Imprevedibile
Coppia: Tony/Peter (Avengers) Shot su "Almeno Tu Nell'universo"
Iniziativa: Partecipa alla Maritombola 11 indetta da Lande di Fandom.
Prompt n°: 58. "Il nero contiene tutto. Anche il bianco. Sono di una bellezza assoluta. È l'accordo perfetto." (Coco Chanel) - [Corrente, sussurrare, sfilacciato]
Il salotto di casa Stark ha grandi tende bianche che coprono le lunghe finestre all'inglese, dalle quali filtra la luce dorata di un tramonto primaverile. La stanza è calda e accogliente; profuma di vaniglia e di pulito. Ogni mobile è elegante e tenuto con grande cura, ma l'oggetto più prezioso e austero è un solenne pianoforte, posto al centro, su un tappeto persiano dai colori tenui e orientali, come l'ocra e il cremisi; ricordano le spezie, la sabbia, il deserto. Ricordano il rosso di un sole che sparisce dietro dune che evaporano caldo e creano illusioni di oasi salvifiche, che però non sono lì.
Un po' come Tony. È lì, ma Peter ha l'impressione che non sia davvero accanto a lui, seduto su quello sgabello di legno d'ebano, lucido; pare che nessuno vi abbia mai preso posto, e invece lo hanno occupato così tante volte, nel corso degli anni, che pare impossibile che mantenga quell'aria nuova. Forse Maria ci tiene così tanto che, di quell'oggetto, sembra tenerne più cura di molti altri. E Tony, nel suo piccolo, sembra voler mantenere la promessa di non rovinarlo, con la sua finta noncuranza verso ogni cosa. Non è cambiato di una virgola, rispetto a come lo ricordava da grande. Da come ha avuto modo di conoscerlo nel futuro, trent'anni più grande di lui; e invece ora lì, accanto a lui, suo coetaneo, così diverso e così uguale, ma con la stessa passione nel cuore rivolta a lui e alla sua esistenza.
Peter è sempre più certo di avere il compito e il privilegio di doverlo proteggere. Vuole farlo e sempre lo farà, qualunque cosa accada. Qualunque cosa gli riserverà quella nuova vita nel passato.
Tony posa le mani su uno dei tasti bianchi del pianoforte. Lo preme e quello libera nell'aria un suono pulito e prolungato, che sfuma via, ma non se ne va mai davvero. È il pedale premuto, a permettere quella magia. La musica è la corrente che muove ogni cosa, persino il mondo, l'amore, la morte, l'immortalità. La musica è una magia non da tutti e, poco fa, la sua totale incapacità di saperla maneggiare, gli ha fatto guadagnare un bacio sulle labbra e una promessa tacita che quel ragazzo geniale sarà per sempre accanto a lui. Peter lo sa, perché è la stessa promessa che gli ha fatto il Tony del suo presente, come se sapesse, da parte sua, che il piccolo Spider-Man avrebbe deciso di tornare indietro nel tempo per riaverlo. Come se gli avesse inconsapevolmente dato coraggio di fare quel passo così estremo, di rimanere indietro, e non lasciare che il suo animo rimanesse sfilacciato e intrappolato in un loop fatto di lutti e occasioni perse.
Peter è sempre più convinto di aver preso la decisione giusta, specie quando quel Tony così giovane, ignaro di chi sia veramente, si volta verso di lui e gli sorride arrogante.
«Questo era un do. Immagino che tu lo sappia già, no?», chiede, e gli dà una gomitata per prenderlo in giro.
Peter ridacchia. «Certo che lo so. Sarò pure un disastro, ma almeno la teoria la conosco.»
«Oh, che bravo, hai fatto i compiti!», risponde Tony, poi gli prende il polso e gli fa posare le mani sull'ottava centrale, lasciandogli poggiare il pollice sul primo tasto, appunto il do, e gli fa cenno con la testa di premerlo. Peter lo fa e, a differenza di Tony, il suo suono è meno incisivo e più insicuro. Si perde subito nell'aria e sparisce. Eppure hanno premuto lo stesso tasto.
«Non sono portato», sospira, avvilito.
«No, è che hai paura. Non c'è bisogno di farlo né con troppa decisione, né con troppa leggerezza. I tasti del pianoforte sono pesati, il che significa che percepiscono esattamente la pressione che tu dai loro. Sembrerà stupido, ma loro sono vivi, come se ti ascoltassero e lo so che è veramente un discorso idiota, specie fatto da me, ma non conosco un modo diverso per fartelo capire. Hai mai guidato un'automobile?»
«Sì, un paio di volte.»
«Ecco, è lo stesso principio. Non lasci che sia l'auto a guidare te, ma viceversa. Il piano ti dà il mezzo, ma sei tu a doverlo usare. Lo devi conoscere, devi essere in confidenza con i suoi tasti; sia quelli neri, che quelli bianchi.»
Peter alza istintivamente le sopracciglia e, allo stesso tempo, il pollice dal tasto. Tony lo costringe a premerlo di nuovo, stringendogli il polso con decisione, ma senza fargli male.
«Tony, io sono qui per te. Te l'ho detto, ho iniziato queste lezioni per conoscere te.» Lo ammette con un nodo alla gola, sentendosi decisamente stupido nel dovergli ricordare ancora una volta per quale accidenti di motivo è entrato in quella casa e che, per quanto le lezioni gli piacciano, il suo obiettivo era uno e uno solo. Si sente un infame a proseguire con quello strumento, ben sapendo che gli è importato solo relativamente di approcciarsi a quello strumento. La sorpresa, di certo, è stata quella che lo abbia comunque affascinato e che, a volte, ha il bisogno fisico di posare le dita su quei tasti di avorio e, quando è a scuola nella pausa pranzo, sgattaiola nella sala di musica e si permette di toccare il piano e suonare note senza senso, solo perché sente dentro l'astinenza. Del suono, della sensazione sotto le dita, della forza che sente dentro ogni volta che è al comando di quella tastiera, pur non conoscendo la musica.
«Quindi non vuoi continuare? Accidenti, mia madre rimarrà molto delusa, sai?», lo canzona Tony e quando Peter abbassa la testa, in imbarazzo, reclina la testa all'indietro e scoppia a ridere. «Non è detto che tu non possa imparare lo stesso, anche se hai... come dire? Centrato l'obiettivo di avermi tutto per te!» Ride tra i denti, si posa una mano sul ginocchio, e tamburella le dita distrattamente. Peter sente ogni polpastrello che colpisce l'osso, per via dei sensi amplificati. È un altro suono pulito che lo affascina. Il ritmo nel sangue di Tony è delicato ma allo stesso tempo predominante. Alza gli occhi sui suoi e ci trova un mondo, all'interno. Una sinfonia: la loro. La vuole conoscere, è qualcosa che nell'altro Tony non aveva mai visto, forse perché insabbiata dal peso di una lunga vita spesa a combattere contro troppe cose che questo Tony non ha ancora vissuto.
«Perché sono neri e bianchi?», chiede, ad un tratto, e l'altro sobbalza, preso alla sprovvista da quella domanda e da quell'interesse, evidentemente, che forse non si aspettava. Torna a guardare la tastiera e Peter fa lo stesso.
Tony gli muove di nuovo il polso, stavolta lo invita a premere il tasto nero subito dopo il do. Il suono è leggermente più alto, squillante ma piacevole come sempre. Il pianoforte non ha mai modo di ferire le orecchie, semmai le guarisce dal male del cuore. Peter perde un battito al suo.
«Il pianoforte, di norma, è composto da ottantotto tasti. cinquantadue bianchi e trentasei neri. I bianchi sono le note che conosci, e i neri le alterazioni.»
«I bemolli?»
«Sì, e i diesis. Dipende se stai suonando una scala ascendente o discendente. Se dopo il do suoni il nero, sarà un do diesis. Se suonerai quello stesso tasto subito dopo un re, allora questo sarà un re bemolle», spiega Tony e Peter fa un rapido calcolo matematico, poi comprende e, scettico, alza un sopracciglio.
«Ma hanno lo stesso suono, no?»
Tony ride, e scuote la testa, come a dire "più o meno". «Dipende. Un orecchio assoluto è in grado di percepire la sottile differenza e riconoscere se quello che stai suonando è un do diesis o un re bemolle.»
«E tu sei un orecchio assoluto, immagino», dice Peter.
Tony torna a guardare la tastiera e, con una mezza risata arrogante, poggia le mani su un'altra nota. «Naturalmente.»
«Oh, stupido io a chiederlo! Come ho potuto dubitare?»
«Non mi conosci ancora bene, farò finta che tu non l'abbia fatto. Io so fare tutto, Peter», ironizza Tony, e lui ha la sensazione di non conoscerlo davvero così tanto. Quel lato adolescenziale si discosta leggermente da quello adulto che Peter conosce, sebbene sia lui, in tutto e per tutto, ma è vero che dovrà approfondire molte cose e, in un certo senso, è la cosa lo elettrizza di più e che, allo stesso tempo, lo terrorizza a morte. Ha paura di non piacergli abbastanza, ora che è così giovane e meno corroso dalla vita. Ha paura che le cose, tra loro, non possano durare. Che abbia fatto quel viaggio nel tempo per nulla e che, alla fine, rimarrà solo lo stesso.
Si posa una mano sul cuore e lo sente battere all'impazzata.
«Dunque hai capito? Ovviamente c'è molto altro da spiegare, come le scale cromatiche, i pedali, toni e semitoni e tante altre cose un pochino noiose ma che, col tempo, imparerai. Insomma, ci sono io ad insegnartele e, modestamente, sono proprio bravo a farlo. Ci metto quel pizzico di pedanteria che non fa mai male e che, alla fine, convince la gente per sfinimento», ammette Tony, con un velo di autoironia che, quei battiti al cuore, Peter li sente accelerare ancora, ma stavolta non per paura, ma per amore. Lo adora. Nel vero senso della parola. Tony ha la capacità di ammaliarlo, di rendere ogni cosa interessante, affascinante e, paradossalmente, accessibile. Sembra quasi che, ogni cosa che gli capita sottomano, diventi fattibile. Ogni cosa. Persino un amore eterno a cui Peter crede e che spera sia così.
«Probabilmente mi farei insegnare persino a fare la lasagna, da te», ridacchia Peter, in una leggera ammissione di adorazione, spostandosi timidamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Solo non ho capito perché neri e bianchi.»
«Per distinguerli.»
«No, dico... perché proprio neri e bianchi e non altri colori?», chiede, e si sente dannatamente stupido a farlo; smette però di pensarlo, quando Tony sembra soppesare davvero quel concetto e fermarsi a pensarci per un attimo. Poi sorride e inclina la testa da un lato.
«Be', immagino che sia perché il nero e il bianco sono colori – anzi, non sono colori e rappresentano la mancanza degli stessi. Hanno la stessa funzione, ma sono complementari opposti. Sono entrambi necessari ma con compiti diversi e uguali. Il nero contiene tutto, e anche il bianco.»
«Sono di una bellezza assoluta», risponde Peter, lapidario e gli scappa un sorriso dolcissimo che vorrebbe reprimere, ma non ci riesce. Tony alza le sopracciglia e lui, alzando le spalle, si gratta la testa, impacciato. «Coco Chanel, no?»
«Oh, cogliamo le citazioni colte, qui!», ride l'altro, poi gli prende la mano e la stringe. «È l'accordo perfetto», conclude la citazione, in un sussurrare magnetico e, un istante dopo, cala il silenzio. Si guardano, e esplodono nei loro occhi comete e supernove di emozioni, di amore, di calore e consapevolezze.
«Siamo come il bianco e il nero?», chiede Peter, e avvicina leggermente il viso a quello di Tony, che gli guarda le labbra con un sorriso arrogante stampato sulle sue.
«No, siamo come un pianoforte.»
«Molto belli?», cerca di ironizzare, ma quella battuta si perde sulla bocca dell'altro che, prima di baciarle, gli rivolge un'ultima occhiata intensa e caldissima. Fa quasi paura.
«Imprevedibili», risponde Tony, con un velo di arroganza nella voce che ne racchiude ogni profonda scintilla di quel carattere irresistibile che lo compone, fatto di pregi, difetti e amore non detto.
Allora Peter si lascia baciare, di fronte a quel pianoforte che, per una volta, è destinato a fare da spettatore ad una sinfonia che forse nemmeno è in grado di suonare: l'eternità.
Fine
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