I Just Sit In Silence
I Just Sit In Silence
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«I have these thoughts, so often I ought
To replace that slot with what I once bought
'Cause somebody stole my car radio
And now I just sit in silence»
Twenty One Pilots - Car Radio
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[ Peter Parker - Post Endgame - nero, vuoto, sangue - Angst/Introspettivo ]
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Non le lavi via con una doccia calda, le brutture del mondo. Non le lavi via nemmeno con un colpo di spugna sulla coscienza, e nemmeno cancellando il tuo riflesso sullo specchio con una pennellata di catrame nero – quello che hai nel cuore.
Non c'è niente al mondo che possa salvarti, men che meno te stesso, e la sfortuna più grande che hai è quella di dover convivere col tuo corpo e la tua testa ogni istante della tua vita. Non c'è un luogo dove nasconderti da te; non puoi prenderti una pausa da qualcosa che è sempre presente. Come quel chiodo fisso, attorcigliato intorno al cervello; un laccio che stringe e ti distrugge le sinapsi. Ogni istante ti annichilisce di più, ti prende a calci sulla pancia e ti piega all'oblio. Terribile, spaventoso, irrimediabile oblio.
L'acqua ti scorre sulla faccia, ma hai la pelle intorpidita. Non la senti. Sotto ai piedi la liscia ceramica della doccia semplicemente non c'è. Hai il vuoto sotto di te, e precipiti in basso, sempre più a fondo, e la superficie è sempre più lontana e irraggiungibile.
Lui è morto ieri, ma la tua condanna sarà vederlo morire di nuovo ogni volta che chiuderai gli occhi; non vuoi dimenticare, ma non vuoi vedere.
Ti stringi nele braccia, appoggi una spalla alla parete della doccia e tremi di freddo. L'acqua è gelida e sei tu a volerlo. Perché vuoi sentire sensazioni diverse da quel vuoto che hai dentro, che rimbomba di un dolore lontano che non hai ancora assimilato, che non è ancora esploso e sai benissimo che presto ti corroderà dall'interno, come un acido. Come la bile, pronta a digerirti lentamente; una punizione, un supplizio, una catena intorno al collo che ti toglie il fiato.
Annaspi aria, e sebbene tu senta la sensazione che il tuo cuore abbia smesso di battere insieme a quello di lui, lo senti tamburellare all'impazzata. Più riempi i polmoni, più l'ossigeno scarseggia. Più cerchi di aggrapparti a qualcosa, più le tue mani scivolano su una parete liscia e oleosa.
Stringi gli occhi; le ginocchia tremano sotto al peso del tuo corpo. Sai che l'acqua sta ancora scorrendo su di te perché la senti scrosciare nelle orecchie, ma addosso hai la sensazione del nulla assoluto. Non hai più emozioni, nemmeno i sensi, solo quelli amplificati dei poteri che, mai come adesso, maledici a denti stretti perché ti hanno tolto troppo. Ti hanno spaccato in due; ti hanno ucciso.
Ti infili le unghie nella carne delle braccia e ti graffi via quello che rimane della tua umanità. Non riesci nemmeno a piangere, perché è colpa tua e non hai diritto di essere triste.
Lo hai ucciso tu. Non lo hai protetto come avresti dovuto. Non hai tenuto gli occhi puntati sulla sua vita e lo hai perso per sempre. E non sai spiegare al mondo cosa significa aver perso la parte più importante di te, che hai vissuto nell'ombra dell'universo intero, perché nessuno vi avrebbe capiti. Non puoi spiegare al mondo che tu non sei più qui, e che dopo cinque anni sei tornato un secondo, per poi andartene di nuovo. Questo posto non ha più niente da offrirti, solo un vuoto da colmare che nessuno potrà mai riempire.
«Le persone vivono nei nostri ricordi.»
Non basta la memoria, però, a lasciare che il firmamento splenda di nuovo delle stesse stelle di un tempo. Sono solo luci sparse in un manto blu opaco, che non meriti nemmeno che ti copra la testa.
Ti lasci scivolare lungo la parete e singhiozzi arrochiti ti riempiono la gola. Nemmeno lo scrosciare dell'acqua li copre; non nasconde il dolore e il senso di colpa incastrato in mezzo al petto, e la sensazione che la vita non è più vita, e la morte è solo un'eco invitante che non hai il coraggio di raggiungere. Perché sei codardo. Perché preferisci distruggerti lentamente da vivo e espiare le tue colpe, piuttosto che farla finita e porre fine a questo calvario.
Raccogli le ginocchia al petto, rinchiuso nell'angolo della doccia gelida che non lava via niente, che non ti spacca la pelle e la lascia cadere nello scarico come frammenti di vetro appuntiti che feriscono. Ti chiedi solo quanto durerà e se passerà mai; solo che non vuoi che passi perché, alla fine, quando passa significa aver dimenticato.
E tu non vuoi dimenticare, anche se sai che Tony vorrebbe che tu lo facessi.
Un'altra promessa che non puoi mantenere; un'altra colpa addosso che ti taglia la carne e non fa sgorgare sangue, ma solo altro dolore.
Il silenzio non è mai servito a nient'altro che a distruggerti e, senza Tony che ti riempie la testa di parole, resti seduto, in silenzio, perché è l'unica cosa che ti rimane da fare mentre cadi nel vuoto.
Non emergerai mai più da quel pozzo, e la vita ti ha voltato le spalle un'altra volta e, la cosa peggiore, è che sai benissimo di meritarlo, Peter.
Fine
Note autore:
Sono decisamente in un periodo nero dalla scrittura, ma ho ascoltato una canzone stasera; una di quelle che senti mille volte, ma che solo in un certo mood ti trasmette davvero qualcosa. Così ho pensato a questo, a un altro spaccato di vita post-endgame, dove Peter non accetta niente e pur di sentirsi vivo si dà colpe che non ha.
Mi dispiace molto per l'angst, ma dovevo scriverla, ne avevo bisogno e... malgrado tutto, mi ha fatto sentire bene. Scrivere mi fa sempre sentire bene, quando ho qualcosa da dire.
Vi voglio bene.
Miry
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