Perché proprio il mare


[Valori-Prigioniero - Infrangibile]

Perché proprio il mare.


È il Queens.

È sempre il Queens, lo scenario d'inizio; quella fetta di suburbano che si nasconde dietro la maestosità di New York e ne rimane fuori, snobbata, calciata via, vista come l'ombra di una città lucente che al di fuori le persone sognano. Eppure, nel Queens, di ricordi caldi e indimenticabili, Peter Parker se ne è creati. Ha lasciato il cuore dentro casa, per così tanto tempo che nemmeno sa contarlo, ma ora lo ha portato fuori, esposto al gelo invernale che preannuncia la neve. Lo fa il cielo bianco, che riflette l'asfalto grigio su nuvole morbide che fanno da cupola e oscurano il sole.

Si stringe nel cappotto imbottito, con il pellicciotto intorno al cappuccio, un po' consumato dal tempo, perché Peter non compra nulla di nuovo finché quello che ha non diventa inutilizzabile; perché i soldi, a casa sua, hanno sempre scarseggiato e gli hanno insegnato che non vanno sperperati. Così lui si impegna a non desiderare mai molto, solo l'indispensabile, e si accontenta di quello che ha ed è felice così. Perché a volte basta questo a dare più senso ai valori.

Persino quelli umani.

È intrappolato in quel marciapiede, in attesa che il signor Stark passi a prenderlo con la sua auto. Si guarda intorno, in attesa che arrivi, ma un po' si vergogna che qualcuno possa vederlo salire su un'auto costosa e, nel Queens, la gente parla; tutti si conoscono e lui non è esonerato dai pettegolezzi che vengono divulgati, trasformandosi poi in bugie che di vero, alla fine, non hanno proprio niente.

Ma a Tony non è mai importato niente, della gente. Forse dovrebbe cominciare a interessarsene meno anche lui.

Lo ha colpito quel messaggio, stanotte. Lo ha stordito, come un colpo in mezzo alla fronte dato da una stella che cade dal cielo e lo colpisce in piena faccia. Brilla, è immensamente incantevole, ma lascia annichiliti. Perché è qualcosa che non ci si aspetta.

E quel messaggio, Peter, non se l'era aspettato.

«Andiamo al mare», gli ha scritto Tony. E sa di un bisogno di evasione che Peter sente urlargli dentro da mesi, forse anni. Come un prigioniero che scalcia, urla, sbatte la testa contro le sbarre della gabbia toracica e chiede di essere liberato. Perché la libertà assoluta, quella dove tutto si cancella, forse non sa nemmeno cosa sia e allora ha detto di sì.

Non ha fatto domande. Non ha chiesto perché. Non si è posto il problema della neve, del freddo, del fatto che lui e il signor Stark non sono altro che due anime alla ricerca di un conforto, e lo fanno andando via.

Andando via da qui.

Quando il signor Stark arriva sotto casa, Peter è un tremito di freddo e di emozione. Gli fa sempre un certo effetto vederlo. Come al solito non reprime un sorriso nascosto sotto al colletto del maglione a collo alto che spicca appena fuori al cappotto. Però lo sa, oh se lo sa, gli occhi parlano per lui. Perché non appena apre la portiera e si infila in macchina con un brivido di gelo che si palesa con un suono vibrante che gli esce dalla carotide, Tony risponde con lo stesso gesto.

Peter non sa cosa sono. Non lo ha ancora capito. Sono mentore e allievo di rado, più spesso due persone che si stanno conoscendo; due persone che condividono spesso il loro tempo come farebbe una coppia, e non come le persone che dovrebbero essere. Si scambiano gesti d'affetto: abbracci, carezze – che spesso Tony gli fa credere siano disinteressate. Si scambiano sguardi di intesa, si tengono la mano. E poi stanno in silenzio senza imbarazzo, con quel filo di confidenza che tiene insieme quel tempo e non lo distrugge. Come una cucitura ben fatta su un vestito di seta indistruttibile. Perché Peter è così, che vede quel rapporto, infrangibile.

«Freddo, eh?» Non lo saluta nemmeno, si limita come sempre a constatare qualcosa che è ovvio, ma che detta da lui sembra sempre una novità. Peter annuisce e indossa la cintura di sicurezza. Non fa domande, non ne ha bisogno, sebbene voglia chiedergli perché proprio il mare. Perché proprio il mare d'inverno?

«Ci hai messo un sacco ad arrivare.»

«C'era traffico», dice Tony, poi Peter gli riserva un'occhiata scettica e lui lo guarda, «E sono uscito tardi di casa.»

«Come sempre», sorride, anche se vorrebbe farla suonare più come un'accusa.

«Ormai dovresti saperlo e continui ad arrivare in anticipo sul mio ritardo! È colpa tua, Parker.»

«Nutro ancora speranza che tu possa cambiare questo atteggiamento ribelle», ridacchia e Tony, di tutta risposta, gli dà una gomitata ironica, prima di imboccare la carreggiata e incominciare il loro cammino verso la spiaggia.

«Oggi avevi il giorno libero?»

«Me lo sono preso con la forza.»

«Dio, deve essere un momento stressante!», esclama, piuttosto stupito dal fatto che Tony Stark abbia deciso di prendersi una giornata libera per sfuggire dai doveri del lavoro. Non che non sia avvezzo a fare sempre tutto quello che vuole, ma il lavoro è sempre stato parte della sua esistenza, un po' come se fosse un gioco. In quel laboratorio Tony si diverte, crea la vita attraverso dispositivi elettronici, mette in atto la sua scienza, la sua testa, il suo genio. È il solo momento dove può mettere in moto tutte le sue capacità, sentendosi il dio che crede di essere – e che forse è.

E ha preso un giorno libero... per passarlo con lui.

«A volte ci vuole un momento per staccare, non sei d'accordo?» Glielo chiede e gli lancia un'occhiata accattivante; una delle sue.

Peter risponde con un'alzata di spalle. «Sono d'accordo. E si sceglie di fare la cosa più assurda che si possa pensare di fare quando nevica?»

«Non mi piacciono le cose ordinarie!», risponde Tony, con un tono fintamente indignato, come se Peter lo avesse appena accusato di aver detto la cavolata più grossa della sua vita, infarinata di scuse per non ammettere che vuole solo passare del tempo con lui, nel posto più isolato del momento, quando bikini e il sole sono ancora un lontano obiettivo.

«Lo so! Eppure riesci sempre a stupirmi», ammette.

E poi arrivano al mare. Percorrono la strada che costeggia la spiaggia: è mosso, quasi imponente; le onde si infrangono contro la spiaggia, la ricoprono quasi. La marea è alta, così differente dal periodo estivo e, il colore dell'acqua, è così grigio che sembra quasi il fumo di un vulcano. Il cielo bianco è un velo denso di nuvole raggruppate, pronte a scatenare una bufera crudele.

Il riscaldamento fa il suo dovere, ma Peter ha un nuovo brivido quando si fermano, di fronte a loro la pantomima di uno scenario apocalittico. L'assenza di colori lo annichilisce, eppure non riesce a non sorridere di fronte a quello spettacolo.

Tony gli prende la mano, con un leggero colpo di tosse che serve ad attirare la sua attenzione – come se servisse, dopo quel gesto. Peter si volta a guardarlo, incontra i suoi occhi e si perde in una foresta scura e autunnale, che sa di calore umano, cioccolata calda e un camino acceso.

Si sente stupido a pensare, ma Tony è casa sua. Lo guarda e si sente a casa. Non è il Queens, non è la scuola, non è la sala giochi. È Tony. Tony e basta. Ovunque andranno, anche con un oceano in tempesta che li guarda minaccioso, sarà sempre casa sua.

Poi il signor Stark gli prende una guancia tra le mani. Gli passa una mano tra i capelli e Peter chiude gli occhi, perde un battito e rilassa le spalle. Si fa avanti, piega la schiena verso di lui, e gli chiede di sancire quel rapporto, di dare un nome a quello che sono. Non vuole molto, nemmeno che lo faccia a parole, gli basta un gesto.

Uno solo. L'unico possibile. L'unico che in amore ha un valore così forte che cambia dentro. Mischia l'anima come un mazzo di carte e la sconvolge.

Allora quel bacio che cercava arriva, con un pizzico di labbra che chiede il permesso, da un uomo che il permesso non lo ha chiesto mai a nessuno. Gli dice di sì, un po' con un gesto d'assenso con la testa, un po' circondandogli le dita intorno al polso della mano che lo sta ancora carezzando tra i capelli.

Così quel bacio avviene, scioglie l'anima, scioglie il cuore e scioglie la neve. Non è estate, nemmeno primavera, è un inverno che svanisce, lascia spazio ai colori dell'autunno e sono morbidi come una coperta di pile.

Lo sfondo è quello del mare in tempesta, ed è così che Peter sente il cuore: agitato.

Quando si staccano, si guardano intensamente. Tony gli carezza il naso col suo e, con un sorriso, gli dà le risposte che cercava su cosa sono e che cosa sono sempre stati.

«Perché il mare d'inverno?», chiede, con un filo di voce, sulle sue labbra.

Tony non risponde, gli dà solo un altro bacio ma Peter, quella risposta, la riceve lo stesso.

Perché il mare d'inverno è fatto per i temerari, e i temerari siamo noi. Che, malgrado il resto, abbiamo il mondo ai nostri piedi.

Fine

Note autore:

Mi mancava tantissimo scrivere di loro in questi termini. ♥

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