signor Stark, sembrerà una minaccia ma in realtà è una grossa rassicurazione. Sapere che ci tiene così tanto per noi insegnanti significa tantissimo. Non tutti i bambini hanno questi privilegi», dice.
«Lo so molto bene», si lascia sfuggire, con un sospiro amaro, mentre la mente viaggia troppo indietro. «E tu sei stato fortunato?»
«Sono orfano sin da quando ero in fasce, ma mia zia ha fatto il suo dovere. Non posso lamentarmi, mi creda.»
Quel fatto un po' lo spiazza e un po' lo colpisce. È orfano anche lui, ma da molto prima. Da sempre, praticamente. Non ha visto la vita cadere in un baratro nero, troppo consapevole di essere rimasto solo, ma è pur sempre cresciuto senza due figure fondamentali. Si chiede se i Parker sarebbero stati in grado di crescere la stessa persona che ha ora davanti. Sicuramente sì.
Non ha più dubbi, e allora la sua faccia come il culo si palesa. Non può farci niente, è fatto così. Se qualcuno gli piace – il che è più unico che raro – lo vuole nella sua vita. Quale ruolo voglia affidare a Peter non lo sa ancora, ma non vuole che sia solo l'insegnante di sua figlia.
«Facciamo così: questo weekend, tipo domani, ti prendi un caffé con me e parliamo un po'. Sei troppo buono e accomodante per essere vero. I serial killer peggiori avevano facce pulite come la tua. Dobbiamo fare due chiacchiere, se non ti dispiace.» La butta lì come il paraculo che è. Si sistema il rolex sotto alla manica della giacca con un gesto naturale. Sta tastando il terreno e, quando Peter sussulta sulle spalle, ha già paura di aver fatto un passo troppo lungo – o troppo sbagliato. Non vuole spaventarlo, né sul lato lavorativo e il suo rapporto con Morgan né per quanto riguarda le sue intenzioni. Vuole solo sapere se anche per lui è scattata la stessa, medesima molla.
«Mi sta... invitando a prendere un caffé con lei?», chiede, infine, monocorde.
«Sì. Sì, lo sto facendo. Ma non è obbligatorio, è solo un invito che puoi benissimo declinare. O questo o la CIA, comunque.» Ironia. È la sua unica arma, quando invece vorrebbe solo dire la verità: non mi dispiace la tua compagnia e mi piacerebbe conoscerti meglio, se per te non è un problema.
Nah, è una cosa troppo poco da lui. Meglio girarci intorno fingendo di non provare alcun interesse.
Peter ride di nuovo, ma stavolta c'è una vena di imbarazzo nella sua voce.
«Decisamente meglio il caffé. È più... come dire... nelle mie corde.»
Dunque gli va. Non che avesse dubbi, nessuno può rifiutare un invito da parte di Tony Stark, no?
«Bene. Facciamo domani pomeriggio alle quattro. Ti passo a prendere qui?»
«Certo. Certo, va bene!» Peter è un fascio di sentimenti. Ha i denti scoperti per via del sorriso magnificamente genuino che gli sta rivolgendo. C'è qualcosa di magico, in quegli occhi castani che sanno di estate e crema pasticcera. Che sanno di novità. Perché quando entra qualcuno nella tua vita non sei mai certo che ci rimarrà, anche se l'hai conosciuto da nemmeno mezz'ora. A volte non ha importanza, ma di fronte a un sorriso così speri che sia arrivato per restare.
«Allora a domani, Parker. Puntuale come il sonnellino dei tuoi pargoli, okay?», dice, perché vuole solo che continui a ridere. Almeno così se lo vuole ricordare, prima di rivederlo.
«Sarà fatto, signor Stark.»
Ricambia il sorriso. «Tony. Chiamami Tony.» E, con un cenno di saluto, si carica Morgan sulle spalle e si prepara a compiere un anno in più, in attesa del giorno dopo.
Fine
Note autore:
♥♥♥ TANTI AUGURI TONY ** ♥♥♥
Eggià, Miry si è data al fluff! Regà ho voglia di scrivere questa shot da sempre, ma nella mia testa non trovavo un ruolo a Peter. Volevo che Morgan fosse il loro cupido, ma una storia col babysitter mi sembrava scontata. Oggi ho avuto l'illuminazione e... eccola qua. Come sempre è difficile scrivere una storia dove c'è anche Pepper, anche se solo nominata. Chi mi conosce sa quanto la ami e che non la metto mai in competizione con Peter proprio per questo. Non mi piace che Tony debba scegliere tra lei e Peter, mi fa troppo male pensarlo. Per me sono belle entrambe le coppie ma, amando la Tony/Peter, tendo a occultare la sua presenza per non farle e farmi del male. Per quello qui ho puntualizzato su quanto il matrimonio sia in realtà finito di comune accordo e che siano rimasti amici, ma mi fa male anche vista così credetemi.
Spero comunque che vi sia piaciuta. Ringrazio Lightning070 per le tre parole che quasi erano per una Circus!Au (XD) e vi do appuntamento a domenica con ISHYSG ♥
Miry
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