Have You Ever Been In Rome, Peter?
[ pizza, volo, vino ]
Have you ever been in Rome, Peter?
Se c'era un momento che Tony Stark amava incondizionatamente, delle proprie giornate lavorative, era quando queste trovavano la sua conclusione. Non era da lui, in realtà, questo desiderio incontrollato di smettere di infilare le mani in aggeggi elettrici per sviluppare nuovi marchingegni o progettare nuove diavolerie, ma da qualche tempo le cose erano decisamente cambiate. C'erano delle priorità, meno importanti del lavoro se viste dal di fuori, che erano diventate fondamentali e normale routine... una routine che, ora come ora, Tony non avrebbe cambiato per nulla al mondo.
Si chiuse la porta alle spalle e lanciò le chiavi sul divano. Si passò una mano tra i capelli mentre allentava con l'altra il nodo della cravatta. Voleva sbarazzarsi di quella corda per il collo da troppo. Fu un vero sollievo vederla cadere per terra, e raccoglierla sarebbe stato un problema del giorno dopo. Fece scrocchiare il collo, piegandolo a destra e a sinistra, per poi sospirare dal naso, col solo pensiero rivolto alla cena e alla sua inesorabile preparazione e, ancora più forte, quello di poggiare la testa sul cuscino e perdere conoscenza fino al suono della sveglia, il giorno successivo.
«Signor Stark!» Tony sobbalzò.
Come un ragno si cala dalla sua ragnatela - e l'esempio non era nemmeno così lontano dalla realtà, Peter Parker era appena spuntato a testa in giù a due centimetri dalla sua faccia. Le gambe incrociate al soffitto. Come se fosse normale. Oddio, in effetti poteva anche reputarlo tale, quel fatto, ma Tony non si era ancora abituato, a certe cose. Specie quando si vedeva spuntare davanti un adolescente tutto sorridente, di cui ignorava il modus operandi adoperato per entrare in casa sua, sopra la testa.
«Peter, un giorno o l'altro mi farai prendere un colpo secco. Come accidenti sei entrato, in casa mia?» Il giovane Parker si morse un labbro, mentre si chiudeva nelle spalle, mortificato. Ancora la testa sottosopra, in totale agio. Come un ragno, appunto.
«Mi dispiace! Non volevo spaventarla! Comunque è stato Banner, non si ricorda che il mercoledì sera usiamo il suo laboratorio per il tirocinio?»
Tony se lo ricordava eccome; come poteva non farlo, dopotutto? Quei due, insieme, gli mettevano sottosopra mezza casa. L'unica cosa che aveva dimenticato, era la cognizione del tempo. E chi l'avrebbe mai detto, che erano già arrivati a mercoledì? Sbuffò divertito, e si passò una mano tra i capelli.
«Hai intenzione di restare appeso quassù finché non ti viene un'embolia? E poi perché non sei tornato a casa? Il vostro tirocinio non dura fino alle cinque?»
Peter si esibì in un lunghissimo eeeeeeeh, palesemente elargito per prendere tempo e pensare ad una risposta. Mano al mento, labbra oblique, occhi al cielo (al pavimento).
«Ho sistemato il laboratorio... o almeno ci ho provato! Insomma, l'altra volta mi è sembrato un po' scocciato dal caos che avevamo lasciato, così ho tentato, a modo mio di renderlo vivibile e poi... beh, ho aspettato che tornasse a casa, a dirla tutta»
«Sì? Mi hai aspettato? Volevi dirmi qualcosa? E, santo cielo, scendi da quel soffitto, sto per vomitare, Parker!», esclamò Tony, pizzicandosi la pelle tra le sopracciglia, con pollice e indice, chiudendo gli occhi sull'orlo di un mal di testa coi fiocchi.
«Oh, sì, scusi!», rispose Peter, scendendo con un balzo che fece tremare il pavimento per un impercettibile secondo poi, come se il sangue non avesse per nulla raggiunto la sua testa e quindi non lo vide perdere l'equilibrio nemmeno per sbaglio, sorrise. «In realtà non volevo dirle nulla, solo... sto venendo qui a casa sua da un po', e non riusciamo mai ad incontrarci... così la volevo salutare», disse ancora il giovane, con una semplicità che avrebbe disarmato anche il più crudele dei nemici. Tony sentì qualcosa rompersi, nel suo petto. Come quei cosi a forma di cuore che li premi e si scaldano grazie ad una sorta di incantesimo scientifico di cui ignorava ancora il processo. Ecco, cuore premuto e calore nel petto. Questo era quello che sentiva ogni volta che Peter Parker gli girava attorno e diceva cose adorabili, senza nemmeno rendersene conto.
Non poté fare a meno di sorridere. «È carino da parte tua», rispose, spavaldo e con un intrigante sopracciglio da playboy alzato a mo' di rondine che spicca il volo. Peter ridacchiò, per quello Tony seppe di aver messo su, in realtà, solo una delle sue espressioni da scemo migliori di sempre, «Ti va di mangiare qui? È quasi ora, dopotutto».
Gli occhi di Spider-Man si spalancarono subito, splendenti come incantevoli zaffiri. Allargò la bocca in un sorriso, rivelando quei dentini bianchi, dritti e perfetti che accentuavano la sua profonda purezza d'animo. Tony si sentiva sporco, ogni volta che quel raggio di sole gli puntava addosso la sua luce accecante. Si sentiva sempre così poco degno, di poter godere di quel privilegio.
«Dice sul serio, Signor Stark?».
Tony annuì: «Dovrei mentirti? Non vorrei tornassi a casa e dicessi a tua zia che Tony Stark ti fa morire di fame. Quella donna sarebbe capace di uccidermi per molto meno. Cosa ti va di mangiare?»
Peter rise dapprima, divertito da quella battuta sulla zia, poi arrossì leggermente e, con una timidezza improvvisa che infilava in fondo al cuore di Tony un coltello accuminato e velenoso d'amore, rispose: «Veramente... è da tantissimo che non mangio una pizza, signor Stark... non è che le va di prenderne una da asporto?»
«Oh, no», rispose Tony, il sorriso furbastro e malizioso di chi la sa davvero troppo lunga, «Prendi la giacca, conosco un posto dove fanno la pizza più buona del mondo».
...
Quando Tony parlava di un posto dove facevano la pizza più buona del mondo, non intendeva una pizzeria, ma una città. Non era solito fare certe cose. Forse in passato, da più giovane, era più propenso a pazzie del genere, fatte all'improvviso senza alcuna decenza, ed era chiaro che Peter non fosse esattamente a suo agio, anche se si era seduto comunque sul sedile dell'aereo privato e dopo aver allacciato la cintura in attesa di decollare, e non aveva fatto domande. Tony lo aveva osservato, con un sorrisetto. C'erano cose che il giovane Parker non aveva mai immaginato avrebbe fatto in vita sua, ed era per questo che adorava stupirlo. Adorava viziarlo, con un certo limite auto-imposto, naturalmente. Adorava vedere i suoi occhi brillare, la sua bocca spalancarsi, il rossore infuocato sulle sue guance, incapaci di nascondere cosa realmente riempiva la sua anima quando lo deliziava con qualche dono. E Peter sembrava sempre così stupito, che ogni regalo era come il primo. Un raro e prezioso gioiello di ragazzo, che mai e poi mai avrebbe deluso. O almeno ci stava provando.
«Signor Stark...», lo chiamò Peter, a bassa voce, dopo aver preso quota e dopo avergli visto riprendere un certo colorito più acceso, rispetto al pallore di poco prima dovuto ancora alla paura di volare [1].
Sorrise: «Va tutto bene?»
«S-sì, solo... dove stiamo andando? So che non dovrei chiederglielo e fidarmi ciecamente di lei e le giuro che lo sto facendo, ma zia May... lei... non credo la prenderà bene, se mi vedrà rincasare troppo tardi. Sa, lei è un po'... apprensiva», spiegò Peter, palesemente preoccupato. Sembrava sempre così a suo agio, quando combatteva il crimine per difendere il Queens... eppure zia May pareva il nemico più indomabile e terribile di tutto il quartiere, apostrofata così. Tony non poté fare a meno di reclinare la testa all'indietro e scoppiare a ridere, di gusto. Peter lo guardò ancora più timoroso e a disagio, se possibile.
«Tranquillo, Happy l'ha chiamata. Le ha detto che c'è bisogno di te in laboratorio per una ricerca importante e che dormirai fuori. Ha fatto un po' di storie, ma le abbiamo detto che vi sarà un compenso adeguato. Ha detto che spera vivamente che lo sarà, o mi ucciderà, ma si è decisamente tranquillizzata.»
«Bene...», annuì Peter, incerto. «Quindi... dormiamo fuori casa. Dov'è che stiamo andando a mangiare questa pizza, signor Stark? In Canada?», chiese serio, cercando visibilmente di nascondere il tremore nella voce e la paura dell'ignoto, mostrando una goffa e inverosimile pacatezza.
«Canada? Ho forse detto la pizza peggiore del mondo? Peter... c'è solo un posto dove vale la pena di mangiarla.»
«Signor Stark... non stiamo... noi due, io e lei, non stiamo andando in... perché insomma, le ore di volo sono... non... mi dica che...»
«Già. Stiamo andando a Roma», concluse Tony, e mentre Peter pareva sull'orlo di un infarto al miocardio, il sorriso spavaldo che invece si piazzò sulla sua faccia non lo abbandonò per tutta la durata del volo.
...
Naturalmente il fuso orario non aveva permesso di consumare il pasto proprio alla loro attule ora di cena, ma da quando avevano preso quell'aereo, l'orario sul loro orologio era diventato relativo. Avevano mangiucchiato qualcosa così, per fermarsi lo stomaco ma Tony era sempre più convinto di dover arrivare in pizzeria con una fame da lupi, per poter gustare al meglio del divino sapore del famoso piatto italiano. C'erano tante città in cui avrebbe potuto portarlo, tutte sicuramente provviste di un ristorante degno di quel nome, ma Roma era Roma... la città eterna e, per quanto Tony stesse cercando di convincersi che non lo stava portando lì perché era il posto più romantico che avesse mai visitato, infine dovette ammettere a se stesso che era così. Colpa di piazza Venezia, che aveva acceso sulla guance di Peter un rossore difficile da non notare, complice lo sguardo sognante e adorabile che aveva messo su e i palmi delle mani appoggiati al finestrino del taxi che avevano preso una volta scesi all'aeroporto.
«Non credo di aver mai visto niente del genere in tutta la mia vita», mormorò il giovane.
«E non hai ancora visto niente... Roma è tutta da scoprire, sai? Ci sono stato un mucchio di volte, eppure non ho ancora avuto il piacere di visitarne i vicoli più nascosti», sorrise soddisfatto, prima di sentire lo stomaco salirgli in gola quando il tassista non riuscì ad evitare una buca tra i sanpietrini. Il mezzo si districò tra le strade e il traffico della Capitale, raggiungendo una lunga via che li portò sul Lungotevere, da dove Tony poté dare qualche lezione di storia al giovane Parker, che annuiva esaltato ed emozionato, visibilmente attratto da ciò che spuntava per le strade.
Tony fu felice di aver reso quella cena molto più di quello.
Raggiunsero Piazza Trilussa, dove il tassista li lasciò augurando loro - in un maccheronico inglese - una buona permanenza in città. Da lì, avrebbero percorso a piedi la piazza, infilandosi in un vicolo stretto e antico, decorato da palazzine vittoriane scabrosamente imbrattate di murales e scritte sbiadite.
«Che peccato... una città così bella, rovinata da certe cose. Nemmeno nel Queens ho mai visto tante scritte sui muri.»
«Già, malgrado questo non perde il suo fascino, però», cercò di risollevarlo Tony, quando vide una mera delusione scendere come un velo sul suo viso. Sapeva quanto certe ingiustizie pesassero nel cuore di Spider-Man, ed era questo il motivo per cui aveva scelto di prestarsi alla giustizia. Tony era anche certo che, se avesse potuto, Peter avrebbe passato ore a pulire quei muri. Gli venne da ridere, a quel pensiero, poi gli mostrò il braccio, per lasciare che si aggrappasse a lui.
«È una città grande, se ti perdi dove accidenti ti vengo a ripescare?», cercò di giustificare quel gesto, quando Peter lo guardò interrogativo, nascondendo dietro la folta corolla di ciglia un'emozione esageratamente infantile, che lo inondò. Accolse comunque quell'invito e, con un sorriso radioso, lo seguì in quella pazzia che forse ancora non si rendeva conto di aver assecondato senza alcuna difficoltà. Una di quelle cose che, qualche tempo prima, il ragazzo non avrebbe accettato di fare. Gli indicò ancora qualche palazzina, qualche strada, elargendo ancora pezzi di storia della città eterna, fino a raggiungere una pizzeria, semplice e piccola, la quale l'entrata era una normale porta d'ottone rovinata dal tempo, segno che si trattava di un posto facente parte del quartiere da qualche generazione.
Una di quelle affascinanti particolarità che Tony trovava invidiabili.
Il proprietario li accolse parlando in italiano, ma quando i due si presentarono come semplici turisti venuti dall'America, l'uomo parve esaltarsi. Indicò loro un piccolo tavolino appartato, in un angolo remoto della sala, con due sedie una diversa dall'altra - assai caserecce - e due menù incastrati tra loro al centro. Peter si sedette solo dopo aver dato una lunga occhiata al locale, con un sorriso che Tony trovava appagante e dolce come il miele. Qualcosa che nessun altro, tra le numerose persone che conosceva, era mai riuscito a palesare in quel modo.
«Siamo a Roma. È incredibile. Pensare che fino all'anno scorso non ero mai uscito dal Queens... e questo è già il mio secondo viaggio in Europa, di nuovo grazie a lei [2].»
Tony sbuffò divertito, mentre prendeva uno dei menù e iniziava a leggere i piatti del giorno: «Non c'è due senza tre. Hai una città che vorresti visitare, un giorno?»
«Oh... beh, sicuramente Praga, e poi Venezia. Magari anche Parigi e Berlino. Per non parlare di Londra e Edimburgo», rispose Peter, tenendo il conto delle città con l'ausilio delle dita; gli occhi al cielo, mentre ci pensava.
«Vedo che hai le idee chiare, Peter», lo prese in giro Tony, «Vedrò cosa posso fare. Magari quando sarai in vacanza da scuola, potremmo ripetere l'esperienza, magari per qualche giorno in più», propose, e fu felice di veder arrivare un cameriere con dell'acqua e un taccuino per le ordinazioni, siccome il giovane Parker era arrossito di colpo e aveva abbassato lo sguardo, forse incapace di esternare la propria gratitudine, di cui sicuramente non se ne sentiva la necessità. Peter si fece spiegare qualche pizza dal nome particolare, decidendo infine di ordinarne una condita a mo' di Amatriciana. Un gran bel colpo allo stomaco, secondo Tony, che decise di puntare ad una semplice pizza Marinara con le alici.
Ordinarono qualche bruschetta, un paio di supplì e una porzione di patatine fritte, che Peter volle con un certo entusiasmo quando le vide sul tavolo di altri commensali accanto a loro.
«Sicuro che riuscirai a mangiare la pizza, dopo tutta questa roba?», gli domandò Tony, divertito, mentre il giovane si sfregava le mani, affamato.
«Sarei capace di ricominciare da capo, se solo ne avessi la possibilità. Da quando quel ragno ha fatto quello che ha fatto, il mio metabolismo ha deciso di mettersi a lavorare fin troppo seriamente. Fosse per me mangerei in ogni momento», rispose, per poi riempirsi la bocca con mezzo supplì. Tony trovava tenero quel fatto; significava che, tutti i suoi sogni di portarlo a mangiare fuori in posti meravigliosamente impensabili, poteva divenire realtà senza alcuna paura di rovinare qualcosa. Anche lui amava mangiare, certamente, ma la soddisfazione che Peter gli aveva dato nelle rare volte in cui erano riusciti a mangiare insieme, era impagabile.
Ricordava ancora il primo giorno del suo tirocinio con Banner; prima di iniziare gli aveva preparato un toast con prosciutto e sottiletta. Dalla sua reazione sembrava gli avesse appena messo davanti un piatto di spaghetti col ragù...
La pizza infine arrivò e fu annunciata da un odore di buono e farina che si mischiò nell'aria già permeata di spezie e profumo di frutta fresca. Fumante, croccante ai lati, bassa e ben condita, fu come vedere dal vivo un quadro impressionista. Colori e sfumature perfette, date da una distratta bravura nel saper gestire il cibo che gli italiani avevano. Un talento che il mondo intero avrebbe sempre invidiato.
«È... la cosa più buona che io abbia mai mangiato in vita mia, signor Stark!», esclamò il giovane, la voce vibrante dall'emozione; un'innocente commozione che solo quella terra mediterranea poteva sviluppare in un cuore umano.
Tony capiva. Capiva quelle sensazioni, sebbene era fermamente convinto di non poterle provare allo stesso modo. Forse da più giovane avrebbe potuto, ma non ora; non era come Peter, spensierato e capace di stupirsi dietro alle più piccole e semplici cose. Era meno impressionabile, era più freddo davanti a certe cose... e per quanto quel fatto lo avesse sempre fatto sentire inadeguato, col tempo aveva accettato la cosa; col tempo si era dato un obiettivo: se non posso stupirmi al suo stesso modo, allora lascerò semplicemente che sia io il motivo per stupirlo.
«Vero? Hai pensato sul serio ti stessi portando in Canada?».
Peter sbuffò divertito, mentre finiva di masticare. «Beh... non avrei mai creduto mi avrebbe portato qui... il Canada era già una gran bella pazzia, nella mia mente. L'Italia non so come definirla.»
«No? Davvero non lo sai? Forse... un'esagerazione?», chiese Tony, retorico, sempre più convinto di aver fatto la cosa giusta, ma di aver calcato troppo la mano, siccome non era mai in grado di capire quando darsi un freno e quando no. Peter alzò le sopracciglia. Smise di mangiare, posò sul piatto il pezzo di pizza e si pulì la bocca. La serietà che velò il suo viso, terrorizzò Tony per una frazione di secondo, prima di sentire quella sensazione dissiparsi quando il giovane sorrise, e inclinò la testa di lato.
«Inaspettata, è la parola giusta... chi nella vita decide di portarti fuori a cena, a sette ore di volo da casa?», disse, genuino, poi sospirò impercettibilmente e abbassò lo sguardo. «Penso che sia un'abitudine tutta sua, sa? Anzi... non penso di averla nemmeno ringraziata abbastanza».
«Non devi nemmeno farlo», ridacchiò Tony, più per nascondere la voce distorta da un nodo in gola che per altro, «e poi... non è un'abitudine. L'ho fatto qualche volta da solo, dico prendere e raggiungere una città a caso senza avvisare nessuno. Non l'avevo mai fatto in compagnia di qualcuno, è la prima volta», ammise, e distolse lo sguardo, nascondendo l'imbarazzo di quella confessione sorseggiando del vino rosso. Ecco, si era esposto, e Peter aveva alzato lo sguardo, all'improvviso. Gli occhi strabuzzati, le guance ancora più rosse, la bocca arricciata che tratteneva un commento che Tony non sapeva nemmeno di quale natura potesse essere. Era solo un ragazzo, e lui gli andava dietro come avrebbe fatto un adolescente. Peccava d'amore, quando Peter doveva provare per lui un fortissimo rispetto, nulla più.
Avrebbe dovuto smetterla di farsi del male, o avrebbe coinvolto anche l'altro prima o poi.
«Se non finisci la tua pizza, si fredda e sarà immangiabile. Dai, che voglio portarti a vedere l'Anfiteatro Flavio», disse, incitandolo a continuare indicando la pietanza con un gesto della mano.
«L'Anfite-che?», chiese il giovane, prendendo subito tra le dita un triangolo di pizza. Tony lo guardò stupito. Era uno dei ragazzi più intelligenti che avesse mai conosciuto in vita sua, ma talvolta si perdeva davvero in piccolezze.
Scoppiò a ridere, reclinando la testa all'indietro, inondato da tanta genuinità e purezza: «Il Colosseo, Peter. Il Colosseo!».
...
Quando uscirono dal ristorante, dopo aver chiacchierato con un cameriere che parlava un ottimo inglese e che gli aveva dato un paio di consigli su dove alloggiare, Tony decise che era giunto il momento di raggiungere di nuovo Piazza Venezia e, di conseguenza, il Colosseo, facendo una lunga passeggiata che, da Via dei Fori Imperiali, presentava un inimmaginabile panorama artistico. La lezione di storia continuò, mentre Peter più a suo agio teneva il braccio aggrappato al suo, e sorrideva e annuiva con entusiasmo ad ogni nuova informazione. Gli spiegò cosa si faceva ai Fori, i mercati, la storia della Colonna di Traiano, il Complesso del Vittoriano che spesso ospitava mostre di artisti che non avevano bisogno di alcuna presentazione e, infine, il racconto delle gesta compiute nel maestoso Colosseo.
Peter parve perdersi a guardarlo, da lontano, quando comparve davanti ai suoi occhi e sembrava più vicino di quanto non fosse. Quando lo raggiunsero, il primo istinto fu quello di alzare la testa e perdersi a guardarne ogni dettaglio. Un pezzo di storia antica che ancora, nel tempo, perseverava immobile e rassicurante in quella città inimitabile e sbalorditiva.
«Pensare che i romani si divertivano a veder combattere i Gladiatori e vederli morire. Io mi impressiono a vedere i giocatori di football che si rompono il crociato, quando guardo le partite», ammise Peter, ridendo, anche se lo vide rabbrividire a quel pensiero.
«Il coraggio e la forza erano l'elemento più importante, in quell'epoca. Le cose non erano semplici, i ceti sociali erano in grado di schiacciare i deboli. Se si nasceva in una famiglia povera, c'era bisogno di armarsi di speranza e spirito di sopravvivenza. La selezione naturale, a quel tempo, funzionava in maniera decisamente diversa.»
«Chissà se c'era uno Spider-Man anche a quel tempo...», mormorò Peter, e si voltò a guardarlo con un sorrisetto, e Tony rise davanti a quella battuta che da lui si sarebbe aspettato.
«Magari c'erano gli Avengers anche a quel tempo, chi lo sa. La tecnologia non era d'aiuto, ma se siamo arrivati fin qui lo dobbiamo anche a loro. Chi lo sa, forse c'era un Iron-Man con tanto di toga e corona d'alloro che se ne andava in giro a salvare la gente.»
«Un po' scomodo come abbigliamento, non crede?», chiese Peter, fin troppo pensieroso riguardo a quel fatto.
«Non che ora sia tanto più comoda, comunque... siamo a Roma e non mi limiterò a guardare il Colosseo da questa insignificante prospettiva», disse, deciso, premendo senza alcuna esitazione contro il suo reattore Arc e l'armatura di Iron-Man gli calzò addosso in meno di qualche secondo.
«Signor St-», provò a dire Peter, prima che Tony lo prendesse per la vita e si alzasse in volo per raggiungere la parte più alta dell'antica struttura Romana. I razzi sotto i piedi si spensero non appena toccò la superficie di tufo e, nel totale silenzio di quella notte fatta solo di improvvisate e sorprese, si sbarazzò dell'armatura e lo invitò a sedersi accanto a lui; gambe penzoloni nel vuoto, l'interno del Colosseo sotto i loro piedi, illuminato da qualche faretto e nulla più, ma che bastavano a rendergli giustizia. Peter rimase qualche minuto in silenzio, mentre si guardava intorno a bocca aperta e ammirava ogni cosa visibile da quell'altezza; Tony non poté fare a meno di perdersi allo stesso modo, ammirando la Cupola di San Pietro, la statua di Vittorio Emanuele II visibile di spalle, l'arco di trionfo e parte del giardino delle rose.
Stavolta non servivano parole, tantomeno lezioni di storia; c'era solo bisogno di silenzio, di godere di quel momento catartico che entrambi stavano vivendo senza alcuna vergogna di dover tacere per farlo. Poi il silenzio si spezzò, e fu dolce.
«Signor Stark... lei ci crede al fatto che, una città, possa lasciare che il cuore consapevolizzi cose di cui prima si aveva anche il più minuscolo dubbio? Lei ci crede che, una città, possa rendere chiaro il sentimento che qualcuno prova per qualcun altro, dissipando ogni paura?», domandò Peter, timidamente, guardandolo negli occhi solo per un secondo, poi abbassò lo sguardo.
«Oh, penso che una città possa fare molto più di questo», rispose Tony, e gli prese la mano, sorridendo quando il giovane Parker tornò a infilare la scintilla che aveva negli occhi, nei suoi. «Penso che una città possa addirittura rendere possibile l'inizio di qualcosa che prima faceva troppa paura».
«Vuole che Roma sia il nostro inizio?», chiese ancora Peter, le guance ancora rosse, le labbra piegate all'insù in un sorriso carico di cose che aveva sicuramente celato, fino a quel momento.
Tony alzò le spalle, come se quella domanda non avesse significato niente, e invece per lui era semplicemente tutto. Gli strinse di più le dita tra le sue e, prima di invitarlo a poggiare la testa sulla sua spalla e godere ancora di quel panorama con un'altra consapevolezza, rispose: «Molto di più. Voglio che Roma sia la nostra eternità, anche fosse solo per un attimo».
Fine
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[1] La paura di volare si comprende chiaramente all'inizio di Spider-Man Homecoming, nel video dove Peter prende l'Aereo per andare in Germania. Il suo primo volo ♥
[2] Appunto, parlo del primo viaggio in Europa che fa in Civil War grazie a Tony.
Angolo delle angolate angolose di Miryel:
Questa è una vecchia shot che sì, era nata da tre parole e che avevo completamente rimosso dalla mia memoria. Oggi l'ho ritrovata e, siccome sono soft, ho deciso di metterla qui e regalarvi un po' di fluff dopo tanta sofferenza.
Ogni tanto ci vuole, mica posso sempre farli soffrire (difatti nella prossima non ci andrò leggera, muhauhauauhua... scherzo... no, non è vero, non lo so però al 90% sicuro soffrono, o smetto di riconoscermi XD
Miry
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